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35. L'Assassino e i segreti svelati


«Questo è l'amore: donare tutto,
sacrificare tutto senza aspettarsi niente in cambio.»
- Albert Camus


Sfavillo. Schiavo. Fuggiasco. Re dei Pirati. Figlio del Redivivo. Principe di Astrea.

Una sibilante litania di tutti i miei nomi e i miei epiteti mi strisciò nelle orecchie, mentre mi chiedevo se uno solo di quei titoli mi rappresentasse veramente. Perfino "Helias Bloomwood" non era la verità, ma un altro accessorio che abbelliva le bugie in cui avevo creduto per anni.

La prima risposta che mi venne in mente fu semplice, semplice quanto il blu negli occhi dell'uomo che avevo ritrovato, semplice come i miei desideri.

Qualcuno che ama fino alla morte, e anche oltre.

Ricordai il momento - e mi sembrò lontanissimo nel tempo, ma non lo era - in cui mi ero rifugiato nella casetta di una ribelle, poco dopo essere fuggito da Ender. Avevo raccontato a quella donna che avevo perso ogni cosa e avevo creduto che non avrei mai più rivisto Yul. Ancora non sapevo di poter raggiungere l'Oltretomba e, anche se tutto pareva perduto, avevo visto le stelle e su due piedi avevo accettato di sopravvivere. Perché potevo sempre usare la mia vita come un mezzo per vendicarmi, anche se dentro di me brulicava un minuscolo spiraglio di speranza.

Adesso, quale che fosse il mio nome, il mio passato o il sangue che scorreva nelle mie vene, avevo capito che la mia speranza era stata ben riposta. E dentro di me non c'era solo quella, ma il desiderio di ascoltare i sogni che avevo avuto troppa paura di assecondare, terrorizzato che credere alla felicità potesse di nuovo portare alla rovina.

Invece, guardando le labbra del rosso, piegate in un sorriso, tutti quei sogni ritornavano a galla. Sogni di giustizia e di pace, del corpo di Yul premuto contro il mio, del matrimonio a cui avevo assistito nella visione che Lyle mi aveva mostrato, della casa che, chissà come e chissà quando, io e Yul avremmo potuto condividere. E dei cambiamenti che avremmo visto - e provocato - nel Continente Magico.

«Credo che non mi riabituerò mai alla tua brutta faccia da schiaffi.» esclamai, spingendo un dito nella fossetta che si stava disegnando sulla sua guancia. Mi afferrò la mano per tenerla ferma e mi mordicchiò il polpastrello, con un sorriso da stregatto.

«Nemmeno io al tuo culetto rosa.» sghignazzò, mentre io avvampavo e alzavo gli occhi al cielo. «Non ti preoccupare, alla mia faccia ti ci farò addirittura annoiare.» continuò, baciandomi il palmo della mano, lasciando che l'espressione sardonica facesse un passo indietro davanti alla dolcezza e alla devozione nei suoi occhi.

«Questo è impossibile.» risposi, imbarazzato per la mia sincerità ma emozionato al tempo stesso. Dopo aver passato un anno intero nella convinzione delirante che fosse ad Ender con me - qualcosa che non gli avrei mai rivelato - e dopo aver passato l'anno successivo ad inseguire la speranza quasi impossibile di riaverlo con me, adesso che c'ero riuscito, sapevo che non mi sarei mai stancato di averlo accanto.

Avrei sacrificato ogni cosa pur di non essere mai più diviso da lui. Se un tempo sapevo di volere una vita agiata, credendo di avere il lusso di poter pretendere tutto ciò che volevo, adesso sapevo che l'unica cosa di cui avevo realmente bisogno era la sua presenza.

E se il mondo, in futuro, non ce l'avrebbe permesso, al diavolo, avrei fatto in modo che lo facesse.

«A cosa stai pensando così intensamente?» sussurrò, la voce bassa e profonda esattamente come la ricordavo, capace di riempire una stanza, non per austerità, di quella non ne aveva nemmeno un grammo, ma per il fatto che fosse così pieno di animo, di personalità, un uomo assolutamente vibrante di vita, con la sua dannata arroganza e i suoi sorrisi beffardi.

Gli poggiai una mano sul cuore, sfiorandogli lentamente la pelle. «Al fatto che noi siamo l'inizio.» Abbassò il viso, posando la mano proprio sulla mia, entrambe allineate sul petto per udire il suo rassicurante palpitare.

«L'inizio di cosa?»

«L'inizio di tutto.» Scossi la testa, come se non riuscissi a trovare le parole per spiegarmi. «Immagina se non ci fossimo mai incontrati. Probabilmente tu saresti ancora...» lasciai in sospeso la frase e Yul aggrottò la fronte, come se avesse intuito un senso di colpa latente dentro di me, aprendo le labbra per protestare. Mi affrettai a scuotere la testa, di nuovo. «Quello che intendo dire è che, se le cose fossero andate diversamente, io non sarei qui. Nell'Oltretomba.»

Quale pazzo avrebbe accettato di scendere nell'Aldilà per recuperare un'arma con cui affrontare, una volta fuori, un mostro? Un martire, oppure un eroe. Io non ero decisamente nessuno dei due. L'unico motivo per cui mi ero imbarcato in un'impresa simile era ritrovare Yul. Adesso che avevo raggiunto il mio obiettivo, cambiava tutto. «E invece ci sono e ho intenzione di andare avanti fino in fondo. Recuperare la spada, uccidere il Re di Darlan. Una parte di me vorrebbe solo lasciar perdere tutto quanto e trovare un posto lontano dove poter stare insieme a te.»

Mi strinse la mano più intensamente. «Ma nessun posto sarebbe al sicuro finché lui esiste. Voglio portare a termine quest'impresa e non per Astrea.» Conoscevo a malapena quel popolo, quella gente: salvarli era il sogno di mia madre, non il mio. «Per vendicare mia madre, in buona parte. Ma soprattutto per noi. Per una questione di giustizia. Dopo tutto il male che ci hanno fatto, ci meritiamo un po' di pace.»

«Più che un po'.» rispose, con un sorrisetto. Ci meritavamo di essere felici. «E quindi, noi siamo l'inizio.» ripeté, come se avesse capito.

«Sì. Il Re ha ucciso mia madre e Alaister ha ucciso te. E' cominciata con noi e la faremo finire.» Avrei cacciato a calci in culo il Redivivo da dov'era venuto, se fosse stato necessario, e mi sarei ripreso Darlan.

«Qualsiasi cosa succederà, sarò vicino a te.» rispose il rosso, che aveva spostato la mano e aveva allineato il palmo sul mio, di petto. Era come se, sentendo il reciproco battito, avessimo appena suggellato un'altra promessa.

«Stai facendo parecchie promesse, Pevensie. Dovrai impegnarti a mantenerle.» dissi con un'espressione impudente, puntellandogli il torace con un dito. Storse le labbra in una smorfia falsamente preoccupata.

«Diciamo che, se non manterrò la mia parola, potrai impartirmi la penitenza che preferisci...» ridacchiò, curvandosi sopra di me per sfiorarmi il naso col suo, senza far toccare le nostre labbra, però.

«Ah, così mi piace.» sbuffai una risatina che gli solleticò la bocca carnosa e restai così, vicino a lui, fronte contro fronte ancora per un po', prima di capire che non avrei potuto restare nella sua camera da letto per sempre. Schioccai la lingua. «C'è una cosa che mi tormenta, Yul.» Alzò un sopracciglio. «Perché cancellarti i ricordi e trasformarti proprio in Alaister? Insomma, immagino che non sia stato l'unico imperatore del Feng Du. E' una casualità troppo assurda.» La persona che amavo nascosta dietro la faccia della persona che odiavo. Che ironia.

Si raddrizzò, incrociando le braccia contro al petto per rifletterci. «Non così assurda, in realtà. Anzi, credo ci siano fin troppi motivi.» Assottigliò le palpebre, irritato. «Intanto, farmi il lavaggio del cervello e trasformarmi in qualcun altro ha fatto di me una pedina facile da manovrare. Ogni giorno mi guardavo allo specchio e sentivo che c'era qualcosa di strano... Ero alienato.» Serrò la mascella. «Non sapevo niente di me stesso, l'unico scopo della mia esistenza era governare. Dipendevo totalmente dalla mia consigliera.»

La sua consigliera? Uno strano presentimento si fece largo dentro di me, ma non dissi nulla. «Farmi diventare Alaister è stata una scelta strategica. Hēi era un imperatore venerato dalla sua gente, più di qualsiasi altro. Eppure se n'è andato. Li ha traditi e ha sacrificato molte delle loro anime per scappare. Ecco perché quando sono uscito vittorioso dal labirinto, la maggior parte ha pensato che fossi lui, tornato per redimersi e per riprendere a governare lì dove Hēi aveva lasciato. Altri, hanno creduto che fosse un segno del destino.»

Si strinse nelle spalle. «E' stato tutto per raccogliere consensi e, al tempo stesso, per non darmi vie d'uscita. Non appena mi fossi ricordato chi ero, l'incantesimo si sarebbe spezzato. Non sarei più stato Hēi e non sarei più stato la marionetta di nessuno. Ma avrei perso il mio status di Imperatore. Un'altra ragione per cui non posso rimanere qui. Come pensi che reagirebbero i fanatici del Feng Du che mi venerano, scoprendo che sono un impostore?»

«Cazzo...» sussurrai.

«Già, cazzo è un'ottima risposta.» replicò, con un ghigno sardonico. Tuttavia, avevo ancora l'impressione che ci stesse sfuggendo qualcosa. Una ragione più importante, più grossa. Ma cosa?

Sospirai. «Adesso che non sei più l'imperatore, dovremmo sbrigarci a recuperare subito la tua maschera. Se la volpe aveva ragione, è il frammento di spada che sto cercando.» Stropicciai le labbra in una smorfia. «Speriamo solo non abbia fatto la spia con qualcuno.»

Il piccolo negoziante mi aveva suggerito degli indizi, perciò sapeva che Yul fosse nascosto da un incantesimo. Forse era stata proprio la volpe a fornire il veleno per cancellargli la memoria, vista tutta la roba che aveva nel suo emporio. E, ora che sapeva che io ero l'amante di Yul - come ero stato costretto a dirgli - poteva anche immaginare che avessi spezzato l'incantesimo.

Il rosso si alzò dal letto, allacciandosi in fretta il kimono che indossava. «Penso che potrebbe averlo fatto, invece. Diamoci una mossa.» In men che non si dica mi infilai i pantaloni e il changshan di seta rossa, chiudendo i bottoncini e saltandone alcuni mentre seguivo Yul, che stava aprendo una delle porte scorrevoli fatte di legno e carta di riso dipinta.

«Dove stiamo andando?» domandai, seguendolo mentre lui procedeva a falcate rapide: il suo corpo era agile e possente, ma quasi non lo si udiva quando camminava, esattamente come ricordavo. Incantesimo o meno, era rimasto l'abile assassino che ricordavo.

«Nella sala della maschera. E' un oggetto molto potente, perciò l'ho sempre tenuta vicino a me.» Aprì altre porte a scorrimento, che scattavano con un rumore chiaro di legno contro legno.

«Potente?»

«Quando la indosso divento molto più forte e più veloce.» spiegò sbrigativamente, spalancando l'ultima porta. Solcammo l'ingresso di una grande sala in penombra, con i tatami sgombri e le pareti rosso sangue intessute con disegni d'oro di mostri con corna lunghissime. Non c'era niente, solo un piedistallo al centro della stanza, che si supponeva dovesse reggere la maschera.

Ed invece era vuoto.

Yul imprecò rumorosamente e il mio stomaco si impietrì. Esattamente nello stesso momento, una donna uscì dall'ombra. Aveva i capelli scuri legati in due chignon ai lati della testa, occhi verdi allungati da kajal nero, sonagli dorati legati alle caviglie e un cheongsam di seta borgogna aderentissimo, lungo fino a metà coscia, con le maniche a campana che le nascondevano le braccia.

«Cercavate questa?» Curvò le labbra dipinte di rosso in un sorriso scaltro, alzando una mano per mostrarci la grossa maschera di cui si era appropriata: non sembrava fatta di semplice ceramica. Era scarlatta e luminescente, quasi fosse una cosa viva.

«Herminia...» ringhiò Yul, con il volto contorto in un'espressione di pura furia. «Brutta stronza manipolatrice!» Fece un passo avanti, già pronto a caricarla con i peggior intenti possibili, ma lei si posò la maschera sul viso e lo caricò a sua volta.

Fu lo scontro più veloce che avessi mai visto: bastò che Herminia lo toccasse, spintonandolo appena, per scagliarlo all'indietro con una forza sovrumana. Il peso del corpo di Yul sfondò ben due porte e il rosso si alzò con un ringhio fra i detriti di legno e carta. «Proprio nel tuo stile. Prima carichi, poi fai le domande.» disse lei, con la voce grottesca distorta dalla magia della maschera, schioccando la lingua. Ero rimasto immobile per la sorpresa, ma quel suono mi ridestò molto in fretta.

Anche se ero disarmato, avevo passato l'ultimo mese ad allenarmi come un pazzo nell'Arena del Tartaro. Non mi sarei fatto battere da una tizia mascherata qualsiasi.

Eppure, non appena mi parai davanti a lei, un mancamento improvviso mi aggredì le tempie e un dolore pulsante mi colse impreparato lì dove avevo i frammenti d'osso della spada, dentro alla mano. Il dolore fu lancinante, al punto che caddi sulle ginocchia, ai suoi piedi.

«Ah, lui deve essere la ragione per cui hai frequentato tutti quei concubini biondi...» ridacchiò, alzandosi la maschera sul capo per rivelare la faccia. Teneva una mano nascosta dietro la schiena, ma con l'altra mi sollevò il mento per analizzarmi. Concubini biondi?

«Non lo toccare, bastarda!» sibilò Yul, che si era rialzato e stava tornando da noi molto velocemente. Ma la sua minaccia non servì: quando mi sfiorò, un brivido elettrico attraversò entrambi. Lei stessa fece un balzo indietro, mentre io stringevo i denti per soffocare un lamento di dolore. Il palmo della mano faceva male. Malissimo.

Era come se qualcuno stesse scavando nella mia carne con un coltello pieno di sale e il fatto di non capirne la ragione mi frustrava ancora più del dolore stesso. Mi sforzai per alzarmi in piedi, a denti stretti, ma Herminia sfoderò la katana che aveva al fianco e me la puntò alla gola, pur restando a distanza di un passo da me, quasi avesse avvertito anche lei qualcosa di strano e non volesse starmi troppo vicino.

«Non fare un altro passo, Yul.» minacciò, tenendolo sott'occhio mentre io la squadravo con un intento omicida tutt'altro che celato. Se pensava di poter fare di me un ostaggio, si sbagliava di grosso. «Oppure sgozzo il tuo fidanzatino come un maiale.» Rimasi immobile, aprendo e chiudendo la mano, col dolore che si diffondeva dal palmo al braccio, fino a colmare tutto il resto del corpo.

Il rosso non era nel mio campo visivo, ma sapevo che si stava trattenendo a stento dal fare la ragazza a pezzettini. «Se volevi così tanto la maschera, perché cazzo non sei diventata tu l'imperatrice, invece di rompere le palle a me, eh?!» Mentre loro parlavano, io portai molto lentamente la mano dolorante sul polso, sui braccialetti magici che lo ingioiellavano.

«E sfidare il labirinto del Feng Du senza nessuna garanzia di vittoria? Ci tengo alla mia seconda vita.» Emise una risata sprezzante. «Inoltre, pensaci, non c'è miglior capro espiatorio per il furto della maschera di "Hēi il traditore"!» Rise, mentre il rosso imprecava. «E poi dovevi essere tu.»

«Perché?! Perché io? E perché Hēi?»

L'altra assottigliò lo sguardo e strinse le labbra. Parve infastidita e, al tempo stesso, combattuta. «Proprio perché tu gli somigli.» Un silenzio sgomento seguì quella frase, mentre sia io che Yul valutavamo quella frase come un insulto: Yul somigliare ad Alaister? In nessun modo possibile. «Avete lo stesso modo di combattere. Lo stesso modo di camminare e di muovervi.» Oh, in quel modo. Allora, aveva senso: Alaister aveva allenato Yul così come aveva allenato me. Era logico che avesse gli stessi movimenti del suo mentore.

Avendo sentito abbastanza, l'assassino fece un passo avanti. Di riflesso, Herminia appoggiò più a fondo la lama sul mio collo. Fu quello il segnale che mi servì per agire: ruotai la perlina del braccialetto e divenni invisibile. Sopportando il dolore e sfruttando la sorpresa di entrambi, le girai attorno e le piantai un calcio in mezzo alla schiena. Caracollò in avanti, stesa lungo il tatami. Accaddero due cose nello stesso momento: la maschera le volò dal capo e scivolò sul pavimento, mentre il braccio nascosto rivelò una mano posticcia, che quando batté a terra si crepò, come fosse di un tipo di ceramica particolare.

Yul si affrettò a prendere la maschera, mentre io piantavo sulla schiena della bruna un piede per tenerla immobile ed impedirle di alzarsi. Anche se i miei occhi erano incollati sulla mano finta. "Presta attenzione ai dettagli" mi sembrò di udirlo di nuovo.

«Solo perché sono il fidanzatino di Yul non dovresti sottovalutarmi.» la citai con un sibilo, osservandola dall'alto con uno sguardo gelido. Il solo pensiero che questa donna avesse usato l'uomo che amavo così tanto a lungo, che lo avesse manipolato, che mi avesse cancellato dalla sua memoria, mi riempiva dall'urgenza di vedere il suo sangue scorrere.

Il rosso, che si era infilato la maschera sul capo e ora le mostrava un ghigno spietato, si inginocchiò di fronte a lei. «Ora, Herminia, dammi un buon motivo per non ucciderti.»

La ragazza si divincolò sotto la mia scarpa, battendo i pugni sul tatami, ma quando comprese che non aveva via d'uscita decise finalmente di vuotare il sacco. «Tutto quello che ho fatto, è stato solo per Hēi! Sapevo che trasformarti in lui era una cosa stupida, ma avevo l'impressione che fosse l'unico modo per averlo di nuovo indietro. Lo so che è stato sbagliato, ma sono sempre disposta a sacrificare ogni cosa per mio fratello. Anche te, se necessario.»

Feci un passo indietro, di colpo, intontito. Herminia scattò in piedi ed iniziò a correre verso le porte precedentemente sfondate da Yul. «Perché l'hai lasciata andare?!» chiese lui, scioccato, mentre quella che era la sua consigliera fuggiva e io le fissavo la schiena con le labbra spalancate.

Finalmente, quella consapevolezza mi raggiunse, forte come se un fulmine mi avesse colpito. E, insieme alla comprensione, scomparve il dolore alla mano. Tutto perché avevo capito.

Hēi era il fratello di Herminia. Ovvero, Alaister era il fratello di Herminia. Alaister Noir, il Re degli Assassini, Hēi... Mi ero chiesto, prima di capire tutto, come fosse morto e perché fosse scappato dal Feng Du, visto che era un Imperatore, solo per finire a fare il capo criminale a Skys Hollow. Non era controproducente? Perché perdere gloria e potere, per fare il galoppino del Redivivo? "Alaister in realtà è morto."

Avevo interpretato nel modo sbagliato quella frase. Non era semplicemente un abitante dell'Oltretomba. Alaister era morto da molto prima di entrare nell'Oltretomba. L'avevo visto all'opera nella visione in cui Astrea che veniva distrutta, nei panni del Cavaliere del Re, vestito con un'armatura di ossidiana nera, mentre uccideva Mel, la guardiana di mia madre. All'epoca, quello stile di combattimento mi era sembrato familiare, ma non avevo afferrato subito che fosse lui.

E lo avevo visto anche nei panni di un ragazzo impaurito. Un ragazzo dagli occhi d'oro e la chioma corvina, al fianco della sorella gemella, quella che si era tagliata la mano e l'aveva data a lui per salvarlo. Alaister e Herminia erano i due gemelli della mia visione. Erano Yaakov e Qiana. E Alaister era stato una persona buona, un tempo, prima di venir corrotto definitivamente dal Redivivo. Ma mi rifiutavo di vedere in lui una vittima. Se c'era del buono, chissà quanti secoli prima, ormai doveva essere scomparso del tutto.

Ma forse, sua sorella ci aveva sperato fino all'ultimo. «Fermati, Qiana!» gridai. In effetti, la ragazza smise di scappare e si fermò. Anzi, si congelò. Quando si girò a guardarmi, la sua immagine s'infranse verso il suolo come l'acqua di una cascata e l'incantesimo - lo stesso usato su Yul - si spezzò. La ragazza, con i capelli neri e gli occhi gialli, la pupilla sottile e lineamenti raffinati, simili in maniera impressionante a quelli di Alaister, mi squadrò totalmente sbigottita.

«Che diavolo...?» sussurrò Yul, ma io continuai a parlare.

«Ti sei nascosta perché potessi stare con lui, vero? Mentre Hēi governava. Hai celato il tuo vero aspetto e il tuo nome, sperando che lui cambiasse, che tornasse buono... Che fosse dalla tua parte.» Scossi la testa. Tutte le orribili visioni che avevo ricevuto mi avevano fatto percepire la sua sofferenza. Mi era perfino apparsa nel Regno del Caos e avevo creduto che fosse il suo fantasma venuto ad aiutarmi... Invece, probabilmente, era un residuo della sua magia. Che mi chiamava. Per la stessa ragione per cui la mano mi aveva fatto male: i frammenti di spada avevano riconosciuto la loro creatrice, prima che lo facessi io.

«Yaakov non cambierà mai. Sai che è per colpa sua se Yul è morto? E' come se lo avesse ucciso lui.» Rimase ancora in silenzio, troppo scioccata per parlare, mentre io mi avvicinavo con lentezza, come ci si approccia ad un animale ferito. E gli animali feriti erano i più pericolosi. «Noi lo conosciamo con il nome di Alaister Noir, un uomo spietato che ci ha allenato per diventare assassini. Per diventare delle marionette.» Esattamente come lei aveva fatto con Yul nel Feng Du. Forse non erano così diversi.

«Perché le stai dicendo tutte queste cose?! Cosa sta succedendo?» mi sussurrò concitato Yul, nell'orecchio.

«Come sai chi sono io...? Come sai chi è mio fratello?» esclamò, scossa nel profondo.

«Lo so, perché sto facendo la stessa cosa che vuoi fare tu.» Alzai la mano dentro cui si era infilati tutti i frammenti. «Sto cercando di ricomporre la tua spada. E' per questo che vuoi la maschera, vero? Vuoi rimettere insieme i frammenti, uccidere il Redivivo e riprenderti tuo fratello.»

Squittì un verso turbato, facendomi intuire che ci avevo preso in pieno. «Non hai risposto alla domanda. Come sai di me e Yaakov? Chi sei?»

«Helias Greagoir. Il principe di Astrea.» Mi appoggiai le mani sui fianchi. «E il figlio del tuo nemico.»

Qiana era a conoscenza della profezia, ma non immaginava che fossi proprio io il famoso figlio destinato - chissà quanti secoli dopo - ad uccidere il Redivivo. A quel punto, il suo piano di scappare dall'Oltretomba dopo aver recuperato i frammenti della spada erano andati in fumo: li avevo già trovati quasi tutti io. E non poteva sperare di rubarmeli, visto che la mia mano li aveva inghiottiti e neanche io sapevo come farli uscire.

In altre parole, Qiana non aveva scelta: o restava per sempre a marcire nel Feng Du, o veniva con noi e collaborava. In fondo, era stata lei a forgiare la spada, mi sarebbe stata utile. Dall'altro lato, noi le eravamo preziosi. Voleva che il Redivivo morisse almeno quanto lo volevo io. E desiderava tornare nel mondo dei vivi perché era ancora convinta di poter cambiare suo fratello. Era evidente che conoscessimo due Alaister diversi.

Il suo era un fratello affezionato, che aveva scelto di immolarsi ad un mostro per salvarla e ne era venuto fuori completamente cambiato, nella maniera peggiore possibile. Il mio, cattivo, lo era sempre stato. Freddo, calcolatore e spietato. Aveva sempre agito per conto del Re.

"Provo qualcosa per te. Qualcosa di vero."

Mi aveva svelato una volta. Dubitavo, alla luce delle nuove scoperte, che niente di tutto quello che mi aveva detto fosse autentico. Ogni parola doveva essere centellinata dietro la sua recita di capo. Stronzo. Eppure, era sconvolgente sapere che Alaister facesse parte del mio stesso popolo. Di quello di mia madre. Alaister: uno straeliano che un tempo aveva amato qualcuno. Facevo fatica ad accettarlo.

Ovviamente, avevo raccontato a Yul gli ultimi tasselli mancanti delle mie avventure: di Yaakov e Qiana e delle mie visioni. Non era per niente d'accordo col farla unire al gruppo, visto il modo in cui l'aveva raggirato e usato, ma stava cercando di scendere a patti con l'idea. Intanto, avevo anche cercato di avvisare Ezrael, dicendogli che avevo un mucchio di cose da raccontargli, e la sua risposta era stata breve e concisa.

Non serve. Ho visto tutto.

Fine delle comunicazioni. Avevo la sensazione che quel tutto comprendesse un po' più delle semplici informazioni che avevo da dirgli, ma ebbi modo di scoprirlo solo dopo, quando ci ritrovammo insieme, tutti e cinque, in una sorta di "riunione strategica" che era più un'assemblea al limite dell'assurdo.

La terrazza era incantevole: con ampie ringhiere laccate di rosso che affacciavano sul panorama delle pagode e del tramonto. Il giardino zen all'interno aveva imponenti ciliegi in fiore e il tavolo rettangolare a cui eravamo seduti si trovava al centro di un piccolo isolotto dentro ad un lago di carpe. Per arrivarci bastava superare il ponticello d'oro. Io e Yul ci eravamo seduti vicini e nei due posti di fronte a noi si erano accomodati Lyle ed Ezra, con Qiana a capotavola.

Lyle si era sinceramente commosso nel rivedere Yul, ma adesso l'atmosfera non era più tanto gioiosa, nonostante la dolce pioggia di petali rosa che ci cadeva addosso e il profumo fragrante delle pietanze che erano state servite apposta per me ed Ezra, gli unici che avevano realmente bisogno di nutrirsi. Ogni volta che un servitore entrava, Yul si abbassava la maschera per nascondere la faccia, motivo per cui non avevo ancora preso il frammento: finché non avremmo lasciato il Feng Du, era meglio che Yul fingesse di essere l'Imperatore a tutti gli effetti.

Sotto al tavolo ci tenevamo segretamente la mano, come due amanti clandestini, scambiandoci ogni tanto sguardi fugaci. La situazione, però, era piuttosto tesa: Ezra guardava Yul come se fosse il nemico, Yul guardava sia Ezra che Qiana come se fossero i nemici, Qiana guardava me come se si aspettasse di vedermi spuntare le corna e Lyle sembrava angosciato dalla somiglianza che la donna aveva con Alaister.

Cercai di rompere il ghiaccio: «Pensavo che gli straeliani avessero tutti gli occhi viola.» esordii, in riferimento allo sguardo dorato della ragazza.

«Che strano pensiero. Gli Occhi Viola sono solo una fra le tribù di Astrea.» spiegò lei, scrollando le spalle.

«L'unica da tanto tempo.» intervenne Ezra. «Le altre tribù si sono estinte.» Mi impietrii. Qiana veniva da un'epoca in cui la mia gente era sacrificata al Redivivo. L'idea che fossero stati tutti mangiati mi faceva venire la pelle d'oca. La corvina non disse una parola e il silenzio tornò al tavolo.

Tagliai rumorosamente la coscia di pollo alle mandorle nel mio piatto e il suono della posata contro la ceramica emise un orribile stridore. Aprii la bocca per tentare con un argomento più attinente alla nostra missione, ma purtroppo Yul mi precedette. «Allora, Elfo di Natale...» Elfo di Natale. Non potevo credere l'avesse detto veramente. «Helias mi ha parlato di un certo legame magico fra voi due. Com'è che funziona, esattamente?»

«Come mi hai chiamato?» sibilò il mio guardiano, a denti stretti.

«Oh, scusa.» piegò le labbra in un ghigno sardonico. «E' per le orecchie e il colore dei capelli, pensavo fosse chiaro. Ma non volevo offenderti.» Sulle sue guance spuntarono le fossette da tremendo. «Fra amici si scherza, no?»

«A questo tavolo non vedo nessun mio amico.» sbottò l'albino, algido come mai prima d'ora. «Anche perché, io ed Helias siamo molto più che amici.» Guardò il rosso dritto negli occhi, curvando la bocca in un'espressione allusiva. Cazzo.

«Intendeva dire che io sono il principe e lui è il mio guardiano. E' ovvio che siamo molto più che amici.» sibilai, guardando storto Ezra, che evitò i miei occhi fino a spostare la faccia di lato.

Yul sbuffò, per nulla lieto della cosa. «Dovrò scrivere da qualche parte sul tuo corpo la parola "mio". In un punto ben visibile.» borbottò, studiandomi, mentre la sua mano lasciava la mia e mi si appoggiava sulla coscia. «Così che possa essere chiaro proprio a tutti.» Le sue dita si spostarono, nascoste dal tavolo, proprio fra le mie gambe.

Sobbalzai appena sulla sedia, pigolando un verso basso e stridulo, mentre Ezra, vedendo tutto attraverso di me, strinse il calice che teneva sollevato così forte che se lo fece esplodere in mano.

Lyle fino ad allora stava seguendo la scena con un frivolo sorrisino interessato, come se fosse tornato nelle sale da tè piene di pettegolezzi, ma adesso aveva le labbra spalancate in una O di sorpresa. Scattai in piedi, così velocemente che la sedia quasi cadde alle mie spalle.

«Oddio Ezra!» Allungai il braccio, afferrandogli la mano piena di vetri rotti. «Ma che ti salta in mente?» sospirai. La domanda valeva anche per Yul, tanto che gli lanciai un'occhiata torva, ma lui fece spallucce come se fosse innocente.

Presi la mano del mio guardiano per esaminarla, ma lui la scansò con uno strattone e la nascose sotto al tavolo. «Non serve.» sibilò, truce, notando solo ora il fiore che avevo allacciato intorno all'anulare come un anello.

«Povero Enzorel, ti sei fatto male?» riprese Yul, sghignazzando con aria perfida, mentre sentivo sussurrare Qiana "mi sono alleata con un gruppo di idioti" e Ezra scattava in piedi per afferrare con la mano non ferita il bavero del kimono che indossava il rosso. Quest'ultimo gli rivolse un sorriso strafottente.

«Non mi provocare, testa di cazzo.» sibilò l'albino, agitandolo per il lembo di indumento che aveva afferrato, mentre l'assassino gli afferrava il polso ed iniziava a torcerglielo. Sapevo benissimo chi avrebbe vinto se fossero arrivati alle mani. D'altro canto, Ezra aveva i poteri dalla sua: molti di quelli che io avevo esaurito, lui li aveva conservati per il viaggio di ritorno nei Regni del Caos.

«ORA BASTA.» ringhiai, afferrando un coltello ed infilzandolo con forza in mezzo al tavolo, molto vicino ad entrambi. «Se continuate, vi mollo entrambi qui e proseguo il viaggio con Lyle e Qiana.» minacciai. Non l'avrei mai fatto, in realtà, ma l'avvertimento sembrò suscitare in loro la reazione necessaria. Si mollarono, tornando seduti, Ezra imbronciatissimo e Yul sornione e beffardo.

Meglio riprendere in mano la situazione. «Ci resta un solo frammento da recuperare. Fino ad ora ne abbiamo raccolti quattro, compreso quello che ha Yul.» spiegai, rivolto in particolar modo a Qiana. «Non so ancora cosa dovremmo aspettarci dal prossimo Regno dell'Oltretomba. Il verso della profezia parla di una... capra con delle piume.» La corvina rise sotto i baffi, come se la trovasse una cosa divertente. Mi corrucciai.

«Be', è difficile fare pronostici prima del tempo.» rispose, sventolando il cucchiaio di legno pieno di riso. «Terremo gli occhi aperti. Per ora, mangiate, riposatevi, equipaggiatevi e domani partiremo. So come raggiungere il varco per il prossimo regno, l'importante è mantenere un basso profilo fino ad allora.» Lanciò un'occhiata eloquente verso Ezra e Yul, che ricambiarono entrambi con diffidenza.

Sembrava che allo straeliano non importasse avere nel gruppo una leggenda vivente come Qiana. Eravamo partiti in due e, adesso, ci ritrovavamo in cinque: forse rimpiangeva l'inizio del viaggio, quando eravamo soltanto io e lui. Era difficile immaginare cosa ci fosse nella sua testa in questo momento.

Come sta la mano? Dovresti fartela medicare, almeno per togliere i vetri, così può guarire da sola...

Gli dissi. Mi dardeggiò con un'occhiata cupa.

Non fingere di essere preoccupato per me.

Una vampata di collera - la sua - mi attraversò frettolosamente. Aggrottai la fronte, rivolgendogli uno sguardo esasperato mentre cercavo di rispondergli. Invano. Aveva alzato i suoi scudi mentali e, ogni volta che provavo a dirgli telepaticamente qualcosa, era come scontrarsi contro un muro di pietra spessa. Rischiava di venirmi il mal di testa a furia di sbatterci contro.

«Devo dirlo, questi involtini primavera sono veramente eccezionali!» esclamò Lyle, ad un certo punto. Piegai le labbra in un sorriso grato, che lui ricambiò con complicità. Facendo conversazione, provava a mantenere un'atmosfera normale. In effetti, Qiana colse la palla al balzo per lanciarsi in un fitto dialogo sui piatti tipici del regno di Red Mask. Forse sarebbero riusciti ad andare d'accordo, anche se era la sorella dell'uomo che lo aveva ucciso.

Ezra rimase zitto e io ricominciai a mangiare, mentre sentivo la mano di Yul che tracciava lente carezze lungo il mio braccio. Con la coda dell'occhio colsi i suoi occhi blu, fermi su di me. Volevo lanciargli un'occhiataccia, visto come si era comportato qualche minuto prima, ma mi resi conto che era impossibile tenergli il muso. Mi pizzicò leggermente il braccio, che stava ancora accarezzando, e si sporse verso di me.

«E dai, fammelo un sorriso, Hel...» sussurrò nel mio orecchio, con un ghignetto appena accennato. Sentii le sue dita che tracciavano lenti e morbidi cerchi nella piega del gomito, mentre gli angoli della mia bocca si sollevavano spontaneamente verso l'alto. Ogni volta che lui mi toccava creava qualche insolita magia.

Il cibo passò in secondo piano, la conversazione fra Lyle e Qiana divenne una eco ovattata. Dimenticai perfino il cattivo umore di Ezrael, mentre mi perdevo nello sguardo e nella curva carnosa ed invitante delle labbra di Yul. La mia pelle, rimasta dormiente fino ad ora, parve risvegliarsi, ricoprendosi di deliziosi brividi elettrici. Lui batté le palpebre molto lentamente, mentre io lo fissavo e mordicchiavo la forchetta. Gli posai la mano sulla coscia, parecchio più su rispetto al ginocchio.

Quell'indugiare, adesso, era uno strano stuzzicarsi. Il mio cuore accelerò, vibrandomi nel petto come una grancassa dopo essere stata colpita. Presi dei respiri profondi, riempito da quell'aspettativa e da quell'urgenza che era tipica della notte di Natale, per via dell'attesa di scartare i regali. Inghiottii a vuoto, pensando al "regalo" che mi aspettava, mentre Yul continuava a sorridere sornione, come se sapesse benissimo cosa mi passasse per la testa.

La nota intensa e languida dell'aspettativa del piacere mi scese in gola dolce come il cioccolato. Chissà se il sapore di Yul era dolce, lo avevo dimenticato... Da dove veniva quella fantasia? Il viso mi divenne bollente.

Le iridi blu dell'assassino mandarono lampi nell'istante in cui strinsi ancora più forte la mano sulla sua gamba. Luce e calore pronti ad incendiare l'aria che ci separava. A quel punto, fu troppo. Mi prese la mano e ci alzammo dal tavolo. In brevi frasi asciutte lasciò che fosse Qiana ad occuparsi di dare una stanza a Lyle ed Ezra, così da riposarsi, mentre noi ritornavamo in fretta nella sua camera.

Quando chiuse la porta, la velocità con cui mi spinse contro al muro mi tolse il fiato. La sua bocca si fiondò sulla mia, mentre distendevo le mani sul suo petto muscoloso, avvertendo la seta e il calore della carne. Mi divorò le labbra in un bacio colmo di passione, mentre in tutta fretta gli aprivo il kimono e lasciavo vagare le mani verso il basso. Yul infilò le mani nei miei pantaloni, strizzandomi le natiche tanto forte che avrebbe potuto lasciarci lo stampo delle sue dita.

Misi fine per primo al bacio così da poterne lasciare altri sul suo collo, lungo il suo petto, sul rigonfiamento degli addominali, scendendo mano a mano finché non mi ritrovai in ginocchio, la guancia appoggiata contro la sua erezione umida, le labbra appena schiuse, gli occhi lucidi di lussuria che guardavano verso l'alto, verso di lui. Mi rivolse un sorriso sghembo, che nascondeva malamente l'eccitazione.

«Attento, piccolo, potrebbe essere un po' troppo grosso per la tua boccuccia.» mi prese in giro, con quel tono giocoso e derisorio che di solito mi sfidava e mi spingeva a dirgliene quattro. Avvampai violentemente.

«Pervertito. Ti faccio vedere io chi è piccolo.» brontolai, sentendo perfino la punta della lingua andare a fuoco, bisognosa di assaggiare il suo sapore.

Mi accarezzò dolcemente i riccioli, indirizzandomi le ciocche dietro all'orecchio. «Oh. Helias fa sul serio...» canzonò, ma quel tono divertito perse totalmente la sua verve quando gli poggiai le mani sui fianchi muscolosi e gli leccai la punta del membro. Emise un roco verso d'apprezzamento.

Sospirando, circondai con la bocca il suo sesso ed iniziai a succhiarlo con la stessa intensità con cui si succhia un gelato d'estate, con la paura che si sciolga e il bisogno di rinfrescarsi in quella giornata torrida. Aveva un sapore dolce, pur corredato da quella salinità maschile che mi inebriava, e lo accolsi in gola fin dove riuscivo, muovendo la mano sui centimetri che rimanevano.

«Oh Dio.» ansimò, reclinando la testa all'indietro, contro il muro. L'espressione di pura estasi che gli si disegnò in volto fu capace di farmi ribollire il sangue e sentire il cavallo dei pantaloni dolorosamente stretto. «Non ricordavo di averti insegnato così bene...»

Mi ritrassi dal mio operato solo per qualche secondo, leccandomi le labbra, con un sorrisetto vanesio stampato fra le guance. «Un ragazzo non può avere semplice talento?» E anche un po' di pratica alle spalle, in realtà. Ripresi lì dove avevo lasciato, ma lui mi appoggiò una mano sul capo, scostandomi lievemente, con un mio mugolio di disapprovazione.

«Fermati.» mormorò. Sfarfallai le palpebre, confuso, mentre mi sollevava da terra e mi baciava, trasformandomi in un fuoco in cui mi sarei lanciato molto volentieri per bruciare. «Adesso è il tuo turno.»

Mi spogliò alla velocità della luce e mi spostò sul letto, carponi sotto di lui. Estese il braccio verso il comodino, trafficando per un attimo nel cassetto, finché non ne estrasse un tubetto pieno d'olio, che mi rovesciò sulle natiche. Ero troppo eccitato per chiedermi che ci facesse dell'olio, lì. Invece, sobbalzai sentendo la lozione fredda contro la pelle e mi rilassai quando le sue dita iniziarono a massaggiarmi, prima come una coccola, poi con spinte decise, preparandomi al suo ingresso.

«Non farmi aspettare...» gemetti, agitandomi sotto di lui. Mi avvolse la vita in un abbraccio stretto, la mia schiena piena di cicatrici entrò in contatto con il suo torace caldo e un urlo silenzioso di piacere mi scosse profondamente quando mi entrò dentro. Affondò il viso nella curva del mio collo, riempiendomi la pelle di tanti piccoli succhiotti, mentre muoveva il bacino spingendo dentro di me.

«Ricorda che queste cose posso fartele soltanto io.» ringhiò, ogni parola scandita da un colpo di fianchi, la mano che mi frizionava l'erezione mentre ansimavo con forza, fino a raggiungere l'amplesso con un divino e perfetto senso d'appagamento. Quando venne anche lui, poco dopo, ci lasciammo cadere sul letto, con la promessa di darci una pulita dopo esserci riposati a dovere. Yul continuò a tenermi abbracciato, tanto che avevo il viso appiccicato al suo petto e le gambe intrecciate alle sue.

«Forse ho un po' esagerato, prima...» aggrottò la fronte e abbassò il viso per guardarmi «... con Enzorel.» Ecco che ritornava il ghigno irriverente.

«Yul!» esclamai, rifilandogli un colpetto alla spalla, anche se era riuscito a strapparmi un risolino basso. «Piantala.»

Il suo sorriso diminuì fino a sparire. «Che c'è fra voi due, veramente?»

Ahia. Domanda scomoda. «Ma niente...» mormorai, mordendomi il labbro inferiore. Sollevai gli occhi appena in tempo per vedere il blu dei suoi scurirsi, fino quasi a sembrare neri. La tensione e il dolore che apparvero mi fecero dolere il cuore al punto che mi pentii di ogni cosa, subito.

«Lo riconosco quando mi dici una bugia.» Contrasse la mascella e la presa intorno al mio corpo nudo s'irrigidì. Le spine nel mio cuore scivolarono più a fondo, togliendomi il fiato.

«E tu?» mi accigliai: ero troppo abituato a mettermi sulla difensiva e contrattaccare, piuttosto che mostrare il fianco. Anche con Yul, a cui avevo ormai mostrato tutte le mie vulnerabilità. Ma ammettere di averlo tradito, dopo tutto quello che avevo passato per trovarlo, mi faceva sentire il cuore troppo pesante. «Chi sarebbero questi concubini biondi? E l'olio nel tuo cassetto?»

«Era il mio modo per attaccarmi al passato, accidenti! Che nemmeno mi ricordavo, tra l'altro.» Emise un lungo sospiro spazientito. «Da quando sono morto, ho fatto tante cose di cui non vado fiero.» L'idea che Yul fosse andato a letto con altri uomini mi faceva davvero infuriare, ma potevo sul serio biasimarlo, se lo faceva per inseguire il mio ricordo? «Invece quel tizio non mi somiglia per niente.» Si riferiva ad Ezrael. «Mi fa impazzire il fatto che ci sia stato lui vicino a te, ad aiutarti, a supportarti, a goderti, mentre dovevo esserci io.»

Il mio atteggiamento schivo sparì all'istante, sostituito dal bisogno urgente di rassicurare e consolare l'incantevole uomo che avevo al mio fianco. Gli posai i palmi sulle guance, allineando i nostri volti, mentre lo osservavo con gli occhi umidi e tristi. «Mi dispiace. L'ultima cosa che voglio è farti soffrire. Con Ezra... c'è stato qualcosa, è vero.»

«Cazzo, lo sapevo. Gli stacco le braccia e le uso per schiaffeggiarlo...» ruggì, gli occhi accesi d'ira. Scossi frettolosamente la testa, accarezzandogli il viso.

«No, Yul. Lui non ha colpe. Io ero...» Mi tremò la voce. «... solo. Addolorato, disperato. Non sto cercando di giustificarmi, perché so quello che ho fatto e Ezra mi affascinava, essendo uno straeliano e una parte della mia vita ancora inesplorata. Al tempo stesso, non sapevo se ti avrei mai ritrovato, stavo inseguendo un sogno. Insomma, tu eri morto. Sei morto.» Mi asciugai frettolosamente una lacrima. «Volevo essere confortato da qualcuno. Ender mi ha quasi spezzato, Yul... Avevo bisogno di calore umano. Lui mi ha solo assecondato.» Sospirai. «Ma non l'ho mai amato, né lo amerò mai. Perché sei tu l'unico.»

E, adesso che lo avevo ritrovato, era di nuovo cambiato tutto.

«Sei tu il mio destino.» scandii. Silenzio. Cuori martellanti, mentre mostravo la mano dove lui mi aveva infilato quel fiore a mo' di anello. Abbassai gli occhi, all'improvviso timido, mentre la vergogna si impadroniva di me. Avevo rovinato tutto? Lo avevo perso, di nuovo? Angoscia e paura mi assalirono come avvoltoi. No. Non poteva essere, non lo avrei accettato.

«Guardami, Helias.» disse, in tono serio.

«No.» pigolai, fissandogli il petto, avendo paura di trovare nel suo sguardo quella distanza e quel distacco che mi avrebbero spezzato il cuore. Eppure, lui mi prese le guance fra le mani e mi sollevò il viso. I suoi occhi erano blu notte, lucenti, come se fossero popolati da milioni di stelle.

«Entrambi eravamo in circostanze assurde. Non potrei mai, mai biasimarti, d'accordo?» Sbuffò una risata a labbra strette, dalle narici. «Certo, voglio ancora prendere Enzorel a calci in culo, ma sono anche in debito con lui perché ha protetto il mio uomo. Quindi cercherò di comportarmi in maniera più o meno matura e non ammazzarlo.» Mi sciolsi fra le sue braccia come neve al sole, quasi scoppiando in lacrime per il sollievo.

«E smetterai di chiamarlo Enzorel?»

«Nah, quello non posso proprio prometterlo.» affermò, sogghignando, ed io scoppiai a ridere. «Anche tu sei l'unico per me.» disse, quando il mio ridacchiare si placò, addolcendo l'espressione. «In fondo, è come hai detto. Noi siamo l'inizio.»



*NDA - Un angolo albeggiante che ciaone sonno*

Hola!
E niente, questo è stato un capitolo fitto fitto di dialoghi, di rivelazioni e di sentimenti messi a nudo. E' stato abbastanza difficile scriverlo, nella mia testa avevo tutti i dialoghi e gli avvenimenti in ordine cronologico ma una volta iniziato a scrivere il mio cervello ballava il tip tap. A livello di eventi e avventure non è successo molto, invece il prossimo capitolo sarà bello acceso. Eh. Eheheh. Non vedo l'ora di arrivarci. Inoltre (forse l'ho già detto, ma ne dubito) siamo vicini alla fine, manca poco! Adoro il fatto che "Per Arrivare a Lei" e "I Signori dell'Oltretomba" finiranno praticamente in contemporanea (calcolando i capitoli che mi rimangono), giusto in tempo visto che le storie si intrecceranno, e questo tempismo non è stato voluto! Si apprezzano le casualità del destino, oooh. Comunque, dato lo stato del mio cervello a quest'ora, potrebbero esserci dei refusi, ma li correggerò, quindi non preoccupatevi se ne avete beccati! (p.s. ho riso da sola nello scrivere "Enzorel" ... Era una cosa proprio da Yul)

Detto ciò, alla prossima ~

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