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5. All'ombra degli alberi

Kaila sedeva con la schiena poggiata contro la ruvida superficie di un grande albero. La sua figura era protetta dalle ombre del limitare della foresta, mentre lo sguardo volgeva verso la piccola radura che ospitava il villaggio di cui Valik aveva parlato qualche ora prima.

Era la prima volta che Kaila vedeva un vero villaggio. Di solito era abituata alle case scavate nella roccia, tipiche della capitale. Non pensava si potesse vivere lontano dalla protezione della montagna, e invece ecco lì, di fronte ai suoi occhi, un altro elemento pronto a smentire la realtà che si era faticosamente costruita in quei diciotto anni.

Appena aveva visto quel semplice agglomerato di legno e pietre, Kaila aveva sentito l'irrefrenabile desiderio di avventurarvisi, così da osservare più da vicino quelle cose a lei completamente estranee, nonostante facessero parte della terra che si supponeva avrebbe dovuto governare.

Stava già per sorpassare la linea d'ombra che separava la foresta dalla radura, quando una mano era comprsa sul suo braccio a trattenerla. Kaila si era voltata per trovarsi di fronte un severo sguardo blu.

<Dove pensi di andare?> le chiese.

Kaila mise il broncio <Hai appena detto che ho bisogno di vestiti.>

<Si, ma io ho bisogno del mantello per coprirmi le orecchie, e tu, be'...> scorse con lo sguardo il corpo della ragazza <Non penso sia una buona idea andare in giro in cammicia da notte.>

<Quindi hai intenzione di lasciarmi qui da sola?>

Lui alzò gli occhi al cielo <sarà solo per poco, e se te ne resterai qui buona penso che nessuno ti noterà>.

Ed ora era lì, a pochi centimetri dalla calda luce del primo pomeriggio, ma senza potervisi esporre. Lei, la principessa di Ardrovia, era ora diventata una reietta, una ricercata, era caduta così in basso da non poter neanche più mostrarsi alla luce del sole.

Che tristezza, pensò. Per evitare quei pensieri decise di concentrarsi su ciò che riusciva a scorgere del villaggio.

Le case erano quasi tutte della medesima forma e dimensione -solo un paio erano più grandi. Erano tutte in legno e alcune erano anche circondate da piccoli muretti in pietra.

La leggera brezza primaverile che accarezzava Kaila, protetta dall'ombra, portava con se chiacchere, risate di bambini e a volte anche qualche verso animale, a testimonianza della vita che animava quel luogo.

Kaila osservò una bambina -avrà avuto una decina di anni- uscire da una casa con in mano un secchio dall'aria pesante e dirigersi verso un recinto di maiali, poi spostò la sua attenzione su una vecchietta che, seduta sulla veranda di una delle case, tesseva tranquillamente alzando qualche volta lo sguardo sui bambini che si rincorrevano tra le strade.

Kaila si chiese come fosse vivere così, tra la tranquillità e la libertà della foresta. Più rimaneva lontano dal cartello, più si rendeva conto di aver in realtà vissuto in una gabbia dorata. Una gabbia dorata che aveva cercato di ucciderla.

Cosa ne sarebbe stato ora di lei? Sarebbe stato meglio scappare verso il castello del nobile più vicino in cerca d'aiuto - chiudendosi nuovamente in gabbia- o forse cercare di mimetizzarsi tra quella gente iniziando una nuova vita, lontana dallo sfarzo del palazzo, ma libera, come aveva sempre desiderato?

Kaila immaginò di vivere in una di quelle strambe case, di trovare un marito che l'amasse, di mettere al mondo con lui dei figli che poi avrebbero giocato vivacemente come quelli che aveva visto poco prima, e infine diventare come la vecchietta che tesseva. Una vita felice e serena, quella che in molti avrebbero desiderato.

Eppure c'era una vocina, in un recondito angolino della sua mente che le diceva che tutto quello non le sarebbe bastato.

Mentre cercava di riflettere su questo strano pensiero, qualcosa le cadde affianco, facendola sobbalzare. Kaila si girò nella direzione del rumore e vide un piccolo sacco di iuta.

<Questo è il meglio che sono riuscito a trovare> disse una voce profonda.

Kaila alzò lo sguardo su Valik mettendo definitivamte fine al suo sogno ad occhi aperti.

<Grazie> disse, poi iniziò ad armeggiare col sacco.

Lo aprì e ne ispezionò il contenuto. Una camicia beige, un'ampia casacca di un marrone quasi tendente al prugna, stivali, cintura di cuoio, mantello madrone, pantaloni di pelle?

<Ma questi sono abiti da uomo!> esclamò

Valik sorrise sornione <ho pensato che dal momento che non sappiano se il duca ci creda morti o stia mandando una intera legione a cercarci, per il momento sarebbe meglio mascherare la tua identità. Vestita così nessuno dovrebbe riconoscerti, ti basterà tenere il cappuccio calato, al resto penserò io. Dirò che sono un mercante e che tu sei il mio assistente. È una cosa abbastanza comune, nessuno dovrebbe insospettirsi>.

Kaila continuò a guardare gli abiti, ancora non del tutto convinta.

<Con cosa li hai pagati?> chiese.

Valik alzò gli occhi al cielo <Pensi che li abbia rubati, o peggio...> il ragazzo lasciò la frase in sospeso, ma Kaila sapeva cosa voleva dire: che abbia ucciso chi li indossava? Terminò mentalmente.

Valik le diede le spalle <Be' non è così. Per nostra fortuna ho del denaro con me.>

Kaila si sentì stranamente in colpa <Si, scusa> disse, poi si guardò intorno.

<Non ci sarebbe un posto dove...>

Valik la guardò <Cambiarti? Ora l'intera foresta è il tuo camerino personale>.

<Carino> disse Kaila <Ma io preferirei qualcosa di più appartato>.

<Be' al momento non c'è niente di meglio a disposizione, quindi dovrai accontentarti.> rispose lui con una scrollata di spalle.

Kaila si guardò nuovamente intorno, ma alla fine si rassegnò all'idea di cambiarsi nel bosco.

<Va bene> disse <Ma non sbirciare>

<Come se ci fosse qualcosa da sbirciare> borbottò Valik.

Dieci minuti dopo Kaila aveva indossato tutto. Era la prima volta che provava un paio di pantaloni.

Che strana sensazione, pensò, osservando il modo in cui le fasciavano le gambe magre.

<Come sto?> chiese

Valik si girò a guardarla. La scandagliò dalla testa ai piedi, partendo dalla treccia in cui Kaila aveva raccolto i capelli ribelli e soffermandosi stranamente a lungo sulle sue gambe.

<Stai guardando qualcosa d'interessante> gli chiese, con un coraggio e una malizia che però le erano del tutto estranee.

Lui arricciò il naso, ma non rispose.

<Vieni> disse solo <abbiamo ancora tanto da acquistare prima di partire>.

Detto questo si avviò nuovamente verso il villaggio. Kaila si getto il cappuccio sul capo e lo seguì a ruota.

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