36. L'Assassino e la corte degli Inferi
«Al desiderio niente piace di più di ciò che non è lecito.»
- Publilio Siro
Yul Pevensie non aveva mai creduto granché nei miracoli.
Era nato con il privilegio di appartenere alla classe nobile, solo per essere deriso dal resto dell'aristocrazia, visto che la sua famiglia stava decadendo nella povertà più umiliante. Era diventato un giovane ladro di gioielli e non era mai stato beccato solo perché, quando si metteva nei guai, era quel brav'uomo di suo padre a coprirgli le spalle e a prendersi le punizioni al suo posto, di nascosto, credendo che suo figlio non se ne accorgesse.
Era rimasto vivo, mentre i suoi genitori si suicidavano, solo perché era stato - ancora una volta - suo padre a non mettere il veleno dentro al suo bicchiere. Eppure Yul era stato davvero vicino alla morte, in quel momento: aveva bevuto consapevolmente. Era pronto ad ammazzarsi sul serio, nonostante fosse solo un ragazzino, perché era unito ai suoi genitori a tal punto che, non morire con loro, sarebbe stata una mossa assurda.
E invece era sopravvissuto. Ma allora che doveva farci, di quella vita? Era come ritrovarsi per le mani un regalo non desiderato che non puoi più restituire al mittente e che sei costretto a tenerti.
Si era sentito esattamente così quando aveva aperto gli occhi e si era risvegliato nel Regno di Red Mask. Lui non la voleva proprio, quella stupida seconda vita. Non gli interessava. Niente aveva senso, senza Helias al suo fianco: ecco perché andava avanti per inerzia, accettando di consumarsi con l'oppio, con il preciso obiettivo di raggiungere l'auto-distruzione.
Ma all'improvviso, anche a lui che non credeva nei miracoli, ecco che il destino aveva riservato il miracolo più grande e meraviglioso di tutti.
Gli tremò il cuore quando osservò il suo amato dormire al proprio fianco, la guancia morbida posata sul cuscino, i boccoli biondi, più lunghi di quanto ricordasse, sparsi fra la seta cremisi che foderava il letto. Dio, quanto era stupendo. Il naso all'insù, la pelle diafana che pareva morbida come la ciniglia, le labbra a forma di cuore, rosa come il centro carnoso di una pesca. Le ciglia lunghe che sfioravano gli zigomi alti e la curva elegante del collo.
Non conosceva nessuno che fosse così puro e così sexy al tempo stesso. Quella combinazione, almeno apparente, di innocenza e lussuria, avrebbe dovuto essere resa illegale. Avrebbe voluto coprirlo con un sacco dalla testa ai piedi per nasconderlo alla vista degli altri, solo per paura che qualcuno glielo rubasse.
Yul cercò di soffocare quel pensiero di pura gelosia e possessività, sapendo che non fosse giusto provarlo, e tentò piuttosto di accettare il fatto che fosse innamorato dell'uomo più bello del mondo. E non era solo per l'aspetto, ma anche per il modo aggraziato in cui si muoveva, per la sua voce cristallina, per la maniera in cui suonava il pianoforte riuscendo a far sembrare armonico anche il mondo di sangue che lo circondava. Ogni volta che Helias andava da qualche parte, sembrava che l'universo si fermasse ad ammirarlo. Logico che non fosse umano, era bello in una maniera che andava fuori da ogni canone.
Accidenti se era fottuto, Yul. Non lo si poteva biasimare se era possessivo: Helias era sempre al centro del desiderio di uomini pericolosi. Il rosso aveva le sue dannate ragioni, visto che uno di loro li aveva separati e fatti soffrire entrambi in maniera terribile.
Così ammirò il proprio piccolo, grande miracolo, che dormiva al suo fianco, e lo prese fra le braccia, tirandolo sopra di sé per baciargli il capo, la fronte, le guance e le labbra. L'angelico e letale biondino era proprio lì dove doveva stare, al suo fianco, e l'idea di perderlo di nuovo gli faceva girare la testa, riempire di panico e di furia. Chiunque gli avrebbe fatto di nuovo del male sarebbe morto. Chiunque avrebbe osato separarli ancora avrebbe subìto un destino tremendo. Non per niente, Yul Pevensie era il secondo assassino migliore del regno di Darlan.
E aveva scelto di credere ai miracoli, perciò era meglio che il mondo non cercasse di fregarlo. «Mmhh? Dobbiamo andare?» mormorò Helias, svegliato dai suoi baci, sfarfallando gli occhi ancora stropicciati dal sonno.
«No. Non ancora, torna a dormire.» rispose l'altro, senza smettere di venerarlo con quelle dolci attenzioni, le labbra curvate in un sorriso di giocosa tenerezza, davanti alla vulnerabilità che il suo amato mostrava, dormendo così liberamente insieme a lui, accoccolato come un cucciolo contro il suo petto ampio. Tenerezza e gratitudine, perché erano riusciti a superare le avversità, le rivalità e perfino la morte.
«Ormai mi hai svegliato, babbeo.» borbottò, con un sorriso impudente e arruffato dal lungo sonnellino.
«Che disgrazia...» commentò Yul, ironico e spensierato, per nulla preoccupato che fossero ancora nell'Oltretomba, che dovessero recuperare un frammento di un'arma pericolosa e che, fuori dai Regni dei Morti, li aspettasse la missione più difficile di tutti. Uccidere Alaister, il Re del Continente Magico e tutti i loro alleati. E poi ricominciare a vivere, finalmente.
Era come se ogni prova impossibile, adesso che si erano ritrovati, fosse improvvisamente fattibile. E loro due imbattibili, se restavano uniti.
Gli circondò la vita con un braccio e lo strinse a sé, più forte. «Guarda che così non respiro!» ansimò Helias, picchiandogli un pugno sul petto senza la reale intenzione di fargli male. La mano di Yul si aprì, accarezzandogli con lentezza la schiena, avvertendo la ruvidità delle cicatrici sulla pelle nuda. Il rosso storse le labbra in una smorfia dolente, cercando di tenere a bada la collera e la tristezza che sentiva dentro.
«Me lo dirai mai, cos'è successo?» sussurrò Yul, irrigidendo la mascella. Avrebbe ridotto le guardie di Ender in minuscoli brandelli, prima o poi. Gli splendidi occhi di ghiaccio dell'altro, tempestati di viola e circondati d'argento, si riempirono di una paura gigantesca, che fece fremere l'anima di Yul e desiderare di cullarlo finché il suo terrore non sarebbe stato dimenticato.
«Non...» Helias prese un profondo respiro. «Non so se sono pronto.» E distolse lo sguardo.
Il rosso gli accarezzò una guancia, lentamente, con fare calmante. Lo osservò con gli occhi blu penetranti, dello stesso colore del cielo serale riflesso sulle sponde del Tibor, il fiume che scorreva vicino all'appartamento dove un tempo vivevano. «Ho passato più di un anno a drogarmi.» Le pupille del biondo scattarono su di lui veloci come una molla, mentre restava a bocca aperta per la sorpresa.
«Sentivo sempre che qualcosa...» continuò il rosso, guardando il suo compagno «mi mancasse. L'oppio riempiva quel vuoto, mi regalava una sensazione che non ti saprei nemmeno descrivere perché non voglio ricordarla.» Assottigliò le labbra, non riuscendo a scacciare quelle memorie e quella precisa impressione di toccare il cielo con un dito, di arrivare al paradiso... Ogni volta credeva che Helias fosse lì con lui. Ne sentiva il profumo, la consistenza fra le mani, il suono cristallino della sua voce. «E dopo che la droga mi aveva donato brevi attimi di pace, mi sentivo una merda per giorni. Non riuscivo neanche ad alzarmi dal letto.»
Il mondo perdeva colore. Diventava grigio e triste e vacuo. E non aveva voglia di fare niente, se non fissare la parete sopra il suo letto. Immobile e in silenzio, mentre tutto il resto spariva. Se non era troppo impegnato a vomitare, ovviamente. Forse Qiana gli aveva fatto un favore ad avvelenarlo, facendogli dimenticare la gioia e il dolore che gli regalava l'oppio. Non avrebbe mai più messo un dito su quella robaccia, di questo Yul era certo.
«Mi dispiace...» sussurrò Helias, con gli occhi sgranati e la voce rotta dal dolore, facendo scivolare un dito sul punto in cui a Yul apparivano le fossette. «Non ne avevo idea.»
Il rosso si strinse nelle spalle. «Te l'avevo detto che ci sono cose che ho fatto di cui non vado fiero.» L'amarezza che mostrò fu solo passeggera, perché ormai il passato era passato e l'unica cosa che contasse era lì fra le sue braccia.
Ricordava ancora quando vivevano alla Fortezza dell'Assassino, un tempo in cui erano solo rivali: lo rincorreva, lo infastidiva e faceva tutte quelle piccole cose che suscitavano una reazione in Helias. Odiava essere invisibile ai suoi occhi. E amava vederlo reagire, innervosirsi, arrossire, sorridere. Praticamente viveva alla giornata alla ricerca di una sua azione, come uno stupido idiota innamorato. Ecco perché capiva così bene Lyle.
«Ender mi ha mandato fuori di testa.» sussurrò alla fine Helias, a voce bassissima. «Era un incubo. Non potevo farcela da solo.» Lacrime copiose gli rigarono le guance e Yul provò una stretta al cuore così forte che si ritrovò a piangere insieme a lui senza nemmeno accorgersene. «E poi, il fatto di averti perso... Oddio...» Singhiozzò forte, mentre il rosso gli asciugava le lacrime senza smettere mai di accarezzargli le guance bagnate. «Tu eri lì con me. Eri lì con me, ogni giorno e ogni notte. E, ogni volta che mi facevano del male, mi proteggevi.»
Yul si sentì morire, ancora una volta, e lo strinse contro il proprio petto, forte abbastanza da promettere a se stesso che non l'avrebbe mai più lasciato solo. «E sono qui con te ora. E ci rimarrò.» Gli scostò gentilmente i riccioli dorati dalla fronte. «Mi dispiace per averti spinto a parlarne.» Helias scosse la testa e si accoccolò meglio su di lui. «Torna a dormire. Hai bisogno di riposarti.»
L'assassino mormorò un verso d'assenso e, sotto lo sguardo attento di Yul, si sistemò con la guancia morbida sulla spalla muscolosa dell'altro, lasciandosi cullare dal suo profumo. Mentre il rosso continuava ad accarezzargli la schiena, passando le dita sulla pelle rovinata dalle cicatrici, sperando così di poter cancellare ogni brutto ricordo legate ad esse.
La pace, tuttavia, durò ancora per pochi minuti. Poi la porta si aprì di colpo e Qiana entrò, gridando a gran voce: «Siamo stati scoperti! Alzate il culo dal letto!» Helias scattò in piedi alla velocità della luce.
«Cosa? Come?!» esclamò Yul, abbandonando rapidamente il letto. Era incredibile come le vicende cambiassero in pochi secondi: minuti prima sembrava che avessero tutto il tempo del mondo per parlare, confrontarsi e consolarsi, minuti dopo pareva che dovessero correre la maratona perfino per vestirsi.
«La dannata volpe! Ha fatto il triplo gioco!» sibilò Qiana, mentre dava loro un paio di katane che doveva aver preso dall'armeria della Pagoda Reale. Yul avrebbe voluto ricordarle che il piccolo negoziante dell'emporio faceva doppi giochi... Semplicemente, era sempre stato dalla parte del popolo sin dall'inizio. Adesso che Yul si era spogliato del proprio incarico di Imperatore e Herminia si era dimostrata la vera impostora di tutta la storia, la volpe aveva fatto ciò che riteneva più giusto: smascherarli tutti.
Mentre Helias si allacciava la fondina della katana intorno alla vita e si infilava i sandali di legno, Ezra e Lyle entrarono nella stanza chiudendosi frettolosamente le porte scorrevoli alle spalle. «Stanno arrivando!» esclamò il brunetto, senza specificare chi. Qiana emise un verso disperato e Yul recuperò, da un armadio nascosto dietro un paravento dipinto, la propria lanterna di carta, che era piena zeppa di tutte le anime che aveva raccolto in quei due anni. Alcune le aveva sperperate per comprarsi la droga, ma la maggior parte erano rimaste lì dentro, in attesa di un'utilità. Che oggi sarebbe arrivata.
Il rosso indossò la maschera magica dell'Imperatore e seguì Qiana, che era appena uscita nella terrazza, tutta trafelata. «Chi è che ci sta inseguendo?!» domandò Helias, mentre la corvina ci faceva strada e senza esitazione scavalcava la ringhiera del balcone, mettendosi a camminare lungo il cornicione sottile che costeggiava le pareti esterne della pagoda e affacciava su un ripido salto di dodici piani.
«Stai scherzando, spero!» esclamò Lyle, vedendo Qiana che iniziava a scalare la pagoda arrampicandosi come un ragno fra gli stucchi e le decorazioni imponenti collocate strategicamente per rendere l'edificio sfarzoso anche da lontano, così che ogni suddito pensasse a quanto potente fosse l'Imperatore. Cazzo, Yul era l'Imperatore... Il bambino che rubava gioielli si sarebbe messo a ridere del traguardo raggiunto. «Io non mi ci arrampico lassù!» continuò l'ex-cortigiano, con la voce stridula.
«Non ti preoccupare, Ly. Mi metto sotto di te, così se cadi, ti prendo.» si aggiunse Helias, prendendogli la mano per rassicurarlo, accompagnandolo oltre la ringhiera del terrazzo. Il bruno stava tremando dalla paura.
«Io non sono mica come voi... Non le faccio queste cose pazze...» biascicò, spostando irrequieto il peso del corpo da una scarpa all'altra. Baccano e tafferugli giunsero dal corridoio che comunicava con la camera da letto, da cui erano appena usciti. Chiunque li inseguisse - i samurai, probabilmente - ormai erano alle loro costole.
«Oggi però lo farai! Avanti!» Lo incoraggiò il biondino, tirandolo vicino a sé e poi sul cornicione. Lyle tremava terrorizzato, schiacciando la faccia contro il muro e guardando verso il basso. Per quanto ne sapeva Yul, Lyle era morto cadendo o buttandosi, una cosa del genere. Non doveva essere facile per lui. «Adesso alza il braccio e aggrappati sulla faccia di quel dragone, proprio alla tua destra!» esclamò Helias, guidandolo. Era proprio strano vederli collaborare, dopo che si erano fatti la guerra per anni. Ma molte cose erano cambiate e molte verità erano state rivelate.
«Io vi sto dietro, così posso prendere al volo entrambi e fare l'eroe della situazione.» intervenne Yul, con un sorrisetto beffardo con lo scopo di sciogliere i nervi tesi di Lyle. Ezra alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
«Perché non prendiamo le scale? Accidenti!» continuò Lyle, mentre iniziava ad arrampicarsi sotto specifiche istruzioni di Helias.
«Perché quelle sono sorvegliate, ragazzino! Pensa a seguirmi! E muovetevi voialtri, laggiù!» urlò Qiana, dritto verso di lui e l'Elfo di Natale che gli stava accanto. Yul borbottò, irritato all'idea di farsi dare ordini da quella dannata traditrice doppiogiochista, ma immediatamente saltò oltre la ringhiera del terrazzo ed iniziò l'arrampicata, ponendosi a mezzo metro sotto Helias, così che potesse realmente soccorrerlo in caso scivolasse. Per ultimo arrivò Ezra, che sembrava sapere il fatto suo, come un arrampicatore provetto. Gli si arrampicava al fianco e, ad un certo punto, la salita sembrò assumere i contorni di una gara fra di loro.
Lo ignorò del tutto: preferiva godersi la visione del meraviglioso sedere di Helias, lì sopra di lui, piuttosto che abboccare ai dispetti di quel tizio. «Non gli guardare il culo!» sibilò l'altro, irritato.
«Piuttosto non glielo guardare tu, bastardo.» ringhiò: se Enzorel se ne era accorto, significava che anche lui stava facendo esattamente la stessa cosa. Anche perché, Yul indossava ancora la maschera, era piuttosto difficile capire dove stesse guardando. «O giuro che ti spingo e ti faccio precipitare.» E meno male che aveva promesso ad Helias di non provare ad ammazzarlo! Doveva ancora abituarsi all'idea di non poter prendere a pugni la faccia di un bastardo che si era portato a letto il suo amato.
«Non se lo faccio prima io. In questo gruppo sei di troppo. Lo sei sempre stato, Yul Pevensie.» sibilò lo straeliano con disprezzo, affilando gli occhi color glicine prima di muovere la gamba e calciare l'appiglio su cui si erano appena posate le dita del rosso, pestandogliele.
Yul perse la presa e un lato del corpo dondolò pericolosamente nel vuoto. Il peso della katana e della lanterna, entrambe allacciate alla cintura, lo sbilanciava un po', ma l'assassino si sorreggeva abilmente con una mano sola. L'allenamento con quel bastardo di Alaister era pur servito a qualcosa.
«Brutto figlio di...» Strinse i denti. Il bastardo aveva appena provato ad ucciderlo? Prima che potesse vendicarsi, avevano raggiunto la cima della pagoda. Una mano diafana si palesò nel campo visivo di Yul e lui la prese, lavorando di addominali ma lasciandosi anche tirare da Helias per raggiungere la vetta. Il bel biondo era totalmente ignaro di ciò che il suo amichetto aveva appena provato a fare e Yul troppo furioso per cercare di spiegarlo a parole, mentre si metteva in piedi.
Alle spalle di Helias, vide Ezra rivolgergli uno sguardo feroce. Oh, gli avrebbe tagliato la gola... Appoggiò la mano sull'impugnatura della katana, facendo un passo verso di lui. Ne aveva abbastanza di bastardi che volevano ucciderlo perché desideravano rubargli il ragazzo.
«Muoviamoci!» Qiana frenò l'istinto omicida di Yul, camminando oltre lo spiazzo. Non aveva mai visto quella zona: in due anni, non era mai salito così in alto, sulla punta estrema del tetto spiovente della Pagoda Reale. Non c'era niente lassù. Solo una botola collegata all'interno dell'edificio.
Poi tegole scivolose e nuvole spumeggianti che coprivano a malapena la luce del tramonto. La pagoda aveva due facciate: quella piena di decori, rivolta alla città, dove si erano arrampicati; al lato opposto, si spalancava un dirupo scosceso che cadeva nell'acqua. Proprio sul suo ciglio, Qiana si era fermata.
«E' questo, vero?» le chiese Helias, guardando verso il basso, mentre l'aria sembrava crepitare d'elettricità, come prima di un temporale.
«Sì. E' da qui che mio fratello e quel mostro del Redivivo sono fuggiti.» rispose la corvina. Yul si soffermò a guardarla solo per un attimo, ma che sembrò allungarsi quanto i due anni che aveva passato insieme a lei: finalmente Herminia aveva mostrato il suo vero volto. Non aveva mai sospettato che fosse la sorella di Alaister - in che modo avrebbe potuto capirlo? - ma sentiva, ogni volta, che quella ragazza si comportasse superficialmente perché nascondeva qualcosa. Purtroppo, era troppo occupato a drogarsi per rendersi conto di cosa.
Ora che mostrava la sua vera faccia - letteralmente e metaforicamente - Yul non sapeva più se disprezzarla fosse la cosa giusta. Be', al diavolo. Se si fosse mostrata pericolosa per Helias, non avrebbe esitato ad ucciderla. Era pur sempre una Noir.
«Yul, è tempo di darmi la maschera.» disse Helias, allungando la mano verso di lui. Il rosso non esitò a sfilarsela per porgerla all'altro assassino: era un oggetto potente, ma non vedeva l'ora di liberarsene. C'era qualcosa di inquietante in quella maschera. Nella sensazione che gli dava ogni volta che la indossava.
Quando le dita del biondo toccarono la ceramica rosso sangue, che pulsava di luce e magia, la maschera scomparve, venendo risucchiata all'interno del palmo del ragazzo. Helias sussultò, barcollò e poi cadde sulle ginocchia, tenendosi per il polso la mano dentro cui aveva il nuovo frammento. Yul lo vide rabbrividire e cercare di trattenere un urlo. Si fiondò accanto a lui, nello stesso momento in cui lo fece Ezra. Il suo amato adesso stava urlando.
«Che gli sta succedendo?!» gridò il rosso, allarmato, forse ad Ezra, forse a Qiana, mentre accarezzava le spalle del biondo. Aveva gli occhi sgranati: non sapeva cosa fare. Non aveva idea di cosa stesse capitando ad Helias.
Qiana si avvicinò al terzetto con una smorfia. «Nel suo corpo ha quattro frammenti. Quasi tutti i pezzi della spada che dovrebbe ammazzare il Redivivo.» La corvina deglutì. «Lui è sangue del suo sangue, dannazione!»
Yul si sentì sudare freddo. «Che cosa vuol dire?!»
Prima che la donna potesse rispondere, Lyle, che stava facendo la guardia alla botola collegata al resto del palazzo, avvisò: «Sono qui!» Ezra imprecò, afferrò la lanterna di Yul e lasciò che le anime si riversassero nel vuoto oltre il dirupo, lì dove Qiana aveva indicato, così che il portale verso il prossimo Regno dell'Oltretomba potesse spalancarsi.
«Andiamo!» ringhiò. «Tutti vicino a me!»
Il tetto della pagoda, immediatamente dopo, si riempì di samurai in pesanti armature e maschere mostruose. Si guardarono intorno, armati fino ai denti. Ma non trovarono più nessuno.
❖ ❖ ❖
La mia testa ciondolò in avanti e lo spostamento brusco del peso mi spinse a drizzarmi all'improvviso, spalancando gli occhi.
«Oh!» esclamai, mentre riprendevo conoscenza e consapevolezza di ciò che mi circondava. Quattro sguardi, tutti diversi, mi puntarono. Blu notte, viola ametista, giallo topazio, verde smeraldo. Mi accarezzai la nuca indolenzita, notando immediatamente dove ci trovavamo: una carrozza foderata di velluto rosso sangue.
A destra e a sinistra le portiere avevano ampi finestrini, ma il vetro era oscurato di nero, rendendo impossibile scorgere cosa ci fosse là fuori. Eppure, il trotto insistente dei cavalli si distingueva in un silenzio inquietante, inframezzato ogni tanto dagli ululati dei lupi e dal verseggiare cupo degli uccelli notturni.
«Stai bene?» mi chiese Yul, seduto proprio al mio fianco, curvandosi sopra di me e facendo scivolare la sua mano callosa sulla mia. Non fui in grado di rispondergli, semplicemente perché restai a bocca aperta nel guardarlo. Era elegantissimo.
Lo erano tutti, in realtà. O mi ero svegliato ed ero diventato pazzo, oppure erano tutti vestiti a festa, come se stessimo per partecipare ad un ballo alla moda in una delle tenute nobiliari più in vista di Skys Hollow.
Yul indossava un completo con marsina, pantaloni e panciotto blu, di un tessuto iridescente che sfumava verso il viola, con i polsini di merletto bianco come il fazzoletto allacciato intorno al collo. All'occhiello aveva un piccolo mazzetto di non ti scordar di me, mentre le ciocche rosso sangue erano impomatate all'indietro, mettendo in risalto i lineamenti sensuali. Era l'unico a sedere al mio fianco.
Di fronte a me, invece, c'erano Ezra, Lyle al centro e sulla destra Qiana. Non avevo mai visto lo straeliano vestito come un abitante del regno di Darlan ed indossava quegli abiti così bene che parevano una seconda pelle. Vestiva un completo grigio perla, abbinato ai capelli d'argento legati sulla nuca in un piccolo codino basso. All'occhiello aveva un anemone viola e sulle dita guanti di pelle nera, così come le scarpe.
Lyle, proprio accanto, era completamente avvolto nella seta avorio, dalla giacca ai pantaloni, a parte il panciotto verde foresta con ricami candidi e le margherite appuntate all'occhiello, che spargevano un dolce profumo all'interno della carrozza.
Per ultima, Qiana era strizzata in un bustino color sangue, con lo scollo a cuore e le spalle scoperte, vista l'elaborata acconciatura alta che le si intrecciava in boccoli danzanti e calendule rosse su tutto il capo. L'ampia gonna a balze occupava quasi tutto il pavimento della carrozza. Guanti di seta neri fin sopra al gomito e un collier di rubini intorno alla gola la facevano sembrare una vera dama dell'alta società: a guardarla così, sembrava una perfetta versione femminile di Alaister.
«Che sta succedendo?» domandai, con la fronte aggrottata e il colletto di pizzo che mi prudeva sulla pelle sensibile. Con uno sguardo rapido al mio riflesso nel finestrino, mi resi conto che anch'io ero abbigliato a festa. L'ultima volta che avevo indossato un completo del genere... Quand'era stato? Alla festa d'estate di Joseph Martin, più di due anni prima?
Sfoggiavo una candida camicia di seta a sbuffo, con riporti di pizzo su polsini ed intorno alla gola, lì dov'era allacciato un fiocco di raso celeste polvere, come il colore del panciotto, quest'ultimo con motivi damascati tutti a filo d'oro. Pantaloni aderenti blu cobalto e stivali neri laccati con rifiniture d'oro: ero semplicemente incantevole, nonostante fosse più smunto rispetto ad un tempo. Ma stavo ritornando in me, in quello di un tempo.
All'occhiello portavo un semplice fiore di bucaneve e la mia chioma dorata come il sole era più riccia e fluente del solito. Avrei potuto piegare al mio volere anche il più frigido dei santi, conciato così. Mi mancava davvero sentirmi in questo modo: il mio lato vanitoso diede segni di vita dopo un bel po' di tempo.
«Ci siamo svegliati conciati così.» mi rispose Qiana, schioccando la lingua contro il palato. «Le nostre armi: sparite. La mia dignità: pure.» Si afferrò il vestito per la scollatura e se la tirò un po' più sopra al seno, raddrizzandosi meglio il décolleté.
«Però era da un secolo che non indossavo un completo simile, Helias!» esclamò Lyle, allungando le braccia per ammirare il tessuto della sua giacca. «Guarda la manifattura! Vestiti del genere li avremmo pagati fior di quattrini, a Skys Hollow!» Era su di giri, come se quegli indumenti fossero in grado di regalargli la felicità o ridargli indietro la vita. Mi morsi la lingua per non ricordargli che Sophia - la maitresse del suo bordello - li avrebbe pagati fior di quattrini, per lui. E il mio l'avrebbe pagato Alaister, un altro dei suoi regali addebitati.
«Hai ragione, Ly. Vestiti come questi avrebbe potuto farli solo il sarto del Re.» risposi, abbozzando un sorrisetto vanesio, un breve attimo che mi concessi per dimenticarmi la realtà. Ma ci ritornai subito dopo. «Dove stiamo andando? Avete provato a...?» Tentai di aprire le portiere della carrozza, ma la risposta arrivò da sola: erano bloccate.
«Guarda un po' i finestrini.» Ezra batté le nocche del pugno chiuso contro il vetro, accennando al buio oltre di esso. «Nessuna idea sulla nostra destinazione. Visto che non si vede niente.» concluse, con tono caustico.
«Ed ecco Capitan Ovvio.» intervenne Yul, il tono sarcastico e gli occhi che scintillavano d'irritazione mentre osservava lo straeliano, che ricambiò con un certo rancore. Ma lo sguardo del rosso si addolcì quando ritornò su di me. «Come sta la mano?»
Aprii e chiusi il pugno per sondarla. «A posto, mi sembra.» Piegai le labbra in un sorriso appena accennato. «Se continui a preoccuparti così, crederò che tu sia diventato un mollaccione, lo sai?»
«Posso stilare una lunga lista di modi convincenti per dimostrarti che non lo sono.» Abbassò le palpebre, indirizzandomi uno sguardo malizioso e ironico, di sfida. «Poi però dovrei leggerla ad alta voce e la cosa potrebbe metterti alquanto in imbarazzo, Hel...» la voce gli si era fatta bassa, vibrante, una carezza vocale che mi aveva fatto venire la pelle d'oca e arrossare le guance.
«Cazzo, ma perché non fate le vostre smancerie da un'altra parte?!» ringhiò Ezra, battendo un pugno contro il finestrino.
«Che c'è, Enzorel? L'orgoglio ferito brucia?» Yul piegò le labbra carnose in un sorriso sardonico. «O sei semplicemente geloso?»
«E' il mio orgoglio ferito a bruciare, o il tuo, sapendo che mi sono fatto quella puttanella del tuo ragazzo?»
Quel commento mi ammutolì, talmente tanto che rimasi congelato sulla poltroncina e non riuscii a fermare in tempo Yul, che si era fiondato su di lui per colpirlo dritto sulla mascella. Lyle aveva gli occhi fuori dalle orbite, ma fu Qiana ad urlare.
«Porca miseria! Che cazzo state facendo?! La prossima mossa è cacciare fuori il righello e vedere chi fra i due ce l'ha più lungo?!» Strinse il pugno guantato, fissandoli entrambi con uno gelido sguardo topazio, talmente identico a quello del gemello Alaister da far quasi paura. «Siete due stupidi, miserabili idioti. Forse non è chiara qual è la posta in gioco. Un mostro, un mostro che è in grado di riportare il mondo che conoscete allo stato brado e annientare tutti, è là fuori che governa. L'unico modo che esiste per sconfiggerlo dipende da noi e voi state qui, a litigare come dei mocciosi per un ragazzo. Anche se uno di voi viene da un popolo che è stato distrutto dal Redivivo.» Freddò Ezra con uno sguardo. «Mentre l'altro è stato ucciso dal suo più fidato alleato.» Fissò severa Yul.
Catturai lo sguardo di Lyle per un singolo momento, che gli bastò per mimare con le labbra "W-o-w", accennando a Qiana, seduta accanto a lei. Nella carrozza calò il silenzio più assoluto, rotto solo da un'osservazione sottile, pacata, ma assolutamente minacciosa. «So solo che, se chiama in quel modo Helias un'altra volta, lo anniento.» disse Yul. E aveva uno sguardo da assassino negli occhi.
Ezra si limitò a massaggiarsi la mascella colpita con la mano, puntando gli occhi viola fuori dal finestrino, anche se l'unica cosa che poteva vedere era il suo riflesso. Una fitta di struggimento mi colpì profondamente, mentre lo fissavo. Era come se da mio guardiano e alleato si fosse trasformato, improvvisamente, nell'antagonista. Ma io lo sapevo perché faceva così. Lo conoscevo, ormai.
Per te non sono davvero una puttanella.
Gli dissi, telepaticamente. Notai la presa della sua mano intorno alla mascella saldarsi, fino a farsi sbiancare le nocche, segno che aveva sentito. Eppure, non rispose.
Mi dispiace. Vorrei che ci fosse un destino migliore, ma sappiamo entrambi che quello che c'è fra noi non è sano. Vorrei potesse finire meglio.
Stavolta le iridi color glicine si spostarono dal vetro a me, puntandomi dritto negli occhi con durezza.
Non ho bisogno della tua compassione.
Strinsi i denti. Non sapevo nemmeno io come dovessi comportarmi con lui: aveva ragione, la compassione era forse peggiore dell'insultarlo o voltargli le spalle. Eppure, non gli avevo mai promesso che saremmo stati insieme. E lo sapeva anche lui.
Almeno, potresti sforzarti di tirare su i tuoi scudi mentali. Credi che io voglia sentire in maniera così forte la tua gioia? O che voglia vedere i vostri siparietti porno?
Sgranai gli occhi, sentendo il calore diffondersi violentemente su tutta la mia faccia. Il dramma di avere la pelle così chiara, era che il rossore si notava fin troppo bene.
No. Non li ho visti. Ho imparato anche io come alzare i miei scudi, col tempo. E preferirei accecarmi piuttosto che assistere a voi due che fate sesso. Ma i sentimenti sono più difficili da tenere lontani. Perciò datti una mossa ad imparare e scherma la tua mente. Sono stufo di sentire cosa provi insieme a lui.
Mi morsi l'interno della guancia per non rispondergli male. «Avete l'aria di due che si stanno dicendo un sacco di cose con un semplice sguardo.» mi sussurrò Yul accanto, che non si era perso il duello di occhiate mute che stava avvenendo fra me e lo straeliano.
Ci proverò. E tu cerca di darti una regolata. Qualsiasi cosa ci sia dentro di te, non ti permette di comportarti da schifo con Yul.
Conclusi così la conversazione e mi voltai per affrontare il rosso, a cui accarezzai lentamente un braccio. «Sto cercando di risolvere.» bisbigliai, aggrottando la fronte. Avrei voluto poter parlare telepaticamente anche con Yul. Sarebbe stato molto più facile. Anche se, dovevo ammetterlo, certe volte non serviva farlo: quando vivevamo insieme, ci capitava di pensare alle stesse cose senza nemmeno dircelo, nonostante fossimo molto diversi.
«Quanto è forte il vostro... legame?» apostrofò con un fil di voce, serrando la mascella. Inghiottii a vuoto, facendo vagare lo sguardo all'interno della carrozza, fra Ezra che fissava il finestrino, Lyle che ci guardava di sottecchi e Qiana che lottava col pesante collier intorno alla gola. Dopo quella breve pausa, tornai ad affrontarlo.
«Gli capita di sentire quello che provo. E di... vedere quello che vedo io.» gracchiai l'ultima frase, quasi senza scandirla bene. Lo sguardo di Yul lampeggiò. Dopo il pugno che era volato, ora era l'ultimo momento decente per svelarglielo, ma era meglio cogliere un momento di calma, piuttosto che tenergli un segreto. Alaister aveva giocato proprio su quelli, per decretare la nostra rovina.
«Che cosa vuol dire?» scandì l'assassino, la voce bassa e lenta, ma i pugni stretti.
«Be', che spesso è come se fosse i miei occhi...» snocciolai, sorreggendo il suo sguardo con un'espressione che si faceva via via meno timorosa. Che diamine, non era certo colpa mia.
«Questo vuol dire che vede tutto quello che fai? Tipo... mentre ti fai il bagno?» brontolò. Per poco non scoppiai a ridere: la stava prendendo meglio di quanto pensassi. «Quel porco guardone! Adesso sì che voglio spaccargli la faccia.»
«Seriamente è questo che ti preoccupa?» sogghignai, scuotendo la testa. «Rilassati. Cerca di evitarlo e io cercherò di imparare un modo per tenerlo fuori dalla mia testa quando non serve.»
«Bene.» Lanciò un'occhiataccia in direzione di Ezra, che nonostante i bisbiglii doveva aver sentito quasi tutto. Eravamo nella stessa carrozza. E cosa più importante, era nella mia testa. «Non mi piace nemmeno che ci veda fare l'amore. Ma almeno, in quel caso, avrà ben chiaro a chi appartieni.»
Arrossii, prima di esclamare: «Ecco lo Yul che mi mancava, geloso e territoriale come un cane.» lo presi in giro, con un sorrisino impudente che lo spinse ad allargare le labbra nel suo solito ghigno da ragazzaccio.
«Sono i miei migliori difetti, gattino. E tu non dovresti mettere il dito nella piaga, altrimenti sai che cosa succede...» mormorò, fissandomi con uno sguardo malizioso che mi fece avvampare più forte. Prima che potessi rispondergli per le rime, la carrozza si fermò bruscamente. Affondai le dita nel divanetto per non cadere in avanti.
«Ci siamo.» esclamò Qiana, allisciandosi la gonna sulle gambe e drizzando il collo appesantito dall'acconciatura. Poi la portiera si spalancò e il mondo che ci era stato nascosto fino a qualche istante prima, ci invase.
Un valzer raffinato ed inquietante riverberava in quella che era un'ampia anticamera di granito rosso. Sembrava l'interno di una chiesa gotica, ma immersa in un alone scarlatto. Candele e rose nere costeggiavano il percorso verso doppie porte color cremisi. Uno alla volta uscimmo dalla carrozza, mentre molte altre si fermavano dietro alla nostra, che immediatamente ripartì quando anche l'ultimo di noi si fermò nell'androne. Dalle lunghe bifore gotiche, all'esterno, s'intravedeva una gigantesca luna rosso sangue.
Io e Yul ci lanciammo uno sguardo serio, ma complice, come quando conducevamo una missione insieme. Poi, iniziammo a camminare verso le porte. Al mio fianco subentrò Lyle, che mi si accostò molto vicino per sussurrarmi all'orecchio: «Io però voglio sapere chi ce l'ha più lungo!»
Avvampai violentemente, sobbalzando. «Lyle!» Alzò le mani in segno di innocenza, pur con un sorrisetto un po' frivolo, prima di ricominciare a camminare. Dietro di noi si era formata una discreta fila di invitati, che si guardavano intorno spaesati come se, anche loro, non avessero idea di quale festa li aspettasse. Senza perdere altro tempo, misi le mani sui battenti e li spalancai.
E rimasi a bocca aperta, stordito, muovendo i primi passi oltre la soglia. Dentro, c'era un'atmosfera che risucchiava, letteralmente, come se qualcosa di profondo mi attirasse. La musica non era chiassosa, ma perfettamente diffusa, riempiendo ogni angolo di quello che appariva come l'interno di un castello gotico scolpito nel granito. La luce rossa e dorata era soffusa ed irradiata da file di lampadari di cristallo e alti candelabri d'ottone.
Grandi tavoli fiancheggiavano le pareti altissime, imbanditi da composizioni di fiori e dalle pietanze più variegate, sistemati nelle forme più scenografiche, ma senza creare pacchianerie. Era come se tutto invogliasse a lasciarsi andare. Vicino ai tavoli c'era una gigantesca fontana a piani che zampillava vino rosso e molti si avvicinavano, riempiendosi i bicchieri e bevendo a volontà. Al centro della sala, invece, la pista da ballo era gremita di persone: danzavano e ballavano senza fermarsi. Alcune levitavano dal pavimento e piroettavano nell'aria, senza peso, altre semplicemente si contorcevano sul pavimento come serpenti, attorcigliandosi in una massa di corpi nudi e sinuosi.
Alcuni erano vestiti a festa, altri non indossavano proprio nulla: la maggior parte era appena uscita dalle numerose vasche piene di vino rosso che costeggiavano gli angoli della sala. A nessuno importava del pudore, anzi, c'erano ospiti che facevano sesso sotto gli occhi di tutti, in alcuni casi erano delle vere e proprie orge, dove il vino scorreva a fiumi come una cappa rossa che imbrattava i loro corpi. Quello non era un ballo.
Era un baccanale. Un posto dove l'anarchia totale si fondeva a quella patina di raffinatezza quasi sovrannaturale, con petali di rosa nera che scendevano a pioggia dall'alto e le candele che si spegnevano e si accendevano in fiammelle danzanti. Eppure, oltre al profumo persistente di rose che si sentiva nell'aria, c'era un altro odore che mi disturbava, un odore familiare.
«Questo ballo li batte tutti...» sussurrò Lyle, afferrando al volo un calice dal vassoio di un cameriere mascherato in frac nero. Si portò il bicchiere alle labbra e sorseggiò... Sputando tutto all'improvviso, con gli occhi sgranati, fissando il liquido dentro al calice, che adesso gli imbrattava le labbra di rosso. «Ma questo non è vino!» esclamò, inorridito. «Questo è...»
Mi ci volle un attimo per realizzarlo, quando vidi un cameriere trascinare una dama per i capelli e sgozzarla con le unghie affilate dentro alla piscina, facendo riversare ogni goccia di lei lì dentro. Poi, il corpo della donna si trasformò in una sfera di luce azzurrina - l'anima - che il cameriere afferrò e si cacciò in bocca, deglutendo.
«Sangue.» ansimai. Quella gente beveva sangue e mangiava anime. Anche nelle orge, c'erano persone con le labbra attaccate ai colli, o alle gambe, o ai polsi di povere vittime che sfoggiavano sorrisi inebetiti, anche se avevano zanne acuminate conficcate in corpo. Quello era un vespaio. Un covo di vipere affamate.
E noi c'eravamo caduti dentro.
In quel preciso istante, ogni singola persona all'interno del castello, a parte coloro che erano vittime di ciò che stava accadendo, si voltò a guardarci. Le candele tremarono, le luci si affievolirono e occhi rosso sangue splendettero nella penombra, mentre canini affilati e sporchi di sangue sorridevano verso di noi. Yul ed Ezra si pararono davanti a me nello stesso istante, mentre Lyle sussultava e Qiana indietreggiava.
Bᴇɴᴠᴇɴᴜᴛᴏ ɴᴇʟ ᴍɪᴏ ʀᴇɢɴᴏ, Hᴇʟɪᴀs Gʀᴇᴀɢᴏɪʀ.
Una voce, profonda quanto il boato di una tempesta, mi si conficcò nella testa come un pugnale. Tutti intorno a me si erano irrigiditi. Tutti l'avevano sentita, ognuno a modo proprio.
Qᴜɪ sᴇɪ ʟɪʙᴇʀᴏ ᴅɪ ᴇssᴇʀᴇ ᴄʜɪ sᴇɪ ᴅᴀᴠᴠᴇʀᴏ. Lᴀsᴄɪᴀᴛɪ ᴀɴᴅᴀʀᴇ, ᴀsᴄᴏʟᴛᴀ ʟᴀ ᴠᴏᴄᴇ ᴅᴇɴᴛʀᴏ ᴅɪ ᴛᴇ.
Mi sentii tremare le ginocchia, mentre abbandonavo il gruppo e cominciavo a camminare in mezzo alla folla, in mezzo alla gente. I vestiti erano diventati pesanti come macigni. Il cuore mi batteva violentemente dentro al petto e il calore mi scorreva sottopelle, come se al posto delle vene avessi fiamme pronte a scatenare un incendio.
Tᴜᴛᴛɪ ɪ ᴛᴜᴏɪ ᴅᴇsɪᴅᴇʀɪ ᴘᴏssᴏɴᴏ ᴅɪᴠᴇɴᴛᴀʀᴇ ʀᴇᴀʟɪ.
Mi sentii afferrare per il polso e, quando mi girai per affrontare chi fosse stato, mi ritrovai faccia a faccia con Yul. Sentii la tensione sciogliersi mentre il calore nel mio corpo aumentava. Mi sentivo soffocare. Mi slacciai furiosamente il fiocco intorno al collo, ma l'altra mano mi venne afferrata e, stavolta, era stato Ezra a stringermi il polso.
Tᴜᴛᴛᴏ ϙᴜᴇʟʟᴏ ᴄʜᴇ ᴠᴜᴏɪ ᴀsᴘᴇᴛᴛᴀ sᴏʟᴏ ᴛᴇ.
Yul si fiondò a baciarmi. Le sue labbra erano bollenti, come il mio corpo, e mi spinsero a schiudere la bocca per cercare meglio il tocco della sua lingua e il suo inconfondibile sapore di menta e caramello. Sentii le dita di Ezra strapparmi via di dosso il panciotto, farmi saltare i bottoni della camicia, mentre abbassava il tessuto e mi leccava il collo, succhiando la pelle sensibile.
«No... No, non è... giusto...» mugolai, inarcando il collo per cercare di liberarmi dalle attenzioni di entrambi. C'era qualcosa che non andava. Qualcosa di sbagliato. Non riuscivo a controllarmi. Non riuscivo a pensare.
Cʜɪ ᴅᴇғɪɴɪsᴄᴇ ᴄᴏsᴀ ᴇ̀ sʙᴀɢʟɪᴀᴛᴏ﹖Tɪ ᴠᴏɢʟɪᴏɴᴏ ᴇɴᴛʀᴀᴍʙɪ. Vᴜᴏɪ ᴅᴀᴠᴠᴇʀᴏ ɴᴇɢᴀʀɢʟɪᴇʟᴏ﹖
I pensieri mi si ingarbugliarono a tal punto che avevo la guerra in testa. Le loro mani, diverse eppure familiari per me, ripresero ad accarezzarmi. Erano come presi da una frenesia e una smania improvvisa, come se avessero smesso di controllarsi... Ed era esattamente come mi sentivo io.
«No- è sbagliato...» sospirai, cercando di sottrarmi al dolce languore di quattro mani che mi spogliavano. Con la coda dell'occhio, notai che Lyle si stava allontanando, con lo sguardo perso nel vuoto come se cercasse qualcosa. O qualcuno. E invece Qiana si era intrufolata nella folla ballerina e danzava come una folle. Io, Ezra e Yul, stesi sul pavimento, avevamo smesso di esistere per chiunque altro che non fossimo solo noi.
Sɪ̀, ᴇsᴀᴛᴛᴏ. Cɪ sɪᴇᴛᴇ sᴏʟᴏ ᴠᴏɪ... Lᴀsᴄɪᴀᴛᴇᴠɪ ᴀɴᴅᴀʀᴇ.
Ezra mi strappò la camicia di dosso, mentre Yul mi strattonava via i pantaloni, entrambi concentrati su di me con uno sguardo bramoso, lussurioso e famelico. Famelico come se fossi un pezzo di carne da sbranare e loro fossero digiuni da mesi. Si spogliarono alla velocità della luce, bisognosi di sentire la pelle nuda a contatto con la mia, e mentre lo straeliano mi strappava un bacio che sapeva di frutti di bosco, il rosso mi aprì le cosce e vi si insinuò in mezzo, lappando avidamente l'interno coscia. Brividi elettrici mi scossero dalla testa ai piedi.
Lᴀsᴄɪᴀᴛɪ ᴀɴᴅᴀʀᴇ...
Inarcai la schiena, lasciando che Ezra catturasse fra i denti i miei capezzoli, proprio mentre Yul mi separava le natiche, allargando con le dita di una mano il mio cerchietto di muscoli per insinuare la sua lingua dentro di me, ed usando l'altra per muovere l'erezione che mi si drizzava fra le gambe. Gettai la testa all'indietro, roteando gli occhi dentro al cranio, caduto vittima di quel piacere.
Gemetti incontrollabilmente, con la musica che si fondeva ai miei mugolii, ma i miei divennero ansimi di dolore quando i denti di Ezra andarono più a fondo del previsto e le dita di Yul mi serrarono con una forza esagerata il membro. «Mi... fate male...» biascicai, picchiando un pugno sulla spalla del mio guardiano e agitando il bacino. Ricevetti, in risposta, un ringhio basso da parte di entrambi. Minaccioso. Sbatacchiai le palpebre, confuso dai fumi di quel desiderio malvagio, come lo erano loro.
Non riuscii neanche a liberarmi quando mi ruotarono a quattro zampe sul pavimento. Il cuore batté più forte, mentre il rossore si diffondeva sul corpo e quel pensiero latente, ormai lontano, poco più che un'ombra in fondo alla mia mente - è sbagliato - si sostituiva al bisogno di lasciarmi andare, di conformarmi a quel luogo. Lussuria. Desiderio. Brama. Atavico, ancestrale bisogno di corpi contro il mio. Subito.
Yul mi afferrò per i fianchi e, con un unico movimento, mi spinse contro di lui, affondando dentro di me fino all'elsa. «AHH!» urlai, per via della brutalità improvvisa e del piacere inaspettato che mi provocò quel gesto. Ezra mi afferrò per i capelli e, approfittando del fatto che avessi le labbra spalancate in quel gemito, mi riempì la bocca col suo sesso. «Mphf-»
La sua stretta sui miei riccioli divenne violenta, mentre le spinte di Yul erano martellanti. Si muovevano entrambi allo stesso ritmo, come se fosse una gara, se fra loro o se con se stessi, difficile dirlo. Ma entrambi avevano la mente offuscata ed io ero preda di quel bisogno soverchiante di lasciare che facessero di me tutto quello che volevano, mentre il piacere aumentava. Mi aggrappai ai fianchi di Ezra, tutto il corpo tremante per i movimenti di Yul. Ero completamente perso in quel mare offuscante di concupiscenza.
E poi lo sentii.
Il dolore. Sgranai gli occhi, all'improvviso, come se mi fossi appena risvegliato da un sogno folle e lunghissimo. Affondai le unghie nel corpo di Ezra, mordendolo appena, quel tanto perché si allontanasse da me e mi liberasse il viso, con un ringhio basso e cattivo. Scalciai e mi divincolai violentemente, roteando su me stesso, usando tutto il corpo, pur di liberarmi dalla presa di Yul.
Qiana, che aveva abbandonato i suoi buoni propositi di divertirsi in mezzo alla folla e ora era insieme a noi, mentre mi lasciavo vincere dalla lussuria, ne aveva approfittato. Con una posata - un coltello d'oro - stretto nel pugno, aveva cercato di tagliarmi via la mano dentro cui avevo i frammenti della spada. Il mio polso gocciolava copiosamente sangue e la sua lama, per quanto smussata, mi aveva raggiunto l'osso. Sembrava impazzita anche lei e ora tutti e tre - Ezra, Yul e la sorella di Alaister - mi circondavano con l'aria di chi era pronto ad assalirmi ancora, pur di avere ciò che desideravano.
Dovevo fuggire e trovare un modo per risvegliarli.
Prono sul pavimento, rotolai in uno spiraglio fra le loro gambe ed iniziai a correre. Il mio sangue gocciolava dappertutto, ma nella fuga ero riuscito ad acciuffare i pantaloni e adesso me li stavo infilando in fretta e furia, mentre mi immergevo nella pista da ballo e cercavo di far perdere le mie tracce. Quelli che erano i miei alleati, adesso erano diventati i miei nemici. Fino a che punto quel posto giocava con la testa delle persone?
Angosciato, sfrecciai a spallate fra quei mostri affamati di sangue, urtando camerieri ed inciampando in persone stravaccate sul pavimento con le bocche piene di sangue, sazie di linfa vitale umana. Che schifo. I miei piedi scalzi slittarono su una pozza cremisi e per poco non scivolai. Per poco.
A salvarmi furono un paio di braccia che mi avvilupparono alle spalle. Mi sentii stringere il torace con una forza sovrumana, mentre un volto s'infilava nella curva del mio collo e un alito che profumava di rose e puzzava di sangue mi solleticava l'orecchio.
«Chi muore si rivede...» sussurrò, accarezzandomi il petto nudo con le dita gelate, mentre il mio cuore si pietrificava. «La mia preda tanto bella, tutta zucchero e cannella. Eccoti qua!»
Il conte Alucard rise sguaiatamente mentre io, invece, capii di essere in un mare di guai.
❖ ❖ ❖
*NDA - Un angolo troppo frenetico, cavoli!*
Hola a tutti!
Che dire, è una settimana intera che cercavo di scrivere e aggiornare e non avevo mai materialmente tempo per farlo, ultimamente mi trovo oberata di impegni. Un vero dramma, per me! Ma sono contenta di avercela fatta! Ho cacciato fuori un capitolo particolarmente lungo e particolarmente intenso, che spero vi sia piaciuto... E non vedevo l'ora che arrivasse. Sono curiosa di sapere se siete tutti schierati con Yul o se c'è qualcuno che preferisce che Helias stia con Ezra. Ricordo ancora quando nel prequel c'era qualcuno che tifava, tutto sommato, per Alaister. E qui si aprono le diatribe xD a parte ciò, pronti per il grande ritorno di Alucard? Eheh. Concludo dicendo che ci stiamo progressivamente avvicinando alla fine... Quindi tenetevi forte!
Alla prossima ~
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