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Capitolo 5- Un ritorno molto atteso

  Il Gran Maestro era un tipo abitudinario. Erano ormai vent'anni, ovvero da quando aveva smesso di essere un Custode guerriero per dedicarsi alla guida della Gilda, che le sue mattine erano definite da una rigida e inflessibile routine. Alle prime luci dell'alba, indipendentemente dalla stagione in corso, Gregory si alzava e si godeva un rilassante bagno caldo; indossava la sua scintillante armatura d'acciaio, si assicurava la spada al fianco e si avviava con soddisfazione su per l'interminabile scala a chiocciola che portava al suo ufficio, posto nella torre sinistra di Castel Neve.

Quel mattino non differiva dagli altri in nessun modo e Gregory, comodamente seduto sul suo scranno con le spalle rivolte alla vecchia scrivania d'abete, ammirava dalla finestra le pennellate rosate e violacee che Holso, dio delle arti, aveva amalgamato con maestria nel cielo. La Foresta d'Alabastro, che ondeggiava al gelido respiro del Nord, da lassù assomigliava a un vasto mare leggendario e le punte biancastre delle conifere parevano candida spuma.

Il Gran Maestro solitamente se ne sarebbe stato a guardare quello spettacolo divino fino a quando il sole non fosse sorto del tutto ma, con la dipartita di Tybalt e la partenza di Igor, era il Custode più anziano rimasto a Castel Neve e spettava a lui occuparsi dell'educazione degli apprendisti.

Si alzò di malavoglia dal suo scranno e diede un'ultima, malinconica occhiata al capolavoro naturale prima di uscire dal suo ufficio. Scese con lentezza i gradini, oltrepassò la Sala Grande e attraversò la Sala Comune; tirò il titanico battente ligneo posto all'ingresso del corpo principale, giungendo infine nel cortile di Castel Neve.

«Finalmente!» esclamò Idunn, seduta sugli scalini davanti a lui, sventolando con rabbia la camicia che stava rammendando. «Ancora cinque minuti di ritardo e ti avrei dato per disperso.»

«In quanto Gran Maestro della Gilda ho mansioni molto importanti da svolgere-»

«Ad esempio istruire gli allievi?» Si mise in piedi e sorrise con impertinenza, indicando con il capo i tre apprendisti alle sue spalle. Una ciocca di capelli bruni sfuggì all'ordinata crocchia e lei se la sistemò all'istante. «Igor non li avrebbe mai lasciati attendere così a lungo al freddo.»

«Igor» sibilò, fissando la Custode pioniera dritta negli occhi bronzei. «Gestisce i marmocchi per sua scelta.»

«Ora non c'è, quindi è tua responsabilità.»

«Io non sono fatto per stare a contatto prolungato con i ragazzini» si difese, sporgendosi in avanti mentre poggiava i pugni contro la panziera dell'armatura.

Idunn lo imitò. «E io non sono fatta per ascoltare simili baggianate.»

«Scusate» li interruppe Billy.

«Cosa?!» gridarono all'unisono, voltandosi verso di lui.

Il ragazzino sussultò, seppellendo il collo taurino nelle spalle larghe. «Ma-maestro Igor e Godwyn sono tornati... e sono in compagnia.»

«E che compagnia...» soffiò Rufus, catapultando lo sguardo glaciale al sentiero che conduceva a Castel Neve.

«Sia ringraziato Stigo!» Il Gran Maestro superò Idunn e avanzò nel cortile. «Il mio tormento è terminato.»

«Gregory!» lo chiamò Fraxinus mollando un grosso baule, che sprofondò nella neve, per correre ad abbracciarlo.

«Non sei invecchiato di un giorno in questi trent'anni!» strepitò il Custode, stringendo a sé l'amico.

Lo stregone rise e indietreggiò di poco; si liberò di sciarpa e cappuccio. «Succede, quando sei in grado di vivere per un paio di secoli.»

Igor gli diede una sonora pacca sulla spalla. «E non ha neanche perso il gusto per la teatralità. Se ne andava in giro per Marvìa facendosi chiamare "Sambuco il Cercatore".»

«È il nome più stupido che abbia mai sentito» sghignazzò Gregory, scuotendo la testa.

«Parli proprio tu, che da adolescente-»

Il Gran Maestro lo interruppe a metà frase, gli avvolse il braccio attorno al collo e gli grattò i capelli biondi con le nocche. «Non ci provare!»

«Piantatela di comportarvi da ragazzini.» Il tono della nana era quello di un rimprovero, ma le sue labbra si curvarono in un sorriso.

Fraxinus la guardò per qualche secondo con gli occhi ridotti a una fessura. «Idunn?»

«Ce ne hai messo di tempo per riconoscermi, stavo per ritenermi offesa!»

L'Uruls la indicò con sorpresa. «L'ultima volta che ti ho vista avevi a malapena sedici anni!»

«E con ciò? Vorresti insinuare che non mi sono mantenuta giovane?»

«No, affatto.» Fraxinus mostrò i palmi delle mani ed entrambi scoppiarono a ridere.

Gregory strinse la spalla dello stregone e incoraggiò gli apprendisti ad avvicinarsi. «Questo è Fraxinus, ragazzi, ricoprirà il ruolo che aveva Maestro Tybalt.»

«Trattatelo con rispetto» raccomandò Igor. «Siamo cresciuti qui insieme, per me, il Gran Maestro e Idunn è un fratello.»

Lo stregone sospirò profondamente, incapace di smettere di sorridere. «È bello essere di nuovo a casa.»

«E noi siamo contenti di averti qui» affermò Idunn.

Solo allora il Gran Maestro notò, accanto a Godwyn, una giovane elfa con uno Squamabaffo.

«Loro sono Kalika e Arlun» rispose Fraxinus, anticipando la domanda dell'amico. «Sono di famiglia.»

«Beh, sono i benvenuti a Castel Neve.»

Rufus sbuffò. «Credo che abbiamo già abbastanza empiosangue, non ce ne serve un'altra.» Passò gli occhi di ghiaccio su Godwyn, Idunn, Fraxinus e Kalika per ultima.

«Ritira subito quello che hai detto!» ringhiò la Dul, puntandogli il dito contro.

Igor lo guardò con disapprovazione. «Quante volte ancora dovrò ripeterti che quell'insulto è inaccettabile?»

Gregory si massaggiò le tempie. «Vi prego di scusare i commenti di-»

«Rufus» intuì l'elfa, osservandolo con la coda dell'occhio. «Ti conviene abituarti alla mia presenza, perché ho tutta l'intenzione di diventare un'apprendista. E non una qualunque, ma la migliore che l'Ordine dei Custodi abbia mai avuto.»

«Apprezzo l'entusiasmo» ridacchiò il Gran Maestro, rilassando il viso. «Non abbiamo un'allieva di sangue Ishkra da tempo, forse è arrivata l'ora di rimediare.»

Rufus sollevò l'angolo della bocca con un'incredibile arroganza. «E perché mai dovremmo accettare una barbara dal sangue maledetto nella più antica Gilda del Nord?»

Gregory aggrottò le sopracciglia, squadrando il rampollo. «Non mi pare che la decisione spetti a te o a chiunque altro. La mia opinione conta e io non ho nulla in contrario alla richiesta di Kalika.»

«Ma è un selvaggio elfo!» protestò, squadrando la ragazzina dall'alto in basso.

Arlun, tra le gambe della ragazzina, digrignò i denti e gonfiò il collare membranoso per rendersi più imponente, ma a un cenno di Fraxinus zampettò verso di lui.

Kalika si piazzò davanti all'apprendista con il capo alzato e gli occhi arancioni pieni di fierezza. «Questo "selvaggio elfo" ti consiglia caldamente di andarci piano con le parole se vuoi evitare guai.»

«Una minaccia, eh?» sfoggiò un sorriso amaro, per nulla sorpreso da una tale reazione. «Ovviamente, la vostra specie non conosce altro che la violenza.»

«Disse il Reilly, il cui casato durante la Conquista sterminò centinaia, se non migliaia, di anime innocenti pur di ottenere un titolo nobiliare vuoto e insozzato di sangue» ringhiò Kalika.

«Mi parli di nobiltà?» Rufus scosse la testa con lentezza, disgustato. «Cosa ne sai tu della nobiltà?»

«Più di te. Il mio nome è Kalika Keskal, e discendo da parte di madre da Ikalde, Regina guerriera, e da parte di padre da Zeral Keskal, comandante dell'esercito Ishkra. E i miei avi, al contrario dei tuoi, non calpestarono la propria morale per un bel castello e qualche servitore, ma si guadagnarono la gloria e il rispetto anteponendo il bene della patria al tornaconto personale.»

«E cos'avrebbero fatto di diverso i miei antenati? Anche loro hanno combattuto per la loro nazione.»

«Combattere non significa ammazzare i neonati nelle culle e sgozzare gli indifesi e gli innocenti. I miei antenati erano guerrieri onorevoli.»

Dopo qualche secondo di silenzio, Godwyn cominciò ad applaudire con calma, un'espressione inebetita stampata sul volto tondo cosparso di lentiggini, e Gregory fu quasi tentato di unirsi a lui. Prima di quell'esatto momento nessuno degli apprendisti, nemmeno Arthur, Duncan e Malcolm, di qualche anno più grandi, avevano avuto l'audacia di rispondere a Rufus.

«Intendi i tuoi "onorevoli" antenati morti? Quelli massacrati dall'esercito Umano che i miei predecessori guidavano?»

«Rufus!» lo richiamò Gregory.

«Basta così» asserì Fraxinus, l'innata allegria totalmente scomparsa dalla voce, mentre afferrava il braccio di Kalika nascosto dal mantello. Restarono fermi a quella maniera per un po', finché l'elfa non allentò con un ringhio soffuso la presa su una lama che il Gran Maestro non vide, ma che sentì scivolare nel fodero con un sibilo metallico.

Rufus sbiancò e mosse un passo indietro. «Voi siete tutti uguali, siete delle belve che non meritano-»

«Silenzio» latrò Gregory, che pensò di aver lasciato che quella conversazione si riscaldasse troppo. «Non un'altra sillaba.»

«Gran Maestro-»

«Non hai scusanti per la tua condotta oltraggiosa» lo ammonì, impedendogli di ribattere. «Castel Neve non ha mai rifiutato nuovi membri sulla base della razza, dell'estrazione sociale o del sesso in più di trecento anni. E che Emga mi danni se mai permettessi che questa tradizione sia interrotta sotto il mio comando a causa di un rampollo viziato che non conosce il suo posto.»

Idunn si pulì con nervosismo il dorso roccioso delle mani sul grembiule. «Perché non entriamo a gustarci un'abbondante colazione?»

«Mi sembra un'ottima idea» concordò Fraxinus, il tono ancora serissimo mentre fissava Kalika.

«Bene» esclamò subito la donna, alzandosi la gonna dell'abito marrone per salire i gradini dell'ingresso del castello. «Allora... andiamo in Sala Grande.»

Billy e Godwyn si affrettarono dietro di lei con il capo calato. Rufus provò a spostarsi con incertezza e, quando fu sicuro che l'elfa non l'avrebbe aggredito, marciò dietro agli altri apprendisti senza staccarle gli occhi di dosso.

«Che ti è saltato in mente?» strillò Fraxinus, quando il portone di Castel Neve fu chiuso.

Un moto di disagio crebbe nello stomaco di Gregory alla vista del suo caro amico in preda alla rabbia. La rigidezza e l'ira semplicemente non si addicevano a quel volto sereno dai lineamenti gentili.

«Avrei dovuto starmene zitta mentre insultava la memoria del mio popolo e di ogni altro figlio delle bestie ucciso nella Conquista?» Kalika si girò verso lo stregone con uno sguardo determinato, ma un certo tremolio delle sue labbra tradì il timore che provava.

«Certo che no!» replicò l'altro. «Però dubito che con Skal in pugno la tua intenzione fosse discutere!»

L'elfa strinse la mascella e abbassò lo sguardo.

«Cosa sarebbe successo se non ti avessi fermata, eh? L'avresti pugnalato, gli avresti puntato la daga alla gola?»

Kalika non replicò, ma le piume dorate afflosciate sul suo viso furono abbastanza eloquenti.

«Rispondimi!»

Igor poggiò la mano sulla spalla di Fraxinus. «Ha agito d'impulso senza pensare, ma sai che non avrebbe davvero ferito Rufus.»

«Le ho insegnato meglio di così» ribatté, inspirando nel tentativo di placarsi.

«L'hai fatto» ammise la ragazzina. «Non avrei dovuto perdere il controllo, mi dispiace.»

«Non è alla mia vita che hai attentato, le tue scuse porgile a Rufus.»

«A quel pomposo idiota?!» Avanzò a pugni serrati.

«Sì» confermò Fraxinus a denti stretti.

«È lui che dovrebbe essere punito!»

«Lo sarà» le assicurò Igor. «Non tolleriamo un atteggiamento del genere a Castel Neve.»

«E so anche come prendere due Alasporca con una sola rete.» Il Gran Maestro si lisciò i folti baffi grigi e ghignò.

  Fraxinus avrebbe preferito che il castigo di Kalika e Rufus non includesse anche la sua persona... ma, d'altra parte, ci avrebbe messo giorni a inscatolare gli averi di Tybalt da solo. Quindi realizzò con disappunto che il suo primo compito da Incantatore della Gilda della Fenice sarebbe stato badare a due apprendisti problematici, sebbene soltanto uno di loro fosse registrato ufficialmente.

«Ti tengo d'occhio» la informò Rufus, qualche scalino dietro Kalika e Fraxinus. «Se la tua mano sfiora solamente l'elsa di quella daga-»

La ragazzina si portò la mano alla fronte e si abbandonò in un respiro irritato. «Senti un po', perché non chiudi il becco e-»

«Perché invece non facciamo il gioco del silenzio tutti insieme?» propose lo stregone, voltandosi a fulminarli con lo sguardo.

Alla fine giunsero in cima alla torre destra e Fraxinus aprì la porta chiusa a chiave della vecchia stanza del suo amico. Subito una zaffata micidiale investì i tre sventurati, che si ritrassero con disgusto.

«Cosa diamine è questo fetore?» domandò Kalika, il naso sepolto nell'incavo del gomito.

«Da quanto tempo nessuno viene quassù?» Fraxinus corse ad aprire la finestra, agitando il braccio per favorire l'entrata di aria respirabile.

«Qualche mese o giù di lì» rispose Rufus, con la camicia tirata fin sopra le guance. «Da quando Maestro Tybalt è partito per Marvìa.»

La luce proveniente da fuori non bastava a illuminare l'intera stanza e in quella semioscurità qualunque cosa avrebbe potuto essere la fonte della puzza, quindi poggiò il palmo sulla scrivania in legno e ne estrasse con la trasmutazione un sottile bastone.

«Lo accenderesti?» Lo porse verso Kalika, che avvolse la mano attorno alla cima e generò una scintilla infuocata.

«I bracieri sono qui e lì.» Rufus li indicò con il dito e Fraxinus si sbrigò a incendiarli, illuminando la camera circolare.

Il letto in ferro di Tybalt non aveva una sola grinza, la superficie della scrivania intarsiata attaccata al muro era coperta di polvere, ma il calamaio era pieno d'inchiostro e pronto all'uso; alcuni tomi, rigorosamente in ordine alfabetico, erano sostenuti da due eleganti fermalibri a spirale... Non c'era niente che suggerisse l'origine di quel tanfo.

Si girò dunque verso le librerie in penombra ricolme di ampolle, sistemate per colore e dimensioni, e le passò in rassegna con rapidità. Non avrebbe mai smesso di ringraziare il Drago ogni singolo giorno della sua esistenza per avergli concesso il dono della trasmutazione, appioppando l'alchimia a qualcun altro.

«Cos'è quella roba?» gli chiese l'elfa, sbirciando da dietro la sua schiena.

«Farei prima a dirti cosa non è.»

Fraxinus si piegò sulle ginocchia, grato di non essere più costretto in quella tunica asfissiante che portava a Marvìa per non farsi riconoscere, osservando i filtri sui ripiani più in basso e curandosi di non avvicinarvi la fiaccola. Uno di questi, un'ampolla a forma di goccia con all'interno uno strano liquido biancastro, era scheggiato da un lato e stava riversando inesorabilmente il suo contenuto.

«Ecco il colpevole» sussurrò, poggiando un dito sul fianco integro della fiala e concentrandosi, manipolando la materia. La frattura sul vetro si ricompose, mentre l'ampolla si accorciò, ma rimaneva la pozza stagnante ai piedi della libreria di cui occuparsi.

Fraxinus non vide altra alternativa che sradicare l'asse di legno impregnata dalla pozione e gettarla nel braciere. Era sicuro solo all'ottanta per cento che l'intruglio non fosse infiammabile, perciò attese con trepidazione qualche secondo lì accanto, pronto a soffocare le fiamme. Per fortuna, non ci fu nessuna reazione.

«E ora?» Rufus era vicino alla finestra. I capelli corvini raccolti in un basso codino erano cosparsi di fiocchi di neve, le labbra sottili tremavano e gli zigomi alti erano diventati lividi.

«Ti prenderai un malanno se resti lì» lo avvertì, facendogli segno di allontanarsi.

«Sono disposto a correre il rischio per una boccata d'aria fresca.» La pelle ambrata gli si era schiarita di un paio di tonalità.

Fraxinus si massaggiò una tempia e si guardò intorno, architettando un piano per sgomberare quella stanza senza compiere fin troppi viaggi su e giù per la lunghissima scala a chiocciola. Si era aspettato un ritorno a casa di gran lunga più tranquillo, con un rischio molto meno incombente di perdere le sopracciglia a causa di strambi miscugli potenzialmente esplosivi. «Rufus, avete ancora quella specie di carrucola-»

«Arthur, Malcolm e Duncan l'hanno rotta l'anno scorso tentando di origliare da fuori la finestra della torre sinistra mentre il Gran Maestro e Maestro Igor parlavano delle domande delle verifiche.»

«Grandioso.»

«E se usassimo il tuo baule?» consigliò Kalika, scoccando un'occhiataccia perplessa a una fiala in cui si agitava una poltiglia violacea che sembrava dotata di vita. «Lo trasciniamo fin quassù, lo svuotiamo e lo riempiamo con questa paccottiglia.»

«Me ne ero completamente scordato...»

«Sarà mio diletto portarlo-» Rufus tentò di svignarsela dalla camera ancora puzzolente, ma Fraxinus gli si parò davanti.

«Tu e Kalika comincerete a spostare le miscele di Tybalt partendo dal basso, in rigoroso silenzio.»

«E se fossero tossiche?»

«Peggio per voi. Magari, la prossima volta, il ricordo delle orribili pustole sulle vostre mani vi spingerà a riflettere prima di agire di nuovo in maniera tanto deprecabile.»

Stette sull'uscio per una manciata di secondi mentre Rufus inorridiva, poi gli sorrise e si avviò giù per i gradini ridacchiando. Mentire non era nel suo stile, soprattutto nei confronti dei ragazzini, ma una piccola bugia bianca in certe occasioni era la strategia più efficace contro la disubbidienza. Non era necessario che quei due sapessero che sugli scaffali della libreria ci fossero dei meri tonici, delle pozioni di rapida guarigione, e dei fluidi innocui provenienti dalle belve.

Fraxinus sbucò nel corridoio di fianco alla Sala Comune e vi entrò. Arlun, che sonnecchiava su un cuscino, si degnò a malapena di aprire un occhietto nero e poi tornò a dormire. Passando dietro la spalliera di uno dei divanetti verde scuro, notò anche Godwyn, seduto a terra e appoggiato con la schiena al bracciolo, intento a leggere uno dei resoconti di viaggio di Etherlweard. Il fuoco ardeva nel caminetto davanti a lui, accentuando la chioma ramata e dando un po' di colore alla pelle pallida.

Sembrava così assorto che quasi gli dispiacque interrompere la sua lettura. «Sai per caso dove sia finito il mio bagaglio?»

Godwyn drizzò la schiena e si voltò di scatto; si sbrigò a mettersi in piedi e poggiò il pesante tomo sul tavolino da tè, in abete, lì accanto. «Mi pare che Idunn l'abbia lasciato all'ingresso.»

«Grazie.» Fraxinus si incamminò verso il grande atrio tappezzato di arazzi antichi e ritratti dei precedenti Gran Maestri, ma si fermò sotto l'arco della Sala Comune per sbirciare il ragazzino. «Non vai a giocare con gli altri apprendisti?» gli chiese, voltandosi appena.

«No» disse subito. «Io... fuori fa freddo, è meglio stare qui a leggersi un buon libro, sì.»

Lo stregone infilò i pollici nelle tasche dei propri pantaloni e annuì. «Sono d'accordo, ma non è che preferiresti aiutarmi a trasportare il mio baule in cima alla torre?»

Godwyn strabuzzò gli occhi verdi e avanzò verso Fraxinus senza guardare dove stava andando, quasi travolgendo una povera poltroncina. «Mi piacerebbe molto.»

Fraxinus piegò due dita per dirgli di sbrigarsi e insieme imboccarono l'androne che dava sull'entrata. Si meravigliò nel constatare che non fosse cambiato nulla durante la sua assenza, non un singolo dettaglio. Nell'osservare le armature dei Gran Maestri, nei quattro angoli dell'atrio, che recavano le stesse, familiari chiazze arrugginite, e l'intricato tappeto con lo stemma della Gilda ancora macchiato di salsa, gli sembrò di non essere mai andato via dalla fortezza. E invece erano passati quasi trent'anni dall'ultima volta in cui era stato in quella stessa stanza.

Poco distante dal massiccio portone d'entrata, di fianco a un tavolino sormontato da un vaso di ceramica pericolosamente vicino all'orlo, c'era il suo vistoso forziere.

«Tu prendilo da quel lato, c'è una maniglia di corda» riferì a Godwyn, sollevando il baule dall'altra estremità.

Lo stregone camminò all'indietro controllando di non incappare in nessun ostacolo, con l'apprendista che spingeva al massimo delle sue forze. Arrivare alla scala fu abbastanza semplice, ma cominciò a sudare soltanto immaginandosi tutti i gradini che lo separavano dall'ex camera di Tybalt.

«Il Drago non ha progettato noi Uruls per svolgere lavori pesanti, quello è appannaggio dei Dural e degli Ishkra.» Si lamentò in modo strategico Fraxinus, dopo appena una decina di passi, sperando di approfittare di quei momenti in compagnia di Godwyn per parlare del suo dono leggermente in ritardo.

«Già» condivise il ragazzino, tra un respiro affannato e l'altro, ma non si sbilanciò... almeno finché non arrivarono a metà del tragitto e fecero una pausa posando il baule, a quel punto raccolse il coraggio di parlare: «Posso farvi una domanda?»

Fraxinus tentò di riversare quanta più cordialità possibile nella sua risposta. «Dimmi pure.»

«Credete che da due stregoni... insomma...» Si morse il labbro inferiore. «È mai accaduto che dall'unione di due Uruls nascesse un bambino senza attitudini?»

«Mmh... no.»

«No?» ripeté Godwyn, inclinando la testa.

«No» confermò. «Non è mai esistito, né esisterà mai un Uruls senza attitudini verso un ramo della magia. La volontà del Drago che ci trasmettiamo da millenni di generazione in generazione, e che scatena i nostri poteri, è alla base della nostra energia vitale. Se non avessi un po' di magia dentro di te, anzi un bel po', non saresti vivo.» Spiegò, poggiandosi con la spalla alla parete di mattoni grigi. «Sei preoccupato perché il tuo dono non si è ancora manifestato?»

Il ragazzino sospirò, sfiorando il bordo intarsiato della cassa. «Mio padre alla mia età domava i fulmini, mia madre era un'alchimista esperta.»

«Tu non sei i tuoi genitori.»

«Questo lo so, ma...» Abbassò lo sguardo, forse per non mostrare a Fraxinus l'espressione affranta.

«Ma ti sei stancato di aspettare, lo capisco. Hai mai pensato che...» Si bloccò, cercando la maniera giusta per continuare la frase. «Che, magari, la causa per cui i tuoi poteri non si sono ancora manifestati sei proprio... tu?»

Godwyn sbatté le palpebre e farfugliò qualche sillaba incomprensibile prima di ordinare i pensieri. «Cosa intendete?»

Fraxinus si grattò il collo. «Non voglio presumere nulla, ma Igor mi ha raccontato che cerchi di passare per Umano e nascondere tutto ciò che ti rende diverso dagli altri, tutto ciò che ti rende un Uruls. E dato che la magia di un Uruls è l'estensione della sua volontà, se rifiuti il tuo retaggio...»

L'apprendista parve improvvisamente molto a disagio.

Fraxinus temette di aver commesso un grave errore a parlargli in maniera così diretta, così si sbrigò a dire: «Ma la magia non è una scienza esatta, potrei sbagliarmi, quasi sicuramente mi sbaglio!» 

Godwyn scosse la testa. «No, non vi sbagliate e questo in realtà spiegherebbe ogni cosa...» Si sedette sullo scalino precedente a quello su cui avevano posato il baule, passandosi una mano nella chioma ramata. «Il fatto è che molte volte vorrei davvero non essere nato Uruls, ma Umano.»

«Perché?» gli chiese Fraxinus, prendendo posto accanto a lui.

«Perché nessuno mi odierebbe per ciò che sono, nessuno mi insulterebbe, nessuno vorrebbe ammazzarmi.»

«Supponiamo che tu sia Umano, credi sul serio che tra i figli delle bestie non ci siano persone che ti odierebbero comunque al punto da desiderare la tua morte o di ammazzarti di persona?»

«Ma nessuno di noi arriverebbe mai a tanto, giusto?»

Fraxinus sospirò. «Lo faremmo e l'abbiamo fatto. Perché credi che gli Umani ci detestino tanto? Per quanto la monarchia Umana cerchi di oscurare la storia e convincere il popolo di aver sempre governato su Phoel, la verità è un'altra. Cent'anni fa il Regno dei Phels comprendeva solo l'Entroterra invece che l'intero continente. Trecento anni fa il Regno dei Phels non esisteva neanche e gli Umani era schiavi, nient'altro che oggetti da usare e scartare per i figli delle bestie.»

«Lo so, però non abbiamo mai giustiziato qualcuno in pubblica piazza perché era chi era.»

«No» concordò lo stregone. «In compenso li abbiamo sfruttati e vessati per secoli. Non sto dicendo che questa sia una motivazione valida per il comportamento recente deli Umani nei nostri confronti. D'altronde l'Ishk ucciso ieri mattina non era di certo abbastanza vecchio da aver contribuito alla schiavitù degli Umani e il Principe Edward non è abbastanza vecchio da aver subito la schiavitù; tuttavia l'odio certe volte è così radicato da attraversare le ere.» Congiunse le mani, in un gesto che compieva spesso quand'era sovrappensiero. «Odiarci a vicenda per peccati commessi da altri, non ha importanza quanto sangue in comune abbiamo nelle vene, non ha senso eppure lo facciamo. Ipotizzo sia perché l'odio è la rovina della ragione, esso avvelena i nostri pensieri e ci mostra una versione distorta di ogni situazione. E, purtroppo, all'odio difficilmente si sfugge.»

«È molto triste.»

«Già. Quello che sto cercando di dire è che ci sarà sempre qualcuno che ti remerà contro, o detesterà persino, a causa di chi sei. E mi dispiace che tu abbia vissuto in prima persona quest'esperienza, ma rinnegare di essere un Uruls, rinnegare ciò che ti rende te stesso, non gioverà a te, ma solo a chi cerca di sminuirti.»

«Ma non posso combatterli.»

«E perché mai non potresti combatterli?»

«Maestro, io non ho armi! Non ho la magia, non sono forte né coraggioso, non ho altra scelta se non assecondarli.»

«Tu hai qualcosa di meglio della magia, della forza e del coraggio, tu hai questa.» Fraxinus gli picchiettò la fronte. «Sei l'apprendista più brillante che l'Ordine dei Custodi abbia mai avuto, perché sottovaluti la conoscenza? La nostra intera cultura era basata su di essa.»

«Sapere qualche stupida curiosità come dovrebbe aiutarmi?»

«Se non sbaglio hai un vero talento nello studio, non è così?»

«E con ciò?»

«Non hai mai sentito il detto Uruls "Studia il tuo nemico per vincere il tuo nemico"? Quando lo applicherai e analizzerai il tuo nemico, imparerai come sconfiggerlo.» 

Godwyn storse la bocca.

«Non sei convinto, vero?»

«No...»

Fraxinus si grattò il mento per qualche secondo, pensando intensamente a qualche esempio pratico. «I Custodi!» esclamò poi, sorprendendo l'apprendista.

«I Custodi?»

«Rifletti: secondo te il primo Custode cultore trovatosi davanti a qualcosa che non sapeva spiegare si è arreso e ha accettato di buon grado la propria ignoranza? Il primo Custode mediatore ha lasciato che i popoli che consigliava si facessero la guerra solo perché incapace di stabilire un accordo al primo tentativo? Dici che il primo Custode pioniere si è fermato dove si concludeva il sentiero perché spaventato dall'ignoto? E il primo Custode guerriero ha forse smesso di combattere appena incontrata la belva di turno perché troppo debole per abbatterla?» Fraxinus scosse la testa. «L'ignoranza, la guerra, l'ignoto, la debolezza: erano i loro nemici e non li hanno solo sconfitti, li hanno distrutti e continuano a farlo giorno dopo giorno. E anche tu puoi spuntarla contro i tuoi nemici» concluse, stringendo la spalla di Godwyn.

«Io... non sono sicuro di essere all'altezza di quei Custodi» disse, accennando un sorriso. «Però sono disposto a provarci.»

«Questo è lo spirito giusto! Abbi fede in te stesso e nelle tue capacità, e non ci saranno limiti a ciò che sarai in grado di ottenere.» Si rialzò e tentò di sollevare il baule da solo, per risparmiare a Godwyn un po' di fatica, ma lo portò a stento un paio di scalini più su. «Però non sperare mai nella tua forza fisica, quella ti tradirà sempre.»

Godwyn rise e afferrò l'altra parte del baule, aiutando Fraxinus a portarlo fino in cima alla torre.

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