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Dracula, la solitudine del principe delle tenebre

Capolavoro del romanzo gotico, Dracula dà forma alla figura del vampiro come lo conosciamo oggi, rimodellando il Lord Ruthven di Polidori. È il 1897 quando Stoker pubblica il romanzo. Pare si fosse ispirato a Vlad II detto Dracul («il diavolo») e di suo figlio Vlad III, l'Impalatore, entrambi principi rumeni. Qualcuno però si spinge a dire che l'autore s'ispirò a Elisabetta Bathory, parente dello stesso Impalatore, famosa per le cure di bellezza a base di sangue.
Dracula diventa l'esempio della lotta tra Bene e Male, un essere scaturito dagli incubi e dagli orrori dell'inconscio.

Ma cosa prova veramente Dracula? Purtroppo non viene mai permesso a questa oscura creatura di dare il proprio punto di vista, infatti la storia è strutturata come un romanzo epistolare e il nostro vampiro viene descritto solamente dalle lettere degli altri protagonisti. Cerchiamo così di capire attraverso di esse la sua vera personalità. Il primo a presentarcelo è Jonathan Harker, andato al suo castello per gestire le pratiche che permetteranno al nostro vampiro di andare a Londra, dalla sua descrizione abbiamo l'immagine di un uomo anziano e anche bisogno di compagnia. Ecco cosa traspare dal racconto di Jonathan: il conte in fondo è un uomo solo che riceve pochi ospiti e che vive nel castello quasi in totale solitudine, unica eccezione sono le tre vampire di cui non sappiamo quasi nulla, sono le sue spose? Come sono finite al castello? L'ipotesi più accreditata è che siano sue vittime, fanciulle che hanno cedute al suo fascino, esattamente come succederà in seguito a Lucy. E così Dracula prende anche l'aspetto del seduttore, all'epoca la creatura più pericolosa per ogni donna nubile. Ma è davvero un seduttore? Non è forse la scusa per tutte quelle donne che si lasciano sedurre? E così diventa il capro espiatorio perfetto. Prima, appena arrivato a Londra, seduce Lucy, fanciulla se ben guardiamo poco seria per i canoni vittoriani, visto che esprime il desiderio di avere tutti e tre i suoi spasimanti per sé, poi cerca di plagiare anche Mina che, a differenza della sua amica, riesce a non cedere completamente alla tentazione, ma di redimersi in tempo. In un'epoca in cui non era permesso mostrare le gambe del tavolo per evitare scabrosi pensieri, alle donne non era sicuramente permesso mostrare la proprio sessualità e così Dracula diventa quasi un salvatore che permette di esprimere i propri pensieri più nascosti senza poi doverne pagare le conseguenze di fronte alla società.

Dracula è quindi un personaggio solo, si pensi all'arrivo al castello di Jonathan, quando il conte lo invita a fargli compagnia per raccontargli la storia dei suoi antenati, quasi temesse la solitudine, quasi fosse davvero felice che per una volta qualcuno fosse suo ospite e soprattutto fosse disponibile finalmente ad ascoltarlo. A questo punto si può quasi dire che forse ciò che lo spinse verso Londra non fu tanto la sete di sangue quanto la tremenda sensazione di solitudine.

La solitudine può essere vista sia come una limitazione, spesso chi si sente solo prova sentimenti simili a quelli del depresso, ma anche come un tentativo di comprendere se c'è qualcosa che non va e cominciare così una nuova vita. Dracula in fondo fa questo, si lancia in una nuova esistenza, va a Londra, dove forse spera d'incontrare gente con cui condividere del tempo.

Un ultimo appunto: Dracula fallisce laddove il vampiro di Polidori, molti anni prima, aveva vinto: non riesce a confondersi tra la gente. A fine Ottocento la razionalità deve vincere sull'irrazionale e Dracula, rappresentante inoltre di quella classe nobiliare che sta sparendo, non può che cedere di fronte ai suoi persecutori.

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