Serrature
Quando i cambiamenti attesi per tanti anni si presentano all'improvviso spesso non si sa come gestirli. Kisame aveva passato la bellezza di più di cinque anni a fantasticare sul suo incontro con la donnola, a pensare all'impatto che il suo viso, i suoi occhi o il suo nome potessero avere su di lui. Aveva pensato al suo corpo facendo l'amore con Tayuya, sognava di poter vedere il colore degli occhi attraverso i buchi di quella inquietante maschera, immaginato di toccare il lunghi capelli corvini passandoci in mezzo le dita. Negli ultimi tempi gli era capitato anche mentre faceva l'amore con Naruto, era per questo che la sua correttezza gli ave a fatto sentire la massima urgenza di chiarire come stavano le cose col biondo.
Naruto era sempre stata una persona fondamentale nella vita di Kisame e avrebbe continuato ad esserlo, per questo Kisame non aveva ritenuto onesto fare mistero di quelle immagini che invadevano la sua mente ogni volta che gli capitava di sfiorare un corpo diverso da quello esile e flessuoso che aveva visto sotto quella maschera.
Ora la porta di cui Naruto gli aveva consegnato le chiavi era aperta, non aveva fatto nessun capitombolo tuttavia Kisame era ancora lì che indugiava sulla soglia. Il suo rapporto d'amicizia con Naruto ne sarebbe uscito sicuramente rafforzato da tutto questo, era sempre stato all'insegna della sincerità e dell'aiuto reciproco, cose queste che uscivano naturali a entrambi senza nessuna forzatura.
Kisame aveva immaginato l'incontro con la donnola in mille modi diversi, aveva cercato quegli occhi, solo immaginati, e quei capelli sulla gente in mezzo alla strada chiedendosi come approcciarsi a qualcuno che avrebbe potuto essere lui. Si era domandato decine e decine di volte cosa sarebbe potuto accadere se fosse stata la donnola stessa a riconoscerlo casualmente vedendolo da qualche parte, d'altronde lui il suo viso lo conosceva. A volte Kisame chiudeva gli occhi per provare a captare, in un posto affollato, la voce suadente che aveva udito attraverso quella maschera. Si guardava intorno continuamente per scorgere quel moretto solitario del Susanoo che potenzialmente era suo fratello, magari nel frattempo si erano chiariti e qualche volta uscivano insieme a fare una passeggiata o qualcosa di normale e banale come la spesa.
Kisame non si era mai reso conto che in tutto questo, aveva finito per dimenticarsi quasi totalmente di Madara e di Obito che lo stava cercando disperato insieme a sua moglie. Con il passare del tempo non aveva mai perso la speranza che quella telefonata potesse arrivare e lo aveva fatto in un giorno in cui si sarebbe aspettato tutto tranne quello. La donnola era finito per cancellare ogni cosa prendendosi di prepotenza il primo posto nella scaletta delle sue priorità. Kisame aveva immaginato di tutto tranne di trovarselo tra le braccia una sera qualunque e sentire la confessione dalla sua stessa bocca. Aveva immaginato di tutto tranne che fosse Itachi. Ora finalmente era riuscito a ricomporre tutti quei frammenti che gli turbinavano in testa dal giorno in cui gli aveva risposto al telefono capendo quale era il reale motivo.
Ti ho conosciuto oltre cinque anni fa, non ora.
Ecco perché non usava la destra mentre faceva le sue acrobazie ballando. Non gli aveva ancora raccontato in che modo era finito per fratturarsi la spalla. In realtà Itachi non aveva confessato un sacco di cose, Kisame aveva intuito da subito come quel moro fosse tanto affascinate quanto misterioso.
So che non hai avuto una vita facile, non sono mica nato ieri! Ti lascio comunque tutto il tempo di cui avrai bisogno, So che dentro di te hai sentito nascere qualcosa già la sera in cui sono venuto a parlarti al Susanoo, entrambi scopriremo presto la destinazione del terzo binario. Sarà la tua la mano che stringerò durante questo viaggio, almeno di questo sono sicuro.
Kisame indugiava ancora sulla soglia, tante erano le domande che gli impedivano di fare il primo passo. Non aveva ancora ben chiaro il motivo per cui Itachi non voleva tornare a casa, avrebbe potuto trattarsi anche di una discussione momentanea con il suo compagno Nagato.
Però, nonostante tu sia legato a Nagato evidentemente da tanto tempo, quella telefonata l'hai fatta. Ti sei lanciato in una estenuante camminata sotto il sole senza acqua e cibo per raggiungermi, qualcosa vorrà pur dire.
La palestra di Kisame distava nemmeno cinque minuti di macchina dalla sua abitazione. Quando Itachi si era seduto sul sedile passeggero del suo Land Rover gli era giunto chiaro il suo profumo. Era una lieve fragranza del sapone che aveva usato per lavarsi mista a una leggera traccia di sudore residua che aveva sulla tuta nera e attillata, d'altronde aveva usato gli stessi abiti sia per fare la strada a piedi che per allenarsi. Bastò questo a far correre qualche brivido sulla pelle levigata di Kisame.
Non dissero una parola durante il percorso, Kisame aveva acceso lo stereo tenendolo comunque a basso volume, serviva solo per smorzare la tensione. Guardava Itachi in tralice guidando adagio per quelle stradine polverose. Il moro teneva lo sguardo fisso sulla strada ormai buia, certe volte sembrava che volesse escludere il mondo per rinchiudersi dentro a una bolla.
Forse vuoi tenere il dolore lontano da te.
Itachi non disse nulla finché non furono entrati in casa; non fece commenti sul salotto spazioso con l'ampia vetrata, non espresse bisogni, desideri o opinioni.
Kisame si sentì in dovere di spezzare quel silenzio: "Posso offrirti qualcosa? Vieni a sederti la cucina è piccola ma a noi basta e avanza."
Itachi si era seduto continuando a guardare il salotto al di sopra del piccolo muretto che divideva i due ambienti, solo da questo il padrone di casa aveva intuito che il locale gli piaceva. Il moro non cambiava mai espressione ma lui riusciva a cogliere i cambiamenti di luce nell'ossidiana dei suoi occhi. Kisame lo conosceva da poco ma già riusciva a leggerlo come un libro aperto.
Kisame si era seduto di fronte a lui con due bicchieri di succo d'arancia, gliene porse uno attraverso il tavolo: "Ti senti meglio ora?"
Itachi sorseggiava con calma, l'emozione di Kisame si era risvegliata solo vedendo il suo respiro appannare il vetro.
"Grazie di tutto Kisame, ti dispiace se ti chiedo un ultimo favore? Potresti accompagnarmi a casa di mio fratello?"
Le dita robuste e grandi di Kisame strinsero forte il vetro, per lui fu inevitabile chiedersi per un attimo se per caso questo fratello avesse il volto perfetto di quel moretto del Susanoo.
Tuttavia il suo sguardo e la sua voce si addolcirono: "pensavo che forse per questa sera potresti cenare con me e dormire qui, hai bisogno di riposo dopo la giornata che hai passato. Perdonami sono stato un idiota a farti anche allenare, è vero che tu non mi avevi detto niente ma io avevo visto che viso pallido avevi mentre dormivi davanti alla porta. Ero talmente preso dalla felicità che tu fossi venuto da me che mi sono fatto trascinare dall'entusiasmo."
Itachi staccò le sue labbra morbide dal bicchiere, Kisame ebbe di nuovo i brividi vedendo come rimasero per un attimo incollate al vetro. Ora conosceva la loro morbidezza, Itachi gliele aveva posate sulla sensibile pelle del collo rivelandogli di essere lui la donnola. Il moro fece il suo ultimo sorso di succo d'arancia facendo perdere di nuovo Kisame nelle evidenti nervature del collo.
"Kisame, non so come ringraziarti, ma ho un discorso in sospeso molto importante che devo affrontare con lui."
Devi dirgli le stesse cose che hai detto a me? Che la donnola sei tu?
Kisame si riscosse con fatica dal suo incanto: "Ormai è tardi e non ti fa bene affrontare una discussione adesso, potresti stare male di nuovo e io non riuscirei a chiudere occhio in preda all'angoscia. Domani mattina ti accompagno ma per stasera rimani qui tranquillo, va bene?"
Itachi non seppe dirgli di no, Kisame ogni volta, con poche parole, gli donava tutta quell'attenzione di cui era stato privo per tutta la vita. Il moro non pensava nemmeno che potesse esistere una premura del genere nei confronti di qualcuno che si è appena conosciuto.
"Sicuramente ti andranno un po' grandi ma posso prestarti qualche mio vestito, se vieni a vedere li scegliamo insieme."
Ogni parola aveva il potere di lasciare Itachi di stucco, ebbe la tentazione di prendere la mano di Kisame mentre lo seguiva nel piccolo e breve corridoio in direzione di camera sua, tuttavia non lo fece, quei potenti freni che si era autoimposto da praticamente tutta la vita sarebbero stati tenaci da eliminate.
Tenaci, come quella frizione.
Kisame aveva aperto il suo armadio laccato di bianco iniziando a rovistare al suo interno, spostava di continuo gli occhi dal moro che aveva accanto ai vestiti che prendeva in esame.
Questi ti vanno tutti decisamente grandi.
Tu sei un fuscello, questo ti farebbe assomigliare a una sposa con lo strascico.
Sarebbe meglio che tu stassi comodo.
Perdonami non trovo niente di meglio.
Alla fine era uscito fuori un vecchio pigiama grigio con un orso intento a sbadigliare disegnato sul davanti.
"Ehm... scusa ma questa è l'unica cosa rimastami da quando ancora non ero molto grosso." Kisame abbassò gli occhi imbarazzato. Itachi si portò la punta delle dita eleganti alle labbra sorridendo divertito, gli occhi si assottigliarono nel trasporto di quell'emozione che usciva come un volo di farfalle tenute troppo a osservare la primavera attraverso le pareti di una gabbia trasparente. Un'esplosione di colori che contagiò Kisame, sorrise anche lui allungando una mano per scompigliargli i capelli neri. Non solo il sorriso ma ogni singola emozione, ogni gesto e ogni sguardo di Itachi erano rari, e di conseguenza bellissimi. Kisame ripensò per un attimo alle parole di Tsunade.
Io non so cosa gli sia accaduto nella vita, ma credo che la chiave del suo cuore l'abbia tu.
Forse quella serratura aveva iniziato a sbloccarsi lasciando intravedere uno sprazzo di cielo sereno dietro alla coltre di nubi. Quello era Itachi, una persona amorevole e garbata su cui si erano stratificati anni di dolore incompreso. Kisame si rese conto in quell'istante che a lui sarebbe toccato il compito di grattarli via come si pulisce una bellissima statua candida rimasta sepolta per secoli sotto la terra. Avrebbe tirato fuori quel dolore di cui Itachi gli aveva accennato sul lettino dell'infermeria, quello che lo tormentava da quando era molto giovane. Quando sarebbe giunto quel momento Kisame sarebbe stato pronto ad accettarlo e ad accoglierlo.
Sei tu il cugino di Obito che ha subito la disgrazia a cui lui ha dovuto assistere? tu e il fratello di cui mi parlavi poco fa? Sei parente di Madara? Lo stai cercando anche tu?
Kisame emise un lieve sospiro resistendo alla tentazione di abbracciarlo ancora.
"Cosa vorresti da mangiare, hai delle preferenze particolari?"
Era facile intuire che Itachi mangiava poco, la sofferenza occupava quasi tutto il suo stomaco facendolo sempre fermare dopo pochi bocconi. Se Kisame avesse preparato qualcosa di suo gradimento sicuramente sarebbe riuscito a mandare giù qualcosa in più.
"Conosci gli s'mores? Sono divertenti da preparare insieme" Itachi fece questa proposta con la massima naturalezza, piegando leggermente la testa di lato. Kisame già adorava il modo in cui ciuffi di capelli corvini gli velavano gli occhi facendo questo gesto.
Lo sguardo di Kisame si fece intransigente come anche il tono : "certo che conosco gli s'mores, chiunque abbia visto almeno un film americano nella vita sa di cosa si tratta. Tuttavia sono delle autentiche schifezze, Itachi, il fatto che tu abbia avuto un malore non ti autorizza a mangiare zucchero a palettate, vista la situazione devi nutrirti in modo sano. Per gli s'mores facciamo un'altra volta, ok? Sono sicuro che ci faremo un sacco di risate, ma ora hai bisogno di qualcosa di diverso."
Kisame si lasciò sfuggire un sospiro sconsolato certamente notato dal moro. La predilezione di Itachi per il dolce era un chiaro sintomo di depressione, il fatto che gli avesse fatto una richiesta del genere per un pasto importante come la cena confermava la sua ipotesi. Chi soffre nella vita molto spesso ricerca consolazione dove può. Gli dispiacque redarguirlo così dopo la proposta che gli aveva fatto di prepararli insieme.
"Capisco, mi piacciono anche gli onigiri" Itachi lo fissava con la sua solita calma distaccata, tuttavia Kisame aveva notato come quella apparente freddezza, che usava probabilmente da meccanismo difensivo, nei suoi confronti fosse ormai scomparsa.
Il viso di Kisame si rasserenò mostrando quella comprensione che in realtà non si era mai affievolita: "va bene, questo posso fartelo, è un po' poco per cui se desideri altro non fare complimenti. Se vuoi riposare puoi stenderti nel mio letto naturalmente, vengo a chiamarti io."
Visto che il moro esitava ancora fermo con quel demenziale pigiama in mano, Kisame allungò una mano per fargli una lieve carezza sulla nuca.
Lo lasciò solo sapendo che se fosse rimasto lì la situazione non si sarebbe smossa di una virgola, si stava rendendo conto che con Itachi occorreva una quantità di tatto al di fuori del comune, il rischio di mettere un piede leggermente storto facendolo bloccare di nuovo era concreto. Tuttavia questa volta era differente dalla sensazione di calpestare gusci d'uova che aveva provato con Sarana e persino all'inizio con Naruto. Adesso le azioni di Kisame non avevano un alone di timore e di panico, ma un'aura di protezione e di bene sincero. Sentiva tutte queste sensazioni scendergli nel cuore per scaldarlo come un camino nell'inverno più gelido del mondo.
Kisame amava cucinare, tuttavia si accorse di non avere mai messo tanta cura in quello che preparava come quella sera. Assaggiò più volte il riso per essere certo che fosse perfetto, due piccole stuoie rettangolari facevano da tovagliette, sperò che Itachi adorasse la loro fragranza lignea almeno quanto lui. Controllò fino allo sfinimento che non ci fossero briciole sul tavolo. Itachi non era mancino, la prima cosa che Kisame aveva notato vedendolo ballare, per questo gli posizionò sia il tovagliolo che il bicchiere sulla destra. Per sistemare gli onigiri a entrambi aveva utilizzato i migliori vassoi che aveva con impresse nella ceramica marrone le venature di un tronco in modo da dare l'impressione che fosse vero. Collocò un piccolo vasetto allungato al centro della composizione con dentro un ramoscello di fiori di pesco sintetici, si rammaricò di non averne di freschi ma non avrebbe mai immaginato, uscendo di casa quella mattina, che la giornata si sarebbe conclusa con quel graditissimo ospite a cena. Quell'invitato che ora giaceva nel suo letto sicuramente addormentato visto che non lo aveva più visto uscire dalla stanza.
Kisame si avviò di nuovo per quel corridoio, forse era stato solo un sogno e nella sua stanza non c'era assolutamente nessuno, in qual caso non gli sarebbe restato che mangiarsi gli onigiri da solo sperando che un giorno quel moro talmente bisognoso d'affetto da non avere il coraggio di ammetterlo, si sarebbe accorto di lui.
Poi lo aveva visto, era là steso nel letto, il chiarore bianco della luna che filtrava dalla finestra rendeva il suo viso talmente candido che sembrava risplendere di luce propria. Si era sciolto i capelli, il viso era rivolto casualmente in direzione di Kisame che ora era lì fermo, sempre su quella soglia che ormai si era conquistato, a guardarlo estasiato. Itachi si era tirato le coperte addosso senza tuttavia nascondersi completamente. Gli occhi celeste ghiaccio di Kisame ora erano concentrati sui tre bottoncini del colletto del pigiama con l'orso, erano sganciati e si spostavano al ritmo del respiro di Itachi accentuando ancora di più il movimento del petto, Kisame si intenerì notando ancora una volta come esso apparisse leggermente accelerato.
Che ti è successo?
Kisame si era seduto sul letto per averlo più vicino senza staccargli gli occhi di dosso. Allungò una mano per tirargli via i ciuffi di capelli dal viso, le labbra piccole e leggermente carnose del moro erano appena socchiuse. Le ciglia così lunghe e nere da sembrare quasi finte, ora erano serrate nel sonno dando quell'ulteriore tocco di raffinatezza che Itachi aveva non solo nei gesti e nel parlare.
Forse i capelli a spaghetto non sono perfetti, in genere chi li ha li odia. Avere queste fossette così marcate sotto gli occhi manderebbe in crisi un sacco di gente, ma tu nella tua imperfezione sei... perfetto.
Il moro emise un lieve lamento corrugando le sopracciglia, il suo respiro accelerò.
"Cosa c'è?" sussurrò Kisame sfiorandogli una guancia con il dorso del dito.
"Sasuke..." Itachi singhiozzò agitandosi, una lacrima gli sfuggì dalle ciglia, Kisame la catturò immediatamente asciugandola, si chinò su di lui accarezzandogli dolcemente la testa.
"Tranquillo, sono qui con te."
Hai pronunciato questo nome per la seconda volta oggi, sicuramente si tratta di qualcuno che per te è importante.
Il moro sollevò le palpebre come se fossero di pietra, Kisame percepì chiaramente lo sforzo. Una mano bianca e affusolata accorse a posarsi sulla guancia bagnata, l'espressione di Itachi tradì stupore e forse anche una punta di imbarazzo per quella lacrima sfuggita quasi a tradimento.
Kisame decise di sdrammatizzare sorridendo e rimettendosi a sedere dritto: "la cena è pronta, desidero ardentemente la tua compagnia."
Io minimizzo non perché non mi importa di te, in realtà è tutto il contrario. È dalla prima volta in cui ti ho visto volteggiare su quel palo che mi domando che diavolo ti è successo.
Itachi si alzò sospirando in piedi, ricompose la sua coda bassa prelevando l'elastico rosso dal comodino, incredibile come su di lui riuscisse a donare persino quel pigiama da pazzi. Strappò di nuovo un amabile sorriso a Kisame: "metto subito i tuoi vestiti in lavatrice, così potrai sentirti di nuovo a tuo agio."
"Non so come ringraziarti, davvero, tu fai tutto questo per me nonostante io mi fermi qui solo per stanotte. Domani dovrò anche chiarire con Nagato, eravamo sconvolti entrambi quando me ne sono andato. Poi andrò a stare da mio fratello finché non troverò altro. "
Itachi seguì Kisame di nuovo lungo il corridoio. Il padrone di casa aveva fatto una sosta in bagno per infilare sul serio la sua roba in lavatrice avviando l'elettrodomestico, poi era ripartito.
"Guarda che non mi disturbi affatto, anzi, intanto goditi la cena, spero ti piaccia. Ho cucinato pochissime volte cose del genere."
Itachi rimase immobile ed estasiato di fronte a quanto preparato da Kisame.
Se mi piace? Nagato ha cucinato un'infinità di volte per me ma qui se vede quel qualcosa in più. Nagato lo fa perché non sta bene e io oggi gli ho tirato il colpo di grazia, sono anche molto preoccupato. Domani mattina sarà la prima cosa che farò andare a trovarlo.
"Dai siediti, cosa aspetti?" la voce di Kisame sembrava averlo tirato fuori da un'altra dimensione.
Si sedettero uno di fronte all'altro, gli occhi che sembravano aver perso la capacità di staccarsi gli uni dagli altri. Itachi aveva la capacità di rapire Kisame con ogni più piccolo gesto che faceva, il modo in cui lo faceva. La lentezza e la grazia con cui afferrò il suo onigiri portandoselo alla bocca, il modo in cui le sua labbra ci scomparvero dietro per pochi secondi.
Kisame aveva quasi timore che il suono di ogni suo movimento avrebbe potuto sovrastare i lievi rumori che Itachi faceva mangiando, si scoprì ad adorarli letteralmente. Era perfettamente consapevole del fatto che forse in quel momento un'espressione leggermente imbambolata si era impadronita del suo viso, ma era altrettanto vero che non gliene importava assolutamente niente.
Si chiese cosa provasse Itachi nei suoi confronti, se tutte quelle sensazioni fossero ricambiate, fossero differenti o se non esistessero proprio. Quegli occhi di ossidiana erano talmente impenetrabili che capire qualunque cosa era pressoché impossibile, a meno che non fosse stato Itachi stesso a dare il via libera. E a volte lo faceva, piccoli baluginii con i quali permetteva a chi aveva di fronte di sbirciare tra le pagine del suo cuore; poche parole per volta, a tratti prese all'inizio del racconto, a tratti prese alla fine, dirigeva totalmente lui questo gioco di mostra e nascondi. Kisame si trovava letteralmente rapito dall'essere attento a cogliere questi bagliori improvvisi e bellissimi, senza essersene reso conto ne aveva fatto lo scopo della sua vita.
Dopo cena si rilassarono sul soffice divano bianco guardando un film divertente sul grosso schermo che Kisame aveva posizionato al lato destro della grande vetrata affinché non fosse disturbato dalla luce che di giorno illuminava sia salotto che cucina come se si trovassero direttamente all'esterno. Erano entrambi rilassati tuttavia i loro corpi stavano alla giusta distanza che evitava loro di toccarsi anche per sbaglio, probabilmente era stato Itachi ad innalzare quella invisibile barriera ma in un modo talmente subliminale che la reale certezza di questo non c'era.
Kisame non poteva fare a meno di pensare che quel momento si stava avvicinando, l'istante in cui avrebbe proposto al moro di coricarsi insieme sotto le coperte. Non sarebbe successo niente, era ovvio.
Hai ancora un sacco di cose per la testa, non è vero, Itachi? Non sai se la storia con Nagato è sul serio archiviata e naturalmente hai qualcosa di cui sentirti fortemente in colpa anche lì; io non so ancora di cosa si tratta. Discorsi importanti in sospeso anche con tuo fratello, e quel Sasuke che nomini sempre ogni volta che chiudi gli occhi di sicuro è una parte importante della tua vita. Ovvio come io in questo momento sia l'ultimo dei tuoi pensieri.
Kisame lo guardava in tralice alla luce soffusa del televisore chiedendoci se ci sarebbe stato da discutere a lungo quando quell'istante sarebbe giunto.
Allora io dormo sul divano
No, ci dormo io
Non c'è problema se vieni nel letto, c'è spazio abbastanza per non toccarsi nemmeno per sbaglio...
Portami subito da mio fratello.
Kisame fu sinceramente sorpreso quando il moro rispose subito di sì senza fare la minima obiezione. Itachi era piacevolmente meravigliato di come Kisame continuasse a pensare a tutto, gli aveva persino prestato uno spazzolino da denti nuovo.
Si erano stesi nel letto fianco a fianco, Itachi aveva sciolto di nuovo i suoi capelli neri che si erano sparsi sul cuscino, dal viso sembrava esausto; si augurarono la buona notte spegnendo la luce subito dopo.
Nonostante fosse buio, Kisame aveva rivolto lo sguardo sul soffitto concentrato sull'unica striscia luminosa formata dalla luna attraverso i vetri. Si stava concentrando sul respiro di Itachi come prima aveva fatto con i rumori che produceva mangiando, gli piaceva ogni insignificante particolare di lui, ebbe l'impressione che ormai non avrebbe potuto più farne a meno. Sospirò passandosi un braccio dietro alla testa sentendo una lieve angustia salirli dentro, non era scontato che tutte queste piccole cose avrebbe potuto averle anche domani o nel futuro a venire.
Il respiro di Itachi si era fatto più profondo e regolare, probabilmente era scivolato nel sonno. Kisame prese il coraggio di avvicinarsi qualche centimetro a quel corpo che giaceva accanto a lui, l'altro non si mosse. Si avvicinò ancora, voleva sentire il calore di quella pelle candida, della vita che gli scorreva dentro. Arrivò ad accostarsi piano, si fermò un secondo udendo Itachi emettere un lieve gemito, tuttavia dormiva, il respiro era molto profondo. Il suo viso era talmente candido che Kisame poteva vederlo anche in penombra ora che i suoi occhi si erano abituati all'oscurità. Piano piano gli andò vicinissimo, mancavano pochi millimetri a sfiorare quelle labbra di velluto, Kisame respirava il suo respiro come se fosse la sua linfa vitale, annullò quella piccola distanza, sfiorò la bocca del moro con la sua, aveva un sapore molto intenso e particolare molto più marcato di tutti gli altri scuri di capelli. La sua erezione si risvegliò prepotente, nonostante non fosse il caso.
I tempi non sono maturi, sei la cosa più preziosa che ho e come tale vai trattato.
Dopo quel piccolo bacio rubato Kisame accostò la guancia al petto di Itachi facendosi cullare dal battito del suo cuore, era tranquillo adesso ma se fosse stato nuovamente preda di qualche incubo lui sarebbe stato là. Il moro emise solo un sospiro, se sognava si trattava sicuramente di qualcosa di gradevole.
"Ti amo, Itachi" sussurrò.
Lo so, l'ho detto solo perché sta dormendo.
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