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Capitolo 7


La "prima fatica" si rivelò ben più insidiosa di quanto sembrasse.

Il palo di legno, che a prima vista sembrava stabile, nascondeva la vera difficoltà sotto uno spesso strato di grasso viscido. Ogni passo era una sfida all'equilibrio, e l'acqua gelida del fossato sembrava aspettare paziente i fallimenti.

Il Re, con il suo tono autoritario ma carico di aspettative, annunciò la regola semplice e implacabile:

"Avete tre tentativi a testa. Chi non fa suonare la campana è eliminato!"

L'ordine era scandito dal "gobbo", l'incaricato del Re, il cui aspetto incuteva una strana inquietudine. Con il suo tono ruvido, iniziò a chiamare uno a uno i nomi degli sfidanti.

I primi venti tentativi furono un alternarsi di speranza e disillusione. Solo tre di quei ragazzi riuscirono a completare la prova al primo tentativo. Gli altri scivolarono via come marionette mosse dalla gravità, precipitando nel fossato con schizzi fragorosi e grida di frustrazione.

Poi fu il mio turno.

Mi feci avanti cercando di mantenere la calma. Quando il "gobbo" chiamò il mio nome, mi sentii trafitto da un misto di eccitazione e paura.

Avanzai sul palo con cautela. Misi il piede destro e cercai un appoggio saldo col sinistro. Fu allora che vidi una macchia più scura: un inganno ottico che mi fece cambiare posizione all'ultimo secondo. Quel ripensamento fu fatale. Il piede scivolò, e prima che potessi reagire mi ritrovai immerso nell'acqua gelida del fossato. La campana rimase lì, distante e silenziosa.

Emersi dall'acqua frustrato, ma deciso a fare meglio. Avevo il tempo di osservare gli altri, e così feci. La lezione era chiara: chi si muoveva lentamente cadeva quasi sempre. La velocità e la fiducia nei propri movimenti sembravano essere la chiave.

Intanto, un movimento dalla Rocca catturò la mia attenzione. Greta si era affacciata a una finestra. La sua sola presenza bastò a creare un mormorio tra i ragazzi. Alcuni cercavano di attirare il suo sguardo con pose teatrali o mostrando i muscoli. Ridicoli.

Tornai a concentrarmi. Quando il "gobbo" chiamò di nuovo il mio nome, ero pronto.

Mi mossi con decisione. Ogni passo era un rischio calcolato, ma non potevo permettermi esitazioni. La campana si avvicinava sempre di più. Poi, proprio quando sembrava che ce l'avrei fatta, il piede sinistro scivolò via. Istintivamente feci un balzo, allungando la mano verso il bordo della campana. Sentii il metallo freddo sotto le dita un istante prima di precipitare nuovamente nel fossato.

Riemersi aspettando il verdetto.

Il "gobbo", con il suo tono burbero, esclamò: "Toccata! La prima fatica è superata!"

La gioia esplose dentro di me. Federico mi salutava con un sorriso enorme, condividendo la mia vittoria. Cercai Greta alla finestra, ma lei non c'era più.

La prova continuò. Anche Federico e Giacomo riuscirono a passare, ma entrambi al terzo tentativo. Sembrava un'impresa titanica, ma la realtà fu ben presto riportata alla freddezza dei numeri.

"Siete partiti in 312," annunciò il "gobbo". "Dopo la prima fatica, rimanete in 280. Complimenti."

Non c'era tempo per festeggiare troppo. La strada era ancora lunga, e le prove più dure dovevano ancora arrivare.

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