Sai giocare a football?
L'indomani, il ragazzo con gli occhi verdi era di pessimo umore, nonostante la bella serata trascorsa, il taglio sulla guancia e il ricordo di quel maledetto pomeriggio gettavano un'ombra di irrequietezza nei suo occhi.
Per la prima volta iniziò a pensare a quanto rischiosa fosse la situazione in cui si era cacciato, riflettendo a lungo alla ricerca di una soluzione per allontanarsi da quel giro, senza però trovarne realmente una.
Penny lo avrebbe rincorso fino in capo al mondo se se ne fosse andato, poco ma sicuro, l'unico modo forse era parlarne con suo padre, ma lo escluse quasi subito, quell'uomo non lo aveva neanche richiamato dopo il biglietto che gli aveva lasciato, scollò le spalle cercando di allontanare il pensiero da lui, d'altronde se lo era aspettato.
Stava quasi per rimettersi sotto le coperte e non andare a scuola quella mattina, voleva rimanere lí, circondato dal silenzio e dalla solitudine, ma poi, come un fulmine a ciel sereno, si ricordó dell'appuntamento con Betty per il giornalino.
Quella ragazza era un mistero e una scocciatura per lui, non aveva alcuna voglia di fargli da babysitter, nè di condividerci il Blue and Gold, di solito chi gli si avvicinava troppo rischiava di bruciarsi, e non sapeva perché, ma non voleva che quella barbie bionda facesse quella fine, sotto sotto aveva iniziato ad affezionarsi a lei.
Arrivó al liceo di buon ora, era quasi solo nei corridoi, andó a prendere i libri nel suo armadietto e si preparó per cinque noiosissime ore di lezione.
In aula veniva quasi sempre ignorato, sia dai professori che dai compagni, ogni tanto Archie, con cui condivideva l'ora di letteratura, gli lanciava bigliettini stupidi facendolo sorridere, oggi però il bigliettino del rosso diceva qualcosa di diverso:
"Stasera Veronica darà una festa per l'inizio dell'anno, ci andranno tutti, vorrei andarci sai, credo mi piaccia V, ti prego mi accompagni?"
Jughead restó di sasso, fissando alternativamente il pezzo di carta e Archie per alcuni istanti, sorpreso da quella rivelazione.
Non se lo aspettava, non le sembrava il tipo di ragazza che potesse piacere al suo amico, in fin dei conti si conoscevano ormai da tempo, ma non c'era mai stato nulla di più di un'amicizia tra loro due.
Decise di approfondire il discorso con lui più tardi, così gli lanció un biglietto in risposta, breve ma coinciso:
"Verró a patto che mi racconti TUTTO."
Archie lo lesse, gli occhi nocciola gli si illuminarono di gioia, rise e annuì all'amico, beccandosi anche un richiamo dalla professoressa.
Il resto delle lezioni passarono lente ed inesorabili, tanto che Jughead smise ben presto di ascoltare e si perse tra i sentieri contorti dei suoi pensieri, finché finalmente non arrivó l'ora di pranzo, segnalata dal trillo della campanella.
Quando aprí la porta del giornalino notò che Betty era già arrivata, piazzandosi sull'unica poltrona della stanza.
Sembrava si fosse ormai impadronita di quel luogo, come fosse stato suo da sempre.
Aveva piazzato alcune fotografie che la ritraevano insieme a dei vecchi amici su una delle scrivanie, dove aveva appoggiato anche il suo portatile e le sue gambe, mettendosi comoda per consumare il pranzo.
Quel giorno aveva un'aria diversa rispetto al solito, indossava dei jeans skinny neri a vita alta e una felpa azzurra crop che le arrivava all'ombelico, sembrava meno una barbie e più la ragazza con cui aveva fumato e guardato le stelle la sera prima.
Lo salutò con un cenno del capo e un sorriso, tornando poi a concentrarsi sul suo panino.
«Buon Appetito barbie» le disse con sarcasmo il ragazzo, andandosi a sedere sull'altra scrivania; per tutta risposta lei si limitò ad alzare il medio, distogliendo subito l'attenzione da lui per spostarla di nuovo sul cibo.
«Lo sai che le brave ragazze non fanno questi gesti Betty?» la prese in giro lui.
«Appunto» sbottó lei con la bocca ancora mezza piena «continui a vedermi come una brava ragazza, continui a descrivermi come quella che non sono e poi cosa te lo fa pensare? Solo perché a volte mi vesto di rosa? Sei così superficiale Jones? Davvero? Pensavo che tu, beh vista la tua situazione, fossi un po' meno snob e un po' piu comprensivo, però forse mi sbagliavo anch'io»
Sentendo quelle parole, affilate come lame di diamante, l'espressione del ragazzo mutò, facendosi più cupa.
«la mia situazione? Smettila di psicoanalizzarmi, non siamo nè amici nè dobbiamo diventarlo, siamo colleghi, stop, e la nostra vita privata deve rimanere fuori da questa porta»
Lei si limitò ad alzare un sopracciglio, rispondendogli a tono: «sei tu che hai iniziato il discorso, quindi non tirarti indietro, Archie parla sempre un sacco di te, ti vuole bene, per cui diciamo che sono venuta a sapere dei tuoi trascorsi, la tua famiglia, il tuo ex, insomma, non sono qua per giudicarti sia chiaro, mi incuriosisci tutto qua, vorrei darti una mano, mi sarebbe piaciuto che qualcuno l'avesse data a me quando ero al tuo posto»
Jug la guardó esterrefatto, e anche un po' furioso, ma non con lei, che ora lo stava fissando con un espressione così tenera in attesa della sua reazione, bensí con Archie.
Aveva la bocca larga, lo sapeva, ma andare a raccontare tutto alla nuova arrivata il giorno dopo che l'aveva conosciuta sembrava eccessivo anche per i suoi standard.
«Più tardi dovró fare una chiacchierata col caro Archie mi sa» si disse quasi tra sè e sè.
Betty, allarmata dal tono minaccioso del ragazzo che le stava di fronte cercò di prendere le difese del rosso: «Non prendertela con lui idiota, è solo preoccupato per te. Comunque dicevo, il mio consiglio, se lo vuoi, è quello di uscire dall'ombra, in questa scuola, i bulli, soprattutto quelli che hanno due neuroni e giocano a football come Mantle ti temono perché sei diverso, oscuro, non ti capiscono, per cui si difendono bullizzandoti ed emarginandoti»
Jughead quasi si mise a ridere, riuscendo a trattenersi a stento, ma il tono sarcastico con cui le rispose rese comunque chiaro il concetto: «Ma va? Hai scoperto l'acqua calda Elizabeth Cooper, complimenti! Eh sentiamo, dove vorresti arrivare? Ti sembro il tipo che va a farsi amici? No e non ho certo intenzione di cominciare adesso, nè con te nè con i Bulldogs, discorso chiuso»
Ma la bionda non aveva intenzione di lasciar perdere, sembrava aver a cuore le sorti di quel ragazzo solo e con gli occhi di un verde così brillante da destabilizzarla ogni volta che si perdeva a guardarli troppo a lungo, le ricordava se stessa nella vecchia scuola.
«Chi ha parlato di amicizia? Devi farti rispettare e basta, devi iniziare a parlare il loro linguaggio, come te la cavi col football? » gli chiese poi spiazzandolo.
«Non male perché?» il tono tradiva un certo nervosismo, così come la postura scomposta che aveva appena assunto.
Elizabeth lasciò passare qualche secondo, giusto per tenerlo un po' sulle spine e poi se ne uscí con: «Perché ti ho iscritto ai provini per la squadra e temevo potessi fare brutta figura, ma a quanto pare è stata un ottima idea!»
Jughead a quel punto non potè fare altro che guardarla sbalordito, lei lo aveva iscritto ai provini per i Bulldogs? Ma era impazzita? Lo avrebbero massacrato quelli là, e lo avrebbero deriso tutto il tempo, non aveva intenzione di essere umiliato così, pensò.
Qualcosa però gli impedí di esprimere quei pensieri a voce alta, forse era paura di deludere una delle prime persone che credeva in lui?
A Betty sembrava un'ottima idea, e forse, visto che non era così male in quello sport, poteva anche fare un tentativo dopotutto, si ritrovò ad ammettere alla fine di quel monologo con se stesso.
Tanto le cose non sarebbero potute andare peggio di così no?
La ragazza sembrò leggerlo nel pensiero, incredibile come riuscisse a capirlo dopo neanche una settimana che si conoscevano, gli faceva paura e lo incuriosiva allo stesso tempo. Aveva sempre amato i giochi pericolosi, e quella biondina assomigliava molto al suo prossimo errore.
Jughead le si avvicinò, voleva godersi da vicino la sua reazione, poi le domandó: «Quando ci sono i provini?» tentando di usare un tono annoiato, di parlare con nonchalant, ma la sua voce decise di non collaborare, e le ultime sillabe gli uscirono quasi come un lamento.
Betty non sembrò farci caso, oppure come era più probabile ci aveva fatto caso ma non aveva voluto metterlo in difficoltà.
«Lunedì prossimo, alle 15» gli rispose semplicemente, mentre il suono della campanella di fine ricreazione rimbombava tra le pareti di quella piccola stanza.
Anche stavolta si erano dimenticati di discutere del giornalino, ma in compagnia di Betty Cooper il tempo assumeva una strana forma, come se tutto fosse rallentato e accelerato nello stesso momento.
La ragazza si alzò di scatto, mise il suo zaino sulle spalle e lo salutò dicendogli che si sarebbero rivisti più tardi alla festa, mentre gli regalava un sorriso così spontaneo che le illuminò anche gli occhi, fece ondeggiare la coda di cavallo che portava sempre e lasció la stanza, senza dargli il tempo di replicare.
Le piaceva proprio uscire di scena così, notó il corvino.
Jughead rimase lí ancora un po', confuso, era la prima persona che riusciva a destabilizzarlo dopo Fangs. Quella ragazza non era quello che sembrava, lei glie lo aveva ripetuto sin dal primo giorno, ma lui se ne era reso conto solo adesso, sembrava capirlo come nessun altro, meglio di Archie anche, sembrava condividere ció che provava, come se lo avesse realmente vissuto sulla sua pelle.
Impossibile, mi sto sbagliando, pensò, nessuno poteva essere così spezzato dentro e apparire così solido fuori, o essere così sereno, perché a lui, la serenità, sembrava solo un miraggio nel suo deserto fatto di solitudine.
Non capiva, non la capiva, ma voleva sicuramente scoprirne di più.
Questa volta peró non avrebbe lasciato comandare il cuore, se si fosse avvicinata troppo l'avrebbe respinta, se quello che gli aveva detto era vero Betty non meritava di soffrire di nuovo.
Per cui si disse che l'avrebbe protetta, da lui, dal suo mondo, dai Ghoulies e da suo padre.
Da ogni cosa che avrebbe potuto intaccare quell'aura di pace e benessere che sembrava circondarla ovunque andasse, contagiando anche chi aveva accanto, compreso il ragazzo dallo strano cappello.
Ma nel frattempo, adesso qualcuno doveva proteggere Archie, perché glie ne avrebbe dette quattro.
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