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14

Marzo 1857,Londra.

«Allora, come ti senti oggi Nina?» sorrisi e mi sedetti ad un lato del letto mentre Alex si apprestava a raggiungerla su quello opposto.
«Non molto bene ma mi faccio forte.» sorrise debolmente per poi stringere fra le dita sottili la scatola, perfettamente impacchettata, che le avevo portato.
«Su, aprila.» la incoraggiai e la vidi slacciare i lacci con cura.
«Marie! Ma come hai fatto a prenderli?!» disse meravigliata vedendo la scatola piena dei suoi dolci preferiti con alcuni che erano anche difficili da reperire perché venivano prodotti solo da poche pasticcerie in città e ne avevano sempre un numero esiguo che finiva in un baleno.
«Devi ringraziare anche Alex, ha minacciato tre pasticcieri diversi per farsene mettere alcuni di quelli da parte.»
Gli sorrise grata e vidi una profonda connessione fra i due.
«So che non si dovrebbe.» mi alzai «Ma vi lascio da soli, sarò nel tuo salottino adiacente Nina. Così nessuno saprà nulla.» Alex mi sorrise infinitamente grato mentre la mia amica arrossiva per l'imbarazzo. Feci un cenno ad entrambi per poi prendere posto su di una poltroncina imbottita in una tenue stoffa color rosa cipria o bianca, non saprei dire con precisione dati i vari cambiamenti della luce.
Decisi che era il momento di tirare fuori la nuova lettera di Tommaso che mi ero portata con me. Avendo anticipatamente programmato questo teatrino, mi ero portata la sua lettera e il mio diario per potermi dilettare durante l'attesa che si prospettava piuttosto lunga. Scartai la busta con cura per ritrovarmi una cascate di margherite, accuratamente essiccate, in grembo.

Cara piccola Marie,

Cos'è successo con il caro giuggiolone di Louis? Ha perduto un paio di braghe addossando la colpa alla tua cameriera?.

Leggendo quella frase scoppiai a ridere. Mi tornò in mente, grazie anche al magnifico profumo dei fiori secchi benché lieve, una delle tante estati fa in cui, io in combutta con Tommaso, avevamo fatto sparire il suo miglior paio di pantaloni.
Non lo avessimo mai fatto. Successo il finimondo e tutti additarono la mia balia come colpevole finché Tom, in pieno stile cavalleresco, non si era fatto avanti ammettendo la propria colpevolezza.
A seguire di quel fatto, venne messo in punizione per due settimane, e nella solita ora quieta del dopo pranzo, lo andavo a trovare portandogli frutta fresca o pezzi di torta rubati dalla cucina.
Riaprii gli occhi quando incontrai la fine del mio ricordo.
«Che bei tempi, cosa darei per tornare a quei momenti. Era tutto così semplice.» mormorai malinconica facendo vagare gli occhi sulla saletta arredata e decorata con fin troppo gusto femminile piena di suppellettili di colori rosati, e poi le mura piene di stucco rifinito finemente motivi a ricciolo. Era bella quella stanza ma fin troppo ripiena di colori sul rosa che si, gradivo quel colore, ma solo sugli abiti. Per una stanza mi sembrava eccessivo.

Ripresi la lettura con rinnovato entusiasmo.

Ti sono piaciute le margherite? Dopo quello che avevi scritto nella precedente lettera, mi sono sentito in dovere di mandartene delle altre come a farti sapere che con il pensiero e il cuore ti sono sempre accanto. Comunque, in che tipo di affari saresti così impegnata da trascurare il nostro incontro? Non è che Louis ti sta attaccando la mania del bravo e buon lavoratore? Per rispondere alla tua richiesta, non credo sia necessario che tu porti con te una donnina da presentarmi. Pensa che orrore se dovesse invaghirsi del sottoscritto e, se me medesimo, provassi emozioni divergenti. Non sarebbe piuttosto inopportuno? Secondo me la cosa migliore sarebbe se tu venissi con la tua cameriera Elizabeth, mi sembra premurosa e fedele nei tuoi riguardi.

Aspetto tue notizie sperando che siano del miglior augurio, Sempre tuo, Tommaso.

Una volta finito di leggere le sue righe, rimasi sorpresa nel constatare che aveva deliberatamente ignorato le mie riflessioni sul suo stato d'animo. "Devo andare da lui, qualcosa non va come dovrebbe." Mi issai sulle mie gambe e mi mossi agitata intorno al mobilio. "Cos'avrà mai Tommaso? Che sia depresso? Che abbia qualche altro problema di cui non vuole parlarmi?" Tutte quelle domande farcivano la mia mente facendomi andare in paranoia. La maniglia della camera di Nina scattò e Alex comparve come un'ombra. «Marie puoi rientrare.»
Lo guardai intuendo che anche in lui qualcosa non andasse. Tornai nella camera privata dell'inferma. C'era una tensione e un imbarazzo che si tagliava anche con un semplice spalma burro. "In questo periodo sono tutti così strani. Forse è la primavera che con il suo arrivo destabilizza gli umori. Spero di non essere così problematica anche io, ma ne dubito per prima."

Una volta nella carrozza cercai lo sguardo di Alex alla ricerca di una spiegazione per quel pomeriggio insolito. Avevo provato sciogliere l'atmosfera con dei giochi, storie divertenti o proponendo temi su cui poter discutere ma avevo incontrato solo un muro di silenzio con qualche sporadico monosillabo una volta ogni morte di regina. Alla fine eravamo stati costretti ad andarcene in quanto a Nina era aumentata nuovamente la febbre.
«Hai intenzione di spiegarmi cos'è successo o devo andare al mercato delle pulci alla ricerca di una cartomante?» Mi fulminò con lo sguardo e feci altrettanto.
«Non è affar tuo.»
«Scusa se volevo solo aiutarti, e ricorda che ad una signora non si risponde così.»
Si contorse le dita delle mani fra di loro.
«Scusami non avrei dovuto, solo che sono due mesi che corteggio Nina e finalmente le avevo chiesto se volevamo frequentarci per vie ufficiose e non mi ha risposto. Mi ha detto solo che ora sta male.»emise un verso di frustrazione. Gli presi una mano e la strinsi dolcemente.
«La conosco bene, ha reagito così solo perché non vuole tenerti legato a lei perché è consapevole del fatto che non può darti ed essere una donna completa nel suo attuale stato di salute. Se sarai perseverante nel tuo obbiettivo, cederà sicuramente. Sei un bell'uomo, educato e di buona famiglia. La tratti con tutti gli onori dovuti, cosa potrebbe volere di meglio' Suvvia non deprimerti ora, pensa al complotto che stiamo organizzando con Jamie.» Lo vidi risollevarsi ad ogni mia parola per poi tornare il solito uomo fiero di sempre. «Marie sei una santa, come farei senza il tuo sostegno.» mi strinse fra le sue poderose braccia e poggia la testa sulla sua spalla, godendomi a pieno quel gesto d'affetto.
«Con Louis? Non lo vedo da un paio di giorni.»disse tranquillo ignaro di tutto. Feci spallucce e guardai fuori dal finestrino. Era il mio turno di parlare ma la voglia di farlo era pari a quella che avevo nel vedere quello che consideravo ancora come il mio amante, anche se di fatto non ero in grado di catalogarlo in modo preciso. Insistette per un po' ma notando la mia faccia cupa decise di lasciar stare. Forse aveva intuito che ciò che era avvenuto andava ben l'oltre un semplice diverbio di parole.

Dopo il lungo tragitto dalla dimora di Nina alla mia, Alex mi aiutò a scendere per poi risalire nell'abitacolo e dirigersi verso la sua casa sparendo dietro i boschi della mia tenuta. Entrai nel salone che come sempre era più animato dai vari servi piuttosto che dai proprietari. Ma cosa ci potevo fare? Ormai ero rimasta solo io ad abitare quella villa enorme piene di futili saloni di rappresentanza e camere per ospiti che mai si erano presentati. Lasciai i miei sopra indumenti al maggior domo per poi salire la rampa di scale che portava ai miei alloggi.
«Signora Marie.»Elizabeth mi si parò davanti con uno dei miei vestiti che aveva rammendato con dedizione.
«Vi piace? Ho fatto come avete detto voi e poi sono stata dall'orefice a far riparare i vostri orecchini in oro e dal calzolaio per ritirare le scarpine che avete fatto modificare.» mi rovesciò addosso una tale quantità di notizie che mi vidi costretta a staccare l'audio nell'attesa che il suo sproloquio raggiungesse una fine.
«Ora basta Elizabeth!»sbottai esasperata dai suoi discorsi ridondanti e il suo essere così logorroica. La oltrepassai senza badare alle sue proteste. Entrai nella mia camera da letto per ritrovarmela piena di rose e nel centro vi era un tavolo perfettamente apparecchiato con posate d'argento e piatti di porcellana.
«Ma cosa sta succedendo?» mi guardai intorno trafelata per poi sentire il chiudersi dell'uscio e delle braccia salde abbracciarmi da dietro. «Ti piace Marie? Ho organizzato tutto per farmi perdonare dal mio vile gesto. Spero solo che non sia troppo tardi.» mi prese la mano per baciarla dolcemente al tavolo per farmi accomodare dopo che mi ebbe tirato indietro la sedia. Mi accarezzò il collo per poi ritrovarmi una collanina agganciata che si infossava perfettamente tra i miei seni. Presi in mano il piccolo medaglioncino di vetro che raffigurava una farfalla su di una rosa.
«Louis ma non dovevi...però è magnifico.»ammisi e mi diede un tenero bacio sulla guancia.
«L'ho fatto realizzare appositamente per te.»
«Sei meraviglioso.»mi voltai e gli diedi un tenero bacio sull'angolo della bocca. La sua espressione fu pervasa dalla gioia per quel piccolo gesto.
«Ho anche fatto preparare tutti i tuoi piatti preferiti, si anche le lasagne se te lo stai chiedendo.»Sollevò delle cupe di metallo rivelando dei cibi fumanti.
«Ma come sei riuscito ad organizzare tutto?»
«Ho i miei trucchi.» Mi servì un tris di pasta e poi altre varie portate. Parlai poco e niente durante la cena perché troppo presa nel comprendere come avesse fatto a mettere insieme tutto ciò, senza contare che il cibo era divino e lasciava ben poco margine d'azione alle parole. Le mie papille gustative erano tanto in estasi da aver abbandonato ogni tentativo di contatto con il mio intelletto per poter anche solo formulare una frase di senso compiuto. «Ammettilo, ha fatto tutto Elizabeth.» Sorseggiai il mio bicchiere di vino mentre osservavo la schiena muscolosa, avvolta da strati di stoffe, mentre era girato a prendere il dolce. «Tutto tutto no, però mi ha aiutato con il rendermi invisibile agli occhi dei tuoi altri dipendenti. Sai com'è...le voci volano.» Mi porse una fettona di torte alle ciliege con tanto di panna sopra.
«Mi conosci proprio bene Lou.»con la forchetta tagliai la punta della porzione cercando di prendere al contempo quanta più panna potessi. Sobbalzai quando un piatto gli cadde di mano infrangendosi a terra.
«Porca miseria!»inveì copiosamente sbraitando anche modi di dire molto più coloriti.
«Posso darti una mano?» mi allungai ma mi bloccò. Tirò fuori una scatolina di velluto rosso dal suo panciotto. Agganciò il suo sguardo al mio mentre trattenevo il respiro tale era lo stupore. «Marie, lo so che sono piuttosto sciocco ma io tengo veramente molto a te, fin dal'infanzia. Sei la miglior compagna di vita, amore e letto che io abbia mai avuto e vorrei che tu mi sposassi anche se questo vorrà dire aspettare le finte esequie per Jamie più un anno di lutto dovuto. però io te lo chiedo, qui ed ora, Marie Austins vorresti sposarmi?»
La mia mente era in completa confusione. Davvero ero disposta a sposare Louis? Era veramente ciò che desideravo? Strinsi istintivamente le labbra. Ormai ero su quel treno e non si sarebbe fermato per nulla al mondo. Era troppo tardi per tornare indietro e troppo codarda per cercare di trovare una soluzione che non mi avrebbe causato dei malanni all'animo, come il cercare di saltare da un treno a vapore in piena corsa senza rompersi un qualche osso. Un silenzio assordante avvolse la stanza mentre prendevo la mia decisione. Il mio cuore batteva come un tamburo. Avevo paura che da un momento all'altro sarebbe uscito dalla mia gabbia toracica per poter mostrare al mondo intero quanto fossi agitata. Posai di nuovo le miei iridi marroni su di lui per poi schiudere le labbra. Lo avevo perdonato? Ero sicura di ciò che stessi facendo? Ovviamente no.
L'incoscienza è proprio avversa a agli ingenui, ai sognatori e agli innamorati .
«Si.»

Bbbuona sera! Eccomi a riscrivere di notte come al mio solito. Scusate in caso di ripetizioni ma sono veramente stanca. Domani cercherò di revisionare a caccia di brutti errori.
Comunque sono così contenta che la storia ha riscosso così tanto successo.
Mi raccomando, se vi piace stellinate
Ora vado che il mio italiano è andato a farsi benedire come il piatto.

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