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Confusione

Capitolo 30


Era successo tutto troppo in fretta: si era ritrovato in una cucina cucina piena di gente e di parole che a stento riusciva a comprendere, Molly gli aveva messo davanti una fetta della torta di compleanno di Hazel, e Hazel, ancora sotto shock, aveva deciso di aiutare la signora Weasley a sparecchiare, dando l’impressione di non volergli stare troppo vicino. 

Lei infatti non gli aveva più rivolto la parola da quando quel loro abbraccio si era sciolto, a stento lo guardava e quando per sbaglio i loro sguardi si scontravano, gli occhi di lei le si riempivano di lacrime. 

Era ovvio che Hazel stesse soffrendo e Sirius non aveva idea di come poter rimediare. Desiderava di poterla sollevare da quel dolore, dirle che non l’avrebbe mai più lasciata, o che invece l’avrebbe fatto se davvero fosse stato quello il suo volere, ma nemmeno lui riusciva a guardarla per più di qualche secondo senza sentirsi enormemente a disagio. Se ne stava lì, immobile su quella sedia scomoda, seduto tra Harry e Bill, lo sguardo vacuo rivolto a quella porzione di tora ancora intonsa, con la sensazione di essere totalmente fuori posto. 

Qualche metro più a destra, ma dall’altra parte del tavolo, Hazel si lasciava trapassare dai discorsi degli altri, alzandosi di tanto in tanto per dare una mano a Molly, cosa che suggerì a Sirius che, probabilmente, lei alla Tana fosse di casa. Era davvero diversa da come se la ricordava: aveva perso quel suo buffo accento quasi del tutto, era molto più sicura di sé e, come se questo già non bastasse, adesso era capace di muoversi con insolita grazia, quasi come se avesse studiato per essere più elegante. 

Accanto a lei, Tonks appariva molto diversa da come se la ricordava: la giovane ragazza spumeggiante che rovesciava di continuo quell’orrendo portaombrelli a forma di zampa di troll era completamente sparita, e al suo posto c’era una donna dall’aspetto duro, molto simile ad Andromeda, che aveva mantenuto l’atteggiamento Black nonostante proprio come lui non facesse più parte della famiglia da diversi anni. E poi, insieme agli altri ragazzini c’era Teddy; e lui si che era una vista atroce per gli occhi di Sirius, che si sentiva spesso in difficoltà davanti a quel volto così dolorosamente conosciuto.

Tutto il gruppo era circondato da un’aria di quotidianità: erano uniti come una grande e strana famiglia e questo, per quanto fosse bellissimo, fece sentire Sirius come un ospite, gradito, certo, ma non parte di loro. Lui era più come una sorta di ingrediente inserito a forza in una ricetta in cui non era previsto.

Davanti a lui, seduto in modo un po’ troppo composto per un ragazzo della sua età, Janus lo fissava da quando si era seduto, come se fosse sempre in procinto di chiedergli qualcosa ma non trovasse il coraggio per farlo.

Era così diverso dal bambino che aveva dovuto lasciare tanti anni fa e Sirius sentiva terribilmente la mancanza di quella creaturina che sfrecciava con quella sua piccola scopa giocattolo in giro per Grimmauld Place. La consapevolezza di averlo perso per sempre era per lui dolorosa quasi quanto un lutto. 

Non avevano ancora avuto una vera conversazione e dopo tutto come potevano? In quella cucina ingombra non c’era stato un attimo in cui erano stati soli. 

Improvvisamente, sul davanzale esterno della finestra della cucina, planò un piccolo gufo scuro che portava con sé quella che sembrava un’edizione straordinaria della Gazzetta del Profeta. Il signor Weasley si alzò da tavola, aprì la vetrata, mise qualche galeone nella taschetta che il gufo aveva legata alla zampa e prese il giornale, gli occhi puntati sulla prima pagina mentre tornava indietro. 

- Che cosa dice? - Domandò Harry curioso, allungando il collo per dare un’occhiata quando il signor Weasley si sedette.

Arthur alzò lo sguardo su di lui e poi scoccò un’occhiata verso Sirius. - È un’edizione straordinaria, in prima pagina c’è la notizia del ritorno di Sirius. - Disse, come se il diretto interessato non fosse lì. - Certo che non hanno perso tempo. È probabile che per un po’ non si parlerà d’altro, la Skeeter metterà sicuramente il naso nella faccenda. - 

Sirius si sentì gli occhi di molti su di sé, dunque si sforzò a dire qualcosa: - Che lo faccia, prima o poi si stancherà. - Buttò lì. 

- Sì… ma credo che dovrai prepararti a un bel po’ di attenzione mediatica. - Sottolineò Harry. - E anche tu, Hazel. - Aggiunse, guardando la donna.

- Che c’entro io? - Sobbalzò lei, rivolgendo a Harry uno sguardo penetrante. 

- Rita potrebbe interessarsi anche a te, dato che sei pur sempre la sua famiglia. -

Hazel sospirò seccamente. - L’importante è che non si intrometta nella mia vita nel mondo babbano, per il resto può dire ciò che vuole su di me, lì su quel vostro giornale. - Dichiarò. - Spero però che questa Rita lasci fuori Janus dai suoi pettecolezzi. - 

Nessuno se la sentì di rispondere, se non per cambiare discorso. 

Sirius non riusciva a sopportare il fatto che stesse continuando a complicare la vita di Hazel; e chissà come sarebbe stato il ritorno a scuola di Janus, viste le premesse. La Skeeter avrebbe scritto articoli anche su di lui? 

Chiuse gli occhi per un secondo e sospirò. Attorno a lui i discorsi si stavano susseguendo rapidamente, facendogli venire un forte mal di testa. Quando spalancò di nuovo le palpebre scoccò uno sguardo fugace verso Hazel, e poi si alzò sperando di non farsi notare da nessuno. Aveva bisogno di un po’ d’aria, di fare due passi, di schiarirsi le idee o, magari, andare via, andare lontano, dove nessuno lo conosceva e dove non poteva far soffrire nessuno. 

Attraversò la casa a grandi passi, fino a varcare la porta d’uscita, ritrovandosi in quel giardino buio, completamente in balia di se stesso. Attorno a lui, finalmente, il silenzio. 

Sirius inspirò ed espirò un paio di volte, prima di incamminarsi dritto davanti a sé, immergendosi sempre di più in quella distesa di erba secca che gli si spalancava davanti.   

Perché era lì? Voleva sparire, andarsene, tornare in quel sogno, oppure semplicemente addormentarsi per sempre, così da far cessare quel dolore. Sarebbe stato tutto più semplice se non fosse mai tornato, soprattutto per Hazel, che si era ormai ricostruita quella vita che lui le aveva distrutto, e di cui ora non faceva più parte. 

Voleva essere lui a salvare lei per una volta, e l’unico modo per farlo era sparire dalla sua esistenza e da quella di Janus, anzi sparire proprio dal mondo, perché tanto non era il suo posto, dato che non era nemmeno tanto sicuro di essere vivo. 

Mentre camminava, allontanandosi sempre di più dalla Tana, Sirius dovette reprimere la voglia di mettersi ad urlare e poi, dalle sue spalle, una voce lontana lo chiamò. 

- Dove stai andando? - Gli chiese duramente Hazel, correndogli incontro. 

- Stavo facendo due passi. - Rispose lui, arrestandosi e abbozzando un sorriso forzato. 

Hazel lo raggiunse in pochi secondi, fermandosi davanti a lui con il fiato corto. Lo scrutò per un attimo con uno sguardo indagatore e poi parlò: - Non farlo. - 

- Cosa? - 

- Quello che stai pensando di fare, qualsiasi cosa sia. - Disse lei. 

Sirius alzò le sopracciglia con fare sorpreso. - Come fai a… - 

- Hai lo sguardo che hai sempre quando ti senti in colpa o arrabbiato. - Spiegò Hazel, rispondendo a quella domanda lasciata a metà. - E quando ti senti in colpa o arrabbiato fai cose stupide, non sei mai riuscito granché a gestire le emozioni negative. - 

Poi ci fu un attimo di silenzio in cui i due si guardarono e basta. Non c’erano più i segni che la vita aveva lasciato sul volto di lui, ma si poteva notare dal suo sguardo quanto avesse sofferto. 

Lo si poteva vedere anche dai suoi occhi infossati e sorretti da due profonde occhiaie, lo si poteva capire dal suo atteggiamento, che sembrava lo stesso di quando l'aveva incontrato per la prima volta. Lì nella sua cucina, Sirius era apparso a Hazel come un animale ferito, sia nella mente che nel corpo, una persona distrutta che lei aveva cercato in tutti i modi di far rifiorire ed ora sembrava essere tornato tutto proprio come durante quell’estate.

- Tu e Percy Weasley, eh. - Parlò lui, rompendo il silenzio. 

Hazel non sembrò rimanere sorpresa da quella frase, ma non disse nulla.

- Harry mi ha detto che avete state insieme da molti anni. - Continuò il mago, con la voce piatta e vuota. 

- Sì, è così. Dunque? - 

- Sì… lascia stare. - Disse freddamente Sirius. - Devo ammettere che non mi sarei mai aspettato di essere sostituito dal leccaculo del Ministero, ma a parte questo... - 

- Non sei stato sostituito, lui non è il tuo sostituto. - Replicò lei calcando bene quelle parole. - Dimmi, che cosa ti aspettavi? Che sarei rimasta sola a vita? -

- Non lo so, magari mi aspettavo che non finissi nel letto di quell’idiota solo perché ti ha dato un po’ di attenzioni, tanto per cominciare. - 

Hazel strinse gli occhi, lanciandogli uno sguardo che Sirius non aveva mai visto sul suo volto. Poi si voltò senza dire una parola nel tentativo di tornare alla Tana, quando lui le afferrò una mano, costringendola a girarsi nuovamente nella sua direzione. 

- Hazel, senti… - 

- Come ti permetti? - Sbottò lei, interrompendolo e liberandosi dalla sua presa. - Non parlarmi mai più, brutto stronzo, egoista, egoriferito, narcisista e… - 

Sirius sospirò. - Scusami. Hai ragione, sono uno stronzo, egoista, egoriferito e tutto il resto, lo sono sempre stato. - Disse, passandosi una mano sul volto. - Se non mi ami più io lo comprendo, e ti giuro che mi piacerebbe davvero che tu fossi felice e serena anche senza di me, ma l’idea di un altro che ti tocca mi fa impazzire. Non riesco a sopportarlo, e sapere che quello lì… scusa, sul serio. Vorrei solo riuscire a lasciarti andare una volta per tutte, ma non ci riesco. - 

Hazel sentì gli occhi pizzicare fastidiosamente, ma la sua espressione rimase impassibile. 

Non sapeva cosa provava per lui, non capiva se lo amava ancora, se amava solo il ricordo che aveva di loro due insieme, o se lo detestava con tutta sé stessa. L’unica cosa di cui però era certa era il fatto che le sarebbe piaciuto riuscire ad uscire finalmente fuori dalle macerie della loro relazione distrutta. 

- Tra noi è finita ancor prima del velo. - Gli disse. - Devi andare avanti con la tua vita. - 

- Non posso andare avanti con la mia vita se non ho una vita. - Ribatté lui. - Non ho una casa, non ho un lavoro, non ho degli amici; io non ho niente, Hazel, niente! Harry è sposato, ha dei figli, Janus va a Hogwarts, Remus è morto, mentre io ho quasi quarant’anni e non so niente di questo mondo. Non so come ricominciare da capo e tu vuoi cavartela con una scrollata di spalle, con un “devi andare avanti con la tua vita”. Non è così che funziona, lo capisci? Forse era meglio se rimanevo lì… -

- Lì dove?- 

- Lì, dietro quel velo! Era meglio se rimanevo morto! - Sbottò angosciato. - Ho fatto un sogno, mentre ero lì, sai? C’eri anche tu, c’era Janus… c’erano tutte le persone che sono state importanti per me, nel bene o nel male, c’erano perfino i miei genitori e Regulus, e tutto era come sarebbe dovuto essere se solo questo fosse un mondo perfetto. Tu trovavi mia madre simpatica, Reg insegnava a Janus come volare bene su una scopa e Lily e James erano vivi, così come erano vivi tutti gli altri, anche Remus. -   

- Era solo un’illusione, uno stupido sogno. - Ribatté lei. 

- Preferisco quello stupido sogno allora. - Disse bruscamente Sirius. 

Hazel sentì il suo cuore già ferito spezzarsi ancora, per l’ennesima volta. - Ti prego… no. - Mormorò. - Non dirlo nemmeno. - 

Sirius abbassò lo sguardo e sospirò. - Sono stanco. - Confessò parlando piano. - Avevo dei sogni prima di Azkaban, ma ero sceso a patti col fatto che non li avrei mai potuti realizzare. Poi ti ho incontrata, ho incontrato Harry, Janus è nato poco dopo, e allora ho pensato che forse c’era speranza, che forse potevo essere felice pure io, in qualche modo… ma poi è crollato tutto un’altra volta. Non ce la faccio più a vivere così, in attesa che mi capiti l’ennesima catastrofe. - 

- Non capiterà nulla stavolta. - Rispose lei dura, facendo un passo in avanti. - Sirius, adesso guardami. - 

Lui obbedì, alzando lo sguardo verso di lei, e la consapevolezza che la stava facendo soffrire ancora lo trapassò come una lama affilata. 

- Se farai qualcosa di stupido, se hai intenzione di farti fuori o chissà che altro… - Iniziò a dire, tremante di rabbia. - Io ti giuro che aspetterò di morire, ti raggiungerò ovunque finirai e ti prenderò a calci nel culo per tutta l’eternità senza darti nemmeno un attimo di pace! Io non ti perdonerò mai, mai! Non ti perdonerò se mi lasci di nuovo. Quindi ora smettila, stupido idiota che non sei altro e togliti da quella testa bacata l'idea di ucciderti! Non me ne frega niente se sei depresso, prendi della fluoxetina e piantala, proprio come fanno tutti gli altri! - 

- Che cos’è la fluo… - 

- Non è questo il punto! - Stillò Hazel, fuori di sé, mentre le prime lacrime sgorgavano dai suoi occhi scuri. - Ti prego… io non posso impedirti di fare nulla ma, per favore, non buttare via questa seconda possibilità che ti è stata data. Se non vuoi farlo per te allora fallo per Jan, lui ha bisogno di conoscerti. - 

- Lui non mi parla, mi fissa e basta. - 

- Come può parlarti, in mezzo a tutta questa gente? - Fece Hazel. - È timido, ma vedrai che come sarete soli sarà tutto diverso. - 

Sirius sospirò. Si sentiva davvero sfinito. - Non so un bel niente di lui. - Mugugnò. - Ha quasi sedici anni… mi sono perso tutto. - 

Hazel gli rivolse uno sguardo triste. - Vuoi vedere alcune foto di quando era piccolo? - Gli chiese, tirando fuori il suo telefono dalla tasca. 

Sirius guardò quel curioso apparecchio e poi annuì. 

- Adesso i telefoni sono fatti così. - Spiegò Hazel, lasciandosi scappare un piccolo sorriso, dopo aver notato lo sguardo perplesso di lui. - Fanno anche le fotografie… ecco. - 

Sirius prese quello strano apparecchio tra le mani e lo osservò interessato. - Dove sono i tasti? - Domandò perplesso. 

Stavolta Hazel rise sommessamente. - Non ci sono. - Rispose. - Anzi… diciamo che ci sono ma sono, come dire, incastonati nello schermo. Devi far scorrere il dito così. - 

Seguendo le indicazioni di Hazel, Sirius cominciò a scorrere la galleria. Quasi tutte quelle foto rappresentavano Janus e più le guardava, più si sentiva morire al pensiero di essersi perso tutto. Non c’era stato al suo primo saggio di violino, non c’era stato durante il suo primo giorno alla scuola babbana e nemmeno il primo settembre per la partenza per Hogwarts. Ad ogni modo, da quel che poteva vedere da quello schermo, capì che Hazel e Janus avevano avuto davvero una bella vita proprio come Harry gli aveva raccontato: alcune foto erano state scattate in luoghi esotici e lontani, altre invece in contesti più familiari, magari in compagnia di un vecchio signore che doveva essere probabilmente il padre di Hazel.

Sirius fece scorrere il dito sullo schermo e l’ennesima foto un po’ gli si palesò davanti. Ritraeva Hazel e Janus in compagnia di un uomo che lui non aveva mai visto e tutti e tre erano vestiti in modo strano e indossavano occhiali da sole seppur sullo sfondo era palese che fosse notte. Sirius si domandò chi fosse quell’uomo e dovette ammettere che era anche piuttosto carino, prestante, sicuro di sé.

- Quella è dell’anno prima della partenza per Hogwarts di Janus, era Halloween. - Lo informò, cogliendo lo sguardo pieno di interrogativi di Sirius. - Ci siamo vestiti come quelli di Matrix, il film preferito di Janus: lui faceva Neo, io facevo Trinity e mio fratello Chris faceva l’agente Smith. - 

- Quindi è solo tuo fratello. - Disse a bassa voce, prima di passare di nuovo il telefono a Hazel. - Sono felice che tu abbia ritrovato un pezzo della tua famiglia. Che tipo è? - 

- Un tipo particolare. - Spiegò Hazel. - Ha sposato una donna nobile e ricca, e ora vive in una tenuta in Scozia dove gestisce una distilleria come hobby, va a caccia di fagiani e cose del genere... nostro padre invece era un illustratore di libri per bambini, quindi a quanto pare ho preso da lui la passione per il disegno. - 

- Era? È morto? - Domandò Sirius. 

- Sì, è morto qualche anno fa. - Rispose. - Non era male per essere un ex tossico, e devo ammettere che mi ero anche affezionata parecchio a lui, anche se per il primo anno l’ho odiato con tutta me stessa per aver abbandonato me e mia madre. - 

- E poi? Cosa è cambiato? - Chiese lui, incuriosito. 

Hazel alzò le spalle. - Ho fatto tanta terapia, ho elaborato i traumi della mia infanzia e l’ho odiato un po’ meno. - Raccontò. 

Sirius non trovò nulla di intelligente da dire per un bel po’ di secondi, ma poi una domanda sgorgò dalla sua gola prima ancora che lui potesse fermarla. - Davvero non provi più niente per me? - 

Hazel si irrigidì. - Questo non è importante. - Ribatté.

- Per me lo è. - 

Lei sospirò e incrociò le braccia sul petto. - Non conta più niente ormai. - Gli disse coriacea. - Anche se ti amassi ancora non credo che tra noi potrebbe funzionare. - 

- Perché no? - 

- Perché sono una persona diversa, con una vita diversa. - Spiegò Hazel. - Probabilmente adesso mi troveresti insopportabile. - 

- Impossibile. - Asserì Sirius, accennando un sorriso. 

Anche lei tentò di sorridere, alzando goffamente i lati della bocca. - Se ci fossimo incontrati in un contesto normale non mi avresti mai notata, figurati se ti saresti innamorato di me. - Gli disse, come se questo spiegasse tutto.

- Non è vero, mi sarei innamorato di te in ogni caso. -  

- No, invece, e lo stesso vale per me. - Rivelò Hazel, scuotendo la testa. - Se non fossi stata una ragazzina sola, con una vita noiosa e disperatamente in cerca di qualcosa che mi facesse sentire viva credi davvero che ti avrei accolto in casa mia? Ti ho amato tantissimo e saremo sempre legati in qualche modo, e non solo perché abbiamo un figlio in comune. Ma l’amore non può bastare sempre. Non può bastare a questa età, non dopo tutto questo tempo e dopo tutto quello che è successo. Mi capisci, almeno un po’? - 

- No, Hazel, non ti capisco. - Ammise subito lui. - Ma non posso farci niente, non posso di certo costringerti ad amarmi. - 

- Potenzialmente puoi, questa è una delle cose che mi spaventa. - 

- Hai paura che ti metta dell’Amortentia nel té? - Sirius fece una risata amara, ma lei invece rimase seria.  

- Mi hai modificato la memoria e hai fatto di peggio con tutti gli altri. - Gli ricordò duramente. - Potresti fare qualsiasi cosa e io non me ne accorgerei nemmeno. - 

- Anche Percy potrebbe. - Contestò Sirius. 

- Potrebbe, è vero. Ma non lo farebbe mai. Lui mi rispetta, a contrario di te. - 

Sirius la guardò con gli occhi ridotti a due fessure, poi distolse lo sguardo, dirigendolo in un punto non meglio definito davanti a sé. - Già, com’è perfetto, lui. - Disse mellifluo. 

- Smettila. Non è di certo colpa sua se non mi fido più di te. - 

- Lo so, è colpa mia, infatti. - Disse Sirius e poi sospirò. - Comunque rifarei tutto quello che ho fatto, dato che questo è servito per tenere te e Janus in vita. Durante la guerra sareste stati troppo esposti. - 

- Perché, secondo te, quella pazza di tua cugina avrebbe preso un volo per New York per venire a far fuori me e Janus, vero? - Sibilò Hazel, dopo un verso sprezzante. 

Sirius sbuffò. - Ai maghi basta una passaporta per arrivare dall’altra parte del mondo in meno di un minuto, non abbiamo bisogno di aerei. - Replicò. - Dopo tutti questi anni non hai ancora capito quanto la situazione fosse pericolosa a quei tempi. Non ti è mai passato per quella mente geniale, ad esempio, che Voldemort avrebbe potuto usare il figlio del suo compianto padrino per attirarlo a sé, visto quanto sia comprovato il fatto che Harry tenda a fare l’eroe? - 

Hazel alzò gli occhi al cielo e incrociò le braccia sul petto. Anche se le sue parole avevano un senso per lei, non gli avrebbe dato ragione nemmeno sotto tortura. 

Rimasero lì, in silenzio in quel giardino per almeno cinque minuti, poi soffiò una brezza fresca e lui fu scosso da un brivido

- Hai freddo? Torniamo dentro? - Gli chiese subito lei. 

Sirius annuì sbrigativo e si mosse per primo, attraversando di nuovo il giardino, stavolta al fianco di lei, fino a raggiungere l’entrata della Tana. 

- Dov’è che starai, da stasera in poi? - Domandò Hazel, poco prima di varcare la soglia. 

- Starò da Harry per qualche settimana. Giusto il tempo di sistemare la casa in cui stavo prima di finire ad Azkaban. Sai, è rimasta chiusa per parecchi anni. - Rispose Sirius. - È a Londra e questo è un bene, così posso stare vicino a Janus. E a te. - Aggiunse. 

Hazel alzò i lati della bocca, ma il sorriso non raggiunse i suoi occhi. - Sì, puoi venire a trovarlo quando vuoi. - Disse distaccata. - Se a lui starà bene, ovviamente. - 

- Perché non dovrebbe stargli bene? - Pungolò Sirius con un tono raggelante. 

- Janus è un ragazzo particolare. Odia i cambiamenti e questo… - Hazel sospirò  e strinse le labbra con disappunto, - questo è un cambiamento bello grosso. Quindi non te la prendere se all’inizio vorrà stare sulle sue, anzi cerca di rispettarlo. Percy ci ha messo un anno solo per riuscire a parlarci senza litigarci. - 

- Weasley non è suo padre, io lo sono. - Puntualizzò il mago. - Con me sarà diverso. - 

Hazel non ribatté. Sapeva che Sirius aveva la tendenza a voler avere sempre ragione, dunque non aveva di certo senso mettersi a sindacare; avrebbe capito da solo, con il tempo, che si sbagliava. 

Nello stesso momento, nel giardino sul retro, Janus osservava il riflesso della luna che si specchiava nello stagno delle rane adiacente alla Tana, seduto con le gambe incrociate su l'erba rinsecchita. Lì fuori, oltre il gracidare dei rospi e il frinire delle cicale, riusciva anche a sentire le chiacchiere confuse che venivano dall’abitazione alle sue spalle, e più ascoltava quelle voci che si sovrastavano, più desiderava tornare a casa sua il prima possibile.

Erano successe così tante cose quella sera che quasi faceva fatica a pensare. 

Il suo desiderio di sempre si era avverato, ma lui non riusciva ad esserne contento. Era spaventato, confuso, teso, ma no, non era felice nemmeno un po’. 

- Stai cercando qualche orribile rettile con cui metterti a parlare? - La voce conosciuta di Molly jr lo fece sussultare e quando si voltò per guardarla, Janus notò che nemmeno lei sembrava più tanto allegra. 

La osservò avvicinarsi e, quando si sedette al suo fianco, Janus tornò a guardare lo specchio d’acqua che brillava sotto la luce della luna. - Che ti prende, Polly? - Le chiese. 

Molly lo guardò storto. Detestava quel soprannome, ma per una volta decise di lasciar correre. - Credi che tua madre lascerà mio padre, adesso? - Domandò a sua volta. 

Janus esitò e poi alzò le spalle. - Se lo lascia magari i tuoi tornano insieme. - Disse. 

- Guarda che mamma è sposata. - Obiettò Molly. - E con uno molto più figo di papà. - 

Il Grifondoro storse il naso con disappunto. - Gilbert non è più figo di Percy. - Ribatté, difendendolo a spada tratta. 

- Lo è eccome, gioca nella nazionale inglese di quidditch. - Gli ricordò. 

- Giocava. - La corresse lui. - Da quando ha smesso non ha nemmeno più un lavoro. -

- Non gli serve, dato che è pieno di soldi. - Sottolineò Molly. - Inoltre, Gilbert a parte, credo che sia mio padre quello che non tornerebbe mai con mia madre. - 

- Ti fa soffrire questa cosa? - Chiese Janus, serio e con un tono delicato. 

Molly scosse la testa. - Lo sai che non vado molto d’accordo con mia madre. Se fosse per me verrei a vivere con voi. - Rispose piano, facendo un sorriso triste. 

Janus si voltò per guardarla. Lei aveva ancora l’aspetto di una bambina, come era giusto che fosse, dato che aveva compiuto dodici anni giusto a giugno, ma la sua espressione le conferiva un’aria da adulta. Molly era davvero troppo intelligente per riuscire ad essere felice e spensierata come le altre ragazzine della sua età, e spesso Janus aveva colto su quel suo volto fanciullesco il peso di quella sua mente brillante. 

- Perché non ti trasferisci da noi allora? - Le chiese. 

- Noiose questioni di affido. - Disse Molly, stringendosi nelle spalle, poi sospirò. - Jan… ma se tua madre e mio padre si lasciano per davvero? Cosa succederà? - 

Janus si prese qualche secondo per pensarci. - Presumo che Percy tornerà nella sua vecchia casa. - Ipotizzò. - Ma tra noi due non cambierà niente, Polly. Lo sai che sei la mia Weasley preferita e che continuerò ad essere il tuo finto fratello per sempre. - 

Le labbra di Molly si piegarono verso il basso, dandole un aspetto da cucciolo ferito decisamente adorabile. - Tu sei il mio preferito in generale. - Confesso a voce bassissima. 

Janus invece sorrise. - Guarda che lo so che preferisci Teddy. - La prese in giro. - Come tutti del resto, ma come darvi torto? Dopotutto è lui quello simpatico. -

- E tu sei quello intelligente però. - Sorrise Molly. - Comunque credo che tuo padre lo adori. Quando sono uscita stavano parlando di quidditch e altre cose del genere. - 

Janus non rispose, dunque la ragazzina continuò: 

- Tu non credi che sia un po’ strano? - Gli domandò. - Sirius, intendo. - 

- Per essere uno che è appena resuscitato mi sembra fin troppo normale. - Obiettò Janus. 

- E perché allora non ci vuoi parlare? - 

Janus strinse gli occhi nella sua direzione, guardandola di sottecchi. - Non è che non ci voglio parlare. - Disse con un tono evasivo. - È che non so cosa dirgli, credo. - 

- Io invece credo che tu ce l’abbia con lui. - Obiettò Molly. 

Il ragazzo si accigliò. Era consapevole che Molly non avesse poi tutti i torti, ma non aveva nessuna voglia di ammetterlo. Era una sensazione troppo complicata e dolorosa per essere affrontata. - Perché dovrei essere arrabbiato con lui? - Disse infatti.  

- Perché ti ha abbandonato, ti ha fatto soffrire. - Spiegò la ragazzina, come se fosse ovvio.

- Non mi ha abbandonato, è solo morto. - Reagì duramente Janus. 

Molly lo studiò per un attimo. - Non ti ho mica detto che la tua rabbia debba essere per forza razionale. - Rispose pacatamente Molly. - Ma è bene che tu la riconosca. - 

Janus sbuffò. - Puoi fare la dodicenne, per una volta, Molly, o vuoi continuare a tentare di analizzarmi? - Le chiese irritato. 

- Lo sai che non ci riesco. - Rispose la ragazzina. 

Janus non rispose e da questo derivò un lungo momento di silenzio. In alcuni momenti la piccola Molly Weasley gli ricordava sé stesso alla sua età. Lei aveva la sua identica incapacità di stare al mondo, le sue stesse difficoltà ad essere solo una bambina. Non sapeva per quale motivo Molly fosse venuta su in quel modo, sapeva solo che era diversa da qualsiasi altra persona avesse mai conosciuto e che le sue particolarità non erano viste di buon occhio da Audrey e, almeno in parte, nemmeno da Percy. Veniva da una famiglia abituata a conformarsi, eppure lei non riusciva a fare lo stesso nemmeno se ci metteva tutta sé stessa. La sua personalità era più forte della sua voglia di piacere alla gente e come lui, infatti, non era molto popolare a scuola. 

- Qualsiasi cosa accadrà avrai sempre un posto in cui rifugiarti, quando vorrai scappare da tua madre, lo sai, Polly? - Dichiarò Janus, con gli occhi questa volta puntati verso il cielo stellato sopra di loro. 

- Lo so. - 

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