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Parte 1

Quella mattina Ihkime si alzò molto prima del solito, mentre sua madre si preparava per uscire.

«Ci vediamo questa sera.», disse lei dandogli un bacio sulla fronte, forse l'ultimo che avrebbe ricevuto.

«Certo, mamma, a questa sera.», rispose Ihkime, assaporando ancora una volta la dolcezza di lei.

Ihkime la vide allontanarsi con le altre femmine della loro tribù che, come lei, raccoglievano frutti ed erbe spontanee nei pressi del loro insediamento.

Aveva ancora un po' di tempo prima che fosse il momento di presentarsi davanti al capo villaggio. Come sempre si sedette sul duro terreno cercando di pensare a quello che stava per succedere.

Quello non era un giorno come gli altri: lui ormai aveva sedici anni ed era stato deciso che fosse pronto per scegliere del proprio futuro e compiere la prova che avrebbe segnato il suo passaggio all'età adulta. Solo che Ihkime non aveva ancora deciso chi o cosa voleva diventare.

Suo padre era stato un abile e valoroso cacciatore ed era morto, molti anni prima, durante una caccia grossa. Avrebbe voluto essere come suo padre, ma sentiva che quella non era la strada adatta a lui. Eppure diventare guerriero era un pensiero che proprio non riusciva a sopportare. Non che Ihkime avesse paura, non era quello il problema; il fatto era che non voleva combattere.

Scevi era un posto molto grande e popolato da altre specie di esseri viventi, lui lo sapeva. I racconti degli anziani Eshua lo testimoniavano e lui li aveva visti. Quando aveva tredici anni si era spinto, senza permesso, al di là delle nebbie di Cordo VulvioNebula, fino ai confini di una città degli uomini. Allora quelle che erano state solo parole, avevano acquistato un significato.

Un Eshua era diverso da un uomo e lui lo aveva potuto vedere con i propri occhi. Anche se era solo un bambino, Ihkime era stato molto più alto di un uomo che aveva già la barba. E vedendo gli adulti della sua specie sapeva che, una volta cresciuto, sarebbe stato ancora più alto. Ma le differenze non si fermavano a questo. La pelle di un Eshua aveva una colorazione aranciata e sulle mani, sotto gli zigomi e nell'arcata sopraccigliare, presentava delle squame per proteggere quelle parti esposte. E come se ciò non bastasse, un Eshua era dotato di zanne affilate e artigli adatti a squarciare e dilaniare. Perché gli Eshua erano dei predatori.

Sicuramente gli uomini avevano paura di quelli della sua specie, eppure a Ihkime sarebbe tanto piaciuto potergli parlare, imparare da loro e forse insegnargli qualcosa. Era questo il suo più grande desiderio, desiderio che non avrebbe mai potuto realizzare. Non aveva mai parlato con sua madre di tutto questo, perché sapeva che le avrebbe spezzato il cuore e quindi avrebbe fatto ciò che lei si aspettava, sarebbe diventato un cacciatore, come suo padre e il padre del padre prima di lui. Cacciare e portare cibo utile per la comunità non sarebbe stato così brutto come combattere contro altri della propria specie.

Convinto ancora una volta dal proprio ragionamento, Ihkime lasciò la propria abitazione diretto al centro del villaggio. Lì sorgeva una capanna più grande delle altre, in quella casupola viveva Umar, il loro capo, assieme alla sua donna, la terza, e a suo figlio Roho, che aveva solo quattro anni, ma era destinato ad essere il capo quando suo padre non ci sarebbe stato più.

Assieme ad Umar c'erano altri due maschi: uno era un cacciatore, ed era stato un compagno di suo padre; mentre l'altro era un guerriero. Erano lì per ascoltare la sua decisione e accoglierlo tra le loro fila.

«Sei diventato grande, Ihkime.», esordì Umar, guardandolo come fosse la prima volta.

Lui annuì, comprendendo che l'altro non si aspettava una risposta.

«Tua madre ha fatto un buon lavoro.», approvò il maschio alla sua destra, il capo dei guerrieri, come se già valutasse le sue capacità e l'utilità che avrebbe potuto avere in futuro per il suo gruppo.

A quel punto Ihkime si aspettava che anche Dhakk dicesse la sua, ma il cacciatore restò in silenzio a scrutarlo. Dhakk era stato un buon amico di suo padre e forse lo conosceva un po' meglio degli altri, anche se non poteva sapere ciò che nascondeva il suo cuore.

Prima di perdere il coraggio, Ihkime si avvicinò al capo villaggio e disse tutto d'un fiato: «Io sarò un cacciatore!»

Jur, il guerriero, fece una smorfia, borbottò alcune parole e se ne andò disinteressandosi della faccenda, pensando sicuramente a quale spreco fosse il giovane maschio nelle fila dei cacciatori. Effettivamente, Ihkime era piuttosto grosso per avere solo sedici anni. Era alto due metri e aveva ancora alcuni anni per crescere. Il suo corpo era robusto, ma sapeva essere anche molto veloce. Gli Eshua, vivendo più a lungo degli esseri umani, raggiungevano la maturità fisica solo intorno ai venti anni, per questo decidevano prima il loro destino, per poter capire come utilizzare al meglio la loro forza e le qualità di cui disponevano.

Umar ignorò completamente il comportamento di Jur per concentrarsi sul ragazzo.

«Molto bene allora, se questa è la tua decisione, rendi onore alla tua gente con il tuo lavoro.»

Strinse entrambe le mani sulle spalle di Ihkime e lo fece girare verso il grande fuoco acceso al centro del largo spiazzo. Alte fiamme si alzavano dal suo centro, che pareva pulsare al ritmo dei loro respiri. Alimentato dai grossi tronchi degli alberi abbattuti solo il giorno prima.

«Ihkime ha pronunciato la sua decisione, dopo la prova sapremo se il suo destino è quello che lui ha scelto di intraprendere.», Umar parlava con voce solenne, anche se ad ascoltarlo non c'era praticamente nessuno. Tutti erano impegnati nelle faccende quotidiane e pochi restavano al villaggio in una giornata del genere.

Il capo villaggio lasciò andare il più giovane e si ritirò nella sua tenda. Il suo lavoro era terminato, ora toccava a Dhakk occuparsi di lui.

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