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32

     «Il piano di Celes riguarda la Festa dell'Ascesa.» Zoey se ne stava seduta tranquilla sul divano, accanto alla statua inquietante, con una mano sul bracciolo. Di tanto in tanto faceva vagare lo sguardo sui lineamenti androgini della scultura.

Brie incrociò le braccia, in piedi davanti a lei. «La Festa dell'Ascesa c'è già stata. Anche se è andata una schifezza, visto che l'avete fatta saltare in aria.»

Al tavolo, a tormentarsi le dita accanto alla tazza di tè ancora piena, Leean sussultò. Sotto di lei, la sedia sparì per una frazione di secondo, e il boato di un'esplosione le vorticò nella testa; tornò subito al presente, a incastrare il labbro fra i denti, ma il cuore continuava a pulsarle nelle tempie.

La mano di Benjamin scivolò sul tavolo fino a sfiorare la sua. Le rivolse un sorriso veloce. Lui il suo tè l'aveva già finito, la tazza vuota sostava poco distante. Quella di Monia invece era a metà.

«Be', sì...» cominciò Zoey.

«L'avete fatto perché volevate organizzare voi una Festa dell'Ascesa?» Brie si tormentò il labbro. «Potevate inventarvene un'altra, dopotutto quella è una pagliacciata, con quei balli ridicoli.»

Dal divano arrivò un colpo di tosse. Wyatt, adagiato sul bracciolo, una gamba ciondolante.

Brie gli rivolse un'occhiata annoiata. «Senza offesa,» aggiunse.

Leean trattenne a stento una risatina. Le sarebbe piaciuto darle torto, ma chi voleva prendere in giro? Era la prima a non capire cosa dovesse esserci di trascendentale in una danza tanto antica quanto stupida.

«Brie, puoi farla parlare?» Duke sporse il braccio per circondare le spalle di Zoey e attirarla a sé. Lei le rispose con un grugnito esasperato, tuttavia non obiettò.

«Ha intenzione di organizzare una nuova Festa dell'Ascesa,» disse Zoey. «I cittadini si raduneranno nei giardini esterni, lei sarà sul tetto, a dare il suo spettacolo

Monia fece un fischio. Posò il mento sul palmo, il gomito premuto contro il tavolo. Spostò le gambe e il suo ginocchio si scontrò con quello di Leean – le avrebbe lasciato un livido, se lo sentiva. «E come dovrebbero vederlo, lo spettacolo, da là sotto? Con i binocoli?»

«Dagli schermi. Si terrà in diretta.»

«Cosa si terrà in diretta, di preciso?» Duke la liberò dalla sua stretta.

Zoey scrollò le spalle. «La metamorfosi dei Guardiani. Lei la chiama così.»

«Cioè? Gli fa indossare delle ali di cartapesta e li trasforma in farfalle?» chiese Monia. Voltò il capo a cercare Leean, le strizzò l'occhio. Dall'altro lato del tavolo, ancora in piedi e con le braccia incrociate sul petto, Brie alzò il sopracciglio come a dire "hai visto? Che ti avevo detto?".

Leean afferrò la tazza di tè e se la portò alle labbra. Non lo assaggiò nemmeno, lo sfruttò solo per pretesto.

«Li fa diventare Divora Anima,» disse Duke, e la sorella annuì.

Brie si avvicinò al tavolo per versarsi dell'altro tè. Considerata la quantità di teina che ingurgitava ogni giorno, si spiegavano tante cose: quella donna era fatta di tè. «La sua versione della festa fa ancora più schifo di quella originale.»

«Su questo do ragione alla biondina.» Monia scosse il braccio in aria per indicarla. Si beccò un verso sprezzante in risposta, a cui replicò con un occhiolino.

«Continuate pure tutti a dire quanto faccia schifo il mio ballo, non mi offendo,» sbottò Wyatt. Zoey si stirò per accarezzargli il braccio.

Brie assaporò un sorso. «Il tuo ballo fa schifo.»

«Appunto.»

«Ma non è colpa tua, e poi eri l'unico che lo faceva bene.»

Wyatt increspò la fronte, il capo leggermente inclinato da un lato. Si umettò le labbra senza dire nulla. Si grattò il ginocchio. A quanto pareva, gli strani complimenti di Brie facevano sempre lo stesso effetto. Solo dopo diversi secondi, si decise a borbottare un «grazie».

«Quindi, che facciamo?» s'intromise Benjamin. «Proviamo a farci aiutare dalle guardie? Lee, tu hai dei contatti, giusto?»

Prima che l'altra potesse dire alcunché, Zoey scosse la testa. «È inutile. Sono passati quasi tutti dalla parte di Celes.»

Brie accarezzava la tazza con movimenti circolari, l'aria distratta. «Scommetto che non è un caso.»

«In che senso?» fece Benjamin.

«Se fossi in lei, convincere gli Argento a unirsi alla mia causa sarebbe la prima cosa che farei. Senza difese, la città è praticamente tua.»

Leean nascose le mani fra le cosce. Ecco perché Celes si era premurata tanto di convincere anche lei. Leean non era mai stata speciale, la motivazione che le aveva raccontato era solo uno specchio per le allodole, e lei ci era cascata con tutte le scarpe.

La libertà promessa. Il senso di responsabilità che le aveva messo addosso. I sensi di colpa. Niente era vero. Niente era reale.

Celes voleva solo convincerla a tradire sua zia. Le serviva Leean, così come le servivano gli Argento. Così come le servivano Zoey, Nicholas, Jonah e tutti gli altri.

L'unica libertà che cercava di ottenere, in realtà, era la propria.

«Ragioni un po' troppo come i supercattivi,» rispose a Brie. L'altra voltò il busto nella sua direzione, e si sorrisero.

«La verità è che dovevo avere un arco di corruzione, ma mi sono ribellata. Volevo essere la buona.»

Benjamin portò le mani al volto. «Quindi siamo solo noi a fermarla? Contro gente addestrata?»

«Anche io e Lee siamo addestrate,» gli fece notare Monia. Leean si rimpicciolì. «E abbiamo anche una bombarola dalla nostra parte, no?» Alzò il mento in direzione di Zoey, che arrossì.

«Sì, ma...»

«Lasciate fare a me,» lo interruppe Brie. «Siamo un gruppo di cause perse, però forse con le informazioni di Zoey riesco a farmi venire in mente un piano.»

Zoey, Duke, Wyatt e Monia se n'erano andati. Nel salotto di Brie, Leean rimase seduta dove si trovava, al tavolo, a scrutare il contenuto ormai freddo di una tazza da tè dalle decorazioni in oro. Un ronzio di sottofondo la cullava, e lei, senza accorgersene, prese a dondolare con la schiena; il rumore proveniva da un'altra stanza, forse il frigorifero, forse qualche ventilatore da soffitto acceso.

Si beò della mancanza di voci. Senza più nessuno pronto a darle una brutta notizia, senza stimoli, Leean si godette la sensazione del sangue che le pulsava nelle tempie in un principio di emicrania. Le sembrava di avere la testa infilata in un sacchetto di plastica, isolata dal resto del mondo e appena un po' formicolante.

Forse tutto sommato erano meglio le voci.

Mancavano pochi giorni, poi Celes avrebbe inaugurato la nuova Festa dell'Ascesa.

Mancavano pochi giorni, poi Aném sarebbe cambiata per sempre. O forse era già cambiata.

Brie sprofondò sul divano con un tonfo. Reggeva un tablet sulle gambe e scarabocchiava qualcosa alla velocità di uno studente universitario che prende appunti: se la immaginò, a rileggere il giorno successivo e non capire nemmeno una parola della sua stessa scrittura.

La luce del lampadario le rischiarava un solo lato del volto. L'altra restava nascosta nell'ombra della statua.

«Non lo bevi?»

Leean batté gli occhi, confusa. Benjamin le indicò la tazza di tè, e allora lei si esibì in un mezzo sorriso molliccio. «Ah, no. Non mi va.»

«Ti dispiace se lo bevo io? Mi dà fastidio che vada sprecato.»

Aném sarebbe andata a puttane anche se non avessero buttato nemmeno una sola goccia di tè, pensò lei, ma strinse le mani fra le cosce e scosse la testa. «No, prendilo pure.»

Ben agguantò subito la tazza e se la portò alle labbra. Ne prese una lunga sorsata. Il pomo d'Adamo danzò senza ritegno. «È davvero ottimo,» esclamò, poggiandola sul tavolo.

«Sì, se ti piacciono le cose che sanno di poco.»

Il sorriso di lui le mandò una scarica dritta nel petto; perché le ricordava i momenti in cui tutti gli unici problemi che la tormentavano erano mentali, e lui si sforzava al meglio delle sue forze per aiutarla a venirne a capo. Le ricordava le promesse fatte a zia Ebony, sul mangiare solo verdura e cibi deprimenti. Le ricordava del calore del suo abbraccio.

Dovette distogliere lo sguardo e sperare che lui non si accorgesse delle lacrime che le si affacciavano all'angolo degli occhi.

«Lee, sono felice di vedere che stai bene.» Ben strinse la presa sul manico. La allentò subito dopo, in un sospiro. «Insomma, più o meno. Non ci parliamo da un sacco di tempo.» La barba gli ricopriva il mento, gli nascondeva le labbra: era ricresciuta troppo. Il suo aspetto da damerino di classe però restava nonostante tutto.

Leean alzò le spalle. «È vero,» disse soltanto. Cos'altro poteva dire? Le dispiaceva, per come si era comportata l'ultima volta, ma allo stesso tempo non era sicura di volersi scusare. Non era sicura di doversi scusare.

Forse Ben si aspettava solo un abbraccio. Immaginò di buttargli le braccia al collo, di inalare il suo profumo. E non si mosse.

Lui accarezzò il motivo dorato che percorreva il manico della tazza. «Ti devo delle scuse.» Lei sollevò il sopracciglio, in silenzio. «Credevo volessi sentirti dire di essere una Argento, che potevi farcela. Volevo che imparassi a credere in te stessa.»

Gli mise una mano sul braccio. «Ben, non serve, sto bene adesso.»

Benjamin scosse la testa. «No, invece. Stammi a sentire. Ho sbagliato, ho sempre sbagliato tutto. Ho sempre creduto che fosse giusto, sai, dividerci per ruoli. Credevo ci aiutasse a trovare la nostra direzione. Che fosse vero, che la distinzione avesse davvero un senso, non mi importava nemmeno.» Grattandosi una guancia, aggiustò la sua posizione. «Avevi ragione tu, non sei una Argento. Nessuno lo è.»

Sul divano, Brie se ne uscì con un «Ah-ah!», ed entrambi si voltarono a guardarla. Attesero una spiegazione, invece lei rimase chinata sul tablet a scrivere chissà cosa.

Leean si aggrappò alla sedia. «Certe volte mi chiedo cosa avrei fatto, se avessi potuto scegliere qualsiasi cosa.» Ammetterlo ad alta voce le diede una strana sensazione. Il sacchetto che le stringeva la testa scoppiò, e il formicolio diminuì a poco a poco.

«E lo sai, cosa avresti fatto?»

Annuì, piano. «Penso che avrei aperto un negozio di animali. Avrei dato un nome a tutti i pappagalli, tutti i canarini, tutte le tartarughe, tutti i cuccioli. Mi sarei assicurata che finissero nelle mani di persone gentili.»

Niente pistole. Niente manganelli. Niente disastri imminenti. Solo lei e gli animali fra quattro mura. Il canto degli uccellini nelle gabbie e l'abbaio dei cagnolini le avrebbero tenuto compagnia.

Benjamin scoppiò a ridere. Fu tanto improvviso che Brie gli scoccò un'occhiata stranita; Leean, invece, ne fu contagiata. «È proprio un lavoro adatto a te.»

«Sì, insomma...» Si prese una ciocca di capelli fra le dita. «Non è che sia proprio nobile, e di sicuro pulire le gabbie piene di escrementi non fa ascendere un granché l'anima, però...»

«Però staresti bene,» la interruppe lui. Leean si morse il labbro. «Staresti in pace, ed è questo l'importante, no? Alla fine, l'anima non chiede niente di tutto quello che crediamo. Libri, opere d'arte, musica, studio, non servono a niente se non li desideri. La felicità, Lee,» le batté un colpetto sulla fronte, «la tua felicità è tutto quello che conta.»

Fu bello, sentirglielo dire. Molto più di quanto credesse. Le guance le si accalorarono, e nel tentativo di raffreddarle, Lee gli rubò il tè dalle mani per scolarlo in un solo sorso. Continuava a non sapere di nulla se non acqua sporca. Era tiepido però, il che lo rendeva meno disgustoso.

Rimise giù la tazza con un sospiro. Benjamin la osservò con un sorrisetto divertito. «Hai conosciuto Duke, eh?» lo prese in giro.

Lui alzò i palmi verso l'alto. «Che posso dire? È un tipo interessante. Ha idee controverse, ma non sono sbagliate.»

«Non ne ho idea, io capisco la metà delle cose che dice.»

«Poco male, ti faccio il riassunto.» Ben si schiarì la gola. In un gesto teatrale, gonfiò il petto e spinse la mano in avanti. «Quando avremo fermato Celes e il suo gruppo di pazzi, tu, Leean Hudson, aprirai il negozio di animali più grande della città. Venderai lucertole barbute e altre creature che conosci solo tu. Magari mi convinci anche a comprarne una, anche se preferirei un cane. Sono più un tipo da cane.»

«Mi sembra un pensiero un po' troppo specifico,» rise lei.

«Eppure ti giuro che è così che dice.»

«Ce l'ho!» Brie saltò su in quello stesso istante, con il tablet stretto fra le mani. Gli altri due spostarono l'attenzione su di lei, che si avvicinò con passo baldanzoso. «Ho un piano per fermare Celes. È un po' rischioso, ma se tutto va bene dovrebbe funzionare.»

«È uno dei tuoi soliti piani strampalati?» chiese Leean.

Brie sbatté il tablet sul tavolo. «Meglio. È totalmente folle.»

«Se prevede me che do uno scappellotto a Nick, ci sto,» disse Ben.

Lei alzò l'indice. «Solo se gliene dai uno anche da parte mia.»

«Andata!»

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