Capitolo 4
Deciso nella mia scelta, mi alzai di buon'ora e mi recai davanti all'ingresso del castello per chiedere informazioni sull'iscrizione. Era la prima prova, e non immaginavo quanto umiliante potesse essere.
Non appena posai lo sguardo sui soldati e sugli incaricati del Re, iniziarono a ridere apertamente. Mi indicarono, tra risatine e commenti sarcastici, una baracca di paglia poco distante. Era lì che si raccoglievano le iscrizioni.
Arrivato alla baracca, trovai una fila interminabile. Mi accodai, cercando di ignorare i sussurri e gli sguardi che sembravano giudicare ogni fibra del mio essere. Guardandomi intorno, osservai gli altri ragazzi in fila: giovani alti e muscolosi, con cicatrici che sembravano raccontare battaglie vinte e perdute; altri indossavano abiti raffinati, borghesi o forse addirittura nobili; qualcuno portava spade al fianco, segno di un addestramento militare.
Un senso di disagio mi strinse lo stomaco. Mi sentivo un intruso, come se non appartenessi a quel luogo. Nessuno parlava, ma la tensione era palpabile, come se la sfida fosse già iniziata. Il silenzio trasformava ogni ragazzo in fila in un potenziale nemico.
Non ressi quella pressione. Dopo pochi minuti, uscii dalla fila e me ne tornai a casa, rabbioso e deluso di me stesso.
Qualche giorno dopo, passando ancora davanti alla baracca, notai che la fila era molto più corta. Stavolta mi feci forza e mi accodai. Non avrei permesso a nessuno di allontanarmi dai miei sogni.
Quando arrivò il mio turno, mi trovai davanti a un uomo massiccio, dall'espressione burbera. Senza alzare lo sguardo, iniziò a compilare il registro.
"Inizia. Nome?" disse bruscamente.
"Arturo."
"Anni?"
"Diciotto."
"Mestiere del padre?"
"Fabbro."
Si fermò, alzò lo sguardo e scoppiò a ridere fragorosamente. "Via da qui, ragazzo!" esclamò con tono sprezzante.
Mi irrigidii, ma trovai il coraggio di ribattere: "E per quale motivo?"
L'uomo smise di ridere solo per lanciarmi uno sguardo di disprezzo. "L'invito è rivolto a ragazzi benestanti, non a figli di fabbri! Non hai nulla da fare qui. Torna alla tua forgia!"
Sebbene avessi il cuore in gola, trovai la forza di rispondergli con fermezza: "Il Re ha detto che l'invito è rivolto prevalentemente ai ragazzi borghesi. Ma non ha mai detto che fosse obbligatorio essere nobili. Iscrivermi è un mio diritto!"
L'incaricato del Re si alzò in piedi, torreggiando su di me come una montagna. Con una mano possente mi afferrò per la maglia, stropicciandola sul petto. Mi sollevò leggermente, minacciandomi con lo sguardo. Ero convinto che mi avrebbe gettato a terra con violenza o, peggio, mi avrebbe colpito.
Ma proprio in quell'istante, una voce femminile e autoritaria interruppe la scena:
"Che cosa sta succedendo qui?"
Mi voltai lentamente e la vidi. La Regina in persona.
L'incaricato del Re si inchinò immediatamente, lasciandomi andare. Rispose con deferenza:
"Oh, mia Regina, questo moccioso insolente, figlio di un fabbro, ha avuto l'audacia di presentarsi per iscriversi alle '12 fatiche'. L'ho invitato ripetutamente ad andarsene, ma non vuole ascoltare."
Il cuore mi batteva all'impazzata. Mi inginocchiai istintivamente davanti a lei. La Regina mi scrutò con attenzione, il suo sguardo fermo e penetrante. Poi, con voce calma ma decisa, mi chiese:
"Ragazzo, questo non è un gioco. Sei disposto a rischiare la tua vita per mia figlia?"
Sentii un brivido lungo la schiena, ma risposi senza esitazione:
"Sì, mia Regina."
Per un istante che mi parve eterno, la Regina rimase in silenzio. Poi, con un leggero cenno del capo, disse:
"Considerati iscritto."
Non potei trattenere le lacrime. Ringraziai con voce rotta, inginocchiandomi ancora più a fondo. Mi voltai verso l'incaricato del Re e, con uno sguardo che non avevo mai avuto prima, gli lanciai una silenziosa sfida: "Hai visto, cretino?"
Mentre mi allontanavo, con il cuore gonfio di emozione, sentivo su di me lo sguardo di tutti. Avevo vinto la mia prima battaglia, e sapevo che era solo l'inizio.
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