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Capitolo 6


Riuscii a dormire nonostante l'agitazione. Quando mi svegliai, trovai mia madre ad aspettarmi con una colazione abbondante, come fosse una festa. Non c'erano parole, solo il calore dei suoi gesti: prima di lasciarmi andare, mi abbracciò stretto e mi diede un bacio sulla fronte. Mio padre, invece, mi porse una stretta di mano ferma, guardandomi dritto negli occhi.

"Buona fortuna, figlio mio," disse con una voce che non gli avevo mai sentito usare prima.

Rimasi sorpreso, quasi sconvolto. Quelle parole aumentarono il peso dell'ansia che portavo nel cuore, ma allo stesso tempo rafforzarono la mia determinazione.

Mi incamminai a piedi verso il punto di ritrovo. Le strade del paese erano piene di giovani che seguivano la mia stessa direzione, ognuno perso nei propri pensieri, silenzioso. Potevo quasi percepire l'eco delle loro paure, che risuonavano anche dentro di me.

Ad un tratto, sentii una mano posarsi sulla mia spalla.

"Ehi guerriero, posso venire con te?"

Mi girai di scatto, incredulo, e scoprii il volto sorridente di Federico.

"Federico? Ma sei pazzo?" dissi ridendo nervosamente.

Lui mi guardò negli occhi, serio, e rispose: "Davvero pensavi ti avrei lasciato solo in questa avventura?"

Mi sentii sollevato come non mai. Lo abbracciai forte, e insieme continuammo il nostro cammino.

Però, dentro di me, un dubbio si fece strada. Così gli chiesi: "Fede, ma ti sei preparato?"

Federico scrollò le spalle e rispose quasi seccato: "Non preoccuparti, mi sono allenato duramente. Inoltre, sei il mio migliore amico. Ce la metterò tutta per arrivare il più lontano possibile. Ma ricorda, io non sono innamorato di Greta. Al momento opportuno, mi defilerò."

Quelle parole, semplici e sincere, mi diedero forza. Ora non mi sentivo più solo.

Il punto di ritrovo era un tumulto di voci, movimento e volti sconosciuti. C'erano tantissimi ragazzi, molti del paese, altri mai visti prima. Mi sentii osservato, come fossimo già in gara.

Notai Giacomo, il figlio dei Brambilla, in disparte. Mi vide, ma non mi raggiunse, quasi a voler mantenere un distacco. Forse voleva dimostrare la sua superiorità, o forse era solo parte della strategia.

L'attesa durò mezz'ora, interminabile. Durante quel tempo, scrutai gli altri ragazzi. Notai i muscoli gonfi di chi si era preparato duramente, gli sguardi che tradivano le paure e le incertezze di molti, e gli abiti eleganti di chi proveniva da famiglie ricche. Tuttavia, dentro di me continuavo a ripetere una sola verità: la ricchezza non avrebbe superato alcuna prova al mio posto.

Poi, il bisbiglio si spense di colpo. Il Re in persona si fece avanti, solenne.

"Benvenuti a tutti," esordì con voce ferma, che risuonò sopra la folla. "Benvenuti alle 12 fatiche. Per me, la vostra presenza è un grande onore. Inizieremo subito le sfide, che selezioneranno uno solo di voi per diventare il nuovo Principe del paese e lo sposo di mia figlia Greta. Seguirò io stesso ogni prova, insieme ai miei fidati guerrieri."

Fece una pausa, osservando ogni volto tra la folla, come per imprimere in noi il peso di quelle parole.

"Buona fortuna a tutti!" concluse con un sorriso appena accennato.

Un silenzio carico di tensione cadde sulla folla. Era il momento. La sfida stava per cominciare.

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