Capitolo 9
La terza fatica segnò una nuova svolta nella competizione. Se le prove precedenti avevano messo alla prova agilità e volontà, questa era una combinazione brutale di resistenza fisica, abilità tattica e pura forza.
Dopo l'eliminazione della seconda fatica, eravamo rimasti in 198 pretendenti. Il "gobbo" e il Re stesso illustrarono la prova:
Un percorso fisico massacrante: ostacoli da scavalcare, corde da arrampicare, passaggi in cui bisognava strisciare e fango da attraversare.Al termine, una lotta grecoromana in un cerchio. Le regole erano semplici: chi metteva anche solo un piede fuori dal cerchio era eliminato.
La tensione era palpabile. Il percorso era insidioso, ma nessuno dei partecipanti si arrese prima del combattimento. La lotta rappresentava il vero spartiacque, dove ogni ragazzo doveva dimostrare non solo forza fisica, ma anche intelligenza e strategia.
Il mio turno arrivò contro un certo Romolo, un ragazzone imponente, figlio di un pescatore famoso della zona. Era un tipo massiccio, con braccia come tronchi e uno sguardo deciso. Mentre ci avvicinavamo al cerchio, non riuscivo a ignorare la sua mole.
La lotta iniziò. Romolo, con la sua forza bruta, cercò subito di sopraffarmi. Mi caricò con furia, ma era evidente che puntava tutto sulla potenza, senza considerare la velocità o la tattica.
Rimasi leggero sui piedi, studiando i suoi movimenti. Quando cercò di afferrarmi, eseguii una doppia finta: spostai il corpo prima a sinistra e poi a destra, confondendolo. Perso l'equilibrio per un attimo, Romolo avanzò troppo in avanti e, con un rapido movimento, lo spinsi verso il bordo del cerchio.
Prima che si rendesse conto di ciò che stava accadendo, i suoi piedi uscirono dal perimetro. Eliminato.
Romolo, però, non prese bene la sconfitta. Con gli occhi pieni di rabbia, si avventò su di me. Mi afferrò per la maglia e mi sollevò di peso, scaraventandomi a terra con violenza. Rimasi stordito per un momento, ma le guardie del Re intervennero immediatamente. Lo bloccarono e lo trascinarono fuori con decisione, rispedendolo a casa "con le cattive".
Nonostante la botta subita, mi rialzai con una sensazione di trionfo. Avevo superato un'altra prova. Il dolore fisico non era niente in confronto alla carica emotiva che provavo al pensiero di Greta.
Alla fine della giornata, 99 ragazzi furono costretti ad andarsene, delusi e sconfitti. L'espressione sui loro volti mi ricordò quanto fosse crudele questa competizione, ma allo stesso tempo mi sentivo più determinato che mai. Greta era sempre più vicina, e il mio sogno sembrava ancora alla mia portata.
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