Il fuoriclasse delle chiavi
Esistono momenti, nella vita, in cui si concentrano una quantità smisurata di emozioni tra l'altro molto intense. Come se quelle di un'intera esistenza si ammassassero tutte in pochi minuti di una determinata giornata; sembra quasi come se un catastrofico temporale scaricasse tutta la furia dei suoi fulmini in pochissimi metri quadrati e in un lasso di tempo della durata di meno di un'ora. Molto spesso in quei momenti non si sa come agire, non si sa cosa dire, si fa in tempo solo a compiere l'azione che si crede più giusta. Quasi sempre, in quelle occasioni, si ha poco tempo per occuparsi di quelle emozioni che ci investono in faccia come un treno in corsa. Non esiste il tempo di scegliere le parole, gli sguardi, il posto corretto un cui mettere le mani, le posizioni del corpo, il livello di contatto e di distanza con le persone che ci circondano. In quelle occasioni le parole creano una matassa informe ed estremamente rumorosa dentro la testa che richiederà un sacco di tempo per districarsi, i vocaboli giusti usciranno solo in un secondo momento, di solito quando ormai è troppo tardi.
Kisame non si era mai trovato sul serio in una situazione del genere; di emozioni forti e improvvise nella vita ne aveva avute tantissime e sempre aveva trovato le giuste azioni e le giuste parole. Era accaduto l'ultima sera in cui aveva visto Madara, le sue parole avevano centrato il bersaglio con Obito, nonostante lo scombussolamento di quel ti amo. Se ne era accorto la notte in cui lo aveva incontrato nel suo ufficio al Susanoo dopo aver parlato con Itachi per la prima volta. Era successo esattamente ciò che aveva immaginato, le sue parole di anni prima avevano forse fatto bloccare Obito all'improvviso in mezzo a una strada con gli occhi strabuzzati, oppure gli avevano fatto sfuggire un bicchiere dalle mani. Tuttavia da quel giorno il suo cambiamento era iniziato per fare il suo percorso fino alla fine.
Kisame aveva trovato le giuste parole da dire a Sarana dopo l'incidente alla festa di Capodanno da Kiba. Le aveva racimolate parlando a Tayuya del divorzio e del secondo binario percorso insieme a Naruto. Persino il giorno in cui aveva rivisto Sasori all'improvviso, nonostante tutto quello che era successo durante il loro rapporto in gioventù, Kisame aveva capito esattamente come comportarsi. Aveva saputo precisamente cosa dire quando invitando Naruto a casa sua a cena mentre entrambi ormai erano consapevoli che il loro legame era evoluto in qualcosa di diverso. Kisame era stato certo di quello che aveva fatto nell'ufficio di Obito e delle sue azioni una volta trovatosi di fronte al misterioso ballerino mascherato.
Ma ora, in quell'istante, Kisame si stava rendendo conto di non possedere il tempo necessario per scegliere le giuste parole e le migliori azioni. Sapeva già che sarebbero uscite in seguito, una volta che avrebbe potuto prendersi quel tempo che adesso mancava.
Itachi, mi concederai una seconda occasione per dirtele queste parole? Io non so esprimermi con gli occhi come fai tu. Mettere insieme le frasi che servirebbero adesso so già che mi richiederà del tempo, anche solo un giorno, ma a me non piace restare con delle parole imprigionate dentro che non hanno avuto la loro occasione, finirebbero con lo scavarmi l'anima in un modo così doloroso da farmi perdere la ragione.
Kisame si rese conto che quella seconda occasione sarebbe stata necessaria anche per Obito, per la persona che era diventata adesso. Per quell'uomo che, come suo cugino Itachi, era rimasto sepolto sotto anni di dolore stratificato dal quale era riemerso grazie a quella donna minuta con gli occhi da cerbiatta ma dalla forza straordinaria che ora era lì a tenerlo per mano.
Anche per lei, Rin, Kisame avrebbe voluto un'altra circostanza, per il suo viso che trasudava bontà, semplicità e comprensione. L'espressione era sempre quella con la quale, da dietro il bancone del bar, gli aveva spiegato il motivo per cui Sasuke era sempre allo stesso tavolo nei fine settimana.
L'avrebbe desiderata, una seconda occasione, per quei due ballerini visti soltanto di sfuggita e che ora aveva davanti, uno di loro aveva gli occhi identici a quelli di Nagato di un colore impossibile da dimenticare. L'altro sicuramente rappresentava un pezzo importate della vita di Itachi e Sasuke.
Kisame avrebbe voluto una prossima volta anche per quell'omaccione rude dalla pelle olivastra, ma dagli occhi e capelli molto belli e particolari, che lo aveva visto prendere la decisione di salire sul treno del terzo binario. In fin dei conti era anche grazie a lui se c' era riuscito, e sì, Kakuzu e Itachi erano amici e forse quella sere do oltre un anno prima l'avarissimo manager era stato generoso con la donnola concedendo a Kisame di parlarci.
E tu, Madara? Sotto quanti strati di dolore sei rimasto sepolto? Sei riuscito a scavare per uscirne? Lo so che a te piace fare tutto da solo, tuttavia vorrei saperla trovare anche per te l'occasione giusta. Forse sarà diversa da come l'hai sempre immaginata, ma le nostre vite in questi anni sono andate avanti e di cambiamenti di direzione, voluti o no, se ne sono verificati parecchi.
Erano tutti sullo stretto marciapiede sotto il vecchio portone di quel palazzo, ora, il chiasso infernale della via riempiva il silenzio impedendo forse loro di farsi prendere dal panico. Nessuno si poteva occupare delle parole e dei gesti giusti, adesso. Nessuno aveva tempo per le spiegazioni nonostante Kisame avesse riconosciuto Shisui, Yahiko e Kakuzu e viceversa. Le domande su quale rapporto avesse lui con Obito e Itachi avrebbero dovuto ancora attendere.
Yahiko, tu la verità a tuo fratello l'hai detta oppure oggi dovrà prendersi un'altra violenta pallonata in faccia?
Altra domanda che avrebbe dovuto armarsi di pazienza per il momento. Kisame aveva notato, per quel poco che lo aveva visto mentre si faceva visitare da Tsunade, quali problemi avesse Nagato. Non erano causati da qualcosa che non andava nel corpo bensì da quella sofferenza tanto grande quanto invisibile.
"Dobbiamo assolutamente entrare, Obito. Nagato è in casa ma non so se non vuole aprirmi di proposito o se è successo qualcosa di preoccupante" Itachi si era rivolto al cugino maggiore ma era palese come la richiesta fosse per tutti.
"Per me e Kisame è un gioco da ragazzi buttare giù queste quatto tavole se diamo una spallata contemporaneamente nel punto giusto, ti spiego come si fa a non fare troppo rumore" affermò Kakuzu riferendosi al portone "Itachi, quello dell'appartamento è blindato?"
"Quello purtroppo sì"
"Allora ci serve per forza un passepartout. Ma guarda se in un palazzo decrepito come questo dovevano installare delle porte blindate, trovo che anche esteticamente non c'entrino niente."
Nessuno, data la situazione, ebbe il tempo di farsi tante domante su queste conoscenze da scassinatore di Kakuzu.
"Ti ringrazio, Kakuzu, ma forse possiamo suonare a qualche altra persona per farci aprire questo, per l'altro dobbiamo farci venire in mente qualcosa, Magari Nagato, accorgendosi che siamo tutti qui, ci apre spontaneamente" Rin era intervenuta con il metodo più indolore, assolutamente in risonanza con la sua personalità e il suo modo di fare.
Fu così che andò in effetti, Itachi era riuscito a farsi aprire da una signora accampando la scusa di essersi dimenticato le chiavi. Il gruppo salì i gradini di pietra bianca vecchi e talmente consumati da risultare scivolosi. Risalirono quella tromba delle scale fatta in quel metodo non considerato più a norma; era una di quelle che girava attorno ad uno spazio vuoto centrale, già da diversi anni non si usava più per evitare incidenti o sciocchezze. I loro passi rimbombavano nelle viscere del vecchio palazzo, Obito ebbe di nuovo quella sgradevole sensazione che ogni passo fosse così rallentato da durare diversi minuti.
Quella volta sentivo il ruggito di un motore e avevo già un terribile presentimento, stavolta sento solo i nostri piedi rimbombare e il chiasso della strada in sordina ovattato dai muri. Tuttavia la sensazione è più o meno la stessa.
Obito deglutì sentendosi improvvisamente le fauci asciutte e sperando di sbagliarsi. Strinse di nuovo la mano di Rin.
"Itachi, è successo qualcosa? Sai, mi sembrava un po' strano che uno preciso come te avesse perso le chiavi"
Una signora sulla settantina di bassa statura era ferma sul pianerottolo del secondo piano, indossava una vestaglia azzurra con una fantasia floreale sul bianco. I capelli completamente candidi, scompigliati, leggermente diradati sulla fronte e privati da anni di cure e di un taglio decente. Li osservava da sopra gli occhiali da lettura graffiati e con le montatura di plastica quasi dello stesso colore del vestito. Le sue iridi verde militare non erano appannate dall'età, ma piuttosto rese lucide come sfere di vetro dalle delusioni e dalle lacrime che aveva dovuto versare nella vita in seguito ad esse.
"Ebbene, sì, accade anche a me di dimenticare qualche cosa. Non si preoccupi, è tutto a posto."
La signora sorrise sfoderando una fila di denti ancora completamente sani, si vedeva che era poco convinta soprattutto di vedere quella schiera di sette persone, tuttavia annuì rientrando nel suo appartamento.
Kisame aveva un nodo alla gola, gli pareva di percepire i sentimenti di ogni persona presente selle scale in quel momento. Mancava ancora un piano per arrivare ma ora il tempo pareva dilatarsi ad ogni scalino conquistato. Aveva notato Obito stringere i denti e serrare ancora più forte la mano della moglie, nella loro famiglia gli avvenimenti negativi erano stati già tanti e impietosi, era normale che ora trasparisse del nervosismo da parte sua. Yahiko stava forse per rivelare una scomoda verità al fratello, tuttavia era impassibile e trasudava sicurezza in se stesso, si notava anche dal modo che aveva di camminare con le spalle dritte e le gambe leggermente divaricate.
Anche tu indossi una maschera quando sei davanti alle persone per darti un contegno o sei sul serio in quel modo? Se fosse così non sarebbe nemmeno completamente sbagliato, in fin dei conti i problemi vanno affrontati a testa alta e nel momento in cui si presentano, inutile arrovellarsi quando ancora non si è certi di niente.
Shisui non aveva detto una parola da quando era arrivato. Kisame aveva intuito che era una persona estremamente positiva ma, a differenza di Naruto, di fronte alle difficoltà altrui molto probabilmente non si sentiva all'altezza di dare consigli e per questo si faceva da parte. Forse un lieve complesso di inferiorità lo perseguitava fin da quando era giovane senza che lui se ne rendesse conto.
Beh, dovresti provare Shisui. Magari il fatto che tu possa strappare un sorriso potrebbe far sentire sollevato sia te che l'altra persona.
Itachi cercava ancora di essere calmo e forte per tutti, come sempre; tuttavia a Kisame ormai non poteva sfuggire più nulla che lo riguardasse. Stava cercando di non aggravare la preoccupazione di Obito e al tempo stesso si sentiva in colpa per averlo chiamato e messo in allarme. Lo stesso valeva per suo cugino Shisui, Itachi si rammaricava di aver turbato la sua positività. Si crucciava certamente perché ora Yahiko sarebbe stato costretto a dare le sue spiegazioni a Nagato. Kisame lo osservava da dietro mentre apriva quel corteo, si concentrava sulla sua bellissima coda bassa di un nero diverso di quello della tuta aderente, l'unico oggetto delle sue cose ad essergli rimasto. Kisame osservava la linea della sua mascella. Si stupiva di come potesse riuscire, anche in quella situazione, a salire le scale in modo elegante e calmo.
Ti vedo attraverso, ormai, è vero che sei un cristallo e come lui trasparente.
Itachi e Yahiko, le persone più legate a Nagato, si fecero sotto il portone del terzo piano. Il moro suonò il campanello.
Lo fai in modo affabile.
Dopo qualche minuto che non otteneva risposta, il rosso con i piercing si mise a colpire la porta blindata tempestandola di pugni e chiamando Nagato ad alta voce. Itachi si era voltato sconsolato verso il resto del gruppo.
D'accordo, lo vedo solo io quello che stai provando.
"Ragazzi, in qualche modo la apriamo questa porta state tranquilli" Shisui aveva parlato guardando istintivamente Kakuzu.
"Io credo che la cosa migliore sia chiamare il sindaco, è un mio caro amico e so che farà di tutto per risolvere questa situazione" Kisame aveva già preso il telefono mentre tutti si giravano nella sua direzione.
Obito annuì lievemente, sapeva di chi stava parlando. Naruto faceva parte di quelle persone che non aveva più visto dopo quella famigerata sera, tuttavia alle elezioni era stato lieto di votare a suo favore, gli infiniti pregi del biondo erano evidenti già allora. Anche Itachi non poteva dimenticarsi di quel biondino dagli occhi turchesi per cui si era esibito nel privè del Susanoo cinque prima. Il moro aveva collegato i fatti quando aveva visto Naruto giungere nella palestra di Kisame con pasticcini e spumante. E ora vedeva che Kisame lo capiva, comprendeva le parole dette dai suoi occhi come sempre.
Naruto, non devi temere mai di perdere qualcuno, soprattutto me. Come vedi sei una persona che rimarrà sempre preziosa per tutti.
Naruto non era il tipo da farsi travolgere dalle dalle cosiddette botte di dolore. Quelle che non si avvertono subito a botta calda quando una relazione finisce ma che si fanno sentire col tempo, con il passare dei giorni, quando per la maggior parte delle persone non è cambiato nulla mentre in poche ore la tua vita si è stravolta. Non era il tipo anche perché semplicemente questa volta non era così. Il rapporto con Kisame non era finito dall'oggi al domani, aveva intrapreso una lenta evoluzione di cui entrambi erano stati consapevoli sin da subito. I legami stretti in giovane età sono sempre destinati a cambiare perché le persone che li hanno allacciati mutano naturalmente con la crescita. Quando Naruto lo aveva conosciuto, Kisame era un ragazzo con un cuore immenso ma pieno di difficoltà. Doveva destreggiarsi tra persone che lo ostacolavano e non lo accettavano, sia pure in buona fede. Naruto, tuttavia, aveva capito subito che l'ostacolo più grande era rappresentato proprio da lui stesso, era frenato dai suoi timori di sbagliare e di ferire le persone e per questo era finito col perdere di vista il vero se stesso. Gli aveva consegnato le chiavi della felicità e ora non poteva che essere lieto nel vederlo finalmente prendere in mano il coraggio di aprire tutte quelle porte senza più avere paura.
Perché dovrei essere addolorato per questo? Un mio caro amico ha finalmente preso in mano la sua vita grazie a me e questo mi rende infinitamente soddisfatto. Mi piace ciò che il nostro rapporto è diventato. Kisame se non vedrai dispiacere sul mio viso non è assolutamente perché non mi importava più niente di te, anzi, tutto l'opposto.
Naruto sorrise nel sole di quella splendida primavera, certo che da ora in poi la vita di Kisame sarebbe stata speciale e anche la sua.
L'amico non era l'unica persona ad avere avuto bisogno del suo aiuto. Appena assunta la carica di sindaco aveva deciso di fare qualcosa di concreto per i giovani della città, per questo aveva fatto ristrutturare un vecchio palazzo in centro. Era abbastanza grande da ospitare una grossa biblioteca, un centro per l'impiego e un polo per la formazione a distanza, tutto rigorosamente gratuito. Naruto aveva persino fatto mettere a posto l'immenso giardino che aveva intorno trasformandolo in un bellissimo parco; al piano terra trovavano posto anche un bar e un ristorante. Con una elegante camicia bianca infilata dentro ai jeans e dei mocassini di pelle marrone, Naruto si stava recando a controllare se in questo centro per l'impiego non ci fossero liste di attesa troppo lunghe ad indicare che qualcosa non funzionava.
Gli piaceva spostarsi a piedi, la gente naturalmente lo riconosceva, lo salutavano e lo invitavano a prendere un caffè o addirittura a pranzo. Ma questo a Naruto non dava assolutamente fastidio, anzi, era fonte di immenso piacere per lui. Bastava partire ogni mattina con largo anticipo per riuscire a soddisfare sia i suoi impegni che le molte manifestazioni d'affetto e amicizia ricevute lungo la strada.
I ragazzi che incontrò per i corridoi del palazzo lastricati di cotto rosso, lo accolsero con saluti gioiosi e applausi, Molte persone si sarebbero sentite in imbarazzo ad essere popolari, altri si monterebbero eccessivamente la testa diventando degli arroganti, ma lui no, sembrava esserci nato per queste cose, si destreggiava nella notorietà rimanendo tuttavia umile.
Ricevette nient'altro che sorrisi dagli impiegati del centro per l'impiego e questo già gli fece capire che le attività procedevano nel giusto verso, già sapevano cosa desiderava vedere e tenevano le liste di tutte le persone che erano state assunte pronte per la sua ispezione. Il vero leader viene seguito spontaneamente e con gioia dagli altri, chi ha bisogno di usare la forza per farsi ubbidire non è adatto a fare questo mestiere. Naruto si rese conto con molta soddisfazione che chiunque si fosse rivolto in quell'ufficio, aveva trovato lavoro dopo massimo una settimana di attesa.
Non mi sento protagonista per questo, sono cose normalissime che la mia carica prevede.
Si incamminò di nuovo per i corridoi che profumavano ancora di vernice fresca. Avrebbe fatto visita anche alla biblioteca e al polo di formazione a distanza, poi magari sarebbe sceso al bar certo che qualcuno non vedeva l'ora di prendere un caffè in compagnia del sindaco. Il suo telefono squillava di continuo, soltanto che quando era impegnato a parlare con qualcuno evitava di rispondere subito per non essere maleducato. Stava per fare ciò anche quel giorno avendo già il responsabile della biblioteca di fronte, si era solo tolto il cellulare dalla tasca dei jeans un secondo per abbassare il volume della suoneria ma, vedendo che chi lo stava cercando era Kisame, la sua bocca si spalancò leggermente mentre si scusava con l'uomo che aveva davanti: "mi perdoni ma credo sia urgente."
Naruto ascoltò molto attentamente la spiegazione del suo amico dall'altro capo del filo. Le sopracciglia bionde si erano aggrottate leggermente udendo nel sottofondo qualcuno che chiamava il nome di Nagato ad alta voce battendo colpi da qualche parte, molto probabilmente una porta. Distinse anche altre voci capendo che la faccenda aveva coinvolto diverse persone, sentì parlare anche di un passepartuot e di spallate al portone.
Kisame, non so chi siamo queste persone, ho udito diverse voci e nessuna di queste corrisponde a qualcuno che conosco, ma lo so che la tua persona speciale è lì con te in questo momento, lo sento che ti stai impegnando al massimo per aiutarla. Non solo vi darò una mano in questa faccenda che sembra così seria, ma verrò lì per gioire insieme con te della tua felicità. Sono sempre più sicuro che questa persona sia straordinaria, vista la tua intelligenza non potrebbe essere altrimenti.
"Capisco, Kisame. Ti dico la verità, esiste il rischio concreto, da quello che hai detto su di lui, che questo Nagato di cui parli abbia commesso qualche sciocchezza. Non farti vedere dagli altri entrare nel panico, sii forte come sai essere tu, so che puoi riuscirci."
Senza essersene reso nemmeno conto, Naruto aveva iniziato a correre nel corridoi per uscire dal palazzo. Non aveva salutato nemmeno il responsabile della biblioteca, come non faceva più caso alle persone che gli sorridevano o che avrebbero voluto fermarlo per scambiare qualche parola.
Perdonatemi, ma io ho fiducia in voi e so che capirete.
Il taxi che aveva chiamato lo stava già attendendo fuori.
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