Frammenti
Dopo il divorzio da Tayuya, Kisame si era trasferito in una piccola ma graziosa casetta in periferia, vicino al posto che aveva scelto per tirare su la sua attività. Al contrario della zona in cui si trovava la palestra, quella in cui abitava aveva le strade asfaltate anche se non esattamente ben tenute da una manutenzione continua; alcune crepe e avvallamenti avevano iniziato a prendersi il loro posto sul selciato. Kisame aveva un giardino con due grossi salici piangenti al tronco dei quali aveva fissato un'amaca, circa una volta a settimana falciava il suo prato con le cuffie ben piantate nelle orecchie. Fu durante una queste mattinate che ebbe l'idea di arricchire le sue attività decidendo di iniziare a intraprendere delle gare di culturismo. In fin dei conti poteva allenarsi e perfezionarsi anche lui insieme ai suoi clienti che finivano per diventare inevitabilmente anche suoi amici.
Era un periodo tutto sommato sereno e positivo, Naruto sembrava sfondare nella campagna elettorale ed era sempre più fiducioso sul fatto che avrebbe raggiunto il suo obiettivo senza problemi. Da quando Kisame abitava per conto proprio, il biondo passava sempre più spesso le serate da lui, l'ampio salotto con l'immensa vetrata che dava sul giardino era perfetto per le loro lunghe sessioni di coccole. Naruto naturalmente aveva voluto sperimentare anche l'amaca per fare l'amore.
"E quando mi ricapita un'occasione come questa?" il suo sorriso che andava allargandosi avrebbe impedito a chiunque di dire di no.
Non era importato a nessuno dei due se qualcuno dalla strada avrebbe potuto vederli, ebbero l'impressione di volare e di fondersi con quel cielo così azzurro e intenso da far girare la testa. E Kisame le vertigini le avvertiva sul serio.
Di che colore sono i tuoi occhi?
Avrebbe ringraziato per tutta la vita la pelle rosata e sincera di Naruto, i suoi capelli dorati e solari come lo sguardo che stava sotto a quella frangia corta e sbarazzina. Non se ne sarebbe andato tra un minuto, tra un giorno, forse nemmeno tra un mese, ma sarebbe accaduto. Kisame sentiva che il suo posto era da un'altra parte sebbene al momento restasse ancora sconosciuto. Il biondo faceva scivolare piano le sua braccia intorno al suo corpo muscoloso.
Tu ce l'hai qualcuno che ti abbraccia e ti scalda?
Kisame sentiva che le cose veramente importanti bussavano ormai alla sua porta, non poteva lasciarla chiusa adesso.
Il giorno successivo aveva votato per Naruto alle elezioni sorridendo da solo mentre riconsegnava la scheda al presidente del seggio.
Vincerai, non potrebbe essere altrimenti. Anche chi non ti conosce personalmente vede tutte le soluzioni dentro ai tuoi occhi, tutti i suoi sogni, così come li vidi io la prima volta che ti guardai. Buona fortuna.
Uscendo di nuovo nel sole Kisame sorrise con le mani in tasca e la faccia persa nel cielo ripensando a quante ne avevano passate insieme lui e Naruto. Gli aveva fatto dimenticare lo strazio provato per Madara, o almeno lo aveva ridotto a una dimensione talmente piccola da risultare sopportabile. Naruto gli aveva fatto capire che avere delle particolarità differenti dalla maggioranza delle persone rappresenta un punto di forza, qualcosa a cui agganciarti per farti ricordare, e non qualcosa di sbagliato di cui vergognarsi. Il biondo aveva preso come punto di partenza per fargli capire questo il disastroso equivoco accaduto con Sarana e Tayuya alla festa da Kiba.
Già Sarana, tu come te passi?
Kisame sospirò abbassando lo sguardo mentre prendeva consapevolezza di aver mietuto inevitabilmente delle vittime lungo il suo cammino.
E chi non ne fa di vittime? È inevitabile, sempre si finisce con l'entrare in contrasto con qualcuno nel corso della vita, non si può piacere a tutti e non si può pretendere che tutti ci piacciano.
Gli sembrò di udire Naruto pronunciare queste parole con il suo sguardo limpido e il sorriso rassicurante.
Nella mia testa le hai dette tu queste parole ma in realtà le ho formulate io, gli strumenti che hai voluto darmi ora ho le prove di averli fatti miei. Li sto usando, l'ho appena fatto.
Kisame era giunto dove Naruto lo aveva desiderato portare sin dall'inizio, adesso era il biondo a meritare qualcuno che facesse qualcosa per lui.
Non è che non ci vogliamo più bene, Naruto, questo non accadrà mai. Semplicemente la nostra storia era destinata a fare un percorso che prevedeva un inizio, un'evoluzione e una fine così come accade a tante persone. Non è colpa di nessuno, entrambi avevamo bisogno di questo e ci siamo trovati al momento giusto. Dovrò dirtelo tutto questo, lo so.
Se Kisame, la notte dopo la festa organizzata da Deidara non aveva chiuso occhio, non era perché doveva ancora abituarsi alla nuova casa, quello era un problema che non era mai esistito in realtà. Era piccola ma luminosa come aveva sempre sognato, senza contare che la scritta in nero benvenuti tra i ciottoli bianchi del vialetto, subito dietro al cancello, lo aveva fatto sciogliere sin da subito. Non era nemmeno disturbato da rumori molesti, c'erano altre abitazioni intorno ma la zona era talmente tranquilla da sembrare quasi sospesa dentro una grossa bolla di sapone fluttuante. Era un colore ad averlo tenuto sveglio, un'ossidiana nera e lucida.
Mi parlerai di Madara? Mi hai cercato per questo? Sei uno dei cugini di Obito con cui la vita non è stata troppo clemente? Sono quasi certo del colore dei tuoi occhi, ma qualcosa mi dice che i tuoi sono più incisivi, incantevoli.
Da quando Kisame aveva ricevuto quella telefonata, non poteva negare che un uragano silenzioso, impalpabile tuttavia inesorabile, aveva ribaltato come un calzino la sua esistenza effettivamente con poco.
Itachi...
Non esisteva un volto, gli occhi erano solo immaginati, c'erano state solo poche parole pronunciate con calma, gentili ed educate come ci si aspetta da una normale conversazione telefonica tra sconosciuti, tuttavia quel nome era diventato nel giro di poche ore il suo punto debole più grande.
Itachi... non ti conosco nemmeno ma già hai il potere di tenermi sveglio la notte.
Kisame aspettava con trepidazione che giungesse il pomeriggio per associare finalmente un viso a quel nome.
La mattina si era immerso in una estenuante sessione di allenamenti nell'illusione di dare un colpo di acceleratore al tempo; non se la sentiva nemmeno di redarguire Deidara mentre, tra una serie e l'altra, si sbaciucchiava Karin infilandole le mani ovunque. Durante gli allenamenti raccoglieva i lunghi e folti capelli in una treccia ma non per questo risultava meno vistoso e chiassoso. Per Hidan aveva messo a punto un programma davvero tosto, l'energia che aveva da incanalare era veramente tanta e impetuosa.
Ancora mi stupisco del potere che ha la mente sul corpo addirittura riesce ad aumentare esponenzialmente la forza muscolare. Beh, alla fine è quello che sta accadendo un po' anche a me, nonostante non abbia chiuso occhio stanotte oggi sono carico come una molla.
Se l'amico di Hidan, quello con cui aveva seguito il corso di gestione della rabbia, era tanto energico quanto lui. Kisame avrebbe dovuto vigilare costantemente affinché non rompessero qualcosa. Tayuya non si sarebbe annoiata di certo con un tipo come Hidan, Kisame era sempre più convinto che fossero fatti l'uno per l'altra. Gli sfuggì un piccolo sorriso pensando a lei.
"Deidara, adesso finiscila, quando è troppo è troppo!" Tsunade aveva interrotto bruscamente la serie che stava facendo alla macchina dei pettorali sovrastando con la sua voce incisiva la musica in filodiffusione. Il biondo aveva prelevato Karin dal suo piccolo box trascinandola per un braccio. La sedia si era ribaltata con un sonoro schianto mentre la tastiera del pc aveva rischiato di fare la stessa fine. Il biondo se l'era caricata sulle spalle tenendola tesa come uno stoccafisso usandola per fare degli squat davanti a tutti. Sentendo il grido di Tsunade l'aveva lasciata andare all'istante, la rossa era ritornata al suo posto quasi correndo, con la testa bassa e gli stampi delle dita di Deidara sulla pelle delle cosce.
Il biondo ridacchiava maliziosamente con gli occhi scintillanti: "Senti chi parla! Lo sai che per colpa tua sono rimasto traumatizzato dai cocomeri? Ogni volta che ne vedo uno sono convinto che dopo dieci minuti arrivi tu."
La dottoressa aveva aperto la sua graziosa bocca sempre tirata a lucido per rispondergli ma fu fermata da una pacca di Samui.
Per Deidara era sufficiente che il centro della scena fosse suo anche per pochi secondi per renderlo soddisfatto. Bastava guardare come si vestiva anche in tenuta sportiva, una maglia aderente nera e verde con una lingua disegnata sopra che lasciava davvero poco spazio all'immaginazione, pantaloni attillatissimi degli stessi colori; sarebbe rimasto volentieri solo con quelli addosso se Kisame non lo avesse rimbrottato dopo dieci minuti che girava impettito come un pavone a torso nudo.
Tsunade e Samui erano poi tornate a fare a gara a chi gonfiava di più il petto ma stavolta cinguettando e ridendo.
Bella coppia anche loro, chi lo avrebbe detto?
Come non era riuscito a dormire, quel giorno Kisame non ce l'aveva fatta a mandare giù nemmeno un boccone, per questo durante la pausa pranzo, invece che rientrare a casa era andato a farsi una lunga passeggiata. Essendo un zona prettamente industriale nei momenti in cui le attività erano chiuse rimaneva praticamente deserta. Di cambiamenti nella sua vita ce ne erano stati tanti, la maggior parte erano stati desiderati, lottati, conquistati con le unghie e coi denti, ma l'ultimo era capitato senza avvertire.
In fin dei conti sono le cose migliori quelle che capitano quando meno te lo aspetti, no? E poi perché mi sono fissato che oggi la mia vita debba per forza cambiare?
Per quanto ne sapeva quell'uomo che gli aveva telefonato poteva essere un cliente qualunque, forse l'omonimia con Madara era solo un caso e non lo conosceva nemmeno.
Madara, se mi volevi davvero perché non sei stato tu a cercarmi in tutti questi anni? Non hai cercato nemmeno Obito, per quanto possa averti sconvolto il suo comportamento è pur sempre tuo cugino e anche lui ha avuto i suoi problemi belli grossi.
La trepidazione per quell'incontro spinse Kisame ad aprire una mezz'oretta prima quel pomeriggio.
Coraggio, stasera quando uscirai da quella porta saprai.
Rimproverò se stesso per farsi divorare da tutta quell'apprensione, era pur vero che Madara era stato una parte importante della sua vita; lo aveva amato, desiderato, ma era pur sempre una storia adolescenziale. Erano le quattro e mezzo del pomeriggio e i suoi occhi non avevano mai smesso di stare puntati sul parcheggio attraverso la parete interamente fatta di vetro.
"Kisame, che ti succede? Sei distratto da qualcosa" la voce graffiante di Tayuya lo aveva riportato alla realtà.
"L'ultima volta che hai detto questa frase ti ricordi come è finita!" Kisame aveva sorriso sinceramente divertito.
Già, stavo per saltare sul treno del terzo binario, ancora non ho iniziato a visitare la città in cui sono sceso.
Risero entrambi allegramente, tanto che l'arrivo di una Alfa Romeo 159 argentata era sfuggito a tutti e due. La porta a vetri si aprì spinta da un rosso dai capelli di un colore più unico che raro. Il rapido sollievo che provò Kisame nella sicurezza di apprendere che quello decisamente non era un parente di Madara, gli impedì di considerare appieno quella suggestiva tonalità vinaccia e il fatto che il suo viso piccolo e pallido ci fosse nascosto in mezzo in maniera quasi totale. Iniziò ad avanzare barcollando leggermente perso in quel golfino grigio e nei jeans chiari decisamente troppo larghi.
Accidenti come è magro! Anche le taglie di un dodicenne sarebbero troppo per lui.
Gli venne in mente Sasori per qualche istante. Tuttavia lo sgravio in cui si stava crogiolando durò pochissimi secondi, un'altra persona era entrata da quella porta. La forte luce del sole in quel pomeriggio di primavera rendeva per ora solo una sagoma scura. Un poco più alto del rosso che lo precedeva, slanciato, magro, ma lui in maniera sana. Kisame aguzzò lo sguardo, aveva fatto un solo passo oltre la soglia, ancora solo una figura in controluce. Il rosso si voltò verso di lui e questo lo convinse finalmente ad avanzare abbandonando il cono d'ombra.
Il grido di quegli occhi investì Kisame come un'onda d'urto. Era silenzioso, calmo, camminava preciso e senza emettere suoni, quasi volando. Tuttavia quello sguardo urlava disperatamente e in eterno. Il pallore della pelle e la lunghezza delle ciglia mettevano ancora più in evidenza il nero degli occhi. Assomigliava a Madara, pur essendoci qualcosa di molto diverso.
Più che a Madara assomiglia a qualcun altro che non ricordo dove ho visto.
Kisame si sentì girare la testa. Era questo a tenermi sveglio stanotte.
Era lui al telefono, Kisame non aveva alcun dubbio, quell'atteggiamento flemmatico si rifletteva anche nel modo di parlare.
Quel grido disperato sono in pochi ad udirlo, non è vero? Se qualcuno per caso lo fa fugge a gambe levate poco dopo. Il viso è saldo, forse hai paura che il tuo dolore non venga capito o sei convinto di non meritare nemmeno di soffrire. Ti reprimi per proteggere qualcosa o qualcuno ma non sai che ai tuoi occhi sfugge ogni cosa, io ho colto tutto ancora prima di conoscerti.
Kisame non riuscì a fare niente per impedire alla sua bocca di spalancarsi, la sua volontà non faceva presa come una frizione consumata che impedisce alla marcia di ingranarsi.
Se almeno avessi il collo alto, potrei sembrare un po' meno ebete.
Kisame aveva voglia di fare un passo indietro ogni volta che l'altro ne faceva uno in avanti, ma così facendo si sarebbe trovato presto contro il muro non risolvendo assolutamente niente.
Karin era uscita dal suo piccolo ufficio, per accogliere nuovi arrivati.
"Grazie, Karin, faccio io."
Kisame ora li aveva di fronte entrambi, due tipi diversi, contrastanti. Il viso del rosso che era entrato per primo era liscio, levigato, la carnagione talmente pallida da sembrare quasi violacea sommerso dai capelli quasi a volersi nascondere. Tuttavia quegli occhi erano unici al mondo, Kisame fu certo di scorgere delle sfumature viola nonostante fossero marroni
Tu nascondi il tuo corpo, l'altro le emozioni.
Il moro era elegante e molto bello. Un gilet grigio messo sopra una maglia a maniche lunghe nera dal tessuto sottile, fasciava a pennello la sua vita stretta, i pantaloni rosso mattone. La pelle bianchissima ma senza toni malsani, stava composto e immobile ma si vedeva che il suo corpo era fatto per essere flessibile. Il viso perfetto se non fosse stato per quelle profonde fossette che aveva sotto gli occhi., le quali tuttavia lo rendevano particolare e unico.
Saprò a cosa attaccarmi per ricordarmi di te.
I capelli corvini decisamente incantevoli, molto lunghi e lucenti, costretti in una coda bassa. Alcuni ciuffi più corti incorniciano e ricadono sulla maschera rendendola meno sinistra... Dannazione, perché ora sto pensando a questo?
Si rivolse senza esitare e sorridendo gentilmente al moro con il viso impassibile ma lo sguardo disperato: "Ci siamo sentiti ieri, vero?"
Il rosso taceva con lo sguardo fisso su Kisame mentre il moro ripeteva il suo nome facendo sentire Kisame come se una nuvola leggerissima di piume lo stesse alzando delicatamente da terra.
Itachi... Si abbandonava a quella voce suadente e gentile mentre gli spiegava il suo problema alla spalla destra.
Si vede che non sei mancino...
Kisame era finito col dimenticarsi completamente di Madara, persino del ti amo che gli aveva detto parlandogli per l'ultima volta; si lasciò cullare da quella beatitudine che si era impadronita di lui. Frammenti di quello che sembrava un continuo dèjà vu gli vorticavano davanti senza tuttavia sconvolgerlo, quasi come se inconsciamente si stesse aspettando tutto questo già da diverso tempo.
Kisame aveva appena finito di spiegargli che gli serviva prima un visita di Tsunade quando il rosso magrissimo parlò per la prima volta: "Mi chiamo Nagato, sono il suo compagno. Vorrei iscrivermi anche io" sorrise tendendogli la mano, il viso mite, comprensivo.
La sua voce incisiva, nonostante il corpo da fuscello, aveva mandato in frantumi la nuvola di soffici piume su cui stava fluttuando Kisame, si era dissolta letteralmente come uno uno di quei tornado devastanti che spariscono in un attimo senza un apparente motivo. Il rosso sorrideva, tranquillo e posato, incurante della tempesta che aveva scatenato dentro Kisame.
Perché mi sento così? Perché ho l'impressione che uno schiacciasassi mi abbia investito all'improvviso? Vi conosco entrambi solo da pochi minuti. Itachi... il tuo sguardo mi ha tolto il respiro, non mi sta tornando nemmeno ora che sono ripiombato di nuovo con il sedere per terra.
Il moro piegò leggermente la testa da un lato sempre guardandolo, come in attesa che Kisame spiegasse qualcosa o si decidesse a muoversi, un ciuffo di capelli gli aveva velato leggermente l'occhio sinistro in quel movimento. Aveva le nervature del collo molto definite e marcate seppure rimanendo molto fine e aggraziato. Una collana semplicissima, tre cerchietti di metallo argentato lisci e sterili somiglianti a bulloni, Kisame si perse di nuovo per qualche interminabile secondo.
Li accompagnò nell'infermeria dove Tsunade li avrebbe visitati. Non sarebbe stato necessario tuttavia era entrato nella stanza insieme con loro come se si aspettasse di sapere e di... vedere.
"Tsunade, lui è Itachi, si è fratturato una spalla anni fa..."
"Perbacco, Kisame, io mi preoccuperei più dell'altro" lo interruppe la donna, poi rivolgendosi a Nagato e addolcendo l'espressione solenne dei suoi occhi nocciola: "stenditi sul lettino e spogliati, mi serve un'indagine accurata."
La procace dottoressa si era chinata su di lui letteralmente appoggiandogli il petto prosperoso alla base del collo. A Kisame questa volta non venne da ridere solo perché i suoi occhi rimanevano incollati sul moro, senza rimedio.
Itachi era seduto sulla sedia di fronte alla scrivania di Tsunade con lo sguardo fisso nel vuoto davanti a sé, le gambe elegantemente accavallate con le mani posate sopra. Kisame era dietro di lui, in piedi, congelato in una immobilità causata non capiva bene da cosa.
Imbarazzo? Paura di dire stupidaggini? Se devo essere sincero in questo momento non mi viene nessuna parola.
Gli occhi chiarissimi di Kisame indugiavano su quel codino liscio e nero che ricadeva in mezzo alla schiena dell'altro.
Avevo ragione, mai visto capelli più incantevoli di questi. Forse ho una vaga idea di come potresti essere se ti sfilassi quell'elastico rosso, ma questa immagine di te è... senza faccia.
Kisame dovette fare degli sforzi immani per impedire alle sue mani di posarsi su quelle spalle esili e incurvate.
Cos'è che ti ha fatto rassegnare a portare su di te tutte le colpe del mondo?
Quasi inconsapevolmente, Kisame gli si era fatto un poco di lato. Ora ammirava la linea perfetta del naso e la lunghezza incredibile delle ciglia, il moro sembrava truccato pur senza esserlo, notò il petto alzarsi e abbassarsi nel respiro leggermente faticoso.
Non solo gli occhi gridano la tua pena, cosa ti è successo?
In quel momento Kisame ebbe la chiara visione di un cammino non facile tuttavia bellissimo pur non sapendo quale avrebbe dovuto essere la mano da stringere durante quel tragitto. Quella di Itachi forse no, in fin dei conti non sapeva assolutamente niente di lui e le poche opinioni che si era formato nella testa erano totalmente idealizzate, poteva essere forse la mano di Madara? Forse, ma era consapevole che non avrebbe dovuto aspettarsi niente da un suo eventuale ritrovamento, il tempo era passato per entrambi facendoli evolvere in modi diversi e magari interamente divergenti. Il Madara che era rimasto nella testa di Kisame era ancora poco più che ventenne, così come il Kisame che era nella testa di Madara era appena diciottenne, ovunque egli fosse. Il treno del terzo binario lo aveva portato da qualche parte, quello era certo, ora doveva capire in che direzione e con chi farsi il resto del viaggio.
"Va bene, grazie. Ti puoi rivestire."
Nagato si era sollevato a sedere sul lettino prima di scendere per recuperare il suo golfino grigio. Faceva tenerezza quel corpo, le clavicole formavano due buchi, lo sterno era visibile e le ossa del bacino sporgevano come due lame.
Confermo quello che pensavo osservando Hidan, il potere che ha la mente sul corpo è impressionante, produce effetti diversi a seconda delle persone, ma sempre potenti ed estremi.
"Allora Itachi, fammi vedere questa spalla. Rimani pure seduto, togliti solo la maglia."
Kisame deglutì, la sua vista fu invasa da un riverbero multicolore.
Il momento è ora.
Ogni frammento di pensiero gli veniva sempre senza un motivo apparente. Il moro si era sfilato l'elegante gilet grigio e la maglia nera subito dopo. Come se nulla fosse, lentamente, con calma quasi distaccata, senza avvertire le forti emozioni di Kisame che gli stava accanto. Eppure erano talmente intense che Kisame le avvertiva uscire dal corpo, gli pareva di vederle sotto forma di raggi di luce che invadevano la stanza prepotenti. I suoi occhi del colore del ghiaccio percorrevano gli addominali e i pettorali del moro, visibili ma non esagerati.
Sei più magro dell'ultima volta... ma sei tonico, flessuoso.
Kisame sentì rompersi qualcosa dentro, come un motore a cui si stacca una valvola. Precipiterà inesorabile sull'asfalto dopo aver attraversato i vari organi moribondi della macchina tintinnando dentro il cofano, un piccolo pezzo ma la sua mancanza condanna a morte il motore dopo pochi secondi. Quella valvola per Kisame aveva avuto la forma di due linee sinuose che quasi si sfioravano tuttavia destinate a non incontrarsi mai. Una mezza spirale molto semplice sfiorata da un altro tratto morbido che si piegava accogliendo la sua curva, erano impresse sulla spalla sinistra del moro che ora Tsunade stava visitando.
Mio fratello ha un tatuaggio sulla spalla sinistra mentre il ballerino no...
E così te lo copri con il fondotinta...
Altri frammenti.
Le mani piccole e curate, ma molto esperte di Tsunade esaminavano la spalla destra di Itachi mentre gli chiedeva di assumere particolari posizioni. Lo sfiorava delicatamente ma al tempo stesso con decisione, le unghie di un colore arancione amaro e lucido simile a quello che aveva sulle labbra.
A te starebbe bene il viola...
"Va bene, stasera darò i miei referti a Kisame e poi lui domani vi chiamerà per darvi il vostro programma di allenamento."
Kisame, riportato alla realtà dalle parole della dottoressa, finalmente riuscì a distogliere lo sguardo da quel magnete che era stato Itachi dal momento in cui era arrivato, trovandosi davanti quello di Nagato. Lo fissava emanando dei grandi punti interrogativi, Kisame poteva ben capire, d'altronde non aveva fatto altro che mangiarsi il suo compagno con gli occhi tutto il tempo.
Forse non è completamente come pensi, Nagato, stavo più che altro cercando di rimettere insieme tutti questi frammenti che mi girano in testa. Sono diventati sempre più numerosi dal giorno in cui ho deciso di prendere il treno del terzo binario e ora sento di essere a un passo dalla soluzione.
E poi... e poi sì, Itachi gli faceva battere il cuore.
Kisame accompagnò i due verso l'uscita, si accorse di stare rallentato di proposito il passo. Avanti, non fare lo stupido, li rivedi domani.
"Allora grazie di tutto, Kisame, quando possiamo iniziare?"
Aveva pronunciato il suo nome, lo aveva già fatto al telefono in realtà ma non era la stessa cosa. Non poteva essere la stessa cosa perché ora lo stava guardando negli occhi. Era disarmante, disarmante il suo sguardo, disarmante il grido di dolore che quei bellissimi occhi non riuscivano a trattenere, disarmante quel viso bellissimo e particolare nella sua sublime imperfezione. Disarmante...
"Ehm... domani, all'orario che volete."
Ti prego inizia subito, ne ho bisogno ora, all'istante!
Itachi non era venuto lì per parlargli di Madara come aveva pensato, forse non lo conosceva nemmeno, ma la sua sola presenza aveva spazzato via il primo amore di Kisame come un colpo di spugna.
Il moro lo guardò ancora, quegli istanti sembrarono interminabili sia a Kisame che a Nagato. Un'eternità che venne interrotta all'improvviso da un terremoto che quasi demolì la porta. Un uragano biondo che saltò in braccio a Kisame allontanandolo forzatamente dai due nuovi clienti.
"Mi dispiace ragazzi ma oggi la vostra giornata avrà un cambio di programma, dovete assolutamente festeggiare il vostro nuovo sindaco!"
Scrosci di esclamazioni, qualche applauso che per partire ebbe bisogno di superare gli attimi di intensa sorpresa iniziali. Il clangore delle piastre dei macchinari lasciate andare di botto. Kisame si sforzava di vedere dove fossero Itachi e Nagato ma per ora la vista gli era impedita da Naruto che non mollava la presa. Fece appena in tempo a vedere Kiba che stava trasportando buste e pacchetti di ogni genere. Il colpo sommesso di una portiera chiusa fece sobbalzare Kisame come se un fulmine gli fosse caduto all'improvviso in mezzo ai piedi, il luccichio della vernice argentata dell'Alfa 159 che stava abbandonando il parcheggio.
Itachi... mi dispiace.
Naruto si era deciso a scendere per prendersi gli abbracci anche degli altri, Karin stava aiutando Kiba a posizionare sulla sua scrivania le varie bottiglie di prosecco e i pasticcini che aveva portato. Ben presto arrivarono tutti senza la minima intenzione di allenarsi: Deidara, Hidan, Tayuya, Samui.
Eppure mi manca qualcosa... Le linee del tuo tatuaggio non si incontreranno mai, però una accoglie il movimento dell'altra adattandosi. Sono pronto anche a questo per te, accoglierti senza mai toccarti se sarà quello che vorrai.
"Dopo conoscerai anche il mio amico, quello di cui ti ho raccontato. Arriverà un po' in ritardo ma viene" Hidan aveva teso il bicchiere colmo di prosecco in direzione di Kisame per brindare.
Ero curioso di conoscerlo... tuttavia manca qualcosa.
Karin era arrivata addirittura ad alzare il volume della musica, se fosse arrivato qualcuno nuovo in quel momento Kisame avrebbe inventato la scusa che si trattava della festa di inaugurazione che in fin dei conti non c'era mai stata, questo avrebbe giustificato anche la presenza del neo sindaco visibilmente brillo e con le guance arrossate.
Il tuo momento è ora, Naruto.
Kisame decise di lasciarsi andare a festeggiare il sogno dell'amico che si era finalmente realizzato. Era solo il mese di aprile eppure era stato un anno già ricco per tutti. Kisame e Naruto avevano realizzato i loro sogni, Tayuya era finalmente felice, lo dimostrava ancheggiando come non aveva mai fatto accennando qualche passo di danza con Hidan.
"Io la musica la sento dentro, ho sempre pensato che sia la lingua universale che tutti capiscono perché parla direttamente all'anima."
L'argentato le fece fare una piroetta facendo spargere i suoi capelli rossi nell'aria: "Puoi starne certa che l'anima esiste, è l'unica parte importante di noi, quella che va curata sempre."
Kisame si arrendeva ai baci di Naruto come quella volta nel bagno del ristorante durante il suo matrimonio.
È l'ultima volta?
Forse no, ma ormai Kisame era consapevole che non sarebbe mai potuto tornare indietro dalla direzione che aveva preso. Si sentì assolutamente libero pensando a questo, le sue mani scesero sulla vita di Naruto, afferrarono le sue natiche, lo trascinò nello spogliatoio senza staccare le sue labbra carnose da quelle del biondo. Lasciarono una scia di vestiti quasi strappati sul pavimento; la veemenza tipica di tutte le ultime volte del mondo, quando si ha la consapevolezza che possano essere tali. Kisame aveva spalancato di botto la porta del bagno, aveva addossato Naruto ormai completamente nudo alla parete inginocchiandosi di fronte a lui per farlo scivolare nella sua bocca di prepotenza.
Ti voglio ma non puoi più essere mio.
Il biondo si inarcava all'indietro con gli occhi chiusi e gemendo.
Kisame, non è mai stato così bello, ma è... diverso.
Le mani di Naruto si insinuavano in quei capelli blu notte, gli venne in mente di quando si stupì della loro effettiva lunghezza dentro la doccia di casa sua, dopo il loro primo rapporto.
Quante volte ancora? Ogni cosa nella vita accade per un numero limitato di occasioni, non ce ne rendiamo mai conto finché non vediamo il fondo avvicinarsi.
"Prendimi, Kisame."
Suonò quasi come una sorta di preghiera, forse nascondeva altre parole che non avrebbero mai avuto il coraggio di uscire dalla bocca di una persona così matura come Naruto. Kisame spingeva, lo portava fino in fondo alla sua bocca bollente per poi riportarlo indietro, come una placida risacca marina. Udendo quelle parole strozzate dagli ansiti, Kisame si alzò immediatamente in piedi, afferrò il biondo neo sindaco dai fianchi muscolosi facendolo voltare. Lo spiaccicò contro la parete prendendolo a contrasto con il suo corpo d'acciaio da culturista, la sua enorme erezione lo infilzò senza averlo minimamente preparato nemmeno con un dito, la carne rosea di Naruto non oppose resistenza, era un incendio. Il biondo si voltò a guardare la scena sullo specchio in fondo alla stanza; la guancia destra, arrossata e ardente, premuta sul muro freddo. Osservò Kisame spingere il suo bacino contro il suo sedere, chiudere gli occhi, inarcarsi all'indietro.
A cosa pensi?
Le mani di Kisame si strinsero sull'erezione di Naruto, quella pelle che pareva di pura bambagia, iniziarono a masturbarlo con furia, chiuse gli occhi non appena iniziò a sentire i mugolii del biondo e il suo corpo tremare.
Pura ossidiana... un corpo sottile, flessuoso, che ti è successo? Sei più bravo di così...
A Kisame bastò questo per inondare Naruto con il suo piacere come non era mai successo prima, il biondo si era lasciato andare nel calore delle sue mani giusto pochi secondi prima. Kisame si rese conto di non essersene nemmeno accorto, anche questo un fatto senza precedenti.
Che mi succede? Cosa mi hai fatto?
Kisame aveva posato le grosse mani sul bordo del lavandino, teneva lo sguardo basso ancora ansimante, sentiva il respiro accelerato di Naruto che aveva lasciato appiccicato alla parete alle stregua di una carta da parati, senza tuttavia avere il coraggio di guardarlo. Il biondo non diceva una parola, in quel momento era come se si fosse innalzato un muro invisibile ma spesso a separarli. Kisame non aveva trovato altro da fare che aprire il rubinetto dell'acqua fredda per rinfrescarsi il viso.
Non devo più illudere nessuno come ho fatto con Sarana e Tayuya, mai più. Ora sono abbastanza adulto per comprendere che questo non è giusto anche se per niente facile.
Trovò il coraggio di guardare quegli occhi turchesi, sembravano porgli una domanda.
È l'ultima volta, dunque?
Credo di sì.
"Ragazzi, mi duole interrompervi ma è appena arrivato l'amico di Hidan, vorrebbe conoscere sia il sindaco che il suo futuro allenatore" l'inconfondibile voce di Deidara risultava assai energica anche se attutita dalla porta del bagno.
Per un momento Kisame si chiese se per caso non avesse intenzione di ricambiare il favore che gli aveva fatto lui alla festa di Capodanno da Kiba quando era andato a spiarlo in compagnia di Tayuya, tuttavia non successe niente e lo spogliatoio era ritornato silenzioso dopo pochi secondi, escluso il vociare degli altri che erano di là e la musica. A Kisame era parso di vedere il sorrisetto malizioso di Deidara mentre seguiva quella sorta di filo di Arianna formato dai loro vestiti lanciati sul pavimento. I boxer di entrambi dovevano essere là in mezzo e a Deidara di sicuro non erano sfuggiti.
"Ehi tappezzeria, i festeggiamenti non possono certo finire questo pomeriggio o assomiglierebbero alle mie feste di compleanno di quando avevo sette anni" Kisame si era avvicinato a Naruto scompigliandogli i sottili capelli dorati "a cena da me stasera?"
Il biondo aveva sorriso, forse una punta d'amarezza mista a gioia. Soddisfazione e obiettivi raggiunti non solo per il fatto di essere diventato sindaco, avevano fatto capolino per un attimo nell'oceano sconfinato dei suoi occhi.
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