Faccia a faccia
Capitolo 34
La mattina del primo settembre, Hazel aprì gli occhi più stanca di quanto non fosse stata la sera prima, ritrovandosi nella sua camera da letto, ma senza il corpo di Percy steso al suo fianco, cosa che le ricordò per quale motivo avesse dormito così male.
Ormai lo sapeva bene: ogni volta che Percy partiva per questioni lavorative passando una o più notti fuori, o quando partiva lei per lo stesso motivo, riposare diventava più faticoso del solito. E pensare che per anni aveva dormito da sola senza sentire la necessità di nessuno che la stringesse forte quando faceva un brutto sogno, cosa che ultimamente le accadeva molto spesso, proprio come durante quegli anni di guerra.
Percy c’era sempre, durante quelle sue crisi notturne: c’era quando vedeva di nuovo il corpo di sua madre steso sul pavimento, c’era quando Bellatrix arrivava per uccidere suo figlio, c’era quando gli auror arrestavano Sirius per portarlo di nuovo ad Azkaban, lontano da lei e dal loro bambino, che in quei sogni era ancora un innocente neonato. Lei ovviamente c’era per lui, quando si svegliava con gli occhi pieni del terrore della battaglia e il cuore gonfio di sensi di colpa per la morte di Fred.
Hazel si stiracchiò e poi si voltò verso il telefono abbandonato sul comodino accanto a letto. Lo afferrò e guardò l’ora. Erano le otto in punto.
Si alzò dal letto con un piccolo lamento sommesso, attraversò la stanza e uscì, ritrovandosi nella penombra del corridoio silenzioso. Proprio davanti a lei, la porta della cameretta di suo figlio era appena accostata. Hazel la aprì silenziosamente del tutto e poi rimase ferma sulla soglia, osservando Janus che dormiva ancora, tutto raggomitolato nel lenzuolo leggero. Sembrava di nuovo un bambino quando dormiva, con quell’espressione insolitamente rilassata e i capelli scuri e spettinati che gli ricadevano sulla fronte.
Hazel detestava ogni dannatissimo primo settembre da quando Janus aveva iniziato la scuola, perché voleva dire che il suo bambino andava via per tre lunghissimi mesi e lei sentiva ogni anno la sua mancanza, senza mai farci l’abitudine.
Silenziosamente, si avvicinò al letto del ragazzo, sedendosi sul materasso.
In quello stesso momento, Janus aprì gli occhi. - Mamma… - Mormorò assonnato.
- Scusa, amore, non volevo svegliarti. - Sussurrò Hazel. - Dimentico sempre che hai il sonno leggero come tuo padre. -
Janus sbadigliò e si mise seduto. - Che c’è, non riesci a dormire senza Percy? - Chiese.
- Anche, sì… - Ammise Hazel. - Ma sono le otto. Dobbiamo iniziare a prepararci. -
Il giovane annuì, scrutando l’espressione triste della madre. - Mamma, guarda che torno per Natale, come tutti gli anni. - Le ricordò, come se le avesse letto la mente.
- Lo so, ma è comunque difficile lasciarti andare, lo sai. -
- Stanotte vai a dormire alla Tana, non restare qui da sola, che ti deprimi. - Disse Janus, alzandosi dal letto. - Oppure perché non chiedi a Dora di uscire? -
- Sì, probabilmente lo farò. Non preoccuparti. - Lo rassicurò Hazel. - Comunque, a proposito di quando tornerai, immagino che Sirius vorrà passare le feste con te. -
Lui, ancora confuso dal sonno, la guardò come se sua madre avesse parlato in un’altra lingua. - Non ci penso nemmeno. - Tagliò corto. - Se mi costringerai ad andare da lui giuro che quest’anno rimango a scuola. -
- Ne parleremo poi, ho capito. - Sospirò Hazel. - Forza, alzati, andiamo a fare colazione. -
Al piano di sotto, Neo stava dormendo beatamente sul divano, ormai a suo agio con i suoi nuovi padroni. Janus gli diede un rapido buffetto sulla testa e poi raggiunse la cucina.
- Verrà anche Sirius in stazione stamattina? - Domandò con disinteresse a sua madre, mentre riempiva il bollitore per il tè.
- Sì, ci tiene molto ad accompagnarti. - Rispose Hazel, che intanto si era messa a tostare alcune fette di pane in cassetta. - Ti prego, almeno oggi, cerca di comportarti bene. -
Janus mugugnò scontento, gli occhi sul bollitore e una tazza in mano, e poi sbuffò. - Ma che viene a fare? Ci guarderanno tutti! - Sbottò.
- E tu lasciali guardare. Prima o poi si stancheranno. - Ribatté Hazel.
- Il problema è che lui ha le manie di protagonismo, adora sentirsi coinvolto. - Obiettò Janus, infastidito. - Non si stancheranno mai se lui continuerà a dagli ciò che vogliono. -
Detestava tutte quelle attenzioni, ma almeno durante l’estate era riuscito a evitarle. Sirius, invece, sembrava sempre a proprio agio davanti a tutti quegli occhi: se ne fregava degli sguardi indiscreti che si beccava a Diagon Alley e aveva perfino rilasciato qualche intervista.
Poi c’era Hazel, che come Janus aveva deciso di tenersi ben lontana dai luoghi di aggregazione della società dei maghi, imbarazzata per quel che dicevano su di lei.
- Magari rispondere alle loro domande e farsi vedere in giro normalizzerà la cosa. - Cercò di convincerlo Hazel, sedendosi davanti al ragazzo. - Andrà bene, vedrai. -
Janus sospirò, stringendo la tazza bollente tra le mani. - L’unica cosa che mi consola è che da domani in poi potrò stargli lontano per tre mesi. - Borbottò, beccandosi un’occhiataccia. - Che c’è? Mica deve starmi simpatico per forza. -
- Potresti almeno provarci però. - Ribatté Hazel.
- Anche se ne avessi voglia non saprei da dove cominciare dato che non abbiamo niente in comune. E meno male, aggiungerei. Se fossi come lui probabilmente mi ucciderei. -
Hazel lo guardò di nuovo malissimo, poi abbassò lo sguardo sulla sua fetta di pane tostato, iniziando a spalmarci sopra con cura un po’ di marmellata. - In realtà qualcosa in comune ce l’avete. - Rispose con nonchalance. - Lo sai che gli piacciono i musical? -
- Avrà guardato Grease una volta nel 1978. - Rispose Janus.
- Be’ vi piace la musica babbana in generale. - Buttò lì Hazel, in un palese tentativo di arrampicarsi sugli specchi. - E anche i film, gli piaceva… guardarli. -
Janus alzò gli occhi al cielo. - Gli piaceva guardarli, un vero intenditore… mamma, davvero, come hai fatto a innamorarti di lui? È stupido, un superficiale! -
- Il fatto che lui non sia una persona che ti sbatte in faccia quante cose sa, come tra l’altro fa Percy, non vuol dire che sia uno stupido superficiale. - Protestò Hazel. - Lui è divertente, spontaneo, intelligente, ha un grande spirito di adattamento, è molto avventuroso… e poi è leale, molto leale. Ricorda sempre le date importanti; con lui puoi star sicuro: non dimenticherà nemmeno un compleanno, nemmeno la più stupida ricorrenza. È un ottimo amico, il migliore che io abbia mai avuto, e mi faceva sentire come se tutto fosse stato possibile. Per questo mi sono innamorata di lui tempo fa. -
Janus non disse niente, ma continuò a osservare sua madre con interesse. Poi il campanello suonò e si lasciò sfuggire un sospiro sconsolato.
- Dev’essere lui. - Disse Hazel prima di alzarsi per andare ad aprire. - Mi raccomando, sii gentile. Non ti deve piacere per forza, ma devi rispettarlo. -
Il giovane non rispose, ma si portò la tazza alla bocca e attese di veder tornare sua madre insieme a suo padre, cosa che accadde giusto qualche secondo dopo.
- Buongiorno! - Esclamò allegramente Sirius.
Janus prese un respiro profondo, indossò un sorriso un po’ troppo tirato e poi si voltò verso la porta da cui suo padre era appena entrato seguito da Hazel. - Buongiorno. - Ricambiò educatamente il saluto.
- Siediti, Sirius, fa colazione con noi. - Disse Hazel, invitandolo ad accomodarsi.
L’uomo apparve per un attimo interdetto, ma obbedì e si sedette accanto a lei, per poi guardarsi intorno. - Dov’è Percy? - Domandò con un tono speranzoso.
- È via per lavoro, tornerà tra due giorni. - Spiegò Hazel in fretta. - Tè? -
- Sì, grazie, Hazel. - Rispose lui, e poi posò lo sguardo sul ragazzo seduto davanti a sé, dall’altra parte del tavolo. - Allora… sesto anno, eh. -
- Sì. -
- È un bell’anno. -
- Già. -
Sirius strinse le labbra e annuì, e nel frattempo Hazel gli mise una tazza davanti e si sedette di nuovo al suo fianco.
- Studierai molte cose interessanti, ma non è un anno difficile. E poi pare che tu sia molto portato per lo studio. - Continuò l’uomo.
Janus annuì in fretta e non proferì parola, cosa che permise a Hazel di intervenire: - È bravo anche con le materie babbane. - Disse.
Sirius la guardò sorpreso. - Perché, studia anche materie babbane? - Chiese.
- Mamma dice che può tornarmi utile avere anche un diploma babbano, quindi studio per conto mio durante tutto l’anno e poi faccio un esame ridicolo in una scuola privata a giugno, quando torno da Hogwarts. - Rispose Janus.
- È una cosa buona. - Commentò Sirius. - Io non sapevo molto sulla cultura babbana prima di incontrare Hazel. Avevo studiato babbanologia a scuola, ma insegnata da una professoressa con dei poteri magici, su libri scritti per maghi, non era come avere a che fare per davvero con le cose dei babbani. -
- Per lui era entusiasmante usare il telefono fisso che avevo in casa. - Disse Hazel. - Per non parlare di tutti gli elettrodomestici che ha rotto nel tentativo di incantarli. -
- Lo facevo perché volevo semplificarti la vita. - Ribatté Sirius, sogghignando.
- Oh no, non ci provare, lo facevi perché ti piace sperimentare! - Rise lei; poi, come se si fosse ricordata di non dargli tutta quella confidenza, diede un’occhiata all’orologio appeso sopra la porta, aggiunse: - Forse è meglio se iniziamo a prepararci. Si sta facendo tardi. -
Qualche ora più dopo, davanti al treno scarlatto e circondato dagli sguardi indiscreti delle persone che riempivano il binario 9 e ¾, Sirius si rese conto che accompagnare Janus al binario era stata una pessima idea. Sapeva bene ciò che i giornali di gossip scrivevano su di lui e su Hazel, era consapevole dell’attenzione mediatica che si trascinava addosso ovunque andasse e si domandò se forse sarebbe stato meglio salutare suo figlio lontano da tutti quegli sguardi.
Se quando passeggiava a Diagon Alley, si sentiva osservato dai passanti che si aggiravano tra le vetrine dei negozi, lì in stazione riusciva a notare ogni occhiata che la folla gli stava lanciando, e anche a percepire ogni sussurro che usciva dalle loro bocche velenose.
Mentre avanzava tra il vapore che usciva dalla locomotiva, Sirius lanciò uno sguardo di sfuggita verso Hazel. Lei appariva calma e impassibile, a suo agio: probabilmente il fatto di essere un’insegnante le aveva tolto di dosso molta della sua timidezza, ma era davvero sorpreso di come tutte quelle occhiate sembrassero scivolarle addosso con così tanta facilità.
Dietro di loro, Janus si trascinava a passo di lumaca e con gli occhi puntati a terra, come se nelle sue scarpe ci fosse qualcosa di molto interessante da guardare. Avrebbe dato qualsiasi cosa per diventare invisibile in quel preciso momento, tornare ad essere solo uno dei tanti che in quel momento partiva per iniziare l’anno scolastico.
Di tanto in tanto, Hazel si voltava verso di lui, come per controllare che suo figlio ci fosse ancora, rivolgendogli degli sguardi che sembravano quasi dire “tieni duro, finirà presto”.
Quando finalmente tutti e tre giunsero più vicini al treno, Janus si sentì un po’ meglio, consapevole che di lì a poco sarebbe partito, lasciandosi alle spalle tutte quelle attenzioni indesiderate.
Con un sospiro sconsolato, il ragazzo alzò finalmente la testa, lasciando che il suo sguardo si perdesse tra la folla. Visi conosciuti e sconosciuti si accalcavano sulla banchina, i genitori abbracciavano i figli, gli amici si riunivano dopo l’estate e alcuni gatti si strusciavano sulle gambe dei propri padroni, mentre le civette e i gufi si chiamavano tra loro a gran voce dalle gabbie.
Qualche scompartimento più a destra, intenti a salire sulla locomotiva scarlatta, Janus notò la presenza di Faye e del suo fidanzato, Ikaris. Si trattava di un bel ragazzo dai capelli biondi, alto e decisamente atletico, gli occhi verdi e lucenti su un viso liscio e pallido come porcellana che gli dava un’aria irritante da principe azzurro. Ma non era solo bello; no, Ikaris Farley era talentuoso nel quidditch e abbastanza costante nello studio da risultare uno studente meritevole, piaceva alle ragazze e, come se non bastasse, tutti lo consideravano simpatico e divertente. Insomma, Janus non poteva competere.
Quando lo vide, Faye gli sorrise e lo salutò con una mano, e lui ricambiò con lo stesso gesto. Poi Ikaris la baciò, quasi come a voler sottolineare che era solo sua, e Janus sentì la familiare fitta allo stomaco che provava ogni volta che li vedeva lasciarsi andare a qualche tenerezza.
- Non ci credo, la tua amica ha un fidanzato. - Disse all’improvviso Sirius alle sue spalle.
Janus si voltò per guardarlo, rivolgendogli uno sguardo infastidito, ma non rispose.
- Secondo me con lei sbagli approccio con lei. - Continuò l’uomo.
- Non so di cosa tu stia parlando. - Rispose freddamente Janus.
Sirius lo guardò scettico e sogghignò. - Del fatto che muori dietro a quella ragazza, è così palese. - Spiegò leggero. - Peccato che tu per lei sia solo un amico. Com’è che ha detto l’altra volta? Ah, sì, sei il suo James Potter. Dev’essere dura da digerire. -
Sul volto di Janus apparve un’espressione di sdegno e Sirius pensò che almeno, per una volta, suo figlio non lo stava ignorando totalmente. Il ragazzo aprì la bocca per parlare, ma il padre lo anticipò: - Il fatto è che credo che sappia che hai una bella cotta per lei, e probabilmente anche a lei piaci, solo che non lo sa ancora. - Disse.
Janus si lasciò sfuggire un verso sprezzante e incrociò le braccia sul petto, ma non si mosse, quasi come se fosse in qualche modo interessato a ciò che l’altro aveva da dire.
- Senti, è complicato da spiegare, ma fidati di me: devi ignorarla se vuoi che si accorga di te in quel senso, capisci? Esci con un’altra e magari sottolinea anche il fatto che te le scoperesti tutte; tutte ma non lei. La prenderà sul personale. -
Janus sgranò gli occhi e socchiuse la bocca, incredulo e un po’ imbarazzato da quella conversazione surreale. Come era possibile che un tipo del genere avesse contribuito a crearlo? Decise di non fare polemiche e si limitò ad annuire, poi finalmente il treno fischiò per la prima volta e Hazel li raggiunse, salvandolo.
- Eccovi qui, vi avevo perso nella folla. Sei pronto, Jan? -
Janus, che mai fu più felice di vedere sua madre, annuì e Hazel lo abbracciò e lo baciò nonostante le proteste, proprio come tutti gli anni, mentre Sirius lo salutò un po’ goffamente dandogli una pacca sulla spalla.
Il ragazzo salì a bordo e subito sparì lungo il corridoio pieno di studenti, dopo un minuto le porte si chiusero e la locomotiva partì.
Hazel guardò il treno finché non svoltò l’angolo e quando anche l’ultimo sbuffo di fumo si diradò fino a scomparire contro il cielo grigio, percepì la solita spiacevole sensazione. Era così difficile lasciarlo andare.
Si voltò verso Sirius e lo guardò. Adesso che Janus era partito non c’era più motivo per loro due di incontrarsi e la cosa la rendeva un po’ triste. - Allora… ci vediamo. - Disse dopo un sospiro.
Lui annuì e basta e poi insieme cominciarono a dirigersi verso la barriera che divideva il binario dal mondo babbano. - Ho finito di sistemare casa mia. - La informò lui ad un certo punto. - Stasera… se vuoi potresti venire a cena. Così vedi dove abito e il resto. -
Hazel si fermò di botto e aggrottò la fronte. - Solamente io e te? - Chiese cauta.
Sirius ghignò. - Hai paura di non riuscire a resistermi, ammettilo. -
- Non essere sciocco. - Ribatté lei, tornando a camminare. - Non posso, ho delle cose da fare… magari quando Percy tornerà possiamo organizzare qualcosa. -
- È come dico io, hai paura. - Rimarcò Sirius. - Io voglio essere tuo amico, voglio avere un rapporto anche con te, non solo con Janus. -
- Noi siamo già amici, Sirius. -
Lui sbuffò e si fermò, obbligando lei a fare lo stesso. - Hazel. - Disse, guardandola dritta negli occhi. - Per favore, è solo una cena. Non ci proverò con te, te lo assicuro. Insomma, stai pur sempre per sposarti. -
Lei arrossì senza un vero motivo e poi sospirò. - Va bene, verrò a cena da te. - Si arrese alla fine. - Mandami l’indirizzo. -
- Davvero? - Chiese lui, entusiasta.
Hazel, suo malgrado, sorrise e poi annuì. - Ci vediamo stasera. - Assicurò. - Hai già fatto la spesa o prendo io qualcosa da asporto? Magari qualcosa che non hai mai provato. -
Sirius annuì. - Sì, scegli tu, lo sai che mi piace tutto. -
Lei annuì. - Allora a dopo. - Disse.
Poi si allontanò e sparì dietro alla barriera.
°°°°°°
Tutto, in casa sua, era rimasto più o meno com’era nel 1981. C’era ancora il suo divano rosso davanti al camino, le fotografie della sua gioventù erano tutte attaccate alle pareti, - salvo quelle in cui appariva anche Peter, - il giradischi era appoggiato su un piccolo mobiletto di legno che aveva raccattato in un mercatino in cui Lily e James lo avevano trascinato secoli prima, e anche quel basso elettrico che aveva comprato a quindici anni giusto per far irritare i suoi genitori, e mai realmente suonato, era ancora abbandonato in un angolo del salotto. Era come ritrovarsi in una capsula del tempo e questo lo turbava e lo faceva sentire bene allo stesso tempo: da una parte si sentiva male perché quella casa gli ricordava la sua vita sprecata ad Azkaban, dall’altra era felice per il fatto che, almeno lì, si sentisse proprio nel suo elemento.
Seduto sul divano scarlatto, con una bottiglia di burrobirra portata da Tonks in una mano e lo sguardo rivolto al camino spento, Sirius sentiva sua cugina che parlava di qualcosa che riguardava Teddy senza però darle troppa attenzione.
- … e alla fine Ted è riuscito a far tornare la sua faccia come al solito… Sirius? Mi stai ascoltando o no? - Lo richiamò Tonks, facendolo sobbalzare.
- Sì, sì, Teddy e le sue trasformazioni. - Rispose annuendo e poi prese un respiro profondo. - Senti, Dora… ma Hazel e Percy secondo te fanno sul serio? - Domandò.
Tonks aggrottò le sopracciglia, turbata e perplessa insieme. - Stanno insieme da cinque anni, che razza di domanda è? - Sbottò, sconcertata.
- Sì ma… che ci trova lei in lui? Che hanno in comune? - Sondò il mago, prima di portarsi la bottiglia alle labbra. - Lui è così… diverso dal suo tipo ideale. -
- Diverso dal suo tipo ideale di quando aveva una ventina d’anni. - Lo corresse Dora, e poi anche lei bevve. - In realtà sono carini insieme, a modo loro ovviamente. -
- Che cosa intendi dire? -
Tonks mosse una mano in aria con sconclusionato. - Hanno molte cose in comune, tipo tutti quei libri che leggono insieme. Lei lo porta alle mostre... - Tentò di spiegare. - E poi parlano con parole inventate da loro di argomenti che nessuno può capire. Insomma, vanno molto d’accordo, molto più di te e lei quando stavate ancora insieme. Lui è un’altra persona da quando c’è Hazel, e Hazel è molto più in pace da quando c’è Percy. -
Sirius rimase in silenzio, bevve un goccio di burrobirra e poi posò la bottiglia a terra, unendo le mani davanti a sé, lo sguardo su Dora. - Tu quindi credi che Hazel sia felice con quel coglione? - Domandò, serio. - Più felice di com’era insieme a me? -
- Non credo che sia possibile fare un vero paragone, la vostra situazione è molto strana. - Rispose Tonks. - Vi amavate e questo era chiaro, ma adesso… senti, non lo so. -
- Dora, devi dirmi se faccio bene a mettermi tra lei e quello lì o meno. - Insistette Sirius, poi sbuffò e si passò una mano sul volto stanco. - Ho bisogno di Remus, di certo saprebbe come risolvere la questione. -
Ninfadora accennò un sorriso triste. - Remus credeva tanto in voi. - Svelò.
- Lo so, se non ci fosse stato lui probabilmente lei mi avrebbe lasciato subito dopo la nascita di Janus, e avrebbe fatto bene. - Mormorò Sirius. - E comunque anche io e Hazel credevamo in voi due. Non ci posso credere che mi sono perso il vostro matrimonio. -
- È stata una cerimonia molto intima, in una locanda a nord. - Raccontò Tonks.
Sirius osservò sua cugina. C’era qualcosa sul suo volto che faceva capire chiaramente quanto fosse ancora rotta dentro.
- Ad ogni modo, secondo me, non dovresti metterti in mezzo tra Hazel e Percy. - Parlò di nuovo Dora. - Sono innamorati, so che è difficile da accettare, ma è la verità. Devi andare avanti, magari potresti trovarti una distrazione, uscire con qualcuno. -
Sirius sospirò. - Non esco con una donna dall’inizio degli anni ottanta. - Disse sconfitto e affranto. - Non saprei da dove cominciare, né come comportarmi. -
- Prima di tutto devi scaricare Tinder. - Asserì Tonks.
Sirius aggrottò la fronte. - E cosa vuol dire? - Chiese perplesso.
- È un’applicazione per conoscere persone nuove. - Spiegò Dora, tirando fuori il suo telefono dalla tasca e mostrandogli di cosa si trattava. - La possibilità di incontrare un mago o una strega è bassissima, quindi nessuno uscirà con te solo per conoscere il tizio che è resuscitato. Bastano un paio di foto in cui sei venuto bene, una descrizione in cui dici ciò che vogliono sentirsi dire e secondo me non avrai difficoltà. -
Sirius batté le palpebre, incredulo. - Quindi è una sorta di catalogo ma per le relazioni? I babbani sono pazzi, fuori di testa. - Sentenziò. - E funziona? Insomma, tu hai conosciuto qualcuno? -
- Sì, qualcuno sì. - Fece Tonks, e poi gli mostrò il profilo di un tale. - Ad esempio sono uscita con questo qui qualche sabato fa. Siamo andati a cena in un ristorante in centro a Londra e poi a casa sua per “guardare un film”. - Dicendo questo, la strega disegnò due virgolette immaginarie con le dita.
Lui sembrò ancora interdetto.
- Senti, non ti sto dicendo che devi metterti a cercare l’amore della tua vita, Sirius. - Continuò Dora. - Insomma, non è tutto bianco o tutto nero, nel mezzo c’è un’infinità di altri colori. Devi solo provare a distrarti un po’, uscire, fare tutte quelle cose che non hai mai potuto fare, e poi… chissà. -
- Non sono convinto. - Borbottò lui, incrociando le braccia sul petto. - Comunque oggi Hazel verrà a cena. - Rivelò.
Tonks alzò le sopracciglia. - E perché sei ancora qui, su questo divano insieme a me e con quella orribile e vecchissima maglietta addosso? -
- Perché me l’ha regalata James, l’ho trovata in un armadio poco fa, e mi fa star meglio. - Spiegò senza paura di sembrare un sentimentale. - Cosa dovrei mettermi, scusa? -
- Qualcosa che possa renderti almeno più carino di Percy, magari? -
Sirius fece un verso sprezzante. - Non è che ci voglia tanto. - Ribatté.
- Non è così male. - Obiettò Dora. - Se ti piace il genere può riscuotere un certo fascino. -
Il mago mugugnò qualcosa di incomprensibile e affondò ancor di più nel cuscino scarlatto del divano. - Dici che dovrei darmi una sistemata? - Domandò poi.
- Sì, almeno fatti la barba. - Consigliò Tonks.
- Ma a lei piaceva così. - Rispose Sirius, toccandosi il volto.
Dora alzò gli occhi al cielo. - Aveva vent’anni e la sua cotta era Kurt Cobain, adesso ne ha trentasette e sta per sposare il signor Perfettini, ma fai un po’ tu, cugino. - Disse, prima di alzarsi in piedi. - Sono quasi le otto, è meglio che vada visto che hai questo appuntamento galante. -
- Sì, come no, appuntamento galante… probabilmente lei verrà in pigiama. - Ipotizzò Sirius, accompagnando Dora alla porta.
- Non credo che abbia dei pigiami, secondo me indossa uno dei suoi abitini costosi da donna in carriera anche mentre dorme. - Sogghignò Tonks. - E Percy ovviamente farà lo stesso. Sai che non l’ho mai visto senza cravatta? -
- Che uomo irritante. - Convenne Sirius. - Comunque, salutami Andromeda. Anzi, perché tu e lei non venite a pranzo? Così inauguriamo la casa. -
- Quando vuoi mandami un gufo. - Disse Tonks, mettendogli una mano sulla spalla. - Cerca di non fare niente di stupido o azzardato, non rovinare anche il rapporto che tu e Hazel avete ora, intesi? -
Sirius annuì e Ninfadora varcò la soglia. - Non ti preoccupare. -
- Domani mattina passo per sapere com'è andata. - Aggiunse Ninfadora e poi si smaterializzò lasciandolo solo sull’uscio.
Sirius tornò sul divano e attese per un tempo che gli parve un'eternità prima che il campanello suonasse.
Diede un’occhiata all’orologio, rendendosi conto che Hazel era arrivata con un’ora di ritardo. Si alzò, raggiunse l’entrata, dandosi prima un rapido sguardo disgustato allo specchio, e poi spalancò finalmente la porta, ritrovandosela davanti.
Hazel non indossava il pigiama ma bensì un vestito di maglia color salmone sotto una giacca leggera adatta all’inizio dell’autunno, mentre le sue gambe erano coperte da un paio di calze decorate a pois. Inoltre si era truccata, cosa che faceva solo in occasioni particolari. Tra le mani teneva un sacchetto che probabilmente conteneva la cena.
Sirius la fissò per qualche secondo e la trovò bellissima, ma si sentì un perfetto idiota con indosso quella vecchia maglietta risalente al 1976.
- Perdona il ritardo, c’era tanta fila al ristorante giapponese in cui ho preso il sushi. - Disse lei, facendo un sorriso di scuse e mostrando il sacchetto che aveva in mano. - Mi fai entrare o vuoi mangiare qui al freddo? -
Lui si affrettò a farsi di lato, lasciandola passare, ma senza staccarle gli occhi di dosso.
Hazel si tolse la giacca e poi seguì Sirius verso il soggiorno, guardandosi attorno. - Bella casa, molto vintage. - Commentò.
- Sì, i mobili sono gli stessi di molti anni fa. È bastato pulire tutto, trattare un paio di mollicci ed ecco qui. Per fortuna non era infestata come Grimmauld Place, altrimenti sarei dovuto rimanere da Harry per qualche altra settimana. -
Sirius si lasciò cadere sul divano e Hazel fece lo stesso, tirando fuori dalla busta la cena e una bottiglia contenente del liquido trasparente, dei limoni e un pacco di sale.
- Perché il sale e il limone? - Domandò Sirius, perplesso.
- Per la tequila, si beve con il limone e il sale. - Rispose lei, passando al mago un paio di bacchette e poi, davanti all’espressione perplessa di lui, aggiunse: - Si tratta di un alcolico babbano che di solito si beve con il sale e il limone. Non so se potrebbe piacerti, ma secondo me sta bene con il pesce. Avevo pensato di prendere del sakè, ma lo trovo davvero terrificante. Certo, sarebbe stato più tradizionale… -
- Non ho idea di cosa sia il sakè, ma se è terrificante mi fido. - Disse Sirius, osservando con interesse quelle strane fettine di pesce crudo messe su mucchietti di riso.
Alla fine della cena, Sirius decise che il sushi gli piaceva, ma che per lui le bacchette sarebbero rimaste quelle con cui si lanciavano gli incantesimi.
Nonostante fosse già successo in Scozia solo poche settimane prima, era ancora strano ritrovarsi in casa da solo con lei. Ad ogni modo, più tardi, la tequila li aiutò a sciogliersi un po’ e presto si ritrovarono a ridere insieme, senza più ritrarsi se si sfioravano per sbaglio. Hazel si era liberata delle calze e delle scarpe, e adesso se ne stava appollaiata al suo fianco, con quell’espressione spensierata che aveva durante quelle prime sere che avevano passato insieme, ormai una vita fa. Sembrava più giovane ora che si era tolta di dosso quella maschera da donna adulta e responsabile e, ogni volta che la sua risata riempiva l’aria, Sirius doveva trattenere l’impulso di baciarla.
- Ho dato consigli sulle ragazze a Jan, oggi in stazione. - Disse Sirius, ad un certo punto, con un pigro sorrisetto dipinto in volto. - Stava lì, che fissava quella sua amica… Faye. La fissava mentre stava con il fidanzato. Quindi gli ho spiegato come fare per conquistarla. -
- Cosa gli hai detto? - Domandò Hazel, preoccupata e divertita insieme.
- Di ignorarla e uscire con un’altra. - Rispose Sirius, annuendo convinto. - Poi deve farle capire che non se la farebbe mai, che se le scoperebbe tutte tranne lei. -
- Guarda che il mio bambino non fa certi pensieri impuri e perversi. - Biascicò Hazel, guardandolo male. - È un angioletto senza impulsi. -
Sirius rise e scosse la testa. - Ha sedici anni, la sua vita gira tutta intorno agli impulsi. - Spiegò. - Conquisterà la sua amica e sarà merito mio. Vedrai, comincerò a piacergli. -
Hazel sospirò e alzò gli occhi al cielo, ma sorrise. - Pensa quanto sarebbe facile cercare semplicemente di conoscerlo. - Disse, paziente.
- Se lui fosse un po’ più disponibile nei miei confronti lo farei volentieri. - Rispose Sirius, un po’ accigliato. - Cosa gli piace? Quali sono i suoi argomenti preferiti? -
Hazel ci pensò su, prese il bicchiere poggiato sul tavolino e bevve, prendendosi tutto il tempo necessario per rispondere. - Gli piacciono i videogiochi, la cultura giapponese, i romanzi considerati da intellettuali e lo stesso vale per i film, ma guarda anche molte serie tv. E poi ovviamente la musica, più che ascoltarla preferisce suonarla… ho cresciuto un vero egocentrico. - Disse pensierosa. - Poi ama parlare di filosofia e di arte, ma solo perché gli piace mettersi un po’ in mostra, far capire quanto è sveglio… ah, poi la politica, ma quella gli piace sul serio. -
- È come te sulla politica? - Domandò Sirius.
Lei aggrottò la fronte, sorpresa da quella domanda. - In che senso? - Chiese a sua volta.
- Un comunista. -
Hazel lo guardò prima molto seria e poi scoppiò a ridere. - Direi di sì, ma in modo molto più moderato rispetto a com’ero io, che alla sua età avevo un poster di Che Guevara attaccato in camera mia e un criceto di nome Lenin. - Disse, e poi pian piano il suo sorriso si spense. - Ma poi il passare degli anni ti disillude e la fiamma della rivoluzione che ti ardeva dentro si spegne e tu finisci per sposare un conservatore e a odiare le manifestazioni perché bloccano il traffico. -
- È così deprimente detta così. - Bofonchiò Sirius, versandosi un po’ di tequila.
- Lo è, ma è la vita, tovarisc, è la vita. - Sospirò lei, porgendogli il bicchiere. - Dovremmo brindare alle fiamme che si spengono, ai sogni infranti e alla speranza che prima o poi il Regno Unito diventi una repubblica… cazzo, avrei dovuto portare della vodka. -
- Sei ubriaca. - Osservò Sirius sogghignando. - Dici cose del genere quando lo sei. -
- Però ho ragione. - Ribatté Hazel, e poi buttò giù.
- Quindi è questo che ti hanno insegnato al college? - Fece lui, subito dopo. - Come ubriacarsi senza farlo sembrare deprimente? -
Hazel annuì. - Non che io sia stata a chissà quante feste universitarie. - Si affrettò a chiarire. - Janus era piccolo, ma in realtà ero io che non avevo voglia di uscire di casa. Mi mancavi, ero depressa, insomma, niente di nuovo. -
- Anche tu mi mancavi. - Disse lui, dopo qualche secondo di silenzio. - Quei mesi senza di te sono stati terrificanti. -
L’espressione rilassata di Hazel si increspò. - Be’, l’hai voluto tu, se non sbaglio. Sì, insomma, dopotutto non mi amavi, per te ero solo una sorta di rifugio. -
Sirius si sentì gelare. D’un tratto il tono della conversazione era cambiato. - Hazel, lo sai che non dicevo sul serio, lo sai. - Le disse.
- No, non lo so. - Sbottò lei. - Come faccio a saperlo? Io non so niente. -
- Vuoi seriamente parlare di questo adesso? - Chiese Sirius. - Che ti prende? -
Sul viso di Hazel apparve una chiara espressione di rabbia e si lasciò andare ad un verso sprezzante. All’improvviso la temperatura in quella stanza sembrò essere calata sotto lo zero.
- Prima o poi dovremmo farlo, non credi? O vuoi sentirti dire solo che mi sei mancato? - Gli domandò lei gelidamente. - È questo che vuoi? Sentirti dire che mi sei mancato così tanto da farmi male fisicamente? Mi sei mancato ogni singolo giorno, ma questo non conta niente, perché non cancella ciò che hai fatto. -
Sirius rimase zitto e fermo, consapevole di essersi infilato in una conversazione difficile e di non essere abbastanza lucido per affrontarla. - Mi dispiace tanto. - Si limitò a dire.
Lei rise senza nessuna allegria. - Ti dispiace tanto. Ti dispiace… non hai idea di ciò che abbiamo passato io e Janus. - Disse. - Sei riuscito a rovinare tutto quello che avevamo e ora te ne stai lì, che mi guardi con quella faccia da cane bastonato, come se fossi tu quello che sta soffrendo. -
- Mi pare di essere io quello che è morto, o mi sbaglio? -
Gli occhi di Hazel si ridussero a due strette fessure. - Tu pensi sul serio che io abbia avuto una vita, durante tutti questi anni? - Lo interrogò, improvvisamente tremante e furiosa, scattando in piedi.
- Bé sì, hai un buon lavoro, una bella casa, degli amici, ti stai per sposare… mi sembra che ce tu l’abbia avuta un vita e anche una gran bella vita. -
- Tutto quello che ho fatto è stato sopravvivere in funzione di nostro figlio, cercare di gestire i suoi poteri al meglio delle mie capacità, cercare di farlo star bene e tentare di dargli la vita agiata che io non ho mai avuto. - Sbottò Hazel con forza. - Quindi, per una volta nella tua esistenza, accetta il fatto che non si tratti di te, che non sei tu ad essere al centro della questione. Si tratta di me, si tratta del nostro figlio, un ragazzo a cui tu hai tolto ogni possibilità di avere un’infanzia serena! Io… ti detesto, Sirius, ti detesto e preferirei di gran lunga non averti mai conosciuto! -
Il silenzio aleggiò nuovamente su tutta la casa come una densa cortina di fumo nero e denso. Sirius rimase immobile a guardare Hazel che riprendeva fiato dopo che gli aveva gridato contro, tacque consapevole che ogni parola sarebbe stata vana. Non l’aveva mai vista così arrabbiata, anzi non la credeva minimamente capace di tale furia sebbene fosse consapevole che tra loro non fosse tutto come prima. Ma se prima era certo che lei lo avrebbe perdonato, adesso la paura del contrario iniziava a farsi strada nella sua mente.
Sirius non aveva messo in conto lo scorrere del tempo, gli anni che avevano reso Hazel dura e fredda come la più antica delle rocce: si era innamorato di una ragazzina appena ventenne dal cuore talmente puro e ingenuo da aiutare un totale sconosciuto e adesso si ritrovava davanti ad una donna adulta che di quella persona non possedeva più nulla.
- Io me ne vado. - Disse Hazel, afferrando le calze e infilandosi rapidamente le scarpe, prima di muoversi verso l’uscita del salotto.
- Hazel, per favore… ti prego, almeno parliamone. - La supplicò lui, andandole dietro.
Le afferrò una mano e solo in quel momento Hazel si voltò di nuovo nella sua direzione, fermandosi. Lo fissò piena di rabbia per una manciata di secondi, quasi come se stesse cercando di memorizzare ogni dettaglio della sua faccia, poi allungò una mano incerta verso il viso di lui, accarezzandogli una guancia ruvida.
- Non riesco a perdonarti. - Confesso Hazel tristemente. - È più forte di me, non ci riesco. Ci ho provato e riprovato ma non ci riesco. Forse non ti amo abbastanza. -
- Però mi ami? - Sirius posò una mano sulla sua e la strinse come se da quel contatto dipendesse la sopravvivenza di ogni essere umano sulla faccia della terra.
Lei scosse la testa. - No. - Ripose, la voce soffocata nella sua gola. - Non credo, c’è troppa rabbia, troppo rancore. Ma so che non riuscirò nemmeno ad essere solo una tua semplice amica. -
- Perché no? - Chiese lui.
- Perché sono attratta da te. - Svelò Hazel. - Non posso andare avanti con la mia vita se tu mi inviti a cena a casa tua e poi mi fissi in quel modo per tutto il tempo, non posso passare ogni momento in tua compagnia tentando di reprimere o ignorare il fatto che tutto quello che vorrei fare è spogliarti… e credo di essere un po’ brilla, quindi so che se rimango qui finirò a letto con te e io non voglio. Non voglio farlo e non posso farlo, perché io a contrario di te sono una brava persona. Sono una persona matura e responsabile, e Percy… non posso… -
Sirius spalancò gli occhi e socchiuse la bocca per poter parlare, ma nessuna parola riuscì a sgorgare dalla sua gola improvvisamente secca. Gli girava la testa, era annebbiato e dunque decise che forse non c’era poi così tanto bisogno di parole: fece un passo nella sua direzione, cancellando una volta per tutte la distanza che li divideva e premette bruscamente le labbra su quelle di lei. La sentì irrigidirsi tra le sue braccia ma, dopo quell’attimo di totale sgomento, Hazel rispose a quel contatto con inaspettato impeto.
Sirius fece scorrere le mani su tutto il suo corpo di lei, scendendo intanto con la bocca fino a baciarle il collo e spingendola delicatamente verso la porta d’ingresso. La sentì gemere sommessamente mentre la stringeva e quel suono delicato e caldo gli rimbalzò in testa e lo incitò a infilare una mano sotto il vestito di lei, accarezzando la pelle nuda delle sue gambe.
Fu quello il momento in cui lei si riscosse: lo spinse indietro, il fiato corto e gli occhi spalancati.
- Non posso. - Mormorò a voce talmente bassa da essere appena percettibile.
Sirius la guardò confuso. - Non puoi o non vuoi? - Le chiese.
Le labbra di Hazel tremarono e i suoi occhi si inumidirono. - Non posso. Non posso fare una cosa del genere. - Disse con la voce soffocata.
- È per quello lì, non è vero? Quell’idiota. - Intuì Sirius con rabbia.
- Se ti riferisci a Percy, sì, è per lui che non mi sembra il caso di venire a letto con te. -
Lo sguardo di Sirius di indurì. - Non ci posso credere, sei davvero innamorata di lui allora. - Disse, prima di scoppiare a ridere come se questo fosse un fatto molto divertente, lasciandola di stucco.
- Ma che… cos’hai diamine hai da ridere, eh? - Sbraitò Hazel.
Sirius prese un respiro profondo, cercando di tornare serio con scarso successo. - Scusa, solo che non ci posso credere... - Rispose, continuando a sorridere amaramente. - Tu non sei la mia Hazel. La ragazza che ho conosciuto e di cui mi sono innamorato si sarebbe fatta uccidere piuttosto che finire con un noioso burocrata come Percy Weasley. Davvero quello che vuoi è svegliarti tutte le mattine nella tua graziosa villetta in periferia, accanto ad un uomo che durante la colazione ti parlerà della regolamentazione dei manici di scopa mentre legge la Gazzetta del Profeta, per poi passare l’ennesima giornata vuota a fare esattamente le stesse cose di quella precedente? Vuoi davvero una vita da perfetta borghese, Hazel? -
- Voglio una vita stabile. - Lo corresse lei, piccata. - Con te è evidente che io non possa averla. Non sei fatto per queste cose e io non posso di certo fartene una colpa. -
- Nemmeno tu sei fatta per queste cose. -
- Invece sì. - Asserì Hazel. - Avrei dato qualsiasi cosa per non vederti sparire nel nulla per mesi. Quando eravamo a Grimmauld Place io facevo di tutto per cercare un contatto con te, ma tu eri disponibile solo ogni tanto, quando ti girava bene. Non ho fatto altro che ricalcare gli schemi con cui ho imparato ad amare: dovevo prendermi cura di te esattamente come dovevo prendermi cura di mia madre, poco importava il resto. E me ne stavo lì, ad elemosinare le tue attenzioni, a pensare che se fossi stata abbastanza buona, abbastanza gentile, allora forse ti saresti degnato di guardami di tanto in tanto! -
- Parli come se stare con me fosse stato un inferno! - Ringhiò lui.
- Lo è stato eccome! - Urlò Hazel. - Prima di incontrarti io avevo talento, una vita, dei sogni… dopo di te invece solo dolore e sofferenza. Non voglio tutto questo, io voglio una vita noiosa, in una casa di periferia, insieme a qualcuno che non se ne andrà da un momento all’altro. -
Ci fu silenzio, e quando Hazel capì che Sirius non aveva più niente da dire si voltò verso la porta, spalancandola. - Stammi lontano. - Disse, prima di uscire, sbattendosela alle spalle.
Questo capitolo mi ha fatto penare, ve lo giuro. Ho scritto tantissime versioni diverse e questa mi è sembrata quella più soddisfacente.
Purtroppo ciclicamente ho dei piccoli blocchi creativi, nel senso che so esattamente cosa deve accadere ma è come se perdessi la capacità di scrivere, è come se mi distaccassi dalla storia. Mi sta venendo difficile anche scrivere questo piccolo commento, figuratevi.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
J.
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