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L'ultima notte

Capitolo 44

Il ritorno a casa fu per Janus molto traumatico, tra i preparativi del matrimonio sempre più vicino e un mare di imprevisti che sembravano essere stati messi lì dal destino che, a quanto pareva, non approvava affatto l’unione tra Hazel e Percy: Neo, il cane di famiglia, aveva rosicchiato tutto l’orlo del vestito di Hazel che era dovuta correre di nuovo da Madama McClan per comprarne un altro; l’arpista che avrebbe dovuto suonare alla cerimonia si era rotta entrambe le mani per colpa di uno sfortunato incidente in bicicletta e, come se già solo questo non fosse abbastanza, c’erano ancora i tavoli da fare, stando ovviamente ben attenti a dividere i babbani dai maghi per non incappare in problemi con lo statuto di segretezza. 

In casa inoltre c’era sempre gente e chiasso: improvvisamente quella graziosa e ordinata villetta di periferia si era trasformata in qualcosa di più simile alla caotica e rumorosa Tana e per questo Janus aveva deciso che, per preservare la sua salute mentale, era necessario trasferirsi a casa di suo padre. 

Janus pensava che la casa di Sirius piuttosto accogliente, molto più della sua: gli piaceva molto com’era arredata, trovava affascinante quel tocco di vintage, tutti quei colori e quei soprammobili che gli ricordavano vagamente lo stile del cottage in Scozia. C’erano anche molte foto, sia magiche che babbane, che raffiguravano suo padre da giovane insieme ai suoi amici e insieme a Harry da piccolo, e ce n’era anche qualcuna in cui appariva proprio lui. Probabilmente era stata Hazel a fornirgliele. 

Inoltre in quella casa Janus poteva fare proprio qualsiasi cosa volesse. Non c’era nessun coprifuoco da rispettare, poteva mangiare tutto il cibo spazzatura che volesse, nessuno gli ricordava di fare i compiti o di studiare per la scuola babbana, poteva usare la magia e poteva addirittura dormire con Faye nello stesso letto e con la porta chiusa. Insomma, Sirius era un po’ come un coinquilino. Certo, non era discreto e tantomeno silenzioso, ma era molto più sopportabile di sua madre che urlava continuamente contro Percy o contro la wedding planner perché qualcosa stava andando storto.

Vivendo insieme a lui, Janus si era man mano reso conto di quanto suo padre fosse strano. Prima di tutto non dormiva mai e, quelle poche volte in cui lo faceva, spesso aveva degli incubi spaventosi e Janus lo sentiva urlare dalla stanza affianco alla sua. Aveva anche uno strano rapporto con il cibo, quel tipo di rapporto di chi era quasi morto di fame e che dunque detestava sprecare risorse. Janus aveva l’impressione che Sirius fosse in un certo senso ancora all’erta, come se inconsciamente si aspettasse ancora di essere arrestato e questa cosa, insieme agli incubi e ai momenti in cui il mago cadeva in quei suoi proverbiali attacchi di broncio, gli fecero capire davvero per la prima volta quanto veramente suo padre avesse sofferto. 

Quella mattina di inizio luglio, Janus si svegliò tutto in una volta, come se qualcuno l’avesse scosso forte. Doveva essere ancora molto presto dato che la luce che entrava dalla finestra spalancata era fioca e non c’erano rumori provenienti dalla strada sottostante. Ancora assonnato e un po’ di cattivo umore, come gli capitava ogni mattina, si mise a sedere e si guardò attorno a occhi stretti. 

Sirius aveva fatto del suo meglio per arredare quella stanza a misura di adolescente; aveva comprato un letto ampio e comodo, una scrivania per studiare, un armadio e persino un computer, totalmente inutile in una casa in cui mancava la linea internet. A terra, vicino al baule, erano stati abbandonati degli abiti da ragazza e, in piedi accanto alla finestra, una giovane era intenta a indossarli nuovamente. 

Janus la guardò nella penombra e, non appena lei si voltò nella sua direzione, sorrise. Ne era certo, non aveva mai visto creatura più meravigliosa. - Buongiorno. - Le disse. 

- Vado a casa, sono già in ritardo e non voglio farmi beccare. - Lo informò subito Faye, infilandosi il suo vestito da strega. - Mi tiri su la chiusura lampo? - 

- Assolutamente no. - Rispose lui sogghignando divertito. 

- Piantala, dai. - Lo bacchettò lei, e poi si sedette al suo fianco dandogli la schiena. 

Janus guardò quella porzione di pelle scoperta e sospirò, prima di tirare su la zip tutto d’un botto. Doveva essere sincero con sé stesso e ammettere che ultimamente la preferiva di gran lunga senza niente addosso. 

- Grazie. - Disse lei sorridendo dopo un rapido bacio, prima di alzarsi nuovamente in piedi. - Mi accompagni a trovare mia madre nel pomeriggio? - 

- Non posso, mi dispiace. Domani ci sarà il matrimonio e inoltre oggi festeggiamo il compleanno di Molly e Lucy, quindi pranziamo tutti insieme alla Tana. - Si scusò Janus. 

Faye annuì e nel frattempo tentò anche di sorridere di nuovo, fallendo miseramente. 

Quelle due ragazzine Weasley non le piacevano molto, soprattutto Molly, a dir la verità e, nelle ultime settimane, da quando la scuola era terminata e da quando dunque aveva avuto l’occasione di frequentarla di più, si era resa conto che neppure lei piaceva molto a quella sgradevole bambinetta. 

- Molly mi detesta? - Chiese Faye, quasi senza accorgersene.

- Molly non ti detesta, non ha mai detestato nessuno in vita sua. - Ribatté Janus, e poi si alzò dal letto per rivestirsi anche lui. - Perché dovrebbe farlo, scusa? - 

- Perché ha una cotta per te grossa come un erumpent adulto e imbizzarrito, ecco perché, ma tu sei troppo ingenuo per notarlo; non te ne accorgi mai quando piaci a una ragazza. - 

- Non ha una cotta per me, ma anche se fosse non credo che la mia sorellina dodicenne sia una grande minaccia per la nostra relazione. - Sospirò il ragazzo, mentre si infilava distrattamente i pantaloni del pigiama. 

- Ormai tredicenne e non è veramente tua sorella. - Lo corresse Faye alla svelta. - So perfettamente che non è una minaccia, non sono mica stupida, ma si comporta comunque da piccola stronza impertinente. Sarebbe carino se tu le dicessi qualcosa a riguardo. -

- Va bene, le parlerò. - Acconsentì Janus con aria annoiata. - Tu però cerca di sforzarti almeno un po’ di piacere a quelle due. Sai quanto voglio bene a entrambe. Cerca di fare meno… ecco… meno la purosangue ricca e altezzosa. - 

Faye inarcò le sopracciglia. - Senti chi parla. - Borbottò, incrociando le braccia. 

- Guarda che mia mamma è babbana. - Le ricordò lui, con un sorrisetto beffardo dipinto sulle labbra. 

- Janus Regulus Black-Rains, questo c’è scritto sulla tua carta d’identità babbana, quindi hai più nomi che amici, guardi tutti dall’alto in basso, prendi il tè come se fossi sempre al cospetto della regina e sei ricco, schifosamente ricco! - Sbottò Faye. - Il tuo albero genealogico risale al medioevo, tuo padre ha il sangue talmente puro che probabilmente contiene il segreto stesso della magia e poi sarei io la purosangue ricca e altezzosa! - 

- Hem… sì? - 

- Ma la smetti? - 

Janus prese un respiro profondo nel tentativo di non scoppiare a ridere. - Be’, sei tu quella che vive in un castello nascosto agli occhi dei babbani, o sbaglio? E comunque a me piace la tua regalità! - Esclamò divertito, avvicinandosi a lei. 

La ragazza mugugnò scontenta e lo spinse via. - Non ci provare! - Disse furibonda. 

- In realtà mi piace proprio tutto di te. - Proseguì Janus, come se lei non l’avesse mai interrotto. - Ma soprattutto mi piace un sacco questa cosa che pensi che io possa piacere praticamente a tutte quelle che conosco, da una gran bella botta alla mia autostima. -

- Te l’avrò detto mille volte, tu piaci molto alle ragazze. - Sottolineò Faye. 

- Certo, piaccio così tanto che tu ci hai messo sei anni ad accorgerti di me. - 

- Ti ho sempre trovato carino ma eri un po’ indietro con lo sviluppo. - Si giustificò Faye, e poi gli rivolse uno sguardo compiaciuto. - Per fortuna che sei cresciuto, alla fine. Certo, sei ancora un po’... gracilino, ma direi che la pubertà con te sta facendo suo dovere. - Proseguì avvicinandosi abbastanza da poterlo toccare. 

Janus come al solito si sentì arrossire e non sapendo cosa dire rimase zitto per qualche istante prima di cambiare discorso: - Comunque non devi preoccuparti di Molly, davvero. Insomma, ha tredici anni e poi mi ricorda Percy. - 

- Ma se non si somigliano per niente. - 

- Però i colori sono quelli, dai. E, ti ripeto, ha tredici anni! - 

- Io alla sua età stavo con uno dell’ultimo anno. - Obiettò Faye. 

- Ma Molly non è così, lei è ancora una bambina piccola, non ci pensa a queste cose. - Replicò lui, alzando gli occhi al cielo. - Ma anche se avesse la nostra età e fosse una veela strafiga pur mantenendo il suo quoziente intellettivo nettamente superiore alla media, ti assicuro che io non la guarderei comunque perché sono innamorato di te, tantissimo. -

- “Quoziente intellettivo nettamente superiore alla media”. - Gli fece il verso lei. 

- Ti ho appena detto che ti amo e tu vai a estrapolare e a decontestualizzare solo un punto specifico della frase. - Sbuffò Janus. - E a pensare che credevo di essere io quello insicuro dei due. - 

Le lo guardò male e non ribatté a quella frecciatina. - È meglio che io vada, mi imbarazza imbattermi in tuo padre dopo che ho dormito qui. - Disse invece. 

Janus aggrottò la fronte. - Ti… imbarazza Sirius? - Chiese incredulo. Sapeva che erano davvero poche le cose capaci di creare dell’imbarazzo in Faye Selwyn. - Ti imbarazza Sirius e non mia mamma? Eppure è lei il genitore severo tra i due. - 

- Hazel ti vede come un angioletto casto e innocente e probabilmente di me pensa la stessa cosa, mentre Sirius fa sempre quella faccia ogni volta che scendiamo in cucina… sai, quell’espressione che sembra quasi dire “so cosa avete fatto, piccoli maniaci!” - 

Janus scoppiò a ridere e scosse la testa. - Secondo me te lo immagini. - 

- Jan, ha riempito di preservativi il cassetto del tuo comodino! - 

- Sì, be’, gli ho spiegato che non c’era bisogno dato che prendi quella pozione… ma a ogni modo, che importa? Lo so che dall’aspetto può sembrare un adulto, ma non lo è. Non devi vederlo come mio padre ma più come un mio amico… un po’ come Klaus, ecco. - 

- Be’, non ci riesco. - Rimarcò Faye. - Quindi ora è meglio che vada. Vorrei anche evitare di farmi beccare fuori dal letto dal mio di padre, e anche da mio zio. - 

- Come vanno le cose a casa tua? - 

Lei scrollò le spalle. - Al solito. - Si limitò a dire, e tra le righe di quella risposta secca c’erano molte più informazioni di quanto lei desiderasse rivelare. - Quando la scuola finirà troverò subito un lavoro e me ne andrò, devo solo tenere duro un altro po’. -

- Oppure potresti andartene ora e trasferirti da me. - Buttò lì il giovane. - O a Grimmauld Place, se proprio non mi vuoi sempre tra i piedi. - Aggiunse, quando si rese conto di aver fatto una proposta piuttosto impegnativa. 

- Non posso andarmene senza prima trovare un lavoro. - Asserì lei. - Io non ho uno zio ricco che non vede l’ora di lasciarmi tutta la sua eredità come tuo padre. - 

- Però hai me. - 

- Non voglio dipendere da nessuno se non da me stessa. - 

Janus annuì e non ribatté, consapevole che non sarebbe mai riuscito a farle cambiare idea. - Allora ci vediamo domani? - Le chiese solamente. 

- Sì, ci vediamo direttamente alla cerimonia. - Annuì lei. - Mi accompagni giù? - 

Fuori da quella stanza, la casa era avvolta nel sonnacchioso silenzio del mattino presto. Probabilmente Sirius si stava concedendo le sue quattro ore di sonno quotidiane, pensò Janus mentre scendeva le scale, ma quando passò davanti alla cucina dovette ricredersi. 

- Ehilà, ragazzi. - Disse, mentre si dondolava su una delle sedie attorno al tavolo. - Che ci fate già fuori dal letto a quest’ora? - 

- Faye deve tornare a casa. - Rispose Janus. 

- Non fai colazione con noi, ragazza? - Domandò Sirius, rivolgendosi direttamente a lei. 

- Devo proprio scappare, signor Black. - 

Sirius fece un verso di assenso e poi si alzò in piedi. - Tu hai fame, Jan? Preparo qualcosa per colazione… uova e pancetta e tè? - 

- Magari qualcosa di un po’ meno inglese. - Replicò il giovane, prima di accompagnare la ragazza alla porta. 

- Arrivederci, signor Black! - 

- Ciao, Faye. - Ricambiò il mago alla svelta, alzandosi dalla sedia per cercare di mettere insieme una colazione “meno inglese”. 

Quando un minuto dopo Janus varcò la soglia della cucina, sul tavolo trovò una tazza di caffé e un pacco di biscotti di produzione industriale, ma era comunque meglio che mangiare di nuovo quelle stramaledette uova strapazzate. 

- Che facciamo nel pomeriggio? - Gli chiese Sirius. 

- Devo tornare a casa stamattina. - Janus smorzò l’entusiasmo del padre senza alcuna pietà. - Devo andare a pranzo alla Tana, giorni fa è stato il compleanno delle figlie di Percy ma erano da Audrey quindi festeggiamo in ritardo, e poi domani c’è il matrimonio, quindi… a proposito, tu ci vieni, sì? - 

- No, non credo proprio. - Rispose subito Sirius.

Janus aggrottò la fronte e lo fissò attentamente. - Perché no? - 

- Ho da fare. Hazel capirà. - 

- Mh, e cos’hai da fare di tanto importante? - Domandò il giovane, scettico. - Illustrami i tuoi piani, forza, dato che tutti quelli che conosci saranno alla cerimonia. - 

Pensavo a un po’ di autocommiserazione, sai com’è, pensò Sirius, che invece rispose con un distaccato: - Non è affar tuo. -  

Janus sbuffò seccamente, guardò suo padre con il peggiore dei suoi sguardi taglienti e unì le mani sul tavolo, assumendo una posizione rigida. - Ti facevo più combattivo. - 

- Una volta, forse. - Disse amaramente l’uomo. - Tutti mi rinfacciano di continuo quanto io sia immaturo, adesso sto semplicemente facendo l’adulto. Ho fatto del mio meglio per riprendermela, ma non ci sono riuscito, quindi basta. Tua madre ha fatto la sua scelta. - 

Janus non disse niente, ma abbassò gli occhi sulla tazza, puntandoli sul liquido nero che c’era all’interno. Gli dava una strana sensazione il fatto che tra sua madre e suo padre fosse davvero finita, sebbene non avesse avuto il tempo di viverli mentre erano ancora insieme. Per un attimo ci aveva sperato, aveva immaginato chiaramente come sarebbe stato vivere tutti insieme come una volta e per quanto da una parte adorasse Percy… be’, quella era tutt’altra cosa. In quelle sue fantasie non si sentiva mai di troppo come invece ogni tanto accadeva nella realtà. 

- Guarda che non ho detto mica che devi venire al matrimonio per sabotarlo. - Asserì il giovane. - Anche se in effetti sarebbe davvero epico assistere a una scena in perfetto stile commedia romantica americana in cui ti alzi, fai un discorso struggente davanti a tutti e poi te la porti via sotto lo sguardo allibito dei presenti. Sì, sono un fautore dei grandi gesti. - Aggiunse, quando Sirius aprì la bocca per ribattere. - Il punto è che non ci hai nemmeno provato, tu dici di aver fatto del tuo meglio, ma secondo me non è così. - 

- E dimmi, ragazzino, cosa avrei dovuto fare? - Domandò Sirius con fare altero. 

- Che vuoi che ne sappia io? Ho una ragazza da circa sei mesi e nemmeno so come effettivamente sia successo! - Fece Janus a sua volta, esasperato. - Senti, forse hai ragione, ormai è tardi per riaverla con te. Ma non mi piace il pensiero che domani te ne starai qui tutto solo a deprimerti, quindi non hai scelta: verrai a quel matrimonio che ti piaccia o meno. - 

- E che vuoi fare, incantarmi, per caso? - Sogghignò Sirius, visibilmente divertito. 

Janus alzò le spalle. - Se sarà necessario allora sì. - Buttò lì. - Ma so che non vuoi che la bacchetta del tuo adorato figlio venga profanata con la magia oscura della maledizione imperius, quindi domani sarai tra gli invitati, e questo è quanto. - 

Sirius lo guardò male. - Il Cappello Parlante doveva smistarti in Serpeverde. - 

- In verità ci ha provato. - Ammise il giovane. 

Alla fine di quella scarna colazione Janus si alzò in piedi, posò la tazza nel lavandino e salutò il padre. 

- Vuoi un passaggio? - Gli chiese Sirius. 

- Non c’è bisogno, ci metto un attimo in volo. - Rispose lui.

- A proposito del tuo piccolo segreto fatto di piume… - Bofonchiò Sirius, rivolgendo a suo figlio uno sguardo insolitamente severo. - Devi registrarti come animagus. - 

Janus alzò gli occhi al soffitto. - Un po’ ipocrita da parte tua, non trovi? - Osservò, prima di trasformarsi nel solito corvo nero, sfrecciando fuori dalla finestra. 

Non fu un volo facile quello. Nonostante fosse luglio a Londra faceva freddo e c’era una fitta nebbia che si aggirava tra i tetti, dando alla città un’aria spettrale. Janus atterrò come al solito all’inizio della strada in cui c’era casa sua, si trasformò furtivamente e poi percorse il resto del percorso a piedi. Quando arrivò davanti alla porta suonò il campanello e dopo pochissimi secondi quella si spalancò. 

- Buongiorno. - Disse Lucy, scoccandogli uno dei suoi soliti sguardi sufficienti. 

- Lucy, luce dei miei occhi. - Rispose lui, entrando. - Buon compleanno. - 

- Era una settimana fa. - Ribatté la ragazzina, il tono annoiato, mentre camminavano insieme lungo l’ingresso

- Sì, ma tu e Molly eravate da vostra madre quindi… Polly! - Esclamò Janus, quando varcò la soglia della cucina in cui Hazel, Percy e Molly erano riuniti. - Questi tredici anni ti donano su sacco! - 

La Corvonero ridacchio. - Quanto sei scemo, Jan! - 

Lui sorrise e poi posò lo sguardo su Hazel e Percy. - Mamma, Percival… voi due invece avete un aspetto orrendo. - Osservò, ed effettivamente era proprio così. - Che succede? - 

- Sarà un disastro, un vero disastro! Io me lo sento! - Borbottò Hazel in risposta, spalmando nervosamente della marmellata su una fetta di pane tostato. - Non troveremo mai un sostituto dell’arpista entro domani, quindi nessuno suonerà durante la cerimonia, che sarà triste e sterile, la peggiore della storia. Come se questo non bastasse non sappiamo ancora dove far sedere zia Muriel, dato che non la sopporta nessuno! Per quale diamine di motivo abbiamo dovuto invitarla, eh, Perce? -  

- Bill, Ron, George e Ginny l’hanno invitata e anche io l’ho fatto, la prima volta. - Rispose Percy in automatico. - Quindi non potevo esimermi. - 

Hazel sbuffò e non rispose, quasi come se ce l’avesse con lui.

- Perché non suoni tu alla cerimonia, Janus? - Fece Percy, guardando il ragazzo. 

Hazel sussultò, colta da un’illuminazione. - Come ho fatto a non pensarci prima? - Disse, fissando anche lei il giovane. - Sarebbe fantastico, Jan, davvero fantastico. - 

Janus aggrottò la fronte e fece saettare lo sguardo da sua madre a Percy. - Non ci penso proprio. Non suonerò mai da solo davanti a tutta quella gente. - Chiarì. 

Hazel lo guardò stringendo gli occhi, poi prese un respiro profondo e unì le mani sul tavolo. - Janus, hai preso per anni lezioni private dai migliori e più costosi insegnanti in circolazione, sei bravo e ne sei anche consapevole, quindi, ti prego, non metterti a sindacare: suonerai al  mio matrimonio, altrimenti giuro che non metterai piede fuori da questa casa per tutta l’estate. - 

Janus si lasciò sfuggire uno sguardo sprezzante, poi incrociò le braccia sul petto. - Va bene. - Sbuffò. - Però niente marcia nuziale e dimenticatevi che mi metta a suonare quella schifezza del canone di Pachelbel. - Chiarì. 

- A me piace molto Pachelbel. - Obiettò Percy. - Spero che tu non voglia deliziarci con quell’esagitato di Paganini. - Si accertò, guardando il ragazzo di sottecchi.

- Sei indegno di avere delle orecchie funzionanti, Weatherby. - Rispose Janus. - Ad ogni modo no: quell’esagitato, come lo chiami tu, è fuori dalla mia portata oltre che per nulla adatto a un matrimonio noioso e tradizionale come il vostro. In verità stavo pensando a qualcosa di pop, come… Falling Slowly, dato che è la vostra canzone. - 

- I don't know you but I want you, all the more… for that… - 

Words fall through me and always fool me, and I can't… react. - 

- Sì, però ora non cominciate che sennò vi trovate un altro violinista. - Li fermò lui. 

- Potete suonarla insieme tu e Faye. - Propose Hazel.

- Quindi davvero verrà anche lei al matrimonio? - Domandò Molly, le labbra arricciate in un chiaro segno di disapprovazione. 

- Chissà se si vestirà da meretrice anche domani. Secondo me sì. - Proseguì Lucy, velenosa come al solito. 

Janus le rivolse uno sguardo molto torvo. - Vuoi provare a ripeterlo, Lucy? - 

- Be’, è vero, si veste da poco di buono. - 

- Dateci un taglio, tutti e due. - Si mise in mezzo Percy, per poi rivolgersi direttamente a sua figlia. - Non dovresti dire cose del genere sulle altre ragazze, lo sai? - 

- E perché no? È la verità. - 

- Come è andata la festa di Lumacorno, eh, Lucy? Teddy mi ha dato notizie interessanti su di te e il tipo con cui ci sei stata. - Mentì Janus. - Vi siete baciati, vero? - 

- Non è vero! - Urlò la ragazzina, furibonda. - Piuttosto tu! Guarda che lo sanno tutti che hai fatto entrare Faye nel nostro dormitorio! E lei è una Serpeverde, è il nemico! Hai infranto un mucchio di regole solo per fare tu sai cosa con il nemico! - 

- Giuro che se non taci ti schianto! - 

- Perché l’hai fatta entrare nel vostro dormitorio? E che cos’è “tu sai cosa”? - Chiese candidamente Molly, guardando Janus con uno sguardo che era un misto tra perplessità e incertezza. 

Percy, Hazel e Janus esitarono, mentre Lucy si lasciò sfuggire un sorrisetto vittorioso. 

- Faye aveva… aveva male alle scarpe e non aveva voglia di arrivare fino alla sua Sala Comune. - Rispose poi il giovane. - I sotterranei sono lontani dalla Sala Grande. - 

- E per arrivare alla Torre di Grifondoro ci sono moltissime scale. - Ribatté Molly. 

- Sì, be’... sai come vanno certe cose. - Buttò lì lui imbarazzato, senza il coraggio di alzare lo sguardo su Percy e Hazel. - La Sala Comune dei Serpeverde è molto umida e… - 

Pessimo paragone, Janus, pessimo paragone. 

- Sentite, ma li volete i vostri regali di compleanno o no? - 

Janus riuscì così a salvarsi per un pelo e, una volta al piano di sopra, rimuginò un po’ su quali potessero essere i motivi per il quale Molly e Lucy detestassero tanto la sua fidanzata. 

La conversazione appena avvenuta  era stata inoltre una delle più imbarazzanti della sua vita e adesso si aspettava come minimo un discorso altrettanto imbarazzante da parte di sua madre in cui lo metteva in guardia sulle gravidanze indesiderate e le malattie veneree. 

Proprio mentre si trovava seduto sul letto a immaginarsi le parole esatte con cui Hazel lo avrebbe torturato, la porta della sua stanza bussò. 

- Avanti. - Bofonchiò irritato, aspettandosi di vedere spuntare sua madre sulla soglia. 

Ma quando essa si aprì, fu Molly a palesarsi di fronte a lui. - Non dirmi che lo stai fabbricando, il regalo. - Gli disse. - Sei qui da almeno dieci minuti. - 

Janus scosse la testa. - Libreria, terza mensola… c’è un pacchetto. - Spiegò. 

Molly si voltò verso la direzione da lui indicata, individuando un piccolo pacchetto rettangolare ben incartato in carta verde. - Posso aprirlo? - Domandò. 

- Certo, è per te. - Rispose lui, sorridendole. - Avanti, aprilo. - 

La ragazzina obbedì e strappò l’incarto, ritrovandosi tra le mani un grazioso diario in pelle con la copertina decorata da inserti dorati molto raffinati. 

- So che ultimamente scrivi molto. - Spiegò Janus. - La copertina è graziosa e la carta è riciclata ma bella spessa come piace a te, quindi… - 

Molly sorrise. - Grazie, Jan. - 

Lui ricambiò il sorriso e poi gli fece cenno di sedersi al suo fianco. - Polly, mi dici come mai tu e tua sorella ultimamente ce l’avete un po’ con Faye? - Le domandò, andando dritto al punto, ma sinceramente intenzionato a capirne di più. - Credevo che lei ti piacesse. - 

Subito l’espressione di lei mutò, ma rimase zitta a lungo, come alla ricerca delle parole giuste da usare. Il problema stava nel fatto che neppure lei sapesse cosa fosse cambiato. Certo, Faye era spocchiosa, arrogante, fin troppo sicura di sé e bella in un modo quasi irritante; a dir la verità a Molly ricordava un po’ sua cugina Victoire e infatti per entrambe nutriva una certa diffidenza. Anzi, probabilmente se a settembre Victoire fosse stata smistata in Corvonero, allora come minimo Molly si sarebbe gettata dalla Torre per la disperazione di dover avere a che fare con lei potenzialmente a tutte le ore.

Ad ogni modo la cosa che più la irritava di Faye Selwyn era il fatto che non sembrasse innamorata di Janus quanto lui lo era di lei, o almeno questa era la sua impressione.

- Non è che non mi piace… solo che adesso che la sto conoscendo per davvero mi sta trasmettendo delle brutte sensazioni. - Tentò di spiegare Molly, dopo quell'attimo di silenzio, anche se ad alta voce le sue parole sembravano non avere nessun senso. - Credo seriamente che prima o poi ti spezzerà il cuore. - 

Janus sorrise ancora, stavolta intenerito. - Non devi preoccuparti di questo. - Le disse, mettendole una mano sulla spalla. - Lo so, lei può sembrare un po’ strana e antipatica delle volte, in verità nemmeno a me piaceva all’inizio, sai? -

- E poi che è successo? - 

- Lei mi ha costretto a essere suo amico minacciando di dire a tutta la scuola del serpentese, quindi abbiamo iniziato a passare del tempo insieme. - Disse Janus. - Ho imparato a conoscerla e all’inizio del secondo anno ero già cotto. - 

Molly arricciò il naso, come se il giovane avesse appena raccontato qualcosa di orribile, ma non rispose. 

- Ci tengo tantissimo a lei, per questo mi piacerebbe che voi tre andaste davvero d’accordo. - Continuò lui. - Semmai poi lei mi dovesse spezzare il cuore… allora userò la mia disperazione per, che ne so, scrivere una poesia o roba del genere. - 

- O un concerto struggente per violino. - Buttò lì Molly

- Magari, darei finalmente un po’ di lustro alla musica inglese dato che non abbiamo mai avuto grandi compositori. Inoltre, dopo i Beatles e gli One Direction, ci vorrebbe proprio uno che ne capisca un po’ di più di certe cose... dannate Boy Band. - 

- A me piacciono gli One Direction. - Rivelò Molly, e quando Janus fece una faccia contrariata aggiunse: - Tu hai lo stesso taglio di capelli di Harry Styles. - 

- Ottimo, un motivo in più per farli ricrescere come quando avevo la tua età. - 

- Eri carino. - Annuì Molly. - Ma sembravi un po’ una femmina. - 

- Non mi era ancora spuntata questa ridicola barbetta adolescenziale a dimostrazione del fatto che sono effettivamente un maschio. - Rispose Janus, toccandosi il viso. 

Molly fece una faccia che Janus non riuscì affatto a interpretare e poi arrossì un poco, ma prima che potesse aprir bocca spuntò dal corridoio la testa di Lucy.  

- Hazel e papà dicono che dovete prepararvi alla svelta, dato che ci tocca andare in macchina fino alla Tana. - Li informò scocciata. - Ah… e poi dov’è il mio regalo, Janus? -  

- Il mio regalo è che non ti ho schiantata prima a colazione, stronzetta. - Rispose acidamente il ragazzo. - Accontentati. - 

- A me invece lo ha fatto. - Ribadì Molly, mostrando alla sorella il diario. 

Lucy guardò male entrambi e poi se ne andò via borbottando. 

Solo qualche secondo dopo Molly si alzò dal letto, obbedendo ai comandi della gemella. 

- Polly, aspetta un attimo. - La fermò Janus, poco prima che lei potesse uscire. 

- Dimmi, Jan. - Molly sorrise, voltandosi nuovamente nella sua direzione. 

- Non è che hai una cottarella per me, vero? - 

La giovane Corvonero sgranò gli occhi come se lui l’avesse appena schiaffeggiata molto forte in pieno volto. - Cosa… come ti viene in mente una cosa così? - Chiese sorpresa e un po’ perplessa, mentre le sue orecchie diventavano rosse. - No, certo che no. Sarebbe del tutto sconveniente! - 

Janus scrollò le spalle. - La mia era solo una curiosità. - Spiegò tranquillo. - Non ci sarebbe nulla di male, in tal caso. Io ho avuto una cotta per Hermione, una volta. E anche per Fleur, ora che ci penso. Quello si che era sconveniente! - 

- Sì ma… no! Ovvio che no. - Disse, lasciandosi sfuggire una risatina nervosa. - A me in verità piace il tuo amico Klaus. - 

Janus spalancò la bocca, totalmente colto alla sprovvista. - Oh… wow. Bene. - Annuì, cercando di mantenersi naturale. - Solo che a lui non piacciono le ragazze... con i capelli rossi. Già. Non illuderti, d’accordo? - 

Molly alzò le spalle. - Però mi ha invitata alla festa di Lumacorno, quindi magari… - 

- Tu non illuderti. - Tagliò corto Janus.  

- D’accordo, non preoccuparti. - Lo accontentò lei. - Però, davvero, io non ho nessuna cotta per te. - Ribadì convincente, prima di lasciare quella stanza quasi di corsa. 

Quel giorno la Tana era particolarmente caotica. 

La signora Weasley, che aveva organizzato uno dei suoi ormai leggendari pranzi, nutrendo così una ciurma di scalmanati Weasley al gran completo, aveva inizialmente posizionato il lungo tavolo in giardino, quando un violento temporale decise di abbattersi su tutto il Devon. Il gruppo si era dovuto così stipare tutto nella cucina ingombra: c’era chi era seduto attorno al tavolo, chi aveva preso posto sul divano e sulla poltrona, e chi addirittura stava in piedi e chiacchierava accanto alla finestra aperta da cui entrava l’aria estiva profumata di pioggia. 

C’erano proprio tutti quel giorno, dai figli di Molly e Arthur a zia Muriel, che era partita un giorno prima da York solo per venire a curiosare (giudicare) un po’. 

- Certo, è carina, ma è così Scozzese. Non è come Audrey, parliamoci chiaro. - Aveva detto a una Hermione troppo educata per risponderle a tono. - Ma il vero problema è il figlio, un ragazzino arrogante… si rifiuta di chiamarmi zia! - 

- Forse perché non sei davvero mia zia. - Aveva ribattuto Janus, quando l’aveva sentita, beccandosi un'occhiata ammirata da parte di Hermione. 

Seduta tra Charlie e Ginny su una delle sedie che circondavano il tavolo, Hazel si stava sventolando annoiata con una copia del Settimanale delle Streghe, mentre ascoltava con il cervello spento il discorso che la prozia del suo futuro marito le stava facendo sulle tradizioni dei matrimoni dei maghi. 

Dall’altra parte della tavolata, invece, ben lontano da zia Muriel, come per mettersi in salvo, Percy e Janus stavano chiacchierando tra loro. 

Hazel sorrise, ripensando a quanto quei due fossero partiti male quel Natale di molti anni prima, mentre adesso sembravano quasi assomigliarsi: entrambi erano sempre ordinati ma senza dare alcuna attenzione alla moda, entrambi si applicavano sempre in ciò che facevano e infine entrambi si prendevano sempre molto sul serio. Probabilmente se Janus avesse avuto i capelli rossi e un atteggiamento un po’ meno aristocratico sarebbe stato scambiato con facilità per il figlio di Percy. 

- Percival, mio caro. - Fece ad un certo punto zia Muriel, attirando l’attenzione della maggior parte dei presenti. - Dormirai qui stanotte, non è vero? - 

- Perché dovrei dormire qui? - Chiese a sua volta il mago. 

- Non vorrete mica dormire insieme persino la notte prima del vostro matrimonio. - Disse la vecchia strega, facendo saltare lo sguardo dal nipote a Hazel e viceversa.

I due, a loro volta, si scambiarono un’occhiata perplessa, e anche gli altri tutti attorno al tavolo fecero esattamente la stessa cosa. - Zia, io e Hazel conviviamo da almeno quattro anni. - Ricordò Percy. - So che probabilmente non approvi, ma certe tradizioni possono avere un senso solo nel caso in cui un rapporto non sia stato ancora, ehm, come dire… consumato. Mentre il nostro… be’, ecco… immagino che tu capisca che… - 

- Merlino, Weatherby; ti scongiuro, non continuare. - Lo fermò Janus, assumendo un’espressione schifata. 

Charlie, Ginny e Hazel cercarono di trattenersi dallo scoppiare a ridere, mentre zia Muriel assunse un’espressione alterata. - Lo so che non siete proprio una coppia di giovani sposini appena usciti da Hogwarts. - Disse, con un bel po’ di disappunto. - Ma è una tradizione, Percival. - 

Solitamente Percy adorava le tradizioni; gli piaceva fare le cose come si erano sempre fatte, avere un filo a fargli da guida e questo lo faceva sentire tranquillo, ma in quel caso gli sembrava solo una stupida perdita di tempo. 

- Domani mattina Hazel dovrà prepararsi, avrà molto da fare e sarà molto agitata, te lo assicuro. - Continuò Muriel nel tentativo di convincerlo. - È meglio che tu non le stia tra i piedi, anzi forse sarebbe meglio se anche il ragazzo restasse qui alla Tana stasera, non è vero, Molly? - 

- Zia Muriel ha ragione, Perce. - Interloquì la signora Weasley, portando in tavola un vassoio di biscotti di frolla decorati da tanti zuccherini. - Sarebbe bello se almeno una tra le tante tradizioni venisse rispettata, non credete? - 

Hazel si ritrovò ad aggrottare la fronte con fare perplesso, e anche Percy rimase per un attimo di stucco. 

- Abbiamo tutta la vita per dormire insieme, in fin dei conti. - Fece alla fine lei, che non aveva nessuna voglia di mettersi a sindacare in quel momento. - Una notte senza sentirti russare può solo che farmi bene. - 

- A parte che non russo… - 

- Oh, sì che russi, Weatherby. - Obiettò Janus. - Ogni volta che Faye viene a dormire da noi deve lanciare uno di quegli incantesimi imperturbabili sulla sua stanza per riuscire a chiudere occhio. - 

- Sai benissimo per quale motivo la tua fidanzata ha incantato la porta della propria camera da letto e di sicuro non è per il mio presunto russare. - Ribatté Percy, allusivo. 

- Non so di cosa parli. - Disse Janus, facendo un sorrisetto innocente. 

- Sì, sì, ma a chi vuoi darla a bere? Guarda che anche io ho avuto sedici anni. - 

- Purtroppo è vero, anche il perfetto prefetto ha avuto un'adolescenza e dell’interesse per l’altro sesso. - Intervenne Ginny, sogghignando divertita. - Non potrò mai dimenticare il giorno in cui lo beccai tutto avvinghiato a Penelope Light in un’aula vuota. - 

- Ah, la cara Penny… una brava ragazza. - Fece Percy, annuendo solennemente. - Anche piuttosto carina, se devo dirla tutta, e molto preparata; ero molto fiero del fatto che fosse la mia fidanzata. - 

Hazel gli fece il verso, lanciandogli un’occhiataccia. 

- Ma nessuna è equiparabile alla mia stupenda consorte qui presente. - Proseguì pomposamente Percy. - Lei ha una laurea, è una cosa bella per i babbani. - 

- Sei proprio un ruffiano, Percy. - Lo bacchettò Hazel.

- Attento, fratello, Hazel potrebbe pur sempre cambiare idea! - Scherzò Charlie ridendo, dall’altra parte del tavolo.

- Penso che ormai sia un po’ tardi per questo ormai. - Obiettò Percy. 

Hazel alzò i lati della bocca cercando di apparire spensierata come tutti gli altri. 

Percy aveva ragione, ormai era un tardi per tornare indietro e adesso, anche nel caso avesse cambiato idea, non c’era più una via di scampo e questo le metteva addosso una grande angoscia. L’unica cosa che la consolava e la faceva stare tranquilla era il fatto di esser certa che tra lei e Percy non sarebbe poi cambiato molto. Dopotutto stavano insieme da molti anni, vivevano nella stessa casa da almeno quattro di essi e tra loro le cose andavano… be’, andavano, dai.

- Ti assicuro che nessuno ti biasimerebbe, Hazel! - Continuò Charlie, distraendola dal suo flusso di pensieri e salvandola da un improvviso senso di soffocamento che aveva cercato di attanagliare il suo petto.

- Non credo che Percy corra il pericolo di non vedermi all’altare domani. - Assicurò Hazel, tentando di convincere anche sé stessa.

Sì, lei avrebbe fatto la scelta giusta, era quello ciò che voleva. Voleva le giornate alla Tana, voleva le feste natalizie in famiglia, voleva annoiarsi a casa il sabato sera e non avere mai paura di essere abbandonata. Voleva la calma, la tranquillità, voleva quella routine che ogni tanto la faceva sentire imprigionata ma che in realtà la stava proteggendo dalla durezza del mondo. 

Certo, magari non amava Percy come avrebbe dovuto, ma amava la vita che aveva con lui, quindi sì, voleva quella vita e non avrebbe permesso a nessuno, nemmeno a sé stessa, di ostacolarla. 

Poco prima che il sole sparisse del tutto dietro le colline che circondavano Ottery St Catchpole, Hazel salutò tutti e partì da sola vero Londra, lasciandosi alle spalle sia Percy che Janus, che aveva accettato di buon grado l’invito della signora Weasley di rimanere alla Tana per la notte così da lasciare tranquilla la futura sposa l’indomani mattina.

Hazel arrivò casa che era più o meno per l’ora di cena. 

Non passava una serata in completa solitudine da molto tempo e per quanto quel silenzio inizialmente le mise un po’ di strana inquietudine addosso, si rese presto conto che in verità non le dispiaceva affatto. Ordinò cibo da asporto, si prese la libertà di ballare e cantare a squarciagola nel bel mezzo del salotto e per poi finire sul divano a guardare una commedia romantica, presa da un’improvvisa nostalgia. 

Sentiva forte il bisogno di essere triste, tirare le somme della sua vita e magari piangere un po’, dato che per una volta non l’avrebbe vista nessuno. Così, guidata dalla voglia di farsi male, recuperò la vecchia scatola dal fondo del suo armadio, in cui custodiva gran parte dei ricordi accumulati nel corso della sua esistenza. C’erano le sue foto da bambina, le foto di sua madre, quelle di Janus e quelle risalenti a quei miseri tre anni in cui la sua vita si era intrecciata a quella di Sirius Black. 

Tre anni.

Erano bastati solo tre anni per sconvolgere del tutto il suo mondo, eppure lei non faceva altro che far finta che quel tempo non fosse mai esistito. Si era sforzata così tanto di andare avanti, si era sforzata così tanto di non provare niente che la vita aveva un po’ perso colore. In quelle foto però c’era ancora, il colore. Quei ricordi erano la prova che persino lei era stata felice un tempo e quindi, perché no, magari un giorno sarebbe tornata ad esserlo di nuovo. 

Probabilmente quella sarebbe stata una notte lunghissima e forse, con il senno di poi, non era stata una grande idea passarla da sola. 

Aveva bisogno di riscuotersi, di parlare con qualcuno… anzi no con qualcuno, aveva bisogno di parlare con lui, con Sirius.

Poteva chiamarlo, o magari andare direttamente a casa sua, ma Hazel sapeva quanto una cosa del genere in quel momento poteva essere pericolosa. 

Eppure… be’, non si vedevano da un bel po’ e quella era l’ultima notte in cui fare degli errori poteva essere ancora più o meno lecito. Era l’ultima notte e forse serviva per mettere un punto e lasciare andare davvero il passato.

Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi, lasciò cadere la fotografia che aveva in mano nuovamente nella scatola. Poi ripose tutto nell’armadio e chiuse l’anta, cercando di combattere contro quell’improvvisa voglia di fare qualcosa di molto stupido e molto irrazionale.

Quando tornò in salotto, il silenzio che le aleggiava tutto intorno iniziò a gravarle addosso come un insostenibile macigno. Si sentiva improvvisamente persa. 

C’era quella vocina dentro la sua mente, qualcosa che le sussurrava che sposarsi voleva dire non essere del tutto fedele a sé stessa, che non era affatto da lei, che si stava arrendendo a una convenzione che aveva sempre guardato con diffidenza. 

Hazel si lasciò cadere nuovamente sul divano e afferrò il suo telefono. Era lì che erano conservati tutti i messaggi che Sirius le aveva mandato negli ultimi mesi, messaggi a cui lei aveva scelto di non rispondere, ma che aveva letto e riletto tantissime volte. 

Era stato complicato ignorarlo; complicato, sì, ma necessario: questo era ciò che Hazel si era ripetuta da quando aveva deciso di tagliarlo fuori dalla sua vita.

Tuttavia doveva ammetterlo, sentiva la sua mancanza. Anzi, sentiva terribilmente la sua mancanza, quella sera più che mai.

Hazel sospirò e dopo un breve attimo di esitazione si alzò in piedi. Non si preoccupò nemmeno di essere presentabile, si infilò un paio di scarpe e dopo aver afferrato le chiavi dell’auto uscì di casa. 

Stava facendo un errore? Poteva darsi. 

Se ne sarebbe pentita? Sicuramente, ma decise di reprimere ogni tipo di razionalità in un angolo ben appartato della sua mente. 

Guidò con il cuore in gola per quindici minuti e quando scese dall’auto si ritrovò davanti alla porta dell’appartamento di Sirius consapevole che se avesse suonato il campanello non sarebbe più tornata indietro. 

Chissà cosa stava facendo in quel momento Sirius. Forse stava dormendo, magari era uscito, o peggio era in compagnia di Kamilah, ma Hazel decise che non era importante: raccolse il coraggio, premette con decisione il dito sul campanello e attese. Passò quasi un minuto prima che la porta si spalancasse. 

- Ciao. - Gli disse subito lei, tormentandosi nervosamente le mani. 

Lui, assonnato e palesemente sorpreso, rimase interdetto per qualche secondo, lì fermo sulla soglia. - Che… ci fai qui? - Domandò, allontanandosi distrattamente una ciocca di capelli neri dal viso. - Stai bene? È successo qualcosa? - 

Hazel scosse la testa e lo fissò con uno sguardo confuso, un po’ come se nemmeno lei sapesse realmente il motivo per il quale si trovasse lì in quel momento. - Posso entrare? - Si limitò a domandare a sua volta. 

Sirius non indugiò nemmeno un secondo, si fece di lato per farla passare, si chiuse la porta alle spalle e si voltò verso di lei, per poterla nuovamente guardare. Hazel indossava un pigiama estivo composto da una canottiera dalle spalline strette e un paio di pantaloncini di cotone su cui erano disegnati quelli che sembravano tanti piccoli unicorni stilizzati. I suoi capelli color cioccolato erano sciolti e selvaggi come un tempo, probabilmente l’umidità di quella sera non aiutava, ma Sirius pensò che fosse molto più bella così, totalmente al naturale, rispetto a quando si impegnava tanto per apparire perfetta. 

- Che ci fai qui? - Le chiese di nuovo.

- Scusa… - Mormorò lei imbarazzata. - Questa è l’ultima notte. Volevo dirti addio. - 

- Vuoi dirmi addio. - Rimarcò Sirius, cercando di leggere tra le righe. 

Hazel annuì e ricambiò il suo sguardo con quei suoi enormi occhi color nocciola, uno sguardo duro e furioso ma allo stesso tempo gentile e rassicurante, annuì. - Sei da solo? - Domandò di getto.

- Sì. Stavo dormendo. - 

- Ti ho svegliato? - 

- Non ti preoccupare. - Rispose alla svelta il mago. Sembrava tutto così strano in quel momento, lei sembrava strana. - Vuoi… una tazza di tè? - 

- No. - Disse bruscamente Hazel, e poi si mosse nella sua direzione, fermandosi molto più vicina di quanto fosse conveniente. 

Le mani di lui allora scattarono sulle sue spalle, quasi come a volerla allontanare e allo stesso tempo tenerla ferma lì di fronte a lui, ma a una distanza di sicurezza. - Domani c’è il tuo matrimonio. - Le ricordò parlando a bassa voce. 

- Lo so. - Ribatté Hazel, stizzita come se non volesse sentirne parlare. - È che ho bisogno di te, ho bisogno di lasciarti andare altrimenti non potrò mai farcela domani. -

Sirius esitò. 

Ma che diamine vuol dire? Perché doveva essere sempre così contorta?

Aveva bisogno di lui, ma anche di lasciarlo andare, era lì in piedi nel suo ingresso, ma era anche a un passo dall’altare. 

Accadde tutto troppo in fretta: lei si avvicinò ancora, si alzò sulle punte dei piedi, prese il suo viso tra le mani e semplicemente lo baciò come se non avesse mai smesso di farlo. 

Hey, persone!

Lo so, lo so, interrompere il capitolo così è una cattiveria, ma nella mia testa ha un senso. Inoltre rileggendo mi sono resa conto che stava uscendo davvero super lungo e forse un po’ pesante quindi dovrete aspettare qualche altro giorno per scoprire cosa sta realmente succedendo. 

Siamo praticamente agli sgoccioli e devo ammettere che un po’ mi dispiace… ma tutto finisce e poi posso sempre scrivere altro. 

Adesso vi saluto, fatemi sapere la vostra opinione se vi va!

J. 

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