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Capitolo 15

La nona fatica si rivelò essere una delle sfide più inaspettate e complesse di tutte. Dopo aver affrontato un leone, pensavo che niente potesse intimorirmi più di quella prova. Ma quando il Re prese parola, mi resi conto che ciò che ci attendeva ora non era solo fisico, ma psicologico, e in modo molto profondo.

Il Re disse: "Affrontare il nemico guardandolo negli occhi è il modo migliore per dimostrargli che non avete paura. Se siete qua vuol dire che lo avete scoperto. Avete dimostrato di essere dei valorosi combattenti ma adesso per voi parte la sfida più complessa, quella in cui non servono muscoli. Le prossime sfide sono state scelte da Greta. Sarà lei a eliminarvi uno ad uno e a scegliere il suo Principe."

Le parole del Re risonavano nelle mie orecchie mentre pensavo a Greta. La sua presenza, quella sua bellezza così sofisticata, mi aveva sempre messo in difficoltà, ma ora la sfida non riguardava più solo il fisico. Era una sfida del cuore, dell'anima, della mente. E la paura cominciò a salire in me. Greta sarebbe stata la nostra giudice, e il pensiero che fosse lei a decidere il nostro destino mi faceva tremare.

Poco dopo, Greta apparve nella sala, elegante come sempre, indossando un lungo vestito bianco e blu che la faceva sembrare ancora più incantevole. Non c'era più il leone, ma il suo sguardo mi incuteva una paura profonda.

Lei prese la parola e disse: "Voglio che ognuno di voi mi parli. Voglio sapere chi siete veramente, cosa facevate prima di queste sfide, come vi siete preparati, voglio capire che lavoro facevate e cosa vi piace e detestate."

"Oh mio dio..." Pensai, sentendo un nodo nella gola. L'ultima volta che avevo cercato di parlare davanti a lei, le parole non erano uscite.

E proprio allora, fu il mio turno. Il "gobbo" chiamò il mio nome: "Arturo!". Il mio cuore cominciò a battere più forte mentre mi alzavo e venivo accompagnato da una guardia. Fui condotto in una stanza del castello con un tavolo e due sedie. La guardia mi lasciò da solo, e non passò molto tempo prima che Greta entrasse.

Mi invitò a sedermi, e con un sorriso disse: "Non sei muto veramente, vero?"

Mi sentii sollevato, ma l'agitazione mi consumava. Le mani sudate, le gambe molli. Altro che il dolore della puntura di scorpione. Alla fine, con un filo di voce, riuscii a rispondere: "No, non sono muto, sono solo molto agitato."

Iniziai a parlare, iniziai a raccontarle la mia vita. Parlai della mia famiglia, dei miei genitori e del loro lavoro, del fatto che non venivo da una famiglia nobile o ricca, ma che avevo sempre avuto dei sogni. Le parlai anche del mio amico Federico, di come mi aveva supportato.

Mi aspettavo una reazione formale, distaccata, ma invece Greta mi sorprese. Non era la principessa che immaginavo. Era una ragazza semplice, alla mano, che riusciva a farmi sentire a mio agio. Con lei, dimenticai di avere davanti una principessa e mi trovai a parlare come se fossimo vecchi amici. Quella sua empatia mi colpì, e in quel momento, mi resi conto di quanto mi fosse già affezionato.

Finito il mio incontro con lei, la competizione proseguì, e ogni ragazzo doveva raccontare la propria storia. Alla fine, Greta selezionò i ragazzi che l'avevano convinta e scartò quelli che non avevano fatto breccia nel suo cuore.

Quando arrivò il momento del verdetto, mi sentii stranamente tranquillo. E quando lei annunciò che ero passato, che ero tra i dieci rimasti, provai una gioia indescrivibile. Sentivo una miscela di emozione e gratitudine, ma anche una punta di paura. La vera sfida era appena cominciata.

Ora eravamo in dieci, e il mio cuore era più che mai impegnato in questa battaglia per guadagnarmi un posto accanto a Greta.


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