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Guanti di lana verdi

Non so come ma ieri ho sbagliato a pubblicare saltando questo capitolo. Per fortuna non succede niente di così essenziale alla trama, ma comunque adesso che me ne sono accorta ho deciso di postalo lo stesso.
Spero di non aver fatto troppi danni con la sequenza di capitoli.

Capitolo 37


Quando Janus si svegliò, la domenica mattina che seguì il giorno della gita a Hogsmeade, si rese conto che in dormitorio non c'era nessuno e che fuori, in via del tutto eccezionale, era spuntato un bellissimo sole. Nonostante questo, la sua voglia di lasciare quel letto caldo, accogliente e sicuro era pari a zero.

Non gli capitava spesso ma, di tanto in tanto, si sentiva un po' giù di morale senza un apparente motivo, soprattutto di mattina e, quando ciò accadeva, poteva star certo di una cosa: la giornata sarebbe stata un inferno.

Raccogliendo tutta la buona volontà del mondo, Janus si mise faticosamente a sedere e si guardò intorno. Divideva quella stanza con Klaus e altri due ragazzi del loro stesso anno, due gemelli, Noah e Nolan Duncan, che contribuivano di sicuro più Klaus a rendere la camera un vero disastro. C'erano vestiti ammucchiati sulle sedie, letti sfatti, alcuni libri a terra e un posacenere pieno di mozziconi abbandonato sul davanzale. Nolan, che aveva un talento naturale per l'erbologia, aveva trasformato uno degli armadi in una piccola serra in cui coltivava una rigogliosa piantagione di Marjuana, cosa che ovviamente Janus non approvava ma che non aveva mai denunciato perché in fondo quei due gli piacevano. O almeno questa era la versione che aveva raccontato a Klaus.

In realtà manteneva quel segreto, violando così il suo dovere da prefetto impeccabile, perché Nolan comprava il suo silenzio regalandogli dell'erba, che però poi lasciava fumare solo a Faye, dato che lui, tutte le volte in cui ci aveva provato, era finito per odiare ogni singola sensazione che aveva provato.

Con un altro sforzo di volontà, Janus si alzò finalmente dal letto e si diresse in bagno, dove la vista della sua faccia riflessa nello specchio gli fece prendere una decisione: non poteva uscire con Pilar quel giorno, si sentiva depresso e questo comportava sempre un drastico calo della sua autostima. Era certo che, se fosse finalmente uscito con quella ragazza, lei lo avrebbe poi trovato noioso e per nulla simile al tipo spigliato con cui aveva giocato moltissime volte online.

Così, dopo un ultimo rapido sguardo allo specchio, decise di tornarsene a letto e si mise a leggere finché, verso le dieci, la porta del dormitorio non si spalancò.

- Che fai ancora qui? - Chiese Annie, entrata subito dopo Klaus.

Solo a quel punto Janus alzò gli occhi dal libro. - Ehm... ci vivo? Questa è camera mia. - Rispose. - Piuttosto tu che fai? Guarda che è il dormitorio dei maschi. -

Annie mosse la mano in aria, come a scacciare un insetto. - Lo so... io e Klaus dovevamo fare delle cose che non ti riguardano. Tu piuttosto non avevi un appuntamento con la Tassorosso? - Lo interrogò lei, scrutandolo con uno sguardo di rimprovero.

- Sì, infatti, non dovevi uscire con la zoppa? - Domandò Klaus, lasciandosi cadere sul proprio letto.

- Non chiamarla così. - Lo ammonì Janus. - E comunque no... mi sono reso conto che devo finire di leggere questo libro di più di mille pagine per la scuola babbana. Il dovere chiama. Pilar aspetterà. Prima o poi ci uscirò. -

Annie fece una faccia scettica, attraversò la stanza e in fretta gli strappò il libro tra le mani, leggendo il titolo. - Quindi la scuola babbana ti fa leggere Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. - Osservò stizzita.

Janus annuì, stringendo le labbra.

- Senti, Jon Snow, lo so che vorresti stare tutto il giorno qui a fare il nerd pur di evitare il mondo reale e l'interazione con le persone reali, ma io non lo permetterò. - Decise la giovane, abbandonando il grosso tomo sul comodino. - Quindi adesso alza il culo e vattene. A me e Klaus serve questa stanza, dato che lui non può entrare nella mia. -

Janus aggrottò la fronte. Guardò prima lui, seduto sul letto accanto al suo, e poi lei, che aveva le mani sui fianchi in una sorta di caricatura della signora Weasley. - Che dovete fare? - Domandò perplesso.

Dopo un attimo di smarrimento, Annie rispose: - Secondo te? Cosa vuoi che facciano un ragazzo e una ragazza da soli in dormitorio? Dobbiamo fare certe cose, quindi devi uscire. - Aggiunge tutto d'un fiato, ma con un tono tutt'altro che credibile.

Janus sgranò gli occhi e spalancò la bocca. Non era da Annie essere così diretta. - Be', wow. Congratulazioni? - Tentò di dire, sorpreso e imbarazzato insieme. - Ma quando... non importa. Sapete una cosa? Aspetterò davanti alla porta e non farò entrare nessuno. Così voi potete fare le vostre cose e io potrò finire questo libro gigante prima dell'uscita della serie t... -

- No, no, no, non puoi stare qui fuori. - Insistette Annie, facendolo alzare in piedi. - Tu ora ti fai una doccia, ti dai una sistemata, magari prendi qualcosa di decente dall'armadio di Klaus ed esci con Pilar. -

Janus esitò e di nuovo guardò prima uno e poi l'altra. - Voi due siete molto strani. Molto, molto strani. - Decretò pensieroso. - Klaus, amico, sei sicuro che Annie non ti abbia messo dell'amortentia nel tè, stamattina? Guarda che lei è brava in pozioni. -

- Sono abbastanza certo di non aver bevuto filtri d'amore, stamattina, Jan. Stai pure tranquillo. - Lo rassicurò Klaus. - Piuttosto tu, sei proprio sicuro che valga la pena uscire con una che ti ha osservato da lontano per mesi senza farsi mai avanti? -

Annie lanciò a Klaus uno di quegli sguardi omicidi che solitamente riservava solo a Janus. - Non ti ci mettere anche tu. - Sbottò alla svelta.

- Anche io l'ho osservata senza farmi avanti per un po'. - Ribatté Janus. - Comunque questa cosa tra voi è davvero inaspettata. Però sono contento, in fondo, dico davvero... anche se temo un po' per le dinamiche del gruppo. -

- Allora mettiti con Pilar, così avrai compagnia, su. - Disse Annie in fretta, spingendolo rudemente verso il bagno. - Muoviti, sei già in ritardo. -

Mezz'ora più tardi, con indosso una di quelle eccentriche camicie da mago di velluto di Klaus, Janus uscì dalla Sala Comune di Grifondoro ritrovandosi a passeggiare nei corridoi deserti in direzione dell'entrata del castello; in testa una sola domanda: come aveva fatto a non rendersi conto che i suoi due migliori amici erano innamorati l'uno dell'altra? Era sempre stato certo che Annie preferisse lui, dopotutto quando aveva undici anni era cotta di lui, mentre Klaus... be', lui non si era mai interessato a nessuna, non era neppure del tutto certo che le ragazze gli piacessero, anzi, che le persone gli piacessero.

È proprio vero, pensò, l'amore opera in modi misteriosi.

Quando arrivò nei pressi della Sala d'Ingresso, notò che Pilar lo stava già aspettando sotto il grosso portone di quercia. Janus la guardò da lontano. Lei indossava vestiti babbani dall'aria un po' vissuta: un paio di jeans che avevano sicuramente visto tempi migliori e un maglioncino rosso di filo che le stava un po' lungo sulle maniche, ma tutto sommato lui la trovava carina, anche se non poteva competere con l'eleganza innata di Faye. Pilar somigliava un po' a un folletto della Cornovaglia, ma Janus decise che non glielo avrebbe mai detto.

Quando lo scorse, la ragazza gli andò incontro. - Ciao! - Esclamò allegramente.

- Ehm... ciao. - Ricambiò lui, mantenendo un po' del solito distacco. - Bene... allora, dimmi, dove ti va di andare? -

- Non saprei. Decidi tu. - Lo spronò lei.

- No, davvero, scegli tu. - Insistette lui, pensando di compiere un gesto galante.

Pilar sembrò in difficoltà. - Io non... non saprei. Fuori c'è bel tempo, ma... -

- Potremmo andare da Hagrid a prendere un tè. - Propose Janus, rendendosi conto nello stesso momento in cui aveva pronunciato quelle parole di quanto fossero assurde.

- Hagrid il professore di cura delle creature magiche? - Fece infatti lei, perplessa.

- Lui è una sorta di amico di famiglia. - Spiegò Janus. - Però se non ti va... -

- Andrà benissimo. - Annuì lei in fretta.

Nonostante il sole che splendeva nel cielo limpido, tirava un vento freddo e tagliente; forse un bel tè caldo a casa del guardiacaccia era proprio ciò che ci voleva.

Durante il tragitto dal castello alla capanna di Hagrid, Janus e Pilar non parlarono molto, scambiandosi solo qualche frase di circostanza o considerazioni sulle lezioni. Lei gli disse che stava frequentando il quinto anno, che i G.U.F.O. la terrorizzavano, soprattutto perché sua sorella ne aveva presi ben dodici e che due anni dopo era uscita da scuola con altri dodici M.A.G.O.. Poi Pilar gli chiese di Sirius, così, a bruciapelo, e Janus fu lieto di vedere la capanna spuntare all'orizzonte.

- No, non è uno zombie come è scritto nel Cavillo. - Disse un po' scocciato. - Ti piace il quidditch? - Chiese poi, nel disperato tentativo di cambiare argomento.

- Sì, ma non posso giocare. - Rispose lei. - Sai... la mia gamba. -

Lui valutò se farle una domanda a riguardo oppure no, e alla fine si limitò ad annuire.

Una volta davanti alla porta di legno della casa di Hagrid, Janus bussò e rimase in attesa per almeno un minuto prima di rendersi conto con orrore che il guardiacaccia non c'era.

- Mi dispiace... siamo arrivati fin qui... -

- Non fa niente! Insomma, c'è il sole, è bel tempo, mi piace l'aria aperta. -

Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante e poi a Janus venne un'idea: - Vuoi conoscere il mio ippogrifo? -

In lei si accese dell'interesse. - Hai un ippogrifo? - Domandò curiosa.

- Non è proprio mio, è di mio padre. - Spiegò Janus. - Lo ha aiutato a fuggire quando era ricercato e quando è morto è tornato qui a Hogwarts, sotto le cure di Hagrid. Ad ogni modo io e lui siamo amici, quindi può darsi che ci permetterà di fare un giro sulla sua groppa. Sempre se non hai paura dell'altezza. -

- Nessuna paura, anzi! - Esclamò lei facendogli il primo vero sorriso.

I due aggirarono la capanna e poi Janus la guidò verso il recinto in cui Fierobecco viveva con gli altri ippogrifi. Appena lo vide, la bestia gli andò incontro, poi Janus si inchinò e Fierobecco fece lo stesso.

- Ecco qui. - Annunciò il ragazzo, portando l'ippogrifo fuori dal recinto. - Sai come si fa, no? Devi inchinarti e il resto. -

Lei annuì con uno sguardo che Janus aveva visto solo negli occhi di Charlie quando si prendeva cura di qualche bestiolina. - Come si chiama? - Chiese accarezzandolo, quando poté avvicinarsi.

- Fierobecco. -

Pilar sorrise ancora e Janus pensò che forse quell'appuntamento aveva il potenziale per tirare su il tono dell'intera giornata.

Salirono entrambi sulla groppa dell'ippogrifo e subito dopo Fierobecco prese il volo, librandosi nel cielo terso sopra alla foresta proibita. Lì su, col vento che lo colpiva in pieno il volto e gli scompigliava i capelli, Janus si fece riempire dalla conosciuta sensazione di libertà che provava quando era in volo, e per quanto il freddo pungesse si sentì bene. Percepiva le mani di Pilar strette sulle sue spalle, minuscole ma forti, e qualcosa di strano si mosse nel suo stomaco. Era lei, era la ragazza che passava l'estate a giocare con lui online, quella che conosceva a memoria le battute di Ritorno Al Futuro e che non considerava i musical stupidi. Janus si convinse che doveva solo sciogliersi un po', essere spigliato e sicuro di sé come era da dietro uno schermo e di certo avrebbero ritrovato l'intimità che aveva provato durante le loro interminabili conversazioni notturne.

Sotto di loro la Foresta Proibita era fitta e il castello, alle loro spalle, era ormai talmente lontano da mostrarsi in tutta la sua maestosità, arroccato sulla cima di quella montagna. Fierobecco si fermò a mezz'aria e sia Janus che Pilar si presero qualche secondo per ammirare il paesaggio. Dall'alto, il mondo sembrava sempre un posto migliore.

Quando tornarono a terra, lei era a dir poco raggiante e perfino lui le sorrise, dato che si sentiva un po' meglio rispetto a quando si era svegliato avvolto in quel suo denso strato di cattivo umore. Passeggiarono nel parco della scuola senza smettere nemmeno un momento di parlare e poi, poco prima dell'ora di pranzo, tornarono al castello.

Una volta davanti all'entrata della Sala Comune di Tassorosso, Janus si domandò quale fosse a quel punto il modo migliore per salutarla. Doveva dire qualcosa di specifico oppure poteva bastare un semplice "ciao"? Chissà... forse doveva baciarla. Anzi no, meglio di no. Dopotutto non c'erano i segnali, lei se ne stava semplicemente lì, in piedi davanti a lui come se non avesse nessuna voglia di varcare la soglia della sua Sala Comune, come se si aspettasse qualcosa, ma cosa?

- Eccoci qui. - Disse Pilar, sorridendo un po' incerta.

Janus si limitò ad annuire.

- Allora... ci vediamo. - Parlò di nuovo lei.

- Frequentiamo la stessa scuola, quindi immagino di sì. - Asserì il Grifondoro.

Il sorriso di lei si appiattì un po', smorzato da quella frase un po' distante. - È stato davvero bello il giro sull'ippogrifo. - Disse mantenendo comunque un tono allegro. - Ci porti tutte le ragazze con cui esci, ammettilo. -

Lui rise nervosamente. - No, no, di solito non esco con le ragazze, sono praticamente invisibile ai vostri occhi. - Rispose, pentendosene all'istante.

- A me sembri piuttosto visibile, a dire il vero. - Obiettò Pilar. - Sei l'unica persona in tutta la scuola che quando dico "campagna di Dungeons & Dragons" non pensa che si tratti di un luogo in Galles o cose del genere. -

- Be', tu hai chiamato il tuo gatto Kaworu. - Rispose Janus sorridendo.

- Grande anime Evangelion. -

- Sì, con tutti quei riferimenti teologici e filosofici. Se ci pensi l'opera ha una profonda impronta freudiana, ad un certo punto cita addirittura Schopenhauer e alla fine riprende un concetto caro all'idealismo di Fichte... -

Pilar aggrottò la fronte con fare confuso, dunque Janus aggiunse:

- E poi ci sono i combattimenti. Quella è la parte bella. - Come a voler far tornare la conversazione su un piano meno impegnativo.

Seguì un attimo di silenzio imbarazzante in cui entrambi si guardarono con uno sguardo che sembrava quasi dire "e adesso?". Poi Pilar fece un passo in avanti e Janus, di riflesso, ne fece uno indietro, facendo comparire un'espressione di imbarazzo sul volto di lei.

- Forse è meglio se vado. - Disse sconsolata.

- Sì... - Rispose Janus indugiando. - Se vuoi possiamo uscire di nuovo però. -

Pilar sembrò sorpresa. - Davvero? - Domandò.

- Se vuoi. - Ripeté lui.

La Tassorosso annuì. - Sì. Sì, sì, va bene. - Si affrettò a rispondere. - Allora ciao! -

Janus ricambiò il saluto e quando la vide sparire dietro la porta della sua Sala Comune si incamminò verso la Torre di Grifondoro. Si sentiva un po' strano, come se avesse sbagliato qualcosa, dunque nella sua testa prese a ripercorrere l'intera mattinata.

Arrivò davanti al quadro della Signora Grassa quasi senza accorgersene, varcò la soglia e si ritrovò immediatamente avvolto nel calore accogliente della Sala Comune, che quella domenica era meno affollata e rumorosa del solito. Il camino era acceso, alcuni bambinetti del primo anno stavano facendo i compiti tutti raggruppati attorno ad uno dei tavoli, un altro gruppo si stava sfidando a Sparaschiocco, mentre Klaus e Annie erano seduti sul solito divano, abbastanza vicino al fuoco da scaldarsi.

- Come è andata? - Chiese lei, non appena lo vide.

- Questa domanda dovrei farla io a voi. - Disse Janus, sorridendo beffardo mentre si faceva spazio tra loro per sedersi.

- Guarda che non è successo nulla di ciò che pensi. - Spiegò Klaus, incredulo di doverlo sottolineare. - Annie te lo ha detto solo per farti uscire, pensavo fosse scontato. -

- Oh. Peccato. - Fece Janus, un po' deluso.

- A te la parola. - Lo incitò Annie, con un gesto teatrale.

Janus esitò per un istante. - Da una parte meglio così, non avevo molta voglia di fare il terzo incomodo del gruppo. - Disse tra sé e sé. - Comunque, ecco... è andata. -

Annie si portò entrambe le mani alla bocca. - Vi siete baciati? - Domandò incredula.

- No, ovvio che no. - Rispose subito Janus. - Lei ad un certo punto si è avvicinata, non so se volesse baciarmi o meno, ma ho fatto un passo indietro. -

- Sei il solito idiota. - Commentò lei.

- Perché ti sei allontanato? - Chiese invece Klaus.

Il ragazzo ci pensò su. Era una balla domanda, eppure non riusciva a trovare una risposta abbastanza soddisfacente. Era stata una cosa istintiva, quella di fare quel passo indietro, come se una vocina l'avesse messo in guardia su un eventuale pericolo, come togliere la mano da un calderone bollente. - Non mi sembrava il momento adatto. - Disse invece. - Devi esserci la giusta atmosfera e poi mi sembrava troppo presto. -

- Ma se parlate da mesi. - Obiettò Annie.

- Io ho bisogno di un forte coinvolgimento emotivo. -

- Che tradotto significa che hai avuto un po' di paura, è normale. -

Janus sbuffò e incrociò le braccia sul petto. - Sì, un po' forse è vero. - Ammise, guardandola male. - Secondo me devo solo fare pratica con un'altra, una che non mi interessi. Ad esempio potresti... -

Annie lo guardò di sottecchi. - No. - Disse interrompendolo. - Toglitelo dalla testa. -

- Dai, Annie! -

- Non ci penso proprio! Preferirei leccare ogni centimetro della metropolitana di Londra piuttosto che baciarti. - Esclamò sbigottita. - Non te la prendere. È che ti vedo più come un paziente che come un ragazzo. Quindi frena il tuo transfert. -

- Lo sai che non sei una vera psicologa, vero? Comunque va bene, capisco che baciarmi possa risvegliare in te vecchie fiamme. - Sogghignò Janus, e Annie alzò gli occhi al cielo.

- Ti piacerebbe. - Gli disse. - Usa Klaus come cavia. Sono quasi del tutto sicura che non si opporrà. -

Klaus fece una risatina nervosa e il suo viso diventò un po' più rosso del solito. - Se è proprio necessario posso sacrificarmi per la causa. - Disse annuendo. - L'importante è che non ti innamori, poi. - Proseguì e, nonostante il tono sarcastico, Janus non capì se l'amico stesse scherzando o meno.

Ad ogni modo ci pensò su, rendendosi conto che, per quanto si considerasse da sempre una persona di larghe vedute e nonostante avesse ormai accettato da un pezzo di non disdegnare affatto i ragazzi, sarebbe stato molto difficile per lui accettare di essersi innamorato di un uomo.

Era certo che a sua madre non sarebbe importato niente, ma al resto della famiglia? Ad esempio cosa avrebbe pensato Percy? Anzi, cosa avrebbe pensato suo padre?

Quel pensiero gli accartocciò le viscere e per la prima volta nella sua vita sentì di essere sbagliato, di aver qualcosa da nascondere.

- Non credo che potrei mai innamorarmi di un ragazzo. - Disse arrossendo.

Klaus fece di nuovo quella risata nervosa, che però si spense come la fiamma d'una candela consumata. - Io sì. - Svelò, di botto.

Annie non sembrò affatto sorpresa, ma guardò Klaus con un misto di orgoglio e ammirazione, mentre Janus con ansia.

Janus, a sua volta, rimase zitto a lungo prima di rispondere, guardando l'amico dritto in faccia. Non che non se lo aspettasse, eppure non aveva idea di quali fossero le parole giuste da usare in quel frangente. Dopo una manciata di secondi di attesa, Janus scrollò le spalle. - Okay. - Si limitò a dire.

- Okay? - Ripeté Klaus, sorpreso. - Tutto qui? -

- Be', sì... ma grazie per avermelo detto. - Aggiunse Janus, sorridendogli.

Klaus rimase di stucco. - Quindi a te sta bene? - Domandò serio. - Siamo ancora amici? -

L'altro annuì. - Per quel che mi riguarda puoi essere attratto anche dalle tazze di tè. - Lo rassicurò. - Adesso andiamo a mangiare? -

Qualche settimana prima dell'inizio delle vacanze, Janus iniziò quella che ormai era diventata per lui una tradizione: creare a maglia, rigorosamente a mano e senza magia, cappelli, sciarpe e guanti di lana per chi considerava meritevole di ricevere da lui un regalo per Natale.

Era stata la signora Weasley a insegnargli a lavorare a maglia, durante il secondo anno passato alla Tana, e per quanto Klaus lo prendesse in giro dicendo che era un passatempo da vecchia nonnina, a lui piaceva davvero molto, era rilassante e gli trasmetteva una rasserenante sensazione di casa.

Qualche giorno prima della fine del trimestre, Janus si svegliò e, dopo una rapida occhiata fuori dalla finestra del dormitorio di Grifondoro, notò che il castello era ormai seppellito sotto almeno un metro di neve, mentre il lago era diventato una spessa lastra di ghiaccio su cui i più temerari improvvisavano delle pattinate. Quella mattina stessa Annie fece il primo pupazzo di neve dell'inverno e mentre se ne stava nell'accogliente e calda Sala Comune di Grifondoro, seduto davanti al camino acceso, Janus si rese conto di una cosa sorprendente: si sentiva... bene.

Il suo nome, e quello dei suoi genitori, stava lentamente scomparendo dalle pagine dei giornali di gossip, la scuola andava meglio del solito anche grazie a quegli incontri in cui Sirius gli insegnava tutto ciò che sapeva e la squadra di quidditch di Grifondoro aveva addirittura vinto l'ultima partita per merito di Klaus, che aveva steso il cercatore di Corvonero con un bel colpo di bolide. Insomma, per la prima volta nella sua vita, Janus si sentiva un adolescente normale con preoccupazioni normali.

E poi c'era Pilar.

Finalmente c'era qualcuno a parte Molly con cui parlare di ciò che lo appassionava, qualcuno che capiva ogni suo riferimento alla cultura pop babbana e che leggeva insieme a lui durante le ore buche tra una lezione e l'altra. L'unica cosa negativa del loro rapporto stava nel fatto che Janus era certo che passare del tempo con lei l'avrebbe istupidito: Pilar si era presa quasi tutta la sua attenzione e ne era rimasta ben poca per il resto.

Ogni tanto, ad esempio mentre studiava o mentre assisteva ad una lezione di storia della magia particolarmente noiosa, la sua mente vagava fino a fermarsi su pensieri che gli facevano sperare che nessuno lì intorno fosse bravo in legilimanzia.

Ma più passava il tempo, più lei diventava molto più di una piacevole distrazione.

Era una persona buona e un po' ingenua, e forse per questo la prendevano in giro praticamente per tutto, ma soprattutto per il modo strano in cui camminava. Un pomeriggio, mentre se ne stavano da soli in un'aula vuota del terzo piano, Janus le domandò per quale motivo zoppicasse in quel modo. Lei, in tutta risposta, si tirò su la gonna quel tanto che bastava per mostrargli alcune cicatrici che solcavano la coscia della gamba interessata. Janus si sentì arrossire, ma cercò di far finta di niente e rimase in silenzio, in attesa che fosse lei a dire qualcosa.

- Sono nata con una malformazione al femore, hanno cercato di risolverla con degli interventi chirurgici, ma non è andata granché. - Raccontò Pilar, dopo qualche secondo di esitazione. - Lo so, è brutta da vedere. Per questo gli altri mi prendono in giro. -

Lui si affrettò a scuotere la testa. - Sono solo cicatrici. - Disse. - Anzi, secondo me sono carine e se le altre persone ti prendono in giro è un problema loro, non tuo. -

- Però tu non devi difendermi per forza quando lo fanno. - Disse lei, sistemandosi nuovamente la divisa.

- Ma io non lo faccio per forza. - Obiettò Janus.

Aveva tentato in tutti i modi di ignorare la cosa. Di solito quella era la sua modalità preferita per affrontare i conflitti, ma in quegli ultimi tempi gli risultava a dir poco impossibile. Fu così che tutta la scuola venne a conoscenza del fatto che Black uscisse con la strana tipa zoppa di Tassorosso. Quando poi lui, all'inizio di dicembre, dopo un'infinità di tempo passato con lei, finalmente si decise di baciarla, si scatenarono molte reazioni differenti: Annie era contenta ("finalmente ti sei deciso a darti una mossa!) mentre Klaus e Faye non vedevano affatto Pilar di buon occhio, ("non fanno altro che sbaciucchiarsi!", "che ci troverà lui in lei?"). Molly, Lucy e Teddy, che come unica ragione di vita avevano quella di metterlo in imbarazzo, invece si affrettarono a fare le presentazioni di rito, ("io e Lucy siamo le figlie del fidanzato di sua madre, mentre Teddy è suo cugino, perché Sirius e la madre della madre di Ted sono cugini di primo grado...", "ah, sai chi è nostro zio? È Harry Potter!", "che è il mio padrino!").

Quella mattina in Sala Grande faceva freddo nonostante nel camino stesse bruciando un bel fuoco arzillo. Il cielo incantato sopra le loro teste era color opalino e una finta neve incantata veniva giù per poi sparire prima di toccare terra. Anche quell'anno, gli addobbi avevano reso la scuola ancor più magica: c'erano gli alberi di Natale, il vischio che vorticava e appariva nei luoghi più impensabili e ghirlande che decoravano le scale.

- Ecco qui. - Disse Janus, sistemando attorno al collo di Klaus la sciarpa arancione che aveva fatto per lui. - Si intona perfettamente ai tuoi occhi. -

- Tu credi? - Fece l'altro, aprendoli per bene.

Dopo quello che gli aveva rivelato, giusto qualche settimana prima, il loro rapporto non era cambiato, anche se Klaus era tornato finalmente a essere il ragazzo eccentrico di un tempo prima. Janus era venuto a conoscenza del fatto che la comunità gay magica non se la passasse gran che bene e che, anzi, parlare di certi temi tra i maghi era ancora un grande tabù. Molti erano convinti che le coppie omosessuali rappresentassero una reale minaccia al futuro del mondo magico: la magia veniva passata dai genitori ai figli e, dato che i nati babbani non erano molto comuni, i più conservatori temevano una qualche sorta di crollo demografico.

I genitori di Klaus, purtroppo, erano tra quei conservatori.

- Non lo so, non sono un grande esperto di colori. - Disse Janus, guardandolo ancora, per poi voltarsi verso il tavolo dei Tassorosso alle sue spalle. - Teddy? Vieni qui! - Urlò nella direzione del cugino.

Teddy Lupin sgranò gli occhi e per qualche secondo non si mosse. Sapeva che Janus si rivolgeva a lui per un solo motivo, cioè sgridarlo. Alla fine sospirò, si alzò e si avvicinò al tavolo dei Grifondoro come un condannato a morte si avvicina al patibolo.

- Che c'è? - Domandò dopo essersi sistemato meglio la divisa.

Janus afferrò lo zaino abbandonato a terra, lo aprì e tirò fuori un berretto giallo che porse verso il ragazzino. - È per te, per Natale. - Lo informò, quando lo vide esitare.

Il giovane Tassorosso aggrottò la fronte, perplesso. Aveva visto Janus fare regali del genere a Molly e Lucy per anni ma mai, neppure una volta, lui aveva ricevuto qualcosa. Si era domandato tante volte perché il cugino sembrasse detestarlo tanto, soprattutto perché all'inizio le cose tra loro non erano affatto così, c'era stato un tempo in cui erano stati addirittura amici. Poi Janus era cresciuto e aveva smesso di trovarlo interessante.

- Grazie. - Disse Teddy, afferrando il cappello di lana.

- È ancora il tuo colore preferito il giallo, vero? -

Il ragazzino divenne ancor più sorpreso e i suoi capelli assunsero una strana sfumatura color porpora. Dopo un attimo di interdizione, annuì e poi, spinto da un moto di commozione, lo abbracciò. O almeno ci provò.

- No... niente... contatto... fisico... Ted! - Lo spinse via Janus. - Adesso torna a posto, su. -

Teddy, tutto sorridente, si infilò il cappello e obbedì, tornando al suo tavolo.

Annie, seduta dall'altra parte del tavolo con una sciarpa simile a quella di Klaus attorno al collo, sospirò sognante. - Ah... il potere della figa... - Disse, teatrale.

- Che intendi dire? - Domandò Janus.

- Intendo dire che fare sesso ti sta rendendo una persona migliore. - Chiarì la ragazza.

Klaus fece una faccia schifata, mentre Janus alzò gli occhi al soffitto al cielo e arrossì vistosamente. - Guarda che io e Pilar non lo facciamo. - Rispose in imbarazzo. - Ogni tanto facciamo... altro, ma non quella cosa. -

- Ad esempio? - Imbeccò Klaus.

- Be', sai... quelle cose che fanno tutti. - Buttò lì Janus. - Soprattutto leggiamo insieme, oppure lei suona l'ukulele e io la sto a sentire. E poi ci baciamo. -

- Oh, sì, questo purtroppo lo sappiamo fin troppo bene. - Si indignò l'amico.

Annie rise. - E dai, lascialo stare... per una volta che si comporta da persona normale! - Esclamò, divertita. - Lei mi piace un sacco, secondo me siete proprio fatti l'uno per l'altra. Amate entrambi tutte quelle cose strane da nerd, tu la proteggi dai bulli a colpi di punti tolti e finalmente hai smesso di stare dietro a Faye. -

Janus lanciò all'amica uno sguardo torvo. - Non ci stavo dietro. - Replicò.

- Invece sì, eri patetico. - Sottolineò Klaus. - Sempre lì a dire quanto fosse bella... -

- ... e quanto fosse intelligente e talentuosa. Veramente patetico, Klaus ha ragione. -

Janus sospirò. - Va bene, un po' mi piaceva. - Ammise. - Ma non mi ha mai voluto, quindi me la sono fatta passare. Se preferisce quell'idiota di Ikaris, tutto muscoli e zero cervello, non posso farci niente. Io non sarò di certo il nuovo Piton. -

- Lei e Ikaris sono in pausa. - Lo infornò Annie. - Come hai fatto a non accorgertene? -

- Probabilmente era troppo occupato a sbaciucchiare Pilar. - Suppose Klaus.

Janus sentì qualcosa prendere vita dentro di lui, ma fece del suo meglio per apparire impassibile. - Perché sono in pausa? Che è successo? - Domandò sforzandosi talmente tanto di sembrare disinteressato che la sua voce uscì piatta e senza inflessioni.

- Durante l'uscita a Hogsmeade l'amico di lui che ha fatto dei commenti spiacevoli sui miei genitori babbani, Faye si è arrabbiata e Ikaris le ha dato della pazza perché secondo lui sono solo battute innocenti. - Spiegò Annie tutto d'un fiato. - Non hanno più smesso di litigare da quel giorno, finché lei non l'ha messo in pausa la settimana scorsa. Ma sai una cosa? Doveva farlo molto tempo fa, anzi, dovrebbe lasciarlo e basta. -

- Vero? È uno stupido e non è nemmeno tanto bello come dicono tutte! -

Klaus inarcò le sopracciglia, come se l'amico avesse appena detto qualcosa di sconcertante. - Non puoi dire che non sia bello. Non sarà una cima, questo è vero, ma è indubbiamente un gran figo. -

- Ma lui è... biondo! Mai fidarsi di un biondo, mai! - Esclamò Janus.

- Ikaris fa schifo, non sindacare. - Rincarò la dose Annie.

Continuarono a parlare fino al suono della campanella che segnò l'inizio dell'ennesima giornata di lezioni. Verso le otto e mezza del mattino, tutti e tre varcarono la soglia della classe di difesa contro le arti oscure. Si trattava di una stanza quadrata e piena di banchi che quel giorno erano stati tutti spinti lungo le quattro pareti. La cattedra era in fondo, c'era una lavagna e un proiettore funzionante a magia. Appese ai muri, e incorniciate da graziose cornici colorate, c'erano tante frasi motivazionali che Janus trovava da sempre molto imbarazzanti ("credi in te stesso", "è dura fallire, ma è ancor peggio non aver mai provato ad avere successo", "per ogni minuto che rimani arrabbiato perdi sessanta secondi di felicità"), ma tutto era perfettamente in linea con la professoressa Gemma Burton.

Si trattava di una giovane donna dai capelli bruni e lisci che le incorniciavano un viso che conservava ancora benissimo tutti i suoi tratti infantili. Amava i vestiti vaporosi e il lilla, colore che indossava sempre, che la faceva sembrare una sorta di fatina, ma aveva fatto la guerra ed era stata un'auror, di quelli bravi anche, a detta di Tonks. Era solita premiare durante le sue lezioni gli studenti più partecipativi e preparati con dolciumi o regalini dei Tiri Vispi Weasley; una volta Janus aveva vinto un pacchetto di gomme bolle bollenti, mentre un'altra una di quelle bacchette trabocchetto ideate da George.

Un'altra cosa particolare di Gemma Burton era il suo interesse per le questioni di cuore dei suoi studenti: amava far sedere vicini quelli che secondo lei sarebbero stati benissimo insieme e più di una volta aveva organizzato lavori di coppia nella speranza di vedere formarsi delle vere coppie.

La professoressa accettava nella classe da M.A.G.O. chiunque avesse un po' di buona volontà, anche con un "accettabile" nei G.U.F.O. e quella mattina infatti c'erano un bel po' di Serpeverde, compresa Faye e il suo ormai ex ragazzo idiota, qualche Corvonero, pochi Tassorosso e molti Grifondoro.

- Buongiorno, miei cari ragazzi. - Esordì la professoressa, guardandoli con espressione sognante mentre si raggruppavano davanti alla cattedra. - Ho letto i vostri temi sull'incanto patronus, siete stati bravissimi e dunque, con vostra somma gioia, almeno spero, oggi faremo una lezione pratica. Avanti, fuori le bacchette! In palio una bella scatola piena di cioccorane a chi riesce ad evocare un patronus per primo! -

Di solito Janus non si divertiva come gli altri durante le lezioni pratiche, preferiva di gran lunga studiare le cose sui libri, quello si che gli veniva sempre bene, ma quel giorno era tranquillo dato aveva già provato quell'incantesimo tantissime volte insieme a suo padre.

- Scommetto che tu lo sai già fare, vero? - Disse Klaus, sorridendo con fare beffardo. - Te lo ha insegnato il signor Black? -

Janus annuì. - Sì, l'ho imparato a ottobre. - Rispose sottovoce. - Credo proprio che quelle cioccorane saranno mie, solo che devo prima fingere un po' di non saperlo fare, non credi? Sarebbe molto più credibile. -

- In effetti sì, anche se è un po' come barare. Però chi se ne importa, farai guadagnare un sacco di punti a Grifondoro. - Convenne Klaus. - A cosa pensi quando lo evochi? -

- Non te lo dirò nemmeno sotto tortura! -

Nel frattempo, tutto intorno a loro, gli altri gli altri studenti avevano iniziato i loro tentativi di evocare un patronus. Qualche minuto più tardi dalle bacchette di qualcuno uscivano dei delicati sbuffi di vapore argenteo, altri invece, nonostante la formula gridata con tanto ardore, non vedevano nemmeno l'ombra dell'incanto. E tra loro, stranamente, c'era anche Faye.

- Professoressa? Professoressa, guardi! - Esclamò Ikaris a un certo punto, la bacchetta puntata in aria da cui usciva un bel getto d'argento.

- Bene, Farley, dieci punti a Serpeverde! - Disse la professoressa Burton con fierezza, seduta sulla cattedra e con gli occhi vispi puntati sulla classe.

Janus guardò Ikaris con un'occhiata di tralice. Forse era giunto il momento di sbattere in faccia a coglione quanto fosse di gran lunga migliore di lui.

Chiuse gli occhi e si concentrò. L'aveva già fatto, sapeva di esserne capace, doveva soltanto mantenere la sua attenzione su un pensiero o un ricordo felice, non doveva lasciarsi distrarre dal fatto di trovarsi in pubblico. Sospirò e spalancò di nuovo le palpebre, guardandosi attorno; adesso in molti stavano tirando fuori dalla punta delle proprie bacchette quella nebbiolina.

Eccola lì, la stretta familiare dell'ansia che lo attanagliava.

No, pensieri felici, si disse con fermezza.

Puntò la bacchetta in aria e mormorò debolmente la formula. Niente.

Concentrati... pensò, concentrati...

- Expecto Patronum! - Esclamò, stavolta con più forza, e subito il corvo argenteo schizzò fuori dalla punta, fiero ed elegante, iniziando a svolazzare per tutta l'aula e attirando l'attenzione di tutti i presenti.

Ci fu un attimo di silenzio e poi dei mormorii sorpresi si levarono tra gli studenti.

- Per tutti i fondatori, Black! Bravo! - Esclamò la professoressa Burton, andandogli incontro. - Trenta meritatissimi punti a Grifondoro. Un patronus corporeo al primo tentativo è davvero notevole... o l'avevi già fatto prima? -

- No, mai. - Mentì spudoratamente Janus.

- Ottimo, davvero ottimo. - Si congratulò ancora la professoressa, tirando fuori da sotto la cattedra il premio. - Ovviamente evocare un patronus davanti a un dissennatore è nettamente più difficile rispetto a farlo in un ambiente sicuro come la nostra classe, tu lo saprai meglio di tutti. -

Janus si domandò a cosa si riferisse, e poi la professoressa aggiunse: - Tuo padre te ne avrà parlato immagino. -

- Oh... sì. - Buttò lì il giovane anche se non era vero.

- Forza, continuate, ragazzi! - Esclamò la Burton. - Tu, Black, se vuoi puoi dare una mano agli altri. -

Circa un'ora più tardi alcuni studenti erano riusciti ad evocare un vero e proprio patronus; quello di Klaus, ad esempio, aveva la forma di un beagle, mentre quello di Annie un grazioso procione che si era messo a correre tra le gambe di tutti. Perfino Ikaris, che per quanto si impegnasse nello studio rimaneva comunque molto più bravo sulla scopa che con la bacchetta in mano, aveva evocato un cavallo dalla fluente criniera. Poco prima della fine della seconda ora, l'unica che ancora non aveva prodotto nemmeno uno sbuffo argenteo era Faye, che fissava la sua bacchetta come se fosse certa che avesse smesso di funzionare, sul viso l'espressione contrita di chi falliva per la prima volta.

- Bene, ragazzi. Siete stati tutti bravissimi. - Esordì la professoressa Burton. - L'incanto patronus è un incantesimo di livello molto avanzato che necessita una buona padronanza delle emozioni nonché un enorme sforzo mentale, quindi non scoraggiatevi se non vi è riuscito, d'accordo? -

La campanella suonò e gli studenti si mossero verso la porta. Faye fu la prima ad uscire, come se non vedesse l'ora di allontanarsi da lì.

- Che lezione abbiamo ora? - Domandò Klaus, una volta raggiunto il corridoio affollato di studenti e studentesse occupati come loro a dirigersi verso l'aula successiva.

- Incantesimi. - Rispose Janus alla svelta. - Ci vediamo lì. Io ho una cosa da fare. -

Non aggiunse altro, ma inseguì Faye lungo il corridoio facendosi spazio tra la folla rumorosa, e poi su per le scale, fino a ritrovarsi davanti alla porta chiusa del bagno delle ragazze in cui lei si era rifugiata.

Con la mano sulla maniglia, Janus indugiò per qualche attimo, incerto sul da farsi, poi si guardò intorno, si fece coraggio ed entrò, ritrovandosi davanti una fila di porte da un lato e alcuni lavelli dall'altro. Lì, davanti a uno degli specchi appesi sopra ad ogni lavandino, c'era Faye che si voltò di scatto verso di lui, guardandolo come se fosse arrabbiata.

- Che c'è? - Gli domandò con stizza.

- Stai bene? - Rispose lui. - Non te la sarai presa perché non ti è venuto l'incantesimo... -

Faye scosse la testa e poi sbuffò. - Perché ti interessa? Ultimamente sei così preso da altro... - Disse, tornando a guardare il suo riflesso nello specchio.

- Mica sarai gelosa. - Ribatté lui, scrutandola.

Faye si limitò a fare un verso sprezzante.

- Mi interessa perché siamo amici. - Spiegò Janus, avvicinandosi a lei. - E tu sei la strega più talentuosa che io abbia mai conosciuto, so che non sbagli mai. -

- Stavolta a quanto pare sì. - Obiettò acidamente lei. Poi sospirò. - Credo di non avere ricordi abbastanza felici da poter evocare un patronus. Non è uscito proprio niente dalla bacchetta, nemmeno uno sbuffo di fumo, niente. - Proseguì a bassa voce.

- Non deve essere per forza un ricordo vero e proprio. - Disse Janus. - Può essere anche un pensiero felice. L'importante è che dentro di te scateni qualcosa di forte. -

Faye si voltò per poterlo guardare. - Qual è il tuo pensiero felice? - Gli domandò.

- Sono cose private. -

- Qual è? - Insistette lei.

Janus sospirò. - C'è questo video di quando ero praticamente un neonato... l'ho visto tantissime volte. - Iniziò a raccontare, con un po' di vergogna. - Ci siamo io, mia madre e mio padre, sulla spiaggia in Scozia. Lui mi tiene in braccio e dietro la videocamera c'è mia madre che riprende la scena. Poi lui si volta verso di lei, la guarda, le sorride e le dice che la ama, che ama la nostra famiglia. Vedi, non è un vero ricordo, però è a questo che penso per evocare un patronus. Penso che al mondo c'è qualcuno che mi ama talmente tanto da morire per me, qualcuno per cui sono la persona più importante di tutte. Non importa quante volte mi comporterò da stronzo, mia madre e mio padre saranno sempre lì. Anche se questo vale soprattutto per mia madre, a dire il vero. -

Le labbra di Faye si piegarono verso il basso e le sue sopracciglia si aggrottarono in un'espressione triste. - Non c'è nessuno che mi ama in questo modo. Io non ho nessun pensiero del genere. - Mormorò con voce soffocata. - Io sono sola, perfino quest'anno che mio padre è a casa dovrò passare le feste a scuola, dato che lui non mi vuole attorno. -

Sembrava sull'orlo delle lacrime, e Janus non aveva idea di quale fosse la cosa giusta da fare in situazioni come quella.

- Non è vero che nessuno ti ama e non è vero che sei sola. - Disse infine. - Perché non vieni da me a Natale? Andremo alla Tana come ogni anno, mangeremo un sacco di tacchino e la signora Weasley ti farà un maglione. Possiamo anche andare a trovare tua madre al San Mungo, se vuoi. -

Faye gli rivolse uno sguardo difficile da decifrare, gli occhi color miele erano lucidi e arrossati. - Hai invitato anche quella lì, per caso? - Chiese mordace.

Janus alzò gli occhi al cielo. - Certo che no. - Rispose, mantenendosi paziente. - I suoi sono iperprotettivi e grandi fan del Natale come festa religiosa, quindi non credo che sarebbe potuta venire. Però mi ha chiesto di andare in chiesa con lei il 24. -

- Sul serio? - Domandò Faye, aggrottando la fronte. - E tu cosa le hai detto? -

- Che non avevo nessuna intenzione di arrivare fino a Bristol per andare in chiesa quando potevo starmene alla Tana a giocare a spara schiocco per tutta la notte. - Rispose il giovane. - Poi le ho detto che c'è la possibilità che purtroppo Dio non esista e ho citato Marx; Die Religion ist das Opium des Volkes, la religione è l'oppio del popolo. Non mi ha parlato per tre giorni. -

Faye prima lo guardò male, poi trattenne senza successo una breve risata. - Sei un fidanzato di merda, cazzo. - Gli disse ridendo.

- Non sono il suo fidanzato. - Si affrettò a dire lui. - Vieni o no a Natale? -

Lei si prese tutto il tempo necessario per rispondere, scegliendo di stare in silenzio per qualche secondo. - La signora Weasley lo fa buono il tacchino? - Domandò a sua volta alla fine.

- Oh, quel tacchino non ha eguali, te lo assicuro. - Sentenziò Janus.

- Allora forse potrei farci un pensierino. - Disse Faye con nonchalance. - Sempre se alla tua non fidanzata non da fastidio, ovviamente. Altrimenti me ne vado da Annie. -

- Che coraggio. Io non ce la farei mai a passare più di dieci minuti nella stessa stanza con i genitori di Annie. Ho sempre paura che mi leggano nel pensiero con qualche tattica da psicoterapeuti. -

- Forse ha qualcosa da nascondere. - Suppose la Serpeverde. - Sei così diverso ultimamente. -

- Perché? - Chiese lui con interesse.

- Sembri molto più sicuro di te. Poco fa hai alzato la bacchetta in aria e hai evocato un patronus così, su due piedi, senza battere ciglio. -

Janus valutò se fosse il caso o meno di dirle la verità, cioè che non era la prima volta che eseguiva quell'incantesimo, ma alla fine si limitò a scrollare le spalle e per sminuire la faccenda e per fingere un po' di modestia. - Non era nemmeno così potente, inoltre immagino che davanti un dissennatore sia tutt'altra cosa. -

Faye scosse la testa. - La modestia non ti si addice. - Gli disse.

- Hai ragione. In effetti era un grande incantesimo! - Convenne lui ridendo.

Lei alzò gli occhi al cielo ma sorrise senza dire niente.

- Ti ho fatto un paio di guanti per Natale, te li do prima che me ne dimentichi. - Disse Janus, rompendo il silenzio e aprendo nel frattempo goffamente il suo zaino per tirarli fuori. - So che hai le mani sempre fredde in inverno quindi... guanti di lana verdi. Sì. Perché sei una Serpeverde. Ecco. -

- Oh, grazie. Quelli dello scorso anno li ho bucati per sbaglio durante l'ora di pozioni. - Raccontò Faye, infilandosene uno.

Janus percepì qualcosa di strano nell'aria, come... elettricità.

Sarebbe bastato un solo passo per avvicinarsi, per poterla baciare, o magari poteva aprire semplicemente il suo cuore e dirglielo, dirgli quello che pensava da sempre. Le avrebbe detto che non era vero che nessuno l'amava, perché c'era lui e, fino alla fine, era certo che l'avrebbe amata.

Janus si sentì avvampare e quando Faye gli lanciò uno sguardo perplesso fu sicuro di essere arrossito. Lei aprì la bocca per poter dire qualcosa, quando la porta alle spalle di lui la interruppe. Quando Janus si voltò, si ritrovò davanti a Molly e Lucy, una con la divisa da Corvonero, l'altra con i colori di Grifondoro, ma entrambe un po' sorprese di trovarlo lì.

- Sei nel bagno delle femmine. - Gli fece notare Lucy, incrociando le braccia sul petto, con il suo immancabile atteggiamento alla Percy. - Che stai facendo? Guarda che lo dico a Hazel che fai le cose strane con le ragazze. -

- Non faccio le cose strane con le ragazze. - Sbottò Janus che arrossì ancora di più.

Sia Faye che Molly ridacchiarono.

- Cioè, in realtà... le faccio. - Ritrattò il ragazzo. - Ma non con Faye, lei è solo un'amica. -

Lucy fece una faccia scettica, mentre Molly un piccolo sghembo.

- Quest'anno starà da noi a Natale. - Proseguì Janus, per distogliere l'attenzione da quello scottante argomento. - Quindi presumo che voi tre avrete molto tempo per prendermi in giro! -

°°°°°°

Qualche sera più tardi, Sirius stava aspettando suo figlio ai Tre Manici di Scopa.

Nel pub non c'era ormai quasi più nessuno a eccezione di lui, due vecchie streghe raggrinzite sedute al tavolo accanto al grosso albero di Natale, e uno stregone dall'aria losca accomodato al bancone oltre cui Talitha e madama Rosmerta gli stavano servendo da bere. Dalla radio posta sopra il camino, Celestina Warbeck stava cantando una canzone natalizia che secondo Sirius ricordava un po' "All I want for Christmas is you" di Mariah Carey, e questo gli procurò una dolorosa fitta al cuore. Sembrava passato così poco tempo dal Natale del 1994, quando quella canzone suonava spesso dalla televisione di Hazel, e Janus aveva solo quattro mesi. Il Natale 2010, invece, si prospettava come uno dei peggiori di sempre e questo era tutto dire.

Nel migliore dei casi sarebbe finito a mangiare falafel a casa della madre di Kamilah, nel peggiore sarebbe rimasto a casa a ubriacarsi e a guardare uno dei tanti film che Janus gli aveva detto di recuperare. Per ora dalla lista aveva sbarrato un bel po' di titoli tra cui la trilogia di Matrix (che a dir la verità non aveva capito per niente, ma che aveva apprezzato lo stesso per le scene d'azione), Schindler's List (che l'aveva fatto piangere dall'inizio alla fine), Eternal Sunshine of the Spotless Mind (che invece lo aveva fatto sentire depresso per un paio di giorni) e il Favoloso Mondo di Amelie (che si era meritato un voto sufficiente solo perché la protagonista era molto carina). Probabilmente il 25 dicembre si sarebbe messo a guardare qualcosa di estremamente triste, magari uno di quei film sugli animali domestici che alla fine tirano le cuoia. Era certo che ci fosse un titolo del genere sulla lista che Janus gli aveva dato.

Quando la porta d'ingresso del locale si aprì facendo entrare il vento gelido, Sirius ringraziò silenziosamente suo figlio, appena apparso lì sulla soglia, per aver interrotto con la sua presenza quel circolo di pensieri tetri.

Tra i capelli aveva qualche fiocco di neve e anche i suoi soliti vestiti e lo zaino che aveva sulle spalle erano umidi per colpa della tempesta che si stava consumando fuori dal pub.

- Ciao. - Disse Janus, togliendosi la giacca e abbandonando la borsa prima di sedersi proprio davanti a lui con aria sfatta. - Si muore di freddo... è così anche a Londra? -

Sirius si lasciò scappare un piccolo sorrisetto. Era una cosa molto inglese, quella di esordire parlando del tempo, e Janus era uno di quelli che ne parlava spesso quando non sapeva come rompere il ghiaccio, anche se non era cresciuto lì. - Sì, anche a Londra fa freddo. - Rispose Sirius alla svelta. - Hai già mangiato? -

Janus annuì ma non disse niente.

Nonostante ultimamente le cose tra loro fossero sulla buona strada, c'era sempre un po' di quella freddezza tipica dei rapporti in cui c'era ancora qualcosa di irrisolto. In quei mesi aveva capito che Janus era un po' come una sorta di campo minato, sarebbe bastato un solo passo falso per distruggere tutti i progressi che aveva fatto con lui. Sirius si chiedeva spesso se mai sarebbe riuscito a costruire con lui un rapporto più vero, più sincero, ma d'altra parte era grato per ciò che già possedeva.

- Dato che purtroppo a Natale non ci vedremo, ti ho portato il regalo. - Gli disse, tirando fuori da sotto il tavolo un pacchetto ben avvolto in carta da regalo molto festosa.

Janus esitò per qualche istante, gli occhi puntati sui piccoli babbi natali disegnati sulla superficie della carta da regalo. - Anche io ho una cosa per te. - Rispose poi, aprendo il suo zaino per tirare fuori una lunga sciarpa nera. - Non sapevo quale fosse il tuo colore preferito, quindi alla fine l'ho fatta così. Forse è un po' banale, lo so. -

Sirius aggrottò la fronte. - Vorresti dire che l'hai cucita tu? - Domandò sorpreso.

- Sì. - Annuì il ragazzo, imbarazzato. - Lo so, è una cosa un po' strana, però mi piace farlo. Mi ha insegnato la signora Weasley durante un Natale di qualche anno fa. Penso sia molto rilassante, il che è strano, perché io non mi rilasso mai. -

- Questo lo so bene. - Rise Sirius, apprezzando nel frattempo la morbidezza del tessuto della sciarpa. - È davvero bella, grazie. Non mi aspettavo che tu mi facessi un regalo. Vuoi... aprire il tuo? -

Janus rimase qualche secondo zitto con aria pensierosa e gli occhi puntati sul pacchetto. Poi alzò lo sguardo verso il padre. - Senti, perché non vieni anche tu alla Tana quest'anno? Insomma... immagino che Harry ti abbia invitato, o no? - Gli chiese.

- Sì, mi ha invitato. - Ammise Sirius. - Ma mi sentirei di troppo, inoltre non credo che tua madre mi voglia lì, quindi... non preoccuparti per me. -

- Perché dici che mamma non ti vuole lì? Voi due andate d'accordo, lei ti adora. - Janus lo scrutò attentamente e con aria alterata, come alla ricerca di un indizio per incastrarlo o di una scusa per tornare a odiarlo. - Avete litigato? Che le hai fatto? - Domandò.

Sirius sembrò quasi trattenere il fiato e si ripeté che quello che aveva davanti era suo figlio, non un suo amico, e che non poteva di certo rispondere sinceramente. - No, non abbiamo litigato. - Mentì. - Non sono cose che ti riguardano, queste. -

- Sì che mi riguardano. - Obiettò gelidamente Janus. - Allora? Che hai combinato? -

- Non ho combinato niente! - Sbottò Sirius, alzando gli occhi al cielo. - Preferisco di gran lunga stare a casa da solo piuttosto che passare il giorno di Natale a osservare la vita che avrei potuto avere se quel giorno non fossi finito dietro quel velo. Se vuoi venire a casa mia sei il benvenuto, ma non metterò piede alla Tana, mi dispiace, Jan. -

Janus lo fissò in silenzio per qualche secondo prima di rispondere con un freddo e distaccato: - Fa' come vuoi. - Buttato lì senza nessuna particolare inflessione nella voce.

- Bene, immagino che adesso tu ce l'abbia con me. - Asserì Sirius, abbandonandosi sconsolato allo schienale della sedia su cui sedeva. - Come al solito del resto. -

Il giovane gli lanciò uno sguardo infastidito. - Non ce l'ho con te. - Disse poi, stringendosi nelle spalle. - Però sarebbe stato bello stare tutti insieme, per una volta. Ma se non ti va non fa niente. -

- Non è vero che non mi va, ti sto dicendo che... -

- Non fa niente. - Ripeté Janus, interrompendolo. - Sarà solo l'ennesimo Natale in cui non ci sarai, non mi cambia niente ora che ci penso. -

- Potresti stare da me alla vigilia e da tua madre a Natale. - Propose Sirius

- Ci sarà anche Faye quest'anno. - Rispose Janus in fretta. - Non posso lasciarla da sola alla Tana per stare con te a Londra. -

- Porta anche lei. -

Janus alzò gli occhi al cielo e poi, dopo un lungo respiro profondo, unì le mani davanti a sé, appoggiate sul tavolo, e lo guardò. - Non so cosa hai combinato con mamma, ma non puoi evitarla per sempre. - Disse lentamente.

Sirius sospirò. Non vedeva Hazel da mesi e, per quanto spesso sentisse ancora molto forte la sua mancanza, era certo che tenersi alla larga da lei fosse la cosa migliore da fare per dimenticarla, inoltre lei gli aveva chiesto esplicitamente di starle lontano.

Tuttavia gli sembrava così strano: ami profondamente una persona, pensi di non saper più vivere senza di lei e poi, quando quell'amore finisce, nel migliore dei casi si torna a essere due sconosciuti e nel peggiore si finisce per odiarsi per il resto della vita, e lui non voleva che ciò potesse accadere anche a lui e Hazel.

Ma come poteva evitarlo se lei non voleva nemmeno averlo intorno? Certo, accettare quell'invito poteva essere un'ottima occasione per chiarire, le avrebbe detto che quel bacio che si erano scambiati mesi prima era stato un grave errore, che stava andando avanti con la sua vita. Le voleva sbattere in faccia il fatto che usciva con un'altra donna, che non aveva nessun bisogno di lei, che non voleva quella vita perfetta e noiosa che si era costruita insieme a quel dannato Weasley...

- Va bene, verrò. - Decise Sirius infine.

Janus annuì nonostante non fosse del tutto certo di credergli. Aveva l'impressione che quello sarebbe stato uno strano Natale.


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