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I VOSTRI CONSIGLI #9: META - THY CATAFALQUE (AGOSTO 2021)

Dopo mesi di inattività ritorno per concludere questa rubrica dedicandomi solo alle proposte dello Spazio Consigli.
L'album di oggi è stato consigliato da ElegantStork - che ringrazio ancora - che è...

Meta del progetto ungherese Thy Catafalque, pubblicato nel 2016.

Come sempre, vi ricordo che alla fine del commento darò un "grado di gradimento" all'album, vi riporto qui la legenda:

- NON MI PIACE = " 🔴 "

- NEUTRALE = " 🔵 "

- MI PIACE = " 🟢 "

- ADORO = " ❤️ "

- AMORE A PRIMO ASCOLTO = " ❤️✨ "

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Bene, dopo 1/2 mesi di distanza dall'ultimo commento, ammetto che ero un po' indecisa su come approcciare la scrittura di questo che leggerete, ovvero non ero certa se fare un commento più sintetico e che affronti l'album nel suo insieme oppure se riprendere la mia vecchia formula della descrizione traccia per traccia e della conclusione riassuntiva.

Riguardo a ciò, mi piacerebbe sapere la vostra opinione al riguardo.

Faccio anche un'ultima premessa prima di entrare nel vivo di questa puntata: durante la pausa dalla rubrica, ho ascoltato prevalentemente metal rozzo, oscuro, vecchio, per lo più proveniente da demo, senza compromessi con sonorità commerciali o pulite, di conseguenza l'ascolto di questo disco non è stato immediatamente facile, infatti l'ho ascoltato la bellezza di 4 volte!

Dette queste cose, ora comincio a parlare dell'album.

Uránia é stato un biglietto da visita piuttosto rassicurante, dato che ha delle sonorità piuttosto ispirate agli anni '90, che fondono principalmente black e death metal con vaghi richiami al doom, senza però rinunciare alla melodia tipica del sottogenere symphonic black. Direi che mi ha ricordato la musica degli Enslaved più recenti, per via della sua aspirazione alla spettacolarità.

Sirály - che in ungherese significa "gabbiano" - cambia completamente direzione, grazie alle sue sonorità prevalentemente quiete, atmosferiche, direi alla Agalloch, e alle vocals femminili piuttosto folk.

La terza 10²⁰ Ångström è un miscuglio di metal, prog e sonorità elettroniche e credo sia dovuto al tema suggerito dal titolo: l'unità di misura per descrivere la grandezza degli atomi. Personalmente questo brano l'ho trovato un po' più ostico rispetto ai primi due.

Ixión Düün riprende un po' il vibe della traccia d'apertura, stavolta esaltando ancora più sfacciatamente la maestosità del brano, ricordandomi anche passaggi alla Septicflesh. Secondo me ha un ritmo martellante e la chitarra fa sfoggio della sua velocità e del suo virtuosismo, quindi è molto coinvolgente, se ascoltata col mood giusto.

Dopo la strumentale Ősszel otthon, segue quella che definirei una suite moderna, siccome dura ben 21 minuti.
La prima cosa che ho notato al primo ascolto di Malmok járnak, é che ha un intro molto simile a Quintessence dei Darkthrone, ma c'è molto di più da dire su questa canzone.
Credo infatti che si possa dividere in circa 4 sezioni: le prime 2 sono quelle più tradizionalmente metal con influenze folk, talvolta alla Windir, mentre la terza è quella più sperimentale, dato che è dominata da un sound più "sintetico", che però si ritrova anche nell'ultima sezione, sebbene assimilato a ciò che suona più canonico, per intenderci.
Nonostante l'insolita lunghezza del brano, penso che questa potrebbe essere la migliore dell'album.

Ci avviciniamo alla fine del full-lenght con Vonatút az éjszakában (Ady endre intercity) - tradotto "viaggio in treno di notte": una traccia avventurosa, dal ritmo incalzante e a tratti influenzata dallo stoner rock, con vocals maschili pulite (a differenza della precedente con cantato femminile) e che è la più easy listening di tutte.

La penultima traccia Mezolit incomincia con uno stile totalmente melodic death doom metal e anche un po' alla Type O Negative, dato che vi è l'unione tra delle tipiche sonorità cavernose e primitive e tra dei synths che sembrano riprodurre dei cori femminili. Tuttavia negli ultimi 2 minuti si ammorbidisce grazie alle vocals pulite e al sound atmosferico che si è sentito più volte nel corso di questo album.

Fehérvasárnap, praticamente una breve outro, chiude il disco con un organo da messa della domenica.

E bene, bene, ora è giunto il momento di dire cosa ne penso io di Meta!

Ogni ascolto mi ha dato sensazioni diverse: il primo è stato analitico e distaccato per via del fatto che volevo commentare accuratamente le caratteristiche delle canzoni, il secondo è stato confuso, il terzo è stato tra il perplesso ed eccessivamente entusiastico e, infine, il quarto penso sia stato oggettivo e finalmente ho capito come parlare di questo lavoro.

Senza dubbio la bravura compositiva dell'autore nella sperimentazione di Meta va riconosciuta, perché non è da tutti unire tante influenze in questo modo e le melodie sono certamente accattivanti, tuttavia ho avuto difficoltà con la sensazione di ascoltare delle canzoni che non sembrano appartenere allo stesso album.
Mi spiego meglio: in realtà credo che ci siano dei "motivi ricorrenti", solo che non sempre mi sembra che la transizione da uno stile all'altro sia graduale o "fluida".

Al di là di questa riflessione, che potrebbe anche cambiare nel futuro, consiglierei comunque l'album, infatti è stato interessante da ascoltare, perciò ho un'impressione per lo più positiva.

GRADO DI GRADIMENTO: 🟢

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Anche questo commento è finito!

Fatemi sapere cosa ne pensate e se avete intenzione di ascoltare quest'album, in caso non l'abbiate già fatto!

Grazie per la lettura e ci vediamo alla prossima puntata!

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