38. L'Assassino e il sacrificio
«E qualsiasi angoscia che adesso sembra mortale, in confronto al perderti, non sembrerà uguale.»
- William Shakespeare
Torneremo a casa.
Avevo ancora gli occhi chiusi, ma potevo sentire il suono rilassante del fiume Tibor, il profumo della pasticceria all'angolo della strada, il rumoreggiare degli strilloni che agitavano le loro campanelle per vendere il giornale. Quando pensavo a casa, mi venivano in mente Yul, le sarcastiche fossette sulle sue guance e l'appartamento che avevamo acquistato sopra un vecchio magazzino. A Skys Hollow, ovviamente.
Ecco quindi cosa mi aspettavo. Fu una vera delusione aprire gli occhi e ritrovarsi in un antico tempio di pietra, di cui tutto era familiare. Dai bassorilievi che ritraevano morti cruente sui muri, a quell'atmosfera di solenne antichità, come se perfino la polvere si tenesse alla lontana.
Prima che riuscissi a ricordare, il visetto lentigginoso di Lyle spuntò nel mio campo visivo, sventolando vivacemente una mano dinnanzi alla mia faccia. Quando si accorse che ero vigile, sobbalzò. «Si è svegliato, si è svegliato!» urlò, cercando di attirare l'attenzione. Dietro la sua testa, scorsi le figure di Qiana e Yul che sembravano litigare sottovoce. Poi, Ezrael affiancò Lyle e mi esaminò da vicino, accarezzandomi il volto con la punta delle dita. Il suo tocco era un po' ruvido e freddo, ma piacevole.
«Come stai?» domandò, con gli occhi viola che luccicavano per la preoccupazione. «Mi sento responsabile...» sussurrò e il suo sguardo si incupì. «Ti ho forzato a raccogliere fino all'ultimo frammento di spada. Ma per poco non ci restavi secco.»
«Ugh. Non deve essere stato un bello spettacolo.» risposi, ripensando agli spasmi violenti che mi avevano scosso e al fatto che mi fosse venuta la schiuma alla bocca. Per fortuna, ero ancora vivo. E mi sentivo inaspettatamente... Bene. Come se dopo un lunghissimo periodo di debolezza avessi riacquistato tutte le forze.
Esaminai la mia mano, quella dentro cui avevo tenuto i frammenti della spada. Sul palmo avevo una cicatrice rossa a forma di X, che capii subito non sarebbe mai guarita. Un'altra cicatrice sul corpo dell'Assassino che raccontava una storia difficile.
«E la spada...?» chiesi. I frammenti raccolti dovevano essere usciti dalla mia pelle. Ezra fece un cenno dietro di sé, dove Yul e Qiana stavano parlottando, senza accorgersi del mio risveglio. La sorella di Alaister, ancora avvolta nel suo abito da sera di seta rossa ma con l'acconciatura tutta rovinata, stringeva in una mano la spada.
Proprio La spada.
Era un po' diversa rispetto ad una comune spada: la lama non era piatta, ma zigrinata come un seghetto. Ovviamente era fatta d'osso. Sentii un viscerale senso di attrazione verso quell'arma. Sapevo che mi apparteneva, l'avevo tenuta dentro di me come un figlio o un parassita, a nutrirsi delle mie forze.
Mi drizzai in piedi e avanzai rapidamente verso di loro. Così, Yul si accorse finalmente che mi ero risvegliato. «L'avevo detto che stava bene!» esclamò Qiana, mentre il mio uomo si avvicinava a grandi passi e mi travolgeva in un abbraccio, di quelli che per poco non ti fanno cadere a terra.
Dimenticai immediatamente la spada - come un maleficio che perde la sua efficacia grazie all'amore - e mi abbandonai a quella stretta. Spinsi la faccia contro il suo petto solido e mi riempii il naso col suo odore familiare e confortante. Sia io che lui eravamo ancora a torso nudo - e chi aveva avuto il tempo di rivestirsi in tutto quel trambusto? - perciò era bello sentire il suo calore e la sua pelle contro la mia.
«Cazzo, non rifarlo mai più. Per poco non morivo di paura.» sospirò il rosso, prendendomi il viso fra le mani per guardarmi faccia a faccia, fronte contro fronte. Il suo respiro, che sapeva di menta e caramello, mi solleticò il naso. «Niente vale la pena di perderti. Niente. Perciò, la prossima volta, ci pensiamo bene prima di farti correre rischi stupidi.» Con la punta del pollice mi tracciò lente carezze sullo zigomo. «Dimmi che ho ragione, dimmi che ci penseremo bene e che mi ascolterai. Fai felice un povero non-morto preoccupato.»
Abbozzai un piccolo sorriso. «Hai ragione.»
«E poi?»
«E ci penseremo bene. E ti ascolterò.» ripetei. Il panico nella sua voce mi faceva stringere il cuore: non volevo essere io la causa del suo malessere. Il nostro ricongiungimento era una cosa ancora fresca e volevo evitare di indurgli più dolore di quanto già non avesse patito. Insomma, era morto, si era drogato di oppio, gli era stata cancellata la memoria e aveva cambiato aspetto per assomigliare ad Alaister. Gliene erano successe di tutti i colori, come ne erano successe a me.
Perciò basta sofferenza.
I suoi splendidi occhi blu si accesero di trionfo e poi sospirò, come se si fosse tolto un peso dalle spalle. «Non mi aspettavo l'avresti davvero detto. Sei piuttosto testardo, tesoro mio.» Rise sulle mie labbra. «Quando tutto sarà finito, mi procurerò una bottiglia di qualcosa di forte e passeremo una notte intera a parlare di tutto quello che abbiamo lasciato in sospeso.» Mi mostrò uno dei suoi affascinanti sorrisetti da smargiasso. «Fino ad allora, resisti.»
«E tu resisteresti una notte intera a "parlare" senza mettermi le mani addosso? Non ci credo nemmeno se lo vedo.» esclamai, piegando le labbra un'espressione furba.
«Avrai il tempo per mettermi alla prova.» fu la sua risposta, accarezzandomi lascivamente. Scossi la testa, dolcemente esasperato, prima di sciogliermi dal suo abbraccio e rivolgermi a Qiana. Soffermai lo sguardo, bramoso e attratto, sulla spada. Che, stranamente, mi consegnò subito.
«Tienila tu. Io non la voglio più vedere.» disse, con la fronte contratta, come se tenerla in mano le costasse un'enorme fatica.
«Pensavo la volessi tu questa spada. Mi hai quasi tagliato la mano per prenderti i frammenti che avevo raccolto.» dissi, turbato al ricordo di come Qiana mi avesse attaccato nella corte degli Inferi.
Allungai le dita sull'impugnatura dell'arma e la strinsi. Il mio corpo venne attraversato da un brivido acuto, viscerale. Sentii freddo e caldo insieme, avvertii come una tempesta di fulmini nella pancia e per qualche secondo il mio campo visivo divenne nero. Infine, tutto tornò normale.
«Già. Mi dispiace per averti aggredito.» disse, contrita, fissando la spada leggendaria che ora stringevo tanto forte che avevo l'impressione mi fosse incollata al palmo.
Ci ero riuscito: mi ero ricongiunto con Yul e avevo anche trovato l'arma con cui avrei ucciso il Redivivo. Tutti i miei obiettivi erano stati raggiunti. Dovevo essere raggiante, ma l'espressione di Qiana mi rendeva irrequieto. Sondai il suo viso: aveva un'aria gelida, che la faceva assomigliare moltissimo ad Alaister. Eppure era anche impaurita, stanca e spaventata.
Sapevo che aveva usato Yul, che l'aveva ingannato, raggirato; gli aveva tolto ogni ricordo di me e ogni ricordo di se stesso. Così facendo, aveva ostacolato il nostro ricongiungimento... Un po' come mi aveva detto mia madre: l'Oltretomba fa di tutto per tenere lontano chi era vicino in vita.
Nonostante ciò, non riuscivo davvero ad odiarla. E come avrei potuto? Anche lei era una vittima del gioco perverso del Re di Darlan, il Redivivo. Mio padre. Quella donna era un'altra persona la cui esistenza era stata distrutta per colpa di quel bastardo disumano.
E se fosse stato Yul, quello corrotto, quello diventato un mostro, com'era successo a suo fratello Alaister? Yaakov e Qiana erano uniti e si amavano molto, sì in maniera fraterna, ma non meno intensamente di quanto lo facessimo io e Yul. E se fosse stato Yul il cattivo?
Quella possibilità mi fece gelare nel profondo delle ossa. Non potevo biasimare Qiana. Di sicuro, anche io avrei commesso ogni orrore possibile per riavere indietro Yul, come lo conoscevo io.
«La verità è che voglio quella spada... Ma allo stesso tempo no.» continuò Qiana, dopo un lungo silenzio. «E' l'effetto che fa. Desiderio e repulsione. E' un oggetto talmente pieno di energia negativa da essere maledetto. Ho usato le ossa di molti straeliani morti, ma ho anche ucciso dei vivi per forgiarla. I miei genitori.» Il suo sguardo si perse nel vuoto.
«E' un'arma disgustosa. Non tenerla troppo vicino a te, fidati. Altrimenti ti farà del male. A meno che non te l'abbia già fatto.» Fissò la mia mano, quella con la cicatrice ad X.
Cercai di tenere a freno il panico, facendo buon viso a cattivo gioco. La spada mi aveva fatto del male? Certo che sì. Ma adesso non sentivo niente. «Sto bene. Anzi, non mi sono mai sentito meglio. Ti assicuro che non c'è niente che non vada.»
«Lo spero per te.» Strinse le labbra. «In ogni caso, mi va bene che ce l'abbia tu. Non ti ostacolerò. Io ho troppi brutti ricordi legati a quell'arma.» Scosse la testa per scacciarli. «E poi, la profezia dice che ucciderai tu il Redivivo. Però separatene, quando puoi. Devi farlo, o l'influsso della spada ti farà del male.» Mi guardò dritto negli occhi. Pareva non ammettere repliche. «Promettilo.»
Mi morsi il labbro inferiore, accarezzando l'elsa d'osso lucido come avorio. La spada non era maneggevole come le mie amate coppie di pugnali o i miei coltelli da celare nella manica. Eppure, sembrava talmente affilata da poter tagliare l'aria. L'idea di separarmene non mi piaceva, ma Qiana continuava a guardarmi pretendendo una risposta affermativa.
«Io...» prima che potessi dare voce ad una promessa estorta così caparbiamente, un bagliore bluastro si palesò nel mio campo visivo.
«Oddio santo!» sentii Lyle lanciare un gridolino. «Che è quel coso?!»
«Accidenti.» esclamò Yul, mentre Ezra restava in perfetto silenzio, esaminando il nuovo arrivato.
Lo riconobbi immediatamente. Una creatura umanoide fatta di ossa ed elettricità bluastra che crepitava nel buio. Era lo scheletro-lampo che mi aveva accolto, appena entrato nell'Oltretomba. Ecco perché l'ambiente circostante sembrava familiare: perché c'ero già stato. Era il limbo subito prima della Duat.
«Allontanate ogni timore, non vi sarà fatto del male.» si annunciò con quella sua voce, sia maschile che femminile, a doppio. «Io sono Xolotl, guardiano dell'Oltretomba. Ho già accompagnato Helias Greagoir verso il primo regno dei Morti e adesso accompagnerò tutti voi all'ultima prova.»
«Come sarebbe a dire "ultima prova"?» sottolineò Ezra, irrigidendo la mascella. Lo scheletro fluttuò come un fantasma verso di lui.
«Entrare nell'Aldilà è facile. Basta morire. Uscire è la vera impresa.» disse il guardiano, con un tono inflessibile, completamente privo di sentimento. Non aveva idea di quanto fosse stato difficile per me ed Ezra entrare nell'Oltretomba! Fra accademie prestigiose con un'esagerata competizione, gare fra famigerati pirati, mostri marini e tutti i guai nei territori del Caos.
«I cancelli che si aprono sul mondo dei vivi sono situati nel Regno di Miclan. Superate i suoi nove fiumi e potrete finalmente tornare nel mondo al quale appartenete.»
Lanciai uno sguardo a Yul e lui ricambiò il mio, intuendo al volo i miei pensieri. Ci restava solo un ultimo sforzo da fare e qualsiasi prova fosse, l'avremmo affrontata insieme.
«Dicci cosa dobbiamo fare.» disse Ezra, deciso.
Xolotl ci fluttuò intorno, facendo strada verso una parte del tempio immersa nel buio. I nostri passi risuonarono rumorosamente e poi si arrestarono quando un corridoio di fiaccole si accese di fronte a noi, serpeggiando verso una piccola porta ad arco, azzurra e con decorazioni elaborate sui cardini.
Sembrava il passaggio attraverso un mondo di fiaba, ma sospettavo che non sarebbe stato altrettanto piacevole.
La porta si aprì cigolando lentamente e una luce plumbea penetrò all'interno del tempio. Oltre di essa, potevamo ammirare un paesaggio brullo: un cielo grigio e un lungo e tortuoso fiume, circondato da montagne nere. Xolotl levitò verso il basso. Per seguirlo, fummo costretti a scendere sul sentiero ripido, in fila indiana.
Giunti sulla riva rocciosa, guardammo il pelo dell'acqua sussultare ed incresparsi, come se qualcosa si agitasse nel fondale.
«Come ho già fatto con chi è venuto prima di voi, vi permetterò di attraversare il primo fiume.» Lo scheletro, con un braccio ossuto e luminoso, indicò l'acqua: una punta bianca emerse dalla superficie, ingrandendosi mano a mano, fino a rivelare l'albero maestro, vecchie vele stracciate e poi la prua di una nave che si ridestò dai fondali. Non era di legno, ma bianca come l'avorio, fabbricata con qualcosa che assomigliava a tante piccole conchiglie.
«E sulle unghie, la nave della sorella impugnare.» citò Ezra in un sussurro, affilando gli occhi color malva sul veliero con uno sguardo assorto. «La profezia è sempre stata fin troppo letterale...»
Trasalii, capendo all'improvviso che cosa intendesse dire. La nave era fatta completamente di unghie.
«Ma che schifo!» esclamò Lyle, dando voce ai miei pensieri.
«Naglfar sarà il vostro mezzo di trasporto. La nave dei morti non potrà essere affondata dalle insidie che vi circonderanno, ma lo farà se il vostro animo vacillerà.» ci avvisò il guardiano dell'Oltretomba, mentre la passerella della nave si calava da sola per magia, puntando verso di noi, come un invito a salirci sopra. Il mio istinto da assassino mi stava dando un ultimatum: era meglio non addentrarsi in quell'ultimo viaggio. Avevo un brutto presentimento.
Pensieroso, mi voltai a guardare i miei compagni di viaggio. Qiana, con i suoi occhi dorati come quelli di una pantera, i lunghi boccoli corvini e lo sguardo freddo e distante di qualcuno che aveva passato secoli interi nel rimpianto, fino al punto da consumare la propria umanità.
Lyle, il ladruncolo che mi aveva aiutato a sopravvivere, l'amico d'infanzia con cui avevo condiviso la sporcizia e le briciole di pane. Ma anche lo spocchioso Lysandro di un tempo, un cortigiano viziato che mi aveva reso la vita difficile, solo perché troppo ferito e spaventato per essere sincero con me e con sé.
Ezrael, cittadino di un popolo che era stato schiacciato, decimato e cancellato dalla storia, costretto a nascondersi sottoterra per non essere sterminato. Ma anche il guardiano di mia madre, costretto a vederla morire quando era piccolissimo perché non poteva fare niente per salvarla. Poi era diventato il mio guardiano, aveva creduto in un futuro con me e adesso... adesso sapeva che non avrei mai potuto amarlo, mai.
E Yul, il mio destino. Ci eravamo incrociati quando eravamo piccoli senza sapere nulla l'uno dell'altro, ma connessi sin da allora da un legame che non sapevamo dove ci avrebbe portato. E il punto d'arrivo era la morte. Perché amarmi, per Yul era costata la vita. Ma non ero disposto ad arrendermi, neanche di fronte ad una cosa impossibile come la morte. Neanche se lui mi aveva dimenticato e aveva dimenticato se stesso.
L'amore, come ogni strano miracolo, ci aveva concesso di tornare insieme. Così, misi a tacere l'istinto d'assassino, strinsi l'elsa della mia nuova spada e salii sulla nave.
A volte, bisognava semplicemente seguire il cuore.
❖ ❖ ❖
Andare sotto coperta fu impossibile. Botole e porte erano bloccate e ogni volta che provavamo a forzarle, le unghie marce - materiale di cui era fatta la nave - si sbriciolavano fra le nostre mani. Perciò, quando non c'erano da gestire cime e vele, camminavamo sul ponte.
Ezra era al timone di prua, aveva ormai imparato come pilotare un veliero grazie al periodo sull'Idra Spinata. Yul visionava la situazione a poppa, mentre Lyle e Qiana erano rispettivamente ad est e ad ovest della nave, appoggiati alle ringhiere. Era meglio tenere d'occhio la situazione circostante e per questo io mi spostavo su ogni lato, facendo attenzione al percorso che ci mancava per raggiungere il secondo fiume.
All'orizzonte si vedevano solo montagne ripide e gole strette, ma per adesso navigavamo in pianura. La brezza era leggera e piacevole, ed ero grato al fatto che Qiana avesse strappato, dalle pesanti balze del vestito, scampoli di tessuto per me, Yul ed Ezra, così che potessimo coprirci almeno un po'.
Con una mano nella tasca e la spada stretta nell'altra, mi avvicinai ad Ezrael. Il vento gli tagliava la capigliatura in due lati, cacciando via le ciocche argentee dal suo volto spigoloso. Gli occhi viola, in quella luce plumbea, sembravano più scuri del solito, grondanti di pensieri tumultuosi. Stringeva in due pugni i pomoli del timone e fissava il secondo fiume all'orizzonte con un'espressione come sempre imbronciata, ma quando mi vide arrivare la sua mascella si contrasse. Prese un profondo respiro ma non distolse lo sguardo.
«Non ti chiederò scusa per quello che è successo col tuo ragazzo.» Schioccò la lingua, indicando i lividi che gli erano rimasti sul volto, provenienti dal pestaggio con Yul. Era successo nella Corte degli Inferi, sotto ipnosi. Il rosso era stato molto bravo a non farsi colpire in faccia, ma Ezra certi colpi li aveva incassati in pieno.
«Sempre sulla difensiva, tu.» brontolai. «Non sono venuto per quello.» E nemmeno per rivangare che fossimo finiti tutti e tre a fare sesso per colpa dell'ipnosi. Volevo solo che andasse tutto bene fra di noi. Il fatto che l'uomo che amavo fosse tornato nella mia vita, non significava che potessi dimenticare l'importanza di Ezra al suo interno.
Restò in silenzio per un minuto buono, perciò mi appoggiai contro la ringhiera, a prua. La brezza mi sparse i riccioli biondi sul campo visivo e li scostai con un movimento brusco del mento.
«Però... mi rendo conto che ti devo delle scuse.» sbottò alla fine, lasciandomi di stucco. Aveva la fronte contratta, come se quelle parole gli costassero parecchi sforzi. «Sin dall'inizio sapevo di non poter prendere il posto di Yul. Credevo davvero che ci fosse un destino fra di noi, mi sono fatto ingannare da leggende e superstizioni. E mi andava bene essere un suo sostituto. Pensavo di poter usare la tua solitudine e la tua disperazione a mio favore... Ero convinto di esserci riuscito.»
La mia mascella aveva ceduto ed ero a bocca mezza aperta, inebetito da quella sincerità spiazzante. «Se ti fossi affezionato a me, se fossi diventato io l'uomo sul quale avresti fatto affidamento...» Si interruppe prima di continuare, scuotendo il capo. «Ma così non è stato. Perché poi Yul Pevensie è tornato e il modo in cui lo guardi è totalmente diverso da come guardi me. Tu non mi sorridi in quel modo. Né mi hai mai accarezzato così.»
«Ezra-»
«No.» Mi fermò, togliendo una mano dal timone per frapporla fra noi. «Il modo in cui lo ami non lascia nessun posto per me. E mi fa capire quanto sia stupida la maniera in cui mi comporto con lui. Nonostante mi stia antipatico e lo invidi, il tuo ragazzo non ha nessuna colpa. Il problema è solo mio.» Sospirò, anche se a denti stretti, così il suo respiro emise una specie di fischio silenzioso. «Mi dispiace per come mi sono comportato, dall'inizio alla fine di questo viaggio.»
Riflettei sulle mie parole. Volevo confortarlo, ma aveva ragione e sentivo che cercare di farlo stare meglio dicendo frasi vuote avrebbe solo peggiorato tutto. «Accetto le tue scuse.» Mi limitai a dire.
«Prometto che quando saremo fuori dall'Oltretomba, sarà tutto diverso.» assicurò, con una voce determinata, come se già avesse un piano e un'idea tutta sua di redenzione. Mi raddrizzai, allontanandomi dalla ringhiera d'unghie per accarezzargli la spalla con un movimento veloce.
«Concentriamoci sull'ammazzare il Redivivo. Tutto il resto verrà da sé.» tagliai corto. Non era affatto così semplice, ma pensare alla difficile missione d'assassinio rendeva gli altri problemi meno giganteschi. Mi voltai, ma lui mi fermò prontamente.
«Helias?»
«Mh?»
«Grazie.»
Aggrottai la fronte. «Per cosa?»
Sorrise, impercettibilmente. «Per non avermi scelto durante il gioco del Diavolo.» Sgranai gli occhi: allora lo aveva visto! Anche se si trattava di una specie di allucinazione, Ezra aveva visto dalla mia testa ciò che era successo. «E' stato questo a farmi riflettere sul mio comportamento.» Scrollò le spalle, lentamente. «Pensavo di non contare niente. Credevo davvero mi avresti sacrificato... Invece hai scelto di salvarmi a scapito del tuo amico di infanzia.»
Inghiottii il groppo amaro a quel ricordo. Avevo visto sia Lyle che mia madre morire impiccati. Pur sapendo che fosse una finzione, non era stato bello. «Non devi ringraziarmi, Ez.» sussurrai. Poi mi allontanai, camminando verso Lyle, che sorvegliava la riva est del fiume. Indossava ancora il suo completo avorio, anche se era tutto sporco di sangue, e le margherite all'occhiello avevano perso i petali, restando afflosciati.
«Ciao, Ly.» Lo affiancai, il bacino posato contro il parapetto e uno sguardo un po' triste negli occhi azzurri. Ero fortunato che quello del Diavolo fosse stato solo un gioco. Se l'avessi sacrificato veramente, non me lo sarei mai perdonato. Non dopo aver scoperto che Lysandro fosse il mio migliore amico quando ero piccolo.
«Helias! Come fai a toccarla? Bleah!» Indicò la ringhiera. «Io sto attento a qualsiasi cosa, non tanto per le infezioni, perché sai, chi se le prende più?! Sono tipo morto... Però la sola idea di sfiorare unghie marce mi fa venire il vomito...» Non gli ricordai che indossava abiti macchiati di sangue.
«A questo punto, non ha importanza.» Sospirai. Avevo commesso un sacco di azioni disgustose nell'Oltretomba. «Che fine avevi fatto nella Corte degli Inferi? Ti ho perso di vista. Pensavo che ti fosse capitato qualcosa...» Mi aveva fatto preoccupare, ma non l'avrei certo ammesso così alla leggera.
Il suo sguardo si intristì in una maniera così profonda che mi fece dolere il cuore. «Ecco...» esitò per un attimo. «Ero convinto di aver visto Axel fra la folla. L'ho seguito così tanto che credevo di impazzire, anche se sapevo che fosse impossibile trovarlo lì. Una parte di me non riusciva a pensare ad altro.» Capivo come si sentiva: non avevo fatto altro che inseguire illusioni di Yul ogni giorno per due interi anni, da quando l'avevo perso. Anche adesso avevo paura che fosse una finzione.
«Lo troverai.» dissi, sentendo di avere ragione.
«Ma potrebbe stare con qualcun altro. Oppure potrebbe essere finito dall'altra parte del mondo. Non possiamo saperlo.» Scosse la testa, grattandosi frustrato le lentiggini sul naso.
«Se una cosa deve accadere, non importa quanto sarà complessa...» Feci correre il mio sguardo fino a farlo cadere su Yul e Lyle seguì la traiettoria dei miei occhi, capendo l'allusione. «Accadrà.» Si morse il labbro inferiore e restò in silenzio, annuendo.
«Che cosa farai una volta tornato nel mondo dei vivi?» chiesi, guardandolo negli occhi verdi. «Ti interessa vendicarti di Alaister?» Le sue sopracciglia si sollevarono, come se non si aspettasse parole simili, anche se io ero la persona più interessata alla vendetta fra quelle che conosceva. «La vendetta è sempre un percorso difficile però, ti avviso.»
«Penso che il vostro ritorno sia già una gran bella vendetta. Eppure, ecco, vorrei vederlo soffrire. Vorrei che patisse per quello che mi ha fatto passare.» Senza dare una spiegazione, si sbottonò i primi bottoni della camicia, scostando il tessuto quel tanto che bastava per rivelare la porzione di pelle sopra al cuore. Quel che vidi mi fece gelare il sangue nelle vene.
Una A incisa profondamente nella sua carne, come un marchio, qualcosa che si mette agli animali da macello. Mi venne la nausea al pensiero di Alaister che incideva qualcosa di simile nel petto di Lyle.
«Pezzo di merda...» sussurrai, arrabbiato e turbato mentre al brunetto venivano le lacrime agli occhi. «La pagherà. Si pentirà amaramente di tutto quello che ha fatto.» La mia era una promessa solenne e lui annuì, rivolgendomi un sorriso di triste empatia. Avevamo sofferto orribilmente per colpa del Re degli Assassini e presto avrebbe scontato i suoi crimini col sangue.
«Sì. Lo farà.» sussurrò, poco prima che io mi spostassi verso Qiana, dall'altro versante di Naglfar, la nostra nave. I lunghi capelli corvini continuavano a frustarle la schiena, mentre gli occhi dorati fissavano il cielo con immobile fissità, decisione, freddezza.
«Immagino che tu stia pensando alla prossima mossa da fare quando saremo fuori di qui.» esclamai, senza neanche annunciarmi.
«Sì. Adesso abbiamo un'arma letale e te, un sicario addestrato che sa come usarla. Ma ci manca una strategia e un esercito. E dobbiamo avere tutto sotto controllo se vogliamo sconfiggere mio fratello e quel mostro.» Mi gettò uno sguardo da sopra alla spalla.
«Ho visto quello che ha fatto quando ha distrutto Astrea. E ho visto il tuo passato insieme a Yaakov.» E avrei preferito non vederlo affatto. Il modo in cui mio padre giocava con gli altri, la facilità con cui divorava e distruggeva andava ben oltre la psicopatia. Era un incubo che detestavo da tutta la vita. «Farò tutto il necessario per uccidere il Re di Darlan.»
«Allora conta su di me.» Fu l'ultima cosa che disse, perché poi girò la testa e tornò a darmi le spalle, assorta nei suoi pensieri. Fu soltanto alla fine - perché il meglio si lascia sempre per ultimo - che mi avvicinai a Yul.
Camminava avanti ed indietro, tenendosi la stola rossa sulle spalle larghe a mo' di coperta. Al di sotto, i muscoli nudi guizzavano come un invito che mi sfidava ad accarezzarli. Il rosso ci mise un attimo a notarmi, come se in realtà mi stesse tenendo d'occhio sin dall'inizio e ora smettesse di far finta che non fosse così. Mi cinse le braccia intorno ai fianchi, abbozzando un sorriso imbronciato.
«Di cosa avete parlato, tu e l'elfo di Natale?» chiese, con gli occhi blu che luccicavano come due zaffiri.
«Geloso?» Ridacchiai.
Sbuffò. «Naah. Solo protettivo.» Mentiva e sapeva che io lo avevo capito. Risi un po' più forte e lui mi punzecchiò la guancia con un piccolo morso. «Ci stai prendendo proprio gusto.»
«Non è ovvio, Pevensie?» Gli stampai un bacio sfuggente sulle labbra. «E' sempre bello avere la meglio su di te.» Ogni cosa si trasformava in una dispettosa gara con Yul ed io ero determinato a vincere tutte le volte. «Però, se ammetterai di essere geloso, magari ti dirò di cosa stavamo parlando...»
Mi ritrovai improvvisamente premuto fra la ringhiera della nave e il suo corpo, il suo petto premuto contro la mia schiena. «E se invece adottassi un'altra strategia?» sussurrò, sfiorando il mio orecchio con le labbra e il mio posteriore col cavallo dei suoi pantaloni. «Per esempio, corrompendoti.» mormorò, a voce ancora più bassa, gesto che mi riempì la pelle di scariche elettriche.
Mi tremarono le ginocchia, ma cercai di non cedere a quella sensazione: non potevamo certo distrarci in un momento simile, figuriamoci appagare la voglia insaziabile che avevo di Yul. «Come fai ad averla sempre vinta, alla fine?» Sospirai. «Ezra si è scusato. In qualche modo, credo e spero, abbiamo risolto i nostri problemi...»
«Quindi la smetterà di provare ad uccidermi?» borbottò, lanciando uno sguardo torvo all'uomo che stava al timone.
«Cosa?! Quando..? Come?!» Perché mai Ezra avrebbe dovuto fare una cosa simile? Va bene, Yul gli stava antipatico e rappresentava un ostacolo per lui, ma non immaginavo avrebbe potuto spingersi a tanto. Il rosso scosse la testa, evitando di approfondire.
«Quando saremo fuori dall'Oltretomba, quale sarà la prossima mossa?» Cambiò argomento, come se non volesse sprecare il nostro tempo insieme a parlare di un altro uomo. Ci riflettei, mentre lui posava il volto nell'incavo del mio collo, abbracciandomi da dietro.
«Non lo so. Se usciremo da dove siamo entrati, allora saremo ancora nei Regni del Caos. Il viaggio verso il Continente Magico è lungo e noi siamo dei ricercati, ma credo Ezra abbia un piano per raggiunge Darlan senza farci ammazzare.» Fissai lo scorrere del fiume, pensieroso.
«Poi, dovremo raggiungere Astrea, dire loro che la missione è riuscita. Preparare un piano d'attacco. Intrufolarci a Skys Hollow per assassinare il Re.» Sì, come se fosse una passeggiata. «Dopo, chissà. Qualcuno dovrà prendere il potere, ma se è vero che posso contare sul principe ereditario, Adrian Kavendish, allora...»
Tutta quella politica mi faceva girare la testa. Non mi interessava chi potesse passare al potere: volevo solo la mia vendetta, volevo che mio padre e Alaister morissero. Poi avrei potuto trovare un posto pacifico dove vivere per sempre con Yul. Non desideravo altro.
«Cosa ti manca della nostra vecchia vita?» domandò, nostalgico. Forse non avremmo più riavuto quel genere di vita: anche se fossi riuscito ad uccidere il Re, tutti i suoi seguaci mi avrebbero dato la caccia. Eppure, secondo la visione che Lyle mi aveva mostrato, io e Yul ci saremmo sposati in una Skys Hollow ridotta in macerie. Come uomini liberi.
Io credevo in quel futuro.
«Oh, tante cose. I bei vestiti. I gioielli. I dolci al cioccolato. Il bagno nell'acqua bollente. Andare a teatro. Suonare il piano. Leggere libri d'avventura. Perfino i balli dell'alta società.» Girai il profilo per guardarlo, ritrovandomi ad un palmo dal suo naso. «Litigare con te perché hai usato il mio bagnoschiuma e hai mangiato l'ultima fetta di crostata. Girare insieme sui tetti della città. Parlare per ore e fare l'amore.»
«Spero che questa lista non sia in ordine di priorità.» esclamò, sorridendo così vicino al mio volto da sentirne il respiro sulla pelle.
«E' proprio...» così. Stavo per dirlo e ridere, ma poi un enorme scossone fece tremare la nave. Scattammo entrambi sull'attenti, voltandoci verso prua. L'ingresso del secondo fiume era segnato da un passaggio strettissimo fra due gole e il veliero ci passava a malapena. Serviva un'abile manovra di pilotaggio, velocità e molta fortuna per riuscire ad avanzare.
«Spiegate le vele, rapidi!» ci intimò Ezra, mostrando frettolosamente quali corde tirare perché la nave prendesse un buon ritmo. In pochi istanti mi arrampicai sull'albero maestro, saltando verso le funi per restare imbrigliato nel sartiame, così da poter manovrare meglio ogni laccio.
«Sembra che le montagne ci vogliano schiacciare!» gridò Lyle, indicando davanti a noi il passaggio che diventava ancora più stretto.
«Non molliamo!» incitò Yul, tirando funi senza fermarsi un attimo.
«Più veloce!» urlò Ezra, ruotando il timone per non far scontrare il veliero contro le montagne ci schiacciavano.
«Ci stiamo provando!» sbottò il rosso, per tutta risposta, mentre io alzavo gli occhi al cielo e sibilavo fra me e me un "non è il momento, idioti". Tempo dopo, finalmente il varco claustrofobico si spalancò in una pianura aperta. Mi calai giù dal sartiame, riunendomi agli altri.
«Abbiamo superato il secondo fiume.» avvisò Qiana, notando l'inizio del terzo, lì dove l'acqua si faceva nera come l'ossidiana. «Non so cosa dobbiamo aspettarci, ma teniamo gli occhi-» Un tentacolo nero e affilato come un pugnale uscì fuori dall'acqua e frustò il pavimento lì dove prima si trovava la donna: lei aveva saltato all'indietro con una prontezza di riflessi incredibile.
In men che non si dica, ci posizionammo schiena contro schiena, in cerchio, a protezione di Ezra che stava al timone e doveva portare avanti la nave. Ero l'unico armato del gruppo, perciò roteai la spada e mi preparai a combattere a difesa degli altri, anche se Yul non ne voleva sapere di lasciarmi scoperto.
«Qiana, proteggi Lyle!» esclamai. Era davvero una stranezza del destino: Alaister l'aveva ucciso e adesso sua sorella proteggeva Lyle dalla morte definitiva. Il combattimento fu serrato e necessitò tutta la mia concentrazione. Qualsiasi creatura ospitasse il terzo fiume, aveva tentacoli puntuti come lance.
Fortunatamente, la mia spada era talmente affilata da riuscire a tagliare in due anche gli avversari più duri. Qiana saltellava per schivare i colpi e trascinava con sé l'ex cortigiano, sballottolandolo come una bambola di pezza. Yul, al mio fianco, mi avvisava ogni qual volta dei tentacoli cercavano di assalirci e io non li vedevo arrivare. Ezrael intanto girava il timone a tutta forza, contrastando la prepotenza del mostro acquatico che voleva affondarci.
Comprendemmo di aver superato il terzo fiume solo quando il mostro ci lasciò in pace. Il fiume divenne azzurro diamantino e una brezza gelida spirò verso di noi, facendo cambiare repentinamente la temperatura. Le superfici umide si ricoprirono di brina e tutti i peli del mio corpo si rizzarono.
«Si raggela!» ansimò Lyle, mentre io mi avvolgevo meglio la stola di seta rossa intorno alle spalle nude. Lo sguardo di Ezra incontrò il mio: l'ultima volta che avevamo sentito così tanto freddo, ci eravamo avvicinati in un modo così intimo che aveva complicato tutto. L'incontro di occhi si interruppe e io scossi la testa, lasciando che il braccio muscoloso di Yul mi stringesse per godere del tepore della sua pelle.
«Stringiamoci, dobbiamo stare il più vicino possibile per beneficiare del nostro calore corporeo.» disse Qiana, che aveva ragione, pur sapendo fosse una pessima idea, visto che non scorreva buon sangue fra lei e Yul, o fra Yul ed Ezra. Almeno io e Lyle avevamo superato le nostre divergenze!
Faceva troppo freddo per stare a discuterne, perciò ci accalcammo tutti intorno ad Ezra, concentrato sul pilotaggio della nave, con i corpi a contatto e il fiato caldo che riverberava sulla reciproca pelle. «S-s-sto c-co-congelando!» balbettò il brunetto, con le labbra bluastre. Come se la nave avesse percepito la sua disperazione, ebbi l'impressione che dondolasse in maniera sinistra, come sul punto di affondare.
«N-no, pe-pensa a q-q-qualcosa di be-bello!» biascicai. «C-c-cosa ti p-piaceva di S-Skys Hollow?»
«I r-r-ristoranti di lu-lusso!» rispose, strappandomi un verso a metà fra una risata e un lamento per il freddo. Stavamo tremando tutti e il vento spirava violentemente in un turbine di frammenti di ghiaccio che ci graffiano i volti e la pelle scoperta. Yul continuava ad alitarmi addosso per darmi calore, ma era tutto inutile. Avevo l'impressione che perfino la patina umida sui miei occhi si stesse gelando.
«C-c-continua...»
«Le f-f-feste in b-barca su-sul Tibor!» E continuò a ciarlare delle botteghe dei truccatori dove Sophia lo portava di solito, dei suoi sarti di fiducia e di un certo negozio di porcellane orientali. Finché finalmente il vento freddo smise di torturarci. «Cielo. Pensavo non ce l'avremmo fatta!»
«Anche io...» ammise Yul con uno sbuffo. «Quanti fiumi dobbiamo ancora superare?»
«Cinque.» Ed erano tanti, ma eravamo troppo vicini, ormai, per fallire.
La minaccia stavolta fu diversa dal ghiaccio, ma non meno pericolosa: turbini e mulinelli di vento si trasformarono ben presto in violenti vortici d'aria. L'acqua schizzava ovunque, gocce volavano come frecce in faccia e negli occhi.
«REGGETEVI!» ringhiò Ezra, che si avvinghiò al timone per non essere sbalzato via quando il tornado entrò in collisione con la prua della nave. Abbracciai l'albero maestro, ma Lyle non fu abbastanza veloce: venne sbalzato a gambe all'aria. Con una prontezza degna delle mie capacità, gli afferrai la caviglia prima che precipitasse oltre il veliero. Yul ci strinse a sua volta, urlando qualcosa di incomprensibile sopra il rombo del vento, ma che interpretai come un avvertimento a stare attenti.
Passai i successivi minuti - che parvero eterni - a contrarre gli addominali e stringere i denti, sentendo l'abito di Qiana sferzare l'aria violenta. Eravamo nell'occhio del ciclone e soltanto la fortuna ci consentiva di non volare via: i venti erano talmente forti che mi ritrovai sospeso in orizzontale, le mani strette contro l'albero maestro.
Quando tutto si calmò, avevo i riccioli dorati drizzati come antenne intorno alla testa. «Ancora quattro.» dissi, speranzoso, guardando Yul.
«E poi si torna a casa.» ammiccò, alimentando il mio stato d'animo. Poi sentimmo il boato: il cielo era diventato nero e i lampi esplosero, gialli e accecanti come fuochi d'artificio, ma ben più pericolosi. «Che cosa...»
«ATTENTO!» gridò Qiana, proprio mentre il fulmine si scagliava sul ponte della nave, esattamente contro Yul. Tutto il mio cuore ebbe un completo sobbalzo, ma il mio assassino era allenato e il tempo da Imperatore Rosso, così come le prove che aveva superato per diventarlo, lo avevano ulteriormente forgiato: schivò prima di essere colpito.
Immediatamente, tutti ci mettemmo all'erta. Le nuvole borbottavano e i tuoni laceravano il silenzio, mentre i nostri occhi puntavano il cielo, il nuovo nemico. Stavolta la mia spada non poteva fare molto, ma i miei riflessi sì.
«Molla il timone, accidenti!» gridai ad Ezra, che rimaneva stoicamente a guidare la nave anche se restava esposto. Una folgore avrebbe potuto colpirlo da un momento all'altro, così come stava colpendo tutto intorno a noi, causando un fragore spacca-timpani.
Bisognava sopravvivere alla tempesta di fulmini. Lyle, un po' come tutti, correva senza fermarsi, con la paura di essere investito da un lampo. L'importante era non fermarsi mai. Esalammo un sospiro di sollievo quando il cielo si schiarì.
«Tre.» esclamai, con Yul. Stavamo ormai facendo il conto alla rovescia per capire quanta strada ci separasse da casa. Mancava davvero poco. La mia concentrazione si mescolò all'adrenalina e all'entusiasmo, come successe negli altri, e non seppi se fu quella la causa del nostro fallimento. Oppure se fosse dovuta allo stato di apparente calma.
Il pericolo ci colse all'improvviso: il fiume scorreva tranquillo, il cielo era limpido, il vento silenzioso. Poi, orrende bestie - un incrocio fra iene, lupi e cinghiali - saltarono fuori dal nulla, balzando all'interno della nave per incomberci addosso, contemporaneamente. Il fatto che fossi l'unico armato mi tornò alla mente solo quando, dopo aver affettato in due un mostro, sentii Lyle gridare.
Una bestia gli aveva azzannato il braccio, ma poco dopo Yul aveva mollato un pugno sul muso dell'animale, scagliandolo a qualche metro più lontano. Quando si accorse che lo stavo guardando mi fece l'occhiolino, mentre io tiravo un sospiro di sollievo. Troppo presto, però.
Un'orrenda creatura lo assali alle spalle, azzannandolo alla nuca. Yul gemette, incurvandosi in avanti per scrollarsi di dosso l'animale. Ma dopo se ne aggiunse un altro a mordergli il braccio. Corsi a soccorrerlo a spada tratta, ma una schiera di bestie si mise fra di noi. Iniziai rapidamente a falciarli, con le grida che mi arrivavano ovattate intorno. Non sapevo chi, ma qualcuno era caduto.
Era uno scenario apocalittico: ringhi e latrati da incubo si mescolavano a urla e schiamazzi. L'attacco era stato così frenetico e confuso che, solo quando le bestie iniziarono a ritirarsi, mi resi conto dell'orrore intorno a me. C'era sangue ovunque. Qiana era a terra, con gli occhi spalancati e vuoti e la pancia squarciata, gli intestini sparsi ovunque. E si stava trasformando in un'anima, come avevo visto accadere tante volte.
Lyle era svenuto. Ezra invece si teneva una spalla ferita, ansimando di dolore. La nave aveva smesso di muoversi e stava precipitando a picco. E Yul... «YUL!» Ezrael, che sembrava essere stato protetto da lui, ora gli stava chinato sopra, ma io lo spintonai con urgenza e paura, accucciandomi sul rosso, che era steso sul ponte fra acqua e sangue.
La sua gola era stata dilaniata in maniera tanto violenta che la ferita non si stava rimarginando. Anzi, la pelle aveva assunto un colorito... no, una sorta di trasparenza bluastra, come accadeva ad un corpo prima di morire del tutto e diventare un'anima. Una mera moneta per la gente dell'Oltretomba.
Ed ecco che l'incubo che mi aveva perseguitato in questi anni si ripeteva. «No! Non di nuovo! Non stavolta, non ora che siamo così vicini!» gridai, nel panico e nell'isteria, tappandogli la ferita aperta nella speranza di fermare il sangue, di fermare la morte, mentre lacrime di rabbia, frustrazione, dolore e paura mi sgorgavano sulle guance. «Non sono venuto fino all'Inferno per perderti di nuovo! Non lo permetterò!»
Lui allungò la mano quasi trasparente sulla mia guancia, sorridendo con amore e tristezza. Con voce flebile e gorgogliante di sangue, bisbigliò: «Forse... questo è il nostro destino.»
Singhiozzai disperatamente. «Bugiardo! Sei tu il mio destino e non ne accetto un altro! Se tu non puoi esserci, allora non ci sarà niente!» Combattimenti epici, antiche guerre, ostinate vendette, pericolose missioni. Tutte quelle imprese avevano un denominatore comune: il mio futuro con Yul. Lo avevo visto nello specchio dei desideri con Lyle. Non poteva essere una bugia. Quel futuro esisteva nel momento stesso in cui qualcuno aveva iniziato a sperare in un mondo migliore.
E non avrei abbandonato la speranza.
Presi un profondo respiro. Mi restava solo una pietra magica, legata all'anello che indossavo al dito. Avevo conservato gelosamente l'ultimo potere che gli straeliani mi avevano donato perché sapevo che sarebbe stato, in un momento preciso, davvero prezioso. E quel momento era arrivato.
Non sapevo cosa sarebbe successo, usandolo. Forse saremmo esplosi e morti tutti. Ma era meglio fallire in gruppo, che sopravvivere da solo. Qualsiasi fosse stato il risultato, mi rifiutavo di arrendermi, perciò accostai l'indice all'anello. «Noi siamo l'inizio di tutto, Yul.» Il viaggio proseguiva con lui, oppure non proseguiva affatto. Ecco perché, incurante dei rischi, premetti sul cristallo magico.
Proprio mentre il mio amato si accasciava senza vita e il suo corpo si trasformava in un'anima, una sfavillante luce dorata sfolgorò fra le mie mani e si ingigantì, avvolgendomi. Ezra sgranò gli occhi e si immobilizzò insieme al mondo circostante.
Le vele, le goccioline d'acqua nell'aria, la nave affondata, il vento fra i capelli. Tutto era immobile. Il tempo si era fermato, letteralmente.
Poi, contro ogni mia previsione e superando ogni mia speranza, il veliero iniziò a raddrizzarsi e riaffiorare dall'acqua. Il corpo di Yul a riformarsi, esattamente come quello di Qiana. Il sangue si riassorbiva, lo vedevo rientrare goccia a goccia nella spalla di Ezra, nella pancia di Qiana, nella gola di Yul. Le mie lacrime tornavano dentro agli occhi, Lyle si risvegliava e le bestie riproducevano l'attacco.
Gli istanti si stavano riavvolgendo e il tempo stava andando indietro.
Qiana era di nuovo viva, in piedi, in posizione di difesa. Ed era vivo anche il rosso che amavo, che combatteva a protezione del timone. Fu solo quando le bestie sparirono, tornando da dove erano venute, che la luce dorata svanì ed ogni cosa tornò alla normalità. Come se nulla fosse successo. Come se io non avessi visto morire Qiana e non avessi perso di nuovo Yul.
«Ehi, Hel.» fu proprio lui a parlare. «Che fai lì a terra?» Mentre tremavo violentemente, il rosso mi aiutò ad alzarmi. «Che succede?» Dovevo essere pallido come un fantasma e sul punto di scoppiare a piangere, ma non era il momento. Presto l'attacco delle bestie si sarebbe ripetuto e dovevo evitare la mattanza che solo io sapevo si sarebbe verificata.
Ingoiai il groppo amaro e scossi la testa. «Va tutto bene, Yul.» E poi mi rivolsi agli altri. «Presto, fate come vi dico!» Ci sistemammo in formazione a cerchio intorno al timone, così che Ezra potesse continuare a navigare, e decisi un rapido piano. Ci saremmo passati la spada a vicenda e chi era disarmato si sarebbe sistemato intorno all'armato, supportando ma senza esporsi troppo.
Ben presto, proprio com'era già successo, l'attacco delle bestie si ripeté, ma sapevo da dove avrebbero colpito, ero pronto ed ero determinato. Non avevo intenzione di perdere nessuno, non più, anzi ogni qual volta uno dei miei compagni si trovava a rischio, io mi gettavo nel mezzo per aiutarlo. Alla fine del settimo fiume, eravamo feriti, ansimanti, ma ancora vivi.
«Ancora due.» mi ricordò Yul, senza sapere che il nostro viaggio si era interrotto e lui era morto ancora una volta. Annuii, con gli occhi umidi di lacrime di commozione. Ora non avevo più alcun potere, solo una spada leggendaria, i miei compagni di viaggio e l'uomo che amavo da impazzire. E avevo paura di perderli. Il solo pensiero di ciò che era successo due anni prima, di Ender, delle torture e della solitudine mi faceva tremare.
«Sì, ma non abbassiamo la guardia. Restiamo in formazione.» gli sussurrai, intrecciando la mia mano alla sua, che mi era accanto. Si chinò su di me per baciarmi il capo.
«Non preoccuparti. Non ti perdo di vista.» mi rassicurò.
«Sarà meglio.» sottolineai. Fu però un po' complesso mantenere la promessa: l'ottavo fiume era investito da un banco di nebbia grigia, così fitta che non si vedeva da un palmo di naso. Per fortuna, lui mi teneva ancora stretta la mano.
«Aiuto! Qualcosa mi sta tirando via!» gridò Lyle, mentre la sua voce si faceva un po' più lontana.
«Ti ho preso!» avvisò Qiana. A mia volta, la afferrai per la veste, tenendola forte.
«Cazzo, non vedo niente, non so dove condurre la nave...» sibilò Ezra.
«Segui l'istinto, ce la puoi fare! Credo in te, Ezra!» gli gridai. «Coraggio! Non possiamo mollare!»
Uno scossone mosse la nave, segno che eravamo andati a sbattere a qualcosa. Lo straeliano prese un profondo respiro. «Tenetevi forte allora!» La nebbia si infittì ancor di più, quasi fosse una creatura senziente col solo compito di ostacolarci. Ma il mio guardiano non si arrese, mentre noi ci stringevamo a vicenda per non perderci nella foschia.
Quando la caligine svanì, le montagne si aprirono e la luce del sole ci investì, scintillante e dorata, in un caldo e accogliente abbraccio. Molto lontano da noi, troneggiava sulla sommità di una cascata, fra rocce e acqua, un gigantesco cancello.
«Siamo al nono fiume.» sussurrò Ezra, mentre io restavo a bocca aperta, sgomento, senza parole, col cuore che martellava.
«Ce l'abbiamo fatta.» Il tono di Lyle assomigliava ad una specie di domanda, piuttosto che ad un'affermazione. Quando la nave si staccò dall'acqua ed iniziò a fluttuare in aria, verso il cancello, ne prese reale consapevolezza. «Ce l'abbiamo fatta!»
«Ce l'abbiamo fatta.» ripetè Qiana, anche lei scioccata come noi, come se fino ad ora non l'avesse realmente creduto possibile. Lanciai un'occhiata a Yul: anche lui mi guardava e sorrideva. Eppure, non mi sentivo sereno. Non ancora. Ricordavo l'ultimo verso della profezia.
"Finché dopo il nono fiume il giusto sacrificio dovrà pagare"
Naglfar, la nave d'unghie, si fermò proprio davanti al cancello, attraccando sulle rocce. Pochi istanti dopo apparve Xolotl, il guardiano dell'Oltretomba. «Benvenuti a Miclan, l'ultima terra prima del Regno dei Vivi.» la sua voce da brivido riverberò fra di noi. Sentirlo dire rese tutto reale. Ce l'avevamo fatta davvero. Sentii Lyle scoppiare in un piano gioioso.
«Quindi possiamo andarcene adesso? Possiamo superare il cancello e tornare a casa?» chiese lui.
«Ancora un'ultima prova.» avvisò lo scheletro-lampo. Mi irrigidii, mentre gli altri si guardavano, nervosi e stanchi. Quando sarebbe finita? «Non si può aprire il cancello dei Vivi senza un degno sacrificio. Un'ultima vita, offerta come chiave.»
Mi sentii mancare. «No.» sussultai, travolto dall'angoscia. Xolotl mi fissò con le sue orbite vuote, un gesto che mi trasmise ineluttabilità. Non c'era scelta. Qualcuno doveva morire.
«Oddio no, vi prego...» piagnucolò Lyle, indietreggiando, come se avesse capito all'istante che l'unica persona da prendere in considerazione, come sacrificio, fosse lui. Perché io avevo un compito ben preciso. Amavo troppo Yul per permettere che fosse lui a sacrificarsi. Ezra era il portavoce del suo popolo. Qiana aspettava la sua occasione da sempre per vendicare il fratello. E lui... lui era solo un ex cortigiano che era morto e voleva l'amore. Non aveva abbastanza motivazione per tornare dall'Oltretomba.
Ma per me c'erano moltissimi motivi. Ecco gli strinsi la mano con forza. «Non ti sacrificherò, Ly. Non lo permetterei mai.» gli confermai, mentre tremava e annuiva. «Ci dev'essere un altro modo!» esclamai a Xolotl, ma l'antica creatura rimase in silenzio.
«Evidentemente no.» intervenne Ezra. Lanciai un'occhiata a Yul, sperando che avesse un'idea, ma lui si strinse nelle spalle, triste ed impotente. «Dobbiamo prendere una decisione.» continuò l'albino. «Non vedo alternative, se vogliamo lasciare l'Oltretomba.»
Mi misi le mani fra i capelli. Avevo finito tutti i poteri. Avevo esaurito la scorta di speranze e preghiere. Cosa potevamo fare? «Ma non può finire così!» esalai, in tono stridulo.
«Va bene.» sussurrò Qiana, facendo un passo avanti. «Tanto è già finita, ormai.»
«Eh?» Drizzai la testa.
«Sono secoli che cerco la mia occasione, ma in realtà l'ho già persa molto tempo fa. Nell'istante in cui non sono riuscita ad uccidere il Redivivo e la spada è andata in pezzi.» disse la donna, stringendo gli occhi dorati. Battei le palpebre, molto lentamente.
«Cosa stai cercando di dire?» mormorai.
«Che è già finita per me. Da molto tempo.» Qiana sorrise amaramente.
«Ehi, aspetta, Herminia...» Yul la chiamò col suo vecchio nome. «Non scendere a conclusioni affrettate. Possiamo trovare un'altra maniera.» Era bello vedere come, nonostante la donna lo avesse usato, lui volesse comunque impedirle di sacrificarsi per noi. «Possiamo-»
«Piantala, Yul. Lo sai che non c'è.» La corvina incrociò le braccia. «Nessuno di voi è sacrificabile.» Prese un profondo respiro. «Ma io vivo da molto più tempo di quanto immaginiate e non sono mai riuscita davvero a fare nulla. Anni passati al fianco di mio fratello, che era nelle vesti dell'Imperatore Hēi, e non avevo il coraggio di fare niente.» La sicurezza che l'aveva mossa fino ad ora vacillò. «Non voglio dover uccidere mio fratello. Perciò è meglio che lo facciate voi al posto mio.»
Le proteste non servivano a nulla, lo sapevo. E non la fermai quando mi mise una mano sulla spalla, mi guardò negli occhi e disse: «Promettimi che ucciderai il Redivivo e che farai giustizia anche per Yaakov. Un tempo era una persona buona. Promettimelo e me ne andrò senza rimpianti.»
«Lo prometto.» confermai.
Lei annuì una volta sola, poi camminò verso lo scheletro-lampo. «Che devo fare?» La creatura le spiegò che avrebbe dovuto soltanto aprire il cancello. La corvina si avvicinò alle luccicanti inferriate e si guardò indietro una sola volta. «E' stato bello conoscervi.»
«Aspetta-!» Yul fece un passo avanti, ma ormai Qiana aveva già stretto il cancello fra le mani. Non gridò e non sembrò provare dolore: in un attimo, il suo corpo si disintegrò in tante piccole luci, simili a lucciole, che sciamarono intorno al cancello finché quello non si aprì da solo.
Guardai quei piccoli bagliori perdersi nell'aria fino a sparire, con un misto di tristezza e gratitudine, poi i miei occhi si soffermarono sul varco luminoso oltre il cancello aperto. «Il Regno dei Vivi vi accoglie di nuovo.» sancì infine Xolotl.
Mi sistemai la spada alla vita, poi presi per una mano Yul e per l'altra Lyle, che a sua volta prese la mano di Ezra. Li guardai tutti, uno ad uno. Il mio amato ricambiò lo sguardo. «Ci vediamo dall'altra parte, amore.» fu l'ultima cosa che mi disse.
«Sì. Andiamo a casa.» Poi superai il cancello e abbandonai l'Oltretomba.
❖ ❖ ❖
*NDA - L'angolo dei ritorni, finalmente!*
Hola a tutti!
E rieccomi, l'ultimo capitolo è stato il 31 di marzo, questo il 30 di maggio, in questi due mesi ho avuto talmente tanto da fare che me ne sorprendo perfino io! Non ho avuto nemmeno un istante per scrivere, immaginate che tornavo a casa con la voglia di farlo ma poi crollavo malamente per la stanchezza. In piccoli ritagli di tempo scrivevo a pezzettini e il risultato è un capitolo STRALUNGO, non me ne vogliate, il dono della sintesi non è proprio da me! Ma forse è anche perché questo era il penultimo capitolo. Che dire miei cari, il prossimo è l'ultimo capitolo! Che cosa vi aspettate? Potrei sorprendervi, sappiatelo! Spero di farlo uscire prima del previsto, perché voglio cominciare il terzo libro, sono troppo in hype!
Perciò ci vediamo al prossimo - ultimo - capitolo <3
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro