19. L'Assassino e i fantasmi
«Spesso le aspettative falliscono,
e più spesso dove più sono promettenti;
e spesso soddisfano dove la speranza è più fredda
e la disperazione più consona.»
- William Shakespeare
Mi svegliai dal sogno per ritrovarmi ancora a sognare.
Ero arrivato molto in fondo, ne ero consapevole, ed ipotizzai di dover emergere da strati di sogni, come arrampicarsi per uscire verso la luce, quasi fossi ancora rinchiuso ad Ender e ogni strato mi portasse sempre più vicino al risveglio, ad un passo dall'arrivarci, verso quel mondo di sole che non riuscivo mai a vedere, perché finito il giorno lavorativo, mi aspettava solo una notte di buio senza stelle. Nubi, nebbia e dolore.
Sembrava fosse destino, rivedere quelle storie del passato ad ogni dormita: il Redivivo affamato, il Caos dilagante, Yaakov e Qiana coi loro volti vaghi ed inafferrabili, che dimenticavo ogni volta che aprivo gli occhi e tornavo alla realtà. La loro sofferenza era vera. L'ingiustizia era palpabile, mesta e pesante. Disgusto e rabbia. Disperazione ed impotenza. E quell'ultima sensazione che avevo assaggiato, inconcepibile, per quanto fosse sporca: corruzione. Nel sogno, Yaakov veniva trascinato nella bocca del Redivivo che, poi, lo aveva risputato come una cosa nuova. Diversa e peggiorata. Una versione malvagia dello straeliano che era. Un figlio del caos, qualcosa di sbagliato e divorante e terribile e terribile e...
E non riuscivo a capire perché continuassi a vedere quelle immagini, quelle storie. Forse volevano dire qualcosa. Forse c'era un nesso, una ragione, forse faceva solo parte di un disegno più grosso. Ma sapevo che doveva pur voler dire qualcosa. C'era un significato, in quei sogni. Ci doveva essere.
Eppure, qualsiasi ragione si nascondesse nei meandri oscuri della mia mente, ancora non potevo raggiungerla. Mi mancavano troppi pezzi. Il primo dei quali, finalmente, si mostrò due settimane dopo aver parlato con "mio fratello". La situazione su di lui non era cambiata: ancora non riuscivo a capire se fidarmi, se credere in quell'assurda utopia e concedermi ad un'improbabile alleanza, oppure se impedire al destino di far crescere un altro dittatore, per di più dotato di poteri magici, cosa che lo rendeva assai pericoloso.
Ma non volevo ucciderlo. Ogni volta che la mia mente sfiorava l'idea, venivo assalito da una sensazione di irritazione e fastidio, che mi portava a scuotere la testa e a scacciare l'ipotesi con la stessa rapidità con cui era arrivata. Perciò il principe e la sua guardia erano ancora nelle celle, ad aspettare. Cibo ed acqua da bere o con cui lavarsi veniva fornita con regolarità, ma non c'erano state altre comunicazioni, né tentativi di mettersi in contatto con me da parte loro. Quasi il principe rispettasse il mio silenzio.
In ogni caso, Adrian Kavendish era passato totalmente in secondo piano, quando finalmente un pezzo sulla scacchiera si era posizionato al posto giusto. Non era molto, ma non era nemmeno poco: dopo tante giornate di ricerca, mani nella polvere e dita a sfogliare pagine così delicate da aver timore che si disfacessero nella mia presa, l'avevo trovato. Si era nascosto bene, in mezzo ai tomi salvati dal mercato nero. Non era un libro, non recava nessun titolo sulla copertina, cosa che mi avrebbe automaticamente spinto a scartarlo dalla grossa cernita che io ed Ezra stavamo effettuando.
Eppure, la mia proverbiale curiosità verso tutto ciò che era arcano e che sarebbe dovuto finire fra le fiamme della censura, mi aveva spinto a gettargli comunque un'occhiata. Senza contare che il cuoio rosato e liscio in cui il volume era rilegato, mi dava una terrificante sensazione di familiarità... Al punto che avevo iniziato a credere che quello non fosse cuoio, ma pelle umana.
Non era nient'altro che un diario rilegato nella carne di qualcuno, senza un titolo, né spago con cui tenerlo chiuso. L'inchiostro, poi, non era inchiostro, perché il rosso-marroncino, appena maleodorante, faceva capire si trattasse di sangue coagulato. Era una scoperta disgustosa quanto preziosa, quel diario. C'eravamo affannati tanto a cercare delle risposte sul come scendere nelle profondità dell'oltretomba, ma avevamo rinvenuto appunti personali che parlavano di una risalita.
Non riuscivo a concepire nessun modo possibile, inimmaginabile, che portasse un morto ad uscire dall'oltretomba - ancora non capivo come potesse uscirci un vivo, una volta entrato - ma quella era la prova inconfutabile che un ingresso c'era. Che un altro mondo, dove andavano a finire i morti, esisteva. Magari poteva trattarsi del delirio di un pazzo, pensiero tutt'altro che ignorabile, visto di cosa era fatto il diario. Ma ci eravamo già imbarcati in un'impresa impossibile. A qualcosa dovevamo pur credere.
La mia speranza doveva pur andare a parare da qualche parte.
... Lui ha dovuto farlo. Dice che il mondo è cambiato, in nostra assenza, che adesso non abbiamo più bisogno di preoccuparci per l'Osso. Ma non sono d'accordo. E' stato un sacrificio valido? Lo scheletro-lampo ha preteso troppo per lasciarci passare. - H
Rabbrividendo, lasciai scivolare un dito sui bordi delle pagine. La carta era tanto tagliente da ferirmi un dito, dovetti ritrarre la mano per evitare che il sangue gocciolasse sul diario. Leccando il polpastrello, aspettai che i lembi del taglio si ricucissero da soli, incollandosi fra loro, e poi girai alla pagina successiva.
Ai muri piace mangiarci. Il vento adora tagliarci la carne. Gli effetti della risalita peggiorano mano a mano che si prosegue. Deve essere un sistema di protezione. Astuto. Ho pensato che potesse distruggerci prima di arrivare in cima, ma Lui è troppo forte per un ostacolo così ridicolo. Io però ero solo ad affrontarlo. Alla fine ho comunque raggiunto la vetta e la Grotta dei Segreti era così come l'abbiamo lasciata. Presto... Torneremo presto. - H
«Grotta dei Segreti.» ripetei ad alta voce, mordendomi il labbro inferiore, un po' perché ci stavo sul serio riflettendo, un po' perché Ezra era curvato sopra di me, tanto vicino che potevo sentire il suo fiato caldo riecheggiare contro la curva del mio collo. Si era messo lì perché così poteva sbirciare il contenuto del diario da sopra alla mia spalla, insieme a me. Cercando di capirci qualcosa. Chiunque fosse questo o questa H, anche dagli altri criptici appunti, lasciava intuire di star uscendo dall'Oltretomba. Questo era inconfutabile. C'erano molte cose impossibili da capire, ma mi rifiutai di credere che fossero solo vaneggiamenti.
«Pensi possa essere l'ingresso che cerchiamo?» ruotai sulla sedia per lanciargli uno sguardo.
Aveva smesso di incombermi addosso per andare a prendersi da bere.
«Per quanto ne sappiamo» fece roteare il brandy ambrato dentro al bicchiere. «Potrebbe essere qualsiasi cosa.» Aveva i fianchi appoggiati al tavolino dove avevamo accatastato alcolici e piatti sporchi - non avevamo avuto il tempo per sbolognare stoviglie o pulire noi - con le gambe tese in avanti, la posa indolente, le caviglie incrociate, i pantaloni a vita bassa a far spuntare la cresta iliaca, una V voluttuosa che scompariva oltre la cintura. Petto nudo, muscoli ben delineati e ciocche argentee che gli sfuggivano da un codino scompigliato sulla nuca, sparpagliandosi intorno al viso. Fra quelli, la sciabola legata alla vita e la collana di cristalli provenienti da Astrea, sembrava veramente un pirata.
«Non c'è scritto da nessuna parte che si tratti dell'Oltretomba.» proseguì, spingendomi ad azzannarmi con insistenza il labbro inferiore. Non distrarti. Ti legge nella testa. Non permettergli di capire a cosa stai pensando.
«Oh andiamo! I segnali sono ovunque!» indicai le pagine, picchiettandole con l'unghia. Il senso di inquietudine che mi trasmetteva quel diario doveva pur significare qualcosa. Mi rifiutavo di reputarlo una semplice stramba reliquia. Ma Ezrael scrollò le spalle. «Che palle.» Alzai gli occhi al cielo, chiudendo il volumetto, solo con l'intenzione di studiarlo approfonditamente in seguito.
***
«Pensa... a un muro... mmh... visualizzalo..» soffiò, un respiro che riecheggiò sulla mia pelle, resa umida dalla brezza salina e il profumo del mare, che sembrava restarmi incollato addosso ogni volta che abbandonavo gli appartamenti del Capitano per salire sul ponte.
«Così... non è... ah-» gemetti, sfarfallando le ciglia in un complicato tentativo di controllare la mia espressione. Ero vicino al timone, intenzionato a controllare la rotta e il paesaggio all'orizzonte: secondo i calcoli del nostromo mancava davvero poco all'ingresso del Triangolo delle Bermuda. Anche conosciuto come il famigerato Mare dei Mostri. Avremmo dovuto vedere all'orizzonte Scilla e Cariddi e, dunque, avrei dovuto prendere una decisione rapida sul pericolo da affrontare e il nostro destino.
Non avrei saputo dire come un compito così semplice potesse trasformarsi in quello. Con quello, intendevo dire la mano di Ezrael che trafficava nei miei pantaloni, le dita a circondarmi il sesso che andava via via ad indurirsi a causa delle sue attenzioni. Dopo ciò che era successo quella sera, dopo che l'avevo provocato e finalmente c'eravamo abbandonati al piacere, era come scattato un interruttore. Una miccia si era accesa e... stavamo ancora esplodendo. Non lo fermavo più, anzi, provocarlo stava diventando il mio hobby preferito. Vedere la sua facciata da orso che si scioglieva e i suoi occhi riempirsi di lussuria, era inebriante.
«Un muro, Helias... O vuoi ancora che capisca tutto ciò che stai pensando?» continuò, la mano chiusa a cerchio impegnata a scivolare su e giù lungo l'elsa della mia erezione pulsante, mentre io stringevo le dita contro le estremità del timone, fino a farmi sbiancare le nocche, la fronte aggrottata, cercando di trattenere gemiti ed imprecazioni.
Rispondeva alle mie provocazioni insegnandomi come ostacolare le sue "letture mentali" proprio quando mi accarezzava, lambiva, ghermiva. Rendendo le sue lezioni pressoché inutili, visto che l'ultima cosa a cui il mio cervello stava pensando era l'immagine di un muro solido davanti ai miei pensieri. Non riuscivo neanche a prestare attenzione a ciò che stava dicendo.
Sapevo che ci stavano guardando, sapevo che gli occhi dei pirati aggrappati al sartiame erano puntati sul tanto odiato Capitano - io - e sapevo anche che la mano di Ezrael stava andando più veloce, nascosta dietro ad un lembo del mio mantello, celata ai loro sguardi. Ma l'idea che potessero scoprirci da un momento all'altro rendeva quell'esperienza stranamente inebriante... Perché mischiava all'eccitazione anche il timore di essere notati.
«Ez...ra.. Nn.. non.. Qui...» mugolai, piegando la testa verso il basso, la faccia rivolta al pavimento, rossa.
«Non dirmi che ti piace essere guardato...» Il bastardo usava un tono maledettamente serio, come se la cosa fosse preoccupante, anche se aumentò la velocità della sua mano. «Mphf.» con uno sbuffo dalle narici simile ad una risata a labbra chiuse, fece un passo avanti eliminando la distanza fra i nostri corpi. Sentii un bozzo premere contro il fondoschiena, oltre la stoffa del mantello e dei pantaloni aderenti, mentre le sue braccia si allungavano oltre la mia figura, puntando con l'indice verso l'orizzonte. «Concentrati sulla rotta, Capitano.»
Strinsi i denti, arricciando le dita dei piedi dentro agli stivali, mentre i miei fianchi si spingevano all'infuori, verso il corpo dell'altro, strofinandosi insistentemente a lui. «Che tu sia dannato...» chiusi gli occhi, abbandonandomi al piacere, anche se mi aggrappavo al timone con tutte le mie forze, ben sapendo che le gambe avrebbero potuto cedere da un momento all'altro.
«Aahh... Ahh.. Ez... mmhh» mormorai a bassa voce, sperando che il rumore delle onde coprisse i miei deliziati lamenti. La sua mano sagomava tutto il mio sesso, dalla punta alla base, sbattendo contro le cuciture dell'intimo e dei pantaloni, di cui aveva aperto giusto un bottone, non potendo fare di piu senza essere scoperto, quel tanto affinché la sua mano entrasse per toccarmi e torturarmi. «Oh.. Ca..zz... oh! Sto.. per..» inarcai le sopracciglia, chiudendo le palpebre mentre gli occhi mi roteavano dentro al cranio.
«Ehi! Che cazzo è quello?!»
Mi irrigidii dalla testa ai piedi, spalancando gli occhi e scattando sull'attenti, la testa in alto e il respiro mozzato dentro ai polmoni. In quell'istante di panico e piacere interrotto, credetti che ci avessero beccato e sentii il cuore fare un balzo dal petto alla gola, sentendo il boato delle mie stesse palpitazioni dentro alle orecchie.
«Porca...!» arrivarono altre esclamazioni dall'equipaggio, mentre Ezrael mi liberava dalla sua presa, togliendomi la mano dai pantaloni con una rapidità fulminea, coprendomi con un lembo del mantello, mentre si guardava intorno con gli occhi viola affilati in uno sguardo circospetto.
Fortunatamente, non stavano guardando noi. Seguii la traiettoria dei loro sguardi e notai una nave veleggiare sul pelo dell'acqua decisamente vicino a noi, così tanto che avrebbe potuto passarci accanto da un momento all'altro. Solo che, fino a qualche minuto prima, non c'era niente all'orizzonte. Ne ero certo, nonostante fossi preso da quello che lo straeliano mi stava facendo.
Una coltre di nebbia fitta, simile ad un grosso fungo di fumo - di quelli che si sarebbero potuti vedere in una fumeria d'oppio - avvolgeva l'imbarcazione, impedendoci di vedere il ponte e l'equipaggio, offrendoci giusto uno scorcio delle cime e delle vele, così come dell'albero maestro. C'era qualcosa di profondamente strano: la foschia si era innalzata tutta insieme, un fenomeno atmosferico troppo repentino perché potesse essere normale, specialmente perché l'unica cosa che essa avvolgeva era quel veliero. Che proseguiva troppo rapidamente sulla superficie del mare, come se non avesse peso. Di certo non si trattava di un nuovo attacco della Marina Reale.
Poi la nebbia si diradò e capii che quello che ritenevo strano, era molto, molto più bislacco. Una bandiera rosso sangue frustava l'aria, a brandelli, priva di qualsiasi stemma, e grossi arpioni si erano già lanciati per attraccare la nostra nave, spingendola vicino alla loro. Mi chiusi rapidamente i pantaloni, la lussuria che era del tutto scomparsa dal mio corpo e le mani che subito si erano andate ad appoggiare all'elsa rassicurante dei miei falcetti di cristallo infrangibile. Senza che dessi alcun segnale, i pirati si stavano preparando ad un eventuale attacco, suonando la campana d'allarme e sguainando sciabole e scimitarre. Alcuni di loro si erano messi ai cannoni, altri stavano procedendo efficientemente a tagliare le funi che tenevano l'Idra Spinata vicina alla nave nemica. Ma la cosa veramente bizzarra, quella che avevano notato i pirati già dall'inizio e che era sfuggita a me, era che le loro armi passavano attraverso alle funi, senza tagliarla. Le cime, come il resto del veliero nemico, non era avvolto nella nebbia. Era la nebbia.
«Affronteremo questo problema come qualsiasi altro. Niente panico, cazzoni!» ringhiai, ricevendo in risposta sputi ed insulti. Non sembravano apprezzare molto che prendessi direttamente il comando, ma smisero immediatamente quando li fulminai con uno sguardo omicida. E a proposito di quello.
Il mio istinto d'assassino si era risvegliato e il senso di pericolo che sentivo salire dallo stomaco al petto fece ruggire la determinazione nel mio sangue. «Fatevi sotto, stronzi...» sibilai fra me e me, slacciandomi il mantello che cadde ai miei piedi, in modo che potessi combattere senza impedimenti, i falcetti ormai in mano e un'espressione feroce incollata su un viso tanto grazioso che sarebbe stato impensabile, per chi non mi conosceva davvero, credere che potessi mostrare certe facce.
Poi il nemico saltò sul nostro ponte arrivando da prua, mostrando le loro fattezze terrificanti: la sagoma era quella di comunissimi corsari. Ma la loro pelle era di un pallore grigiastro, i loro abiti erano stracci e tutto il loro corpo era... Come fatto di nebbia, una consistenza spettrale da cui si poteva vedere attraverso.
«FANTASMI!» un unico grido di paura e angoscia provenne dal mio equipaggio, prima che iniziasse l'inferno. Era uno spettacolo molto strano da guardare: la ciurma attaccava gli spettri, ma le loro armi, i loro pugni e calci, passavano semplicemente attraverso, quasi cercassero di affettare l'aria. I pirati fantasma, invece, tranciavano i miei uomini con così tanta forza che arti e corpi a brandelli saltavano da una parte all'altra, ricoprendo il ponte di sangue. Era praticamente un combattimento a senso unico.
«Vattene.» sibilai alle mie spalle, verso Ezrael, accennando con la testa alla porta che conduceva sotto coperta. «Veloce.» Non mi fermai a guardare se avesse seguito il mio consiglio o meno, puntando rapidamente verso il mostro che sembrava alla testa della spedizione: lunghi riccioli traslucidi, un cappellaccio piumato e una faccia che pareva quella di uno scheletro. Di un pallore mortale, quasi verdastro. «EHI! Bastardo!» urlai, affondando le lame nel suo petto con un movimento ad X, che non sortì alcun effetto, visto che i falcetti gli passarono attraverso.
Provai uno strano formicolio alle mani, un senso insoddisfacente di vuoto, mentre i miei gesti tagliavano il nulla e la forza che avevo imposto nelle braccia si scagliava contro l'aria.
Una risata serpentina, simile a quella che avrebbe potuto emettere una creatura con la lingua biforcuta, riverberò fastidiosamente nelle mie orecchie. «Maledirò la tua nave e divorerò il tuo equipaggio, Capitano..» la voce del fantasma era come un'eco metallica, faceva accapponare la pelle.
«Agli stronzi puoi fare quello che ti pare, ma la nave mi serve.» ammiccai, nascondendo la tensione dietro ad un sorriso feroce. Poi scartai di lato, evitando che la sua sciabola traslucida mi dividesse in due, separando il bacino dalle gambe. Era strano: non sentivo il sibilio dell'arma, né lo spostamento dell'aria che essa produceva passandomi vicino. Avrei tranquillamente potuto credere che, se mi avesse toccato, sarebbe stato come sfiorare la nebbia impalpabile. Ma avevo visto, qualche attimo prima, come avevano ridotto alcuni pirati.
Non dovevo abbassare la guardia. Piuttosto, dovevo rapidamente capire come battere un nemico che sembrava invincibile.
Un secondo colpo mi raggiunse, così sollevai meccanicamente i falcetti per parare la sciabola fantasma. Con un attimo di inquietante stupore, vidi l'arma passare attraverso lo scudo di lame che ero andato a crearmi, come se i miei falcetti fossero fatti di burro. La punta della sciabola fantasma mi stracciò la camicia, aprendomi un taglio verticale proprio al centro del petto, dalle clavicole allo sterno. Trattenni un'imprecazione fra i denti digrignati, saltando indietro prima che lo spettro potesse sbudellarmi, sentendo il sangue colarmi caldo sulla pelle.
Passai completamente sulla difensiva, impegnandomi ad evitare la tempesta di attacchi in arrivo. Non era complesso, in realtà: ero veloce e snello come una gazzella sulla terra e un'anguilla nell'acqua. Se le cose si fossero messe male, avrei potuto anche utilizzare il teletrasporto. Mentre roteavo, sgusciavo e saltavo per evitare la sciabola del corsaro spettrale, riflettei su tutti i poteri che avevo ricevuto: non c'era davvero niente che potesse farci uscire da quella situazione? Potevo mutare il mio aspetto come quello di un'altra persona o un animale. Potevo rendermi invisibile. Potevo lanciare fuoco o ghiaccio dalle mani. Diventare velocissimo, teletrasportarmi o volare.
Indietreggiai per guadagnare spazio, roteando una perlina magica dai braccialetti ai miei polsi. Sentii una strana sensazione fredda, quasi gelida, alle mani. Ma non spiacevole, anzi, il ghiaccio mi apparteneva. Così, quando mossi una mano verso il pirata, fu un gesto naturalissimo scagliargli contro una lancia di ghiaccio che uscì dal mio palmo. Lo sperone congelato gli passò attraverso il petto, schiantandosi contro il pavimento dietro di lui per infrangersi in pezzi come vetro. A quanto pare non era la strada giusta. C'erano anche i tre anelli, quelli legati a poteri che ancora non conoscevo, qualcosa da usare "per le emergenze". Ma potevo sprecare risorse così preziose, prima ancora di arrivare nei Regni del Caos? Sembrava una cosa stupida da fare.
La cosa ancora più stupida da non fare, all'apice degli insegnamenti sul combattimento corpo a corpo, è distrarsi di fronte ad un avversario capace o imprevedibile. Ma fu inevitabile, quando sentii urlare alle mie spalle: «HELIAS!» Girai la testa, vedendo Ezrael costretto in un angolo, accerchiato da un paio di pirati fantasma. Il movimento dei miei occhi e la comprensione del pericolo del mio guardiano erano durati solo una manciata di secondi, ma erano attimi estremamente preziosi.
Prima che la spada del capitano spettrale potesse aprirmi in due la testa come un cocomero, mi teletrasportai fuori dalla sua portata, comparendo al fianco di Ezrael, che afferrai per un polso, svanendo insieme a lui per riapparire al centro del ponte, fra prua e poppa.
«Okay. Idee?» domandai rapidamente, posizionandomi schiena a schiena con la sua, armi estratte e fra le mani, benché inutili, mentre intorno a noi infuriava la battaglia.
«Potremmo» incominciò, stringendo le labbra, la mascella tesa «teletrasportarci fino ai Regni del Caos...» E subito scosse la testa. «No, lascia stare.» Come facevamo a spostarci in un luogo dove non eravamo mai stati prima? A visualizzarlo nella mente ed arrivarci? «Volare fin lì...» mormorò, sovrappensiero. «E' troppo lontano, maledizione!» seguitò con i suoi ragionamenti, mentre io tenevo d'occhio la situazione.
«Giù!» avvisai, evitando il roteare di una sciabola: quel maledetto capitano fantasma era tornato all'attacco. «Devi davvero andartene sotto coperta! Qui non finirà bene!» Non che avesse molte possibilità di fuga, visto che ci ritrovammo nuovamente accerchiati da un gruppo di fantasmi. Intorno a noi era un mattatoio: non avrei saputo dire quanti del mio equipaggio erano morti, ma il sangue colava sul pavimento rendendolo scivoloso ed impraticabile, un lago rosso che si estendeva da poppa a prua e sicuramente colava fra le assi, raggiungendo i piani inferiori.
Mi preparai a teletrasportarmi ancora, acciuffando alla cieca la mano di Ezrael dietro di me... E fu allora che accadde qualcosa.
Una forza invisibile simile ad un'ondata di energia crepitante, quasi elettrica, come quella di un fulmine, scagliò l'equipaggio spettrale lontano da me ed Ezra di parecchi metri, tanto che alcuni di loro caddero fuori dalla nave. E invece di fluttuare come mi aspettavo facessero, semplicemente si dissolsero nella nebbia.
«Sono arrivati i rinforzi, mio caro Sfavillo!» Avrei potuto riconoscere quella voce irritante fra mille, ormai. Dopo averla udita nell'asta del Ballo dell'Orchidea e nella Festa d'Estate, avevo incominciato ad identificare quel principe egocentrico.
Mio fratello spuntò dalla porta che conduceva sotto coperta, anticipato da Raven Kenneth: i vestiti di Adrian non erano tanto lindi come quando era arrivato, ma miracolosamente non avevano una grinza, così come la piega ondulata dei suoi capelli, praticamente impeccabile. Raven invece aveva la barba un po' cresciuta, gli abiti stropicciati e l'aria brutale che lo aveva contraddistinto sin da quando lo avevo conosciuto. Del bagliore caldo nel nocciola fuso dei suoi occhi, quello che avevo visto nelle strane visioni che ci collegavano, non ce n'era traccia.
«Oh, ora sì che siamo tutti in salvo...» alzai gli occhi al cielo. No, la gratitudine non era il mio forte, specialmente se dovevo mostrarla al figlio del mio peggior nemico. Poi però notai ciò che aveva fatto e ne rimasi abbastanza impressionato. «Attenti, anche se non potete colpirli con le armi, loro possono. Non fatevi raggiungere.» avvisai, più verso il Capitano, che sembrava intenzionato a fare da scudo umano.
Fortunatamente, la battaglia si concluse rapidamente: il principe si servì di quel suo enigmatico potere per distruggere quegli spiriti, dissolverli, o magari anche solo cacciarli. Qualsiasi cosa avesse fatto loro, la minacciosa nave di nebbia scomparve. La vidi veleggiare all'orizzonte, lontano dalla nostra portata. «Merda...» sospirai, scandagliando la situazione circostante. Poteva andare sicuramente peggio. Fra arti volanti e teste mozzate, contai circa una decina di morti.
«Non ringraziatemi, figuratevi!» esclamò tronfio il principe, ricevendo un'occhiata storta da parte mia. Non si fece scalfire dalla cosa: un passo dopo l'altro, mi si piazzò di fronte, le mani sui fianchi. «Ora vi fidate di me, delizioso assassino?» cinguettò, allungando una mano per sfiorarmi il mento in una carezza simile a quella che avrebbe potuto fare ad un gattino. Peccato che io gli avrei volentieri staccato la mano dal polso.
«Neanche un po'.» sfiatò Ezra, facendo in passo in avanti per mettersi fra noi.
«La cosa è reciproca.» rispose il Capitano Kenneth, piazzandosi davanti al principe. Per un attimo provai uno strano, nervoso divertimento: due principi a confronto e le loro due guardie a proteggerli, così diversi e così opposti. In tutto. Ed eravamo fratelli.
«Ehi, diamoci tutti una calmata!» riprese Adrian, usando la sua voce melliflua per tornare alla carica, ricevendo tuttavia un'altra occhiataccia da parte dei due guardiani. Sospirai, schioccando rumorosamente la lingua contro al palato. Ci aveva salvato, e questo era un fatto inconfutabile.
«Scendiamo sotto coperta. Dobbiamo parlare.» Poi lanciai uno sguardo oltre il trio, verso i pirati rimasti sul ponte. «Ripulite questo schifo. Quando tornerò quassù, non voglio vedere nemmeno una goccia di sangue.» mi assicurai di essere abbastanza gelido: degli efferati criminali se ne facevano ben poco della mia compassione. Non che la provassi. Tutti loro si meritavano di morire, senza sconti. La loro dipartita era per me irritante per il semplice fatto che tardassi sulla tabella di marcia. E' necessario un equipaggiamento per la navigazione. Cime, vele e timone non si muovono da soli.
Proseguii sotto coperta, facendo strada agli altri due. Il silenzio fu pesante durante il percorso verso i miei appartamenti, ma lo ruppi prontamente richiudendo a chiave la porta alle nostre spalle. «Va bene, ci avete salvato. Forse, e dico forse, siete degno di fiducia.» esordii, umettandomi il labbro inferiore, le braccia incrociate contro al petto e i muscoli tesi. «Ma in ogni caso non posso aiutarvi coi vostri poteri.» Scrollai le spalle, facendo poi un cenno col braccio verso il tavolo. Se dovevamo parlare, era meglio non starcene impalati lì in piedi, al centro della stanza. «I miei funzionano in maniera molto diversa dalla vostra.»
«Ah sì? Sono curioso, parlatemene!» esclamò, con gli occhi di un azzurro chiarissimo che scintillavano d'interesse.
Affilai lo sguardo. «Sono io qui quello che fa domande e richieste.» E lui, essendo mio prigioniero, dovrebbe stare molto attento. «E voglio capire cosa ho da guadagnarci se mi alleo con voi.»
«Be', non ho una risposta specifica per questo.» il principe scrollò elegantemente le spalle, accavallando le gambe sotto al tavolo, il mento posato sulle nocche del pugno chiuso. «Vi sto offrendo di aiutarmi a cambiare il mondo e a spodestare il Re. Quello che potrete guadagnare...» Fece per pensarci. Per un lungo, lunghissimo momento. E ciò che seguì fu sorprendentemente azzeccato. «La libertà, prima di tutto.» Si allungò verso di me, oltre il suo capo del tavolo. «Mi sono reso conto che avete sempre ucciso i nobili corrotti. Era il vostro scopo, no? Ripulire Darlan.» Sorrise, astuto come un carismatico stratega. «Quando ci sarà la pace, non avrete piu' bisogno di uccidere.» Alzò le spalle. «A meno che non vi piaccia...» Un risolino sensuale. «Potrei offrirvi una posizione di prestigio. O un titolo nobiliare.»
Scossi la testa. La situazione si stava facendo surreale: fantasticare troppo sul futuro mi avrebbe distratto, raggirato. Quello che volevo quando ancora vivevo a Skys Hollow era una vita sicura, tranquilla. Una casa nel bosco, un pezzo di cielo da cui vedere le stelle, un pianoforte da suonare per riempire il silenzio della natura. E le braccia di Yul. Le sue labbra da baciare, il suo profumo sulla pelle e... Basta fantasie.
«Siate pragmatico e pensate al presente, principe.» Lanciai uno sguardo ad Ezrael, che non ricambiò, anzi, il suo sguardo era stranamente distante. Sperai non avesse compreso o percepito ciò che avevo pensato. «Voglio conoscere i vostri piani. Le vostre prossime mosse. Se volete la mia fiducia, mi pare una richiesta legittima.»
«Oh, non racconteremo i nostri piani ad un criminale come...»
«Raven.» Adrian lo interruppe, lanciandogli uno sguardo esasperato. «Credo sia inevitabile, arrivati a questo punto.» Appoggiò le mani intrecciate sul tavolo. «Abbiamo alcuni alleati nel corpo di guardia del Castello di Cristallo. Raduneremo le forze che abbiamo a disposizione per smantellare i campi di prigionia del Continente Magico. Sono certo che molti prigionieri vorranno aggiungersi alla lotta.» Sentii il petto stringersi in un nodo. Dopo Treblin e, peggio, dopo Ender... L'idea che quei posti venissero distrutti mi riempieva di speranza. Felicità. E anche ferocia, perché speravo che morissero tutti quegli aguzzini. Quei bastardi torturatori.
«E poi?» incalzai.
«Poi... Quando saremo una forza abbastanza consistente, cercheremo alleati in altri regni. Anche nel Continente Meridionale, in realtà. Il Re vuole scatenare una guerra che riguarda tutto il nostro mondo, coinvolgerà anche loro. E dovranno scegliere da che parte stare.» continuò, mentre mi pizzicavo le cuticole. Mi ero dimenticato perfino del taglio che avevo in mezzo al petto: ormai era una semplice linea rossa in via di guarigione. «Quando sarà finalmente tutto pronto, allora organizzeremo un colpo di stato. In un modo o nell'altro, il Re cadrà.» Strinse il pugno sul tavolo. «Voglio che voi mi stiate vicino in questa operazione, Sfavillo. Siete una leggenda, molte persone si fidano di me, ma tante mi vedono solo come il figlio di un tiranno. Seguiranno uno come voi. Che si è già sporcato le mani per il popolo.» Annuì, un paio di cenni del capo. «Come farebbe un eroe.»
Sgranai gli occhi. Ci sapeva fare con le parole, mio fratello. Ma... «Non sono decisamente un eroe.» esclamai, sorridendo sprezzante, nonostante il mio io vanitoso si compiacesse all'idea di essere visto come "un eroe". Peccato che sapessi bene che tutto quello che avevo fatto fosse per vendetta personale. La patria? Il popolo? Non c'entrava proprio nulla! Ogni uccisione, ogni delitto, ogni omicidio che portavo avanti era un passo piu' vicino alla testa del Re di Darlan. Nient'altro importava.
Eppure, dopo un lungo istante di silenzio e riflessione, risposi. «Voglio fidarmi di voi, principe.» Non si trattava più solo di vendetta. Li avevo visti i sacrifici di mia madre. Tutto quello che aveva perso, lei e la gente di Astrea. Sin dall'inizio dei tempi, quando erano carne da macello, sacrificata al Redivivo. Persone innocenti come Yaakov e Qiana, che continuavo a vedere nei miei sogni. E avevo visto i sacrifici delle persone di Darlan, come Tynam, la donna che ci aveva salvato nei boschi e guarito senza chiedere niente in cambio, una donna che aveva perso la famiglia per colpa del Re. Avevo visto il dolore degli schiavi di Treblin e quelli di Ender, a cominciare dalla ragazza che aveva cosparso di sale le mie ferite ed era stata uccisa per questo.
«E voglio essere parte di...» Una lunga, significativa pausa, mentre cercavo il modo giusto per chiamarla. «.. Questa ribellione.» Lanciai uno sguardo ad Ezra, che stavolta ricambiò, annuendo. Non c'entrava solo Darlan. Astrea si aspettava molto da me. «Ma non posso esserci adesso.»
No, non ora, perché prima dovevo andare nell'oltretomba. Trovare la dannata arma capace di ammazzare il Re. E, sopratutto, trovare Yul. A qualsiasi costo.
«Vedete, nos...vostro padre non è-»
Un boato pazzesco fece tremare la nave. Per un attimo ebbi un terribile deja-vu: ricordai quando il kraken aveva attaccato il veliero del Re dei Pirati, il modo in cui aveva sollevato l'intera imbarcazione dall'acqua con l'intenzione di stritolarla fra le sue spire. Ma stavolta non era proprio come quella. «Merda. Ma che altro sta succedendo?»
Corsi sul ponte e gli altri mi seguirono a ruota, rimanendo sconcertati dallo spettacolo che si parò di fronte a noi. Inquietante. Anzi no: oscenamente terrificante, gigantesco e aberrante. Scilla e Cariddi si paravano di fronte a noi, avrei potuto riconoscere quel varco anche ad occhi chiusi. Da un lato un orribile gorgo fatto di denti aguzzi, un vortice che risucchiava tutto ciò che gli capitava a tiro e rivomitava acqua e detriti distrutti; dall'altro un'enorme massa rocciosa che, se guardavi bene, aveva una bocca gigantesca e due occhi chiusi, nonché tutta una serie di teste e tentacoli verdi che, abbarbicati sopra quella massa grigia, parevano semplice muschio su uno scoglio.
«Dovete andarvene immediatamente.» annunciai verso il principe e il capitano delle guardie.
«Non starai pensando di..!!»
«Non abbiamo scelta!» serrai i denti, interrompendo la collera di Ezra, mentre mi sfilavo il braccialetto con le perline cariche dei poteri di mutazione animale. Ripensai a ciò che aveva fatto mia madre, al modo in cui era fuggita dal campo di battaglia di Astrea, mentre distribuivo una manciata di perline fra Adrian e Raven, confusi, quanto allarmati dalla situazione. «Vi dirò di più quando ci rivedremo, a tempo debito.» Sempre che non finissi ammazzato dalla mia folle missione nel mondo dei morti. «Per ora avviate il vostro piano, principe Adrian.» Mi voltai a guardare il varco, la nostra nave si stava avvicinando e bisognava scegliere. Subito. «Stringete quelle perle e pensate ad un volatile veloce. Quando sarete in viaggio, cercate una nave che vi riporti a Darlan.» Sperai che non fosse l'ultima volta che avrei visto mio fratello. Sperai non fosse un inganno. Sperai di non pentirmene. «Buona fortuna.»
Non mi chiesero spiegazioni, non c'era tempo: li vidi tramutarsi in due falchi e spiccare il volo dalla parte opposta rispetto alla nostra. Via, lontano, mentre io correvo verso il timone ed impostavo la rotta verso Scilla. Ignorai le grida e le imprecazioni dei pirati, che sentii infuriare sul ponte intorno a me: «E' colpa di quel cazzo di stregone! Ammazziamolo, non ha fatto che portarci guai! UCCIDIAMOLO!»
«Buona fortuna con Scilla, stronzi.»
Proprio mentre stavano per buttarmisi addosso, afferrai Ezra per un braccio e svanii, teletrasportandomi dietro alla porta da cui raggiungere la zona sotto coperta. La chiusi a chiave, rivestendola con un bello strato di ghiaccio. Poi mi tenni stretto agli appigli della nave, ignorando le urla tremende che venivano dalla prua, resistendo agli scossoni e agli strattoni violenti, sperando e pregando intensamente che Scilla non distruggesse il mezzo per arrivare ai Regni del Caos. Alle porte dell'Oltretomba. Mentre mi tenevo forte, abbracciando una colonna, fissai insistentemente Ezrael.
Ci siamo quasi.
Fu quello che pensai e, ne fui certo, il pensiero arrivò al destinatario.
***
*NDA - L'angolo estivo di un'autrice acciaccata*
Hola a tutti!
Come sempre, se non faccio passare i secoli non sono contenta... Non lo faccio apposta, lo giuro! Nell'ultimo periodo è successo veramente di tutto, non ho avuto quasi tempo materiale per scrivere e sono finalmente felice di aver concluso questo capitolo! E' stato abbastanza difficoltoso, i capitoli di transizione sono sempre quelli barbosi da creare, ma non vedevo l'ora di concludere questo per arrivare al prossimo. Vorrei fare mille spoiler e dire come al mio solito che non ci metterò gli anni, ma ogni volta è un'incognita! Posso solo sperare che il capitolo vi sia piaciuto e che voi siate ancora qui a seguirmi <3
Alla prossima~
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