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Alla scoperta di un nuovo mondo

Capitolo 20

La prima parola che balenò nella mente di Janus nel momento stesso in cui mise per la prima volta piede a Diagon Alley fu travolgente. Sì, quella piccola città nella città era decisamente travolgente, oltre che caotica. 

La strada principale era talmente piena di persone che quasi si faceva fatica ad avanzare: le eccentriche vesti dei maghi e delle streghe erano un tripudio di colori sgargianti, che si mischiavano con i normalissimi vestiti di chi invece vestiva alla babbana, esattamente come lui; i negozi brulicavano di persone intente a fare acquisti per il nuovo anno scolastico alle porte e Janus, lista alla mano, si ritrovò immobile a fissare quello spettacolo, a bocca aperta. 

Quel giorno c'era bel tempo e il sole brillava altissimo in un cielo estivo e sgombro, illuminando una pila di calderoni fuori del negozio più vicino all’entrata la cui insegna appesa sopra diceva: Calderoni. Tutte le dimensioni. Rame, ottone, peltro, argento. Autorimestanti. Pieghevoli.

Più avanti alcuni negozi vendevano abiti, altri telescopi e bizzarri strumenti d'argento che Janus non aveva mai visto prima; c'erano vetrine stipate di barili impilati, contenenti milze di pipistrello e pupille d'anguilla, mucchi pericolanti di libri di incantesimi, penne d'oca e rotoli di pergamena, bottiglie di pozioni, globi lunari.

Janus notò subito il posto più amato dagli sportivi, la cui scritta recitava “Accessori di Prima Qualità per il Quidditch”, poi l’Emporio del gufo, il Ghirigoro, il negozio di vestiti di Madame McClan, quello di bacchette del vecchio Olivander e, infine, proprio in fondo alla strada, la banca dei maghi, un grosso edificio bianco, che si ergeva dritto davanti a loro. 

- Come prima cosa dobbiamo cambiare la valuta. - Esordì Harry, facendosi spazio tra la folla. - E poi possiamo iniziare subito con la bacchetta, che ne dici? - 

Janus si limitò ad annuire, guardandosi intorno ancora incantato. Quello era il posto più magico in cui fosse mai stato e voleva godersi ogni singolo istante. 

Hazel, dietro di lui, lo osservava camminare per quelle vie con uno stato d’animo contrastante: era felice, finalmente erano tornati nel mondo dei maghi, ma mancava qualcosa. Mancava qualcuno

Avanzando verso la Gringott, Hazel cercò di immaginare Sirius e tutto l’entusiasmo che avrebbe manifestato in quell’occasione.

Erano passati più di nove anni dall’ultima volta che aveva sentito la sua voce, nove anni dall’ultima volta che l’aveva sfiorato o guardato negli occhi, eppure in quel momento il dolore sembrava più pungente che mai. Da quando lei e Janus erano tornati nel mondo dei maghi, Hazel aveva l’impressione di essere nuovamente nella fase acuta del suo lutto. Ogni persona che incontra non si risparmiava mai nel ricordarle quanto suo figlio somigliasse al padre, quanto Sirius fosse stato sfortunato e coraggioso, quanto la loro storia fosse tragica. 

All’inizio era stata anche contenta di poter parlare finalmente con qualcuno che lo aveva conosciuto quando era vivo, ma più passavano i giorni e più questi continui riferimenti a Sirius la facevano sentire quasi infastidita. E poi, come se già questo non bastasse, aveva scoperto che Sirius l’aveva incantata per fare in modo che non potesse tornare a Grimmauld Place né in nessun altro luogo in cui avrebbe potuto incontrare qualche membro dell’Ordine della Fenice.

Si sentiva arrabbiata, tradita, triste, proprio come si era sentita il giorno in cui lo aveva visto per l’ultima volta. Si domandava chi fosse realmente l’uomo di cui era stata innamorata per tanti anni, se fosse davvero la grande persona di cui tutti parlavano, quali altri segreti si fosse portato al di là di quel velo e chissà quante altre volte aveva alzato la bacchetta su di lei senza che lei se ne rendesse conto. 

Dopo aver convertito le sterline in galeoni alla banca dei maghi, i tre tornarono ad aggirarsi per le strade di Diagon Alley per iniziare gli acquisti. La prima tappa fu il negozio di bacchette più famoso di tutto il paese. Si trattava di un negozio dall’aria angusta e sporca, la cui insegna a lettere d’oro diceva: Olivander: Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.. 

- Voi entrate. - Li incitò Harry, quando arrivarono davanti alla vetrina. - Io ho una piccola commissione da sbrigare. -  

Janus si voltò verso di lui cercando di nascondere una certa delusione, ma annuì e varcò la soglia insieme a sua madre, e un lieve scampanellio proveniente dagli anfratti del negozio non meglio identificati, accolse il loro ingresso. Era un luogo molto piccolo, un po’ spoglio e vuoto, tranne che per il bancone di legno che si trovava proprio di fronte all’entrata. 

Janus si sentiva strano, come se fosse entrato in una galleria d’arte privata. Rimase in silenzio, lanciò uno sguardo a sua madre, che sembrava ancor più sorpresa e incantata di lui, e poi si mise a guardare le migliaia di scatoline strette strette, tutte impilate in bell'ordine fino al soffitto. 

- Buongiorno. - Disse una voce sommessa, e poi qualcuno apparve sulla soglia di una porticina di legno al di là del bancone. 

Si trattava dell’uomo più anziano che Janus avesse mai visto. Aveva grandi occhi che sembravano illuminare il negozio come due astri lunari e pochi capelli grigi in testa.  

- Salve. - Mormorò Janus imbarazzato. 

Il signor Olivander gli scoccò un’occhiata penetrante e poi parlò: - Ah sì. - Disse, prima di mettersi a cercare qualcosa tra le scatoline accatastate lungo le pareti. - Sì, ricordo quando tuo padre è venuto qui a comprare la sua prima bacchetta magica. Dodici pollici, legno di ebano e crini di unicorno. Sufficientemente elastica. Una bella bacchetta, peccato che sia stata spezzata ad Azkaban. L’ho sempre trovata una cosa da barbari. - Raccontò, tirando fuori alcune delle scatole con molta attenzione. - Era una bacchetta particolare per un Black. - Concluse, avvicinandosi. 

Janus si chiese per quale motivo, ma non si azzardò a fare domande, limitandosi ad osservare l’anziano che tirava fuori una bacchetta magica dalla scatola, porgendogliela. 

- Allora, signor Black, provi questa. Alloro, piuma di fenice, nove pollici e bella flessibile. Su, avanti, la agiti in aria! - 

Janus prese la bacchetta e, sentendosi un po' sciocco, si voltò brevemente verso sua madre, seduta alle sue spalle, come per chiederle il permesso. Lei sorrise, quasi impaziente, e allora Janus tornò con gli occhi su Olivander e agitò debolmente la bacchetta. 

- No, no. - Borbottò il vecchio e gliela strappò quasi subito di mano. - Ecco, provi questa qui. Salice, dieci pollici, rigida. - 

Janus la provò, ma ancora una volta, non aveva fatto in tempo ad alzarla che il signor Olivander gli strappò di mano anche quella. Per un terribile attimo passò nella sua mente l’idea che forse non ci fosse nessuna bacchetta per lui.

- No... ecco, noce, corda di cuore di drago, dodici pollici e mezzo. -

Janus la prese in mano e subito avvertì un calore improvviso alle dita. La alzò sopra la testa, la mosse sferzando l'aria polverosa e una scia di scintille rosse e d'oro si sprigionò dall'estremità come un fuoco d'artificio. Sua madre, dietro di lui, gridò d'entusiasmo e batté le mani e Olivander esclamò: - Bravo! Molto bene, molto bene! - Poi ripose la bacchetta in una scatola e la avvolse in carta da pacchi. - Un bell’esemplare. L’anima di corda di cuore di drago indica che è potente, ma anche molto facile da piegare alle Arti Oscure se è ciò che vuole davvero il proprietario. Inoltre la bacchetta di noce, una volta assoggettata, assolverà qualsiasi compito le venga affidato, a patto che chi la usa sia sufficientemente brillante. Può risultare un'arma davvero letale se posta nelle mani di qualcuno senza scrupoli, perché il mago e la bacchetta possono alimentarsi a vicenda in modo malsano. - 

Hazel rabbrividì, e vide suo figlio guardare Olivander con un certo timore. Pagarono sette galeoni per la bacchetta ed uscirono come se entrambi avessero improvvisamente bisogno d’aria. 

Era ormai tarda mattinata e Hazel si guardò intorno, chiedendosi dove si fosse cacciato Harry. Lo cercò tra la folla e poi lo vide uscire dall’emporio del gufo e avvicinarsi con una gabbia tra le mani. Quando fu abbastanza vicino, Janus si ritrovò a guardare con interesse l’animale che c’era chiuso dentro. Si trattava di un piccolo barbagianni dall’aspetto timido, bianco e bruno e con due piccoli occhietti neri che ricambiarono il suo sguardo con lo stesso interesse. 

- Buon compleanno! - Esclamò Harry, porgendogli la gabbia. 

Janus sgranò gli occhi. - È per me? - Domandò incredulo.

- Certo. - Rispose Harry. - O forse preferivi un gatto? - 

Il ragazzino si affrettò a scuotere la testa. - No no, è bellissimo! Grazie, Harry! - Esclamò allegramente, prima di voltarsi verso Hazel. - Mamma, posso tenerlo davvero? - 

Hazel annuì e sorrise. - Però non pensare che sia io ad occuparmene quando tornerai per le vacanze. - Lo avvertì, e poi si rivolse al ragazzo. - Harry, non dovevi. - 

- Dovevo invece, dato che mi sono perso tutti gli altri suoi compleanno e un’infinità di Natali. - Obiettò il giovane, prendendo a camminare lungo la strada principale. 

Da quando avevano messo piede a Diagon Alley erano state tante le occhiate che i passanti avevano lanciato nella loro direzione. Harry sembrava più che abituato a certe attenzioni indesiderate, mentre Janus non aveva smesso nemmeno un secondo di sentirsi un po’ in imbarazzo. Sua madre, invece, sembrava tranquilla, a suo agio, come se in tutta la strada ci fossero solo loro tre e nessun altro.  

Passarono le successive ore dandosi allo shopping più sfrenato: comprarono un bel calderone in peltro, una graziosa bilancia per pesare gli ingredienti delle pozioni, un telescopio pieghevole in ottone e la divisa scolastica. Poi andarono in una sorte di farmacia, luogo talmente interessante da ripagare del pessimo odore che vi regnava, un misto di uova fradice e cavoli marci. Per terra c'erano barili di roba viscida; vasi di erbe officinali, radici secche e polveri dai colori brillanti erano allineati lungo le pareti; fasci di piume, di zanne e artigli aggrovigliati pendevano dal soffitto. Mentre Harry chiedeva all'uomo dietro il bancone una provvista di alcuni ingredienti fondamentali per preparare pozioni, Hazel e Janus esaminavano alcuni corni di unicorno in argento, che costavano ventuno galeoni ciascuno, e minuscoli occhi di coleottero di un nero lucente.

Una volta fuori, Hazel spuntò parecchie voci sulla lista di Janus. - Dobbiamo occuparci dei libri di testo e poi abbiamo finito. - Dichiarò poi, senza staccare gli occhi dal foglio.  

Nell’esatto momento in cui Janus varcò la soglia del Ghirigoro decise che quello era in assoluto il suo negozio preferito di tutta Diagon Alley. Gli scaffali erano stipati fino al soffitto di grossi libri rilegati in pelle, libri delle dimensioni di un francobollo foderati in seta, libri pieni di simboli strani e alcuni con le pagine bianche. Dentro, forse perché era quasi ora di pranzo, c’erano pochi clienti silenziosi e Janus ne fu felice: non amava molto la folla e a Diagon Alley ce n’era veramente troppa. 

Mentre sua madre e Harry si dirigevano verso il bancone con la lista dei testi scolastici, lui si concesse un giro tra gli scaffali imbattendosi prima in alcuni libri con strani simboli che presero il volo nello stesso istante in cui lui ci posò gli occhi sopra, poi vide alcuni tomi avvolti in copertine elaborate e dai titoli molto altisonanti che però non potevano essere aperti senza una parola d’ordine. 

Finì poi per curiosare nel reparto “sport e tempo libero”, sfogliando con interesse un libro intitolato “il Quidditch attraverso i secoli”. 

- Giochi a Quidditch? - Parlò la voce di una ragazzina alla sua sinistra. 

Janus sobbalzò, voltandosi in quella direzione, guardandola. Doveva avere più o meno la sua età, forse anche lei avrebbe iniziato il suo primo anno a Hogwarts il primo settembre, proprio come lui. I capelli erano di un castano dai riflessi dorati, raccolti sopra la testa in modo ordinato, e con la frangetta ben pettinata che ricadeva su due occhi ambrati che sembravano pozze piene di miele. Indossava un vestito da strega dall’aria molto scomoda e un mantello leggero, inoltre aveva l’atteggiamento di una che sicuramente doveva vivere in un grosso castello. 

Janus si sentì arrossire senza nessun motivo preciso, e poi tornò a guardare il libro che aveva tra le mani. - No. - Rispose. - E tu? - 

- Sì, infatti entrerò nella squadra della mia Casa. - Disse, e poi afferrò un libro intitolato “biografie dei grandi cercatori”. - Di solito quelli del primo anno non possono nemmeno portare un manico di scopa personale, però se la squadra ti prende allora cambia tutto, anche se è molto difficile che questo accada. - 

Janus non rispose, tornando a sfogliare distrattamente “il Quidditch attraverso i secoli”. 

- Non sei uno che parla molto, vero? - Continuò dunque lei. - Vuoi una cioccorana? -

Lui si voltò di nuovo verso di lei, notando che teneva tra le mani due cioccorane ancora incartate. Esitò per un momento e poi ne prese una. - Grazie. - Mormorò. 

La ragazzina scartò la sua e lui fece lo stesso, trovando dentro una figurina di Merton Graves, la violoncellista del gruppo Le Sorelle Stravagarie.  

- Per tutti i gargoyle, di nuovo Harry Potter! - Si lamentò lei. - Ne ho già sei di lui. Tu chi hai trovato? Fammi vedere! - 

Janus le mostrò la sua, adocchiando quella nelle mani di lei. - Se vuoi possiamo fare a cambio. - Propose. 

La giovane annuì e gli passò la figurina di Harry, prendendosi in cambio quella di Merton Graves. - Anche io suono il violoncello, lei è praticamente il mio idolo. - Spiegò. 

- Io suono il violino. - Disse Janus. - Però non mi piacciono molto Le Sorelle Stravagarie, preferisco di gran lunga altro quando si tratta di pop o di rock. - 

Lei apparve molto interessata. - Ad esempio? - Domandò. 

Janus alzò le spalle. - Bowie, Queen, AC/DC, ABBA… Black Sabbath. - Rispose con nonchalance. - Oppure i Linkin Park, se preferisci qualcosa di più recente. - 

- Mai sentiti. - Ribatté lei. 

Janus sembrò sorpreso. - Davvero non conosci i Linkin Park? - Domandò. - E allora i Coldplay? - 

Lei scosse la testa, guardandolo come se si trovasse di fronte ad un animale strano. - Non è che sei uno di quelli con i genitori babbani, tu? - Gli chiese scrutandolo. 

- Mamma è babbana, papà era un mago. - Spiegò lui. 

- E come ti chiami? - 

- Janus. - 

- Di cognome? - Sondò la ragazzina. 

- Rai…ns… B-black. - Si corresse. Era così strano usare il cognome di suo padre. - E tu? - 

Lei lo fissò ancora, ma talmente intensamente da farlo sentire a disagio. - Faye Selwyn. - Si presentò solennemente. - Pensavo che i Black si fossero estinti. - Commentò. 

Quella frase fece sentire Janus come un animale di una qualche specie protetta. - Sì, lo pensavano un po’ tutti. - Rispose, cercando di fingersi indifferente. 

- E poi loro non si accoppiano mica con i babbani. - Sottolineò Faye. 

Janus le rivolse uno sguardo torvo, quasi raggelante. - Mia madre e mio padre non si sono “accoppiati”, non sono mica delle bestie. - 

Lei alzò le mani in segno di resa. - Non ti scaldare, era solo un’osservazione. - Disse e poi fece un piccolo sorrisetto che Janus non riuscì a decifrare. - Mia madre doveva sposarsi con uno che si chiamava Black, lo sai? - 

Il giovane non rispose, ma si mosse verso il reparto “narrativa babbana” della libreria, nella speranza che lei non lo seguisse. 

- A lei piaceva molto, era tra i più carini di tutta Hogwarts, solo che lui era un po’ uno stronzo, dice. Troppo ribelle per sposarsi. - Continuò però a parlare Faye, saltellando al suo fianco.

Di nuovo, Janus non rispose, ma si mise a sfogliare una copia di “l’isola del tesoro”. 

- Comunque è stata una vera fortuna che non l’abbia voluta dato che è stato diseredato. E poi è finito anche ad Azkaban. - Annuì Faye, facendo così tornare inconsapevolmente tutta l’attenzione del ragazzo su di sé. - Non è che era un tuo parente Sirius Black? - Gli domandò lei alla fine. 

- No, mai sentito, mi dispiace. - Rispose lui, rapidamente e senza guardarla. 

- Strano, è piuttosto famoso. - Ribatté la giovane con sorpresa. 

Janus sbuffò e alzò gli occhi al cielo, per poi voltarsi finalmente verso di lei. - Ma tu non hai niente di meglio da fare? - Le chiese bruscamente. - Perché non mi lasci in pace? - 

Gli occhi di Faye divennero stretti. - Anche tu sei stronzo. - Lo accusò. 

- Non si dicono parole del genere. - Obiettò lui. 

Lei da prima sembrò sorpresa e poi scoppiò a ridere. - Certo che sei strano! - Disse. 

Janus aprì la bocca, indeciso sulla risposta da dare, quando alle loro spalle avvertì la presenza di qualcuno: 

- Jan, qui abbiamo finito. - Disse Hazel, facendo scorrere lo sguardo sorpreso tra i due giovani. 

Era raro, molto raro, che suo figlio si mettesse a parlare con qualcuno della sua stessa età volontariamente, soprattutto se si trattava di una ragazza. Lei era decisamente molto carina, osservò la donna quando la giovane si voltò.

Quando poi Faye puntò lo sguardo su Harry, che se ne stava al fianco di Hazel tenendo tra le mani la gabbia del barbagianni e alcune buste, spalancò la bocca in una perfetta “o” e con un’espressione sorpresa dipinta in volto. - Lei è Harry Potter! - Esclamò. 

Harry fece un sorriso gentile. - Proprio così. - Rispose. 

- L’ho appena trovata in una figurina delle cioccorane. - Raccontò Faye in tono leggero e spontaneo. - Però l’ho scambiata con lui per una di Merton Graves. - 

- Merton Graves è decisamente molto più rara come figurina, hai fatto bene. - Approvò Harry. 

- Che ne dite, andiamo? - Si mise in mezzo Janus, con una certa urgenza. 

Poi lanciò una rapida occhiata verso Faye e trascinò letteralmente sua madre e Harry fuori dal ghirigoro. 

Le strade si erano quasi svuotate, mentre i ristoranti si erano riempiti di maghi e streghe per il pranzo. Janus, passando davanti a quei tavolini all’aperto, si rese conto di avere una certa fame. 

- C’è una persona che vuole assolutamente rivedervi. - Li informò Harry, mentre tutti e tre si avviavano verso il Paiolo Magico.

- Di chi si tratta? - Domandò Hazel curiosa. 

Attraversarono il pub, a quell’ora pieno di clienti seduti ai tavoli e lungo il bancone, e poi si ritrovarono nuovamente nella Londra babbana. 

- Lo vedrete. - Sorrise Harry, camminando verso una fiammeggiante macchina grigia dall’aria costosa parcheggiata lì vicino. 

La casa davanti a cui la macchina di Harry atterrò bruscamente, dopo circa un’ora di volo, si trovava in un piccolo borgo nel Devon chiamato Ottery St Catchpole. Si trattava di un grazioso villaggio dall’aria magica fatto di casette dai tetti a tegole e scoscesi, tutte raggruppate nel centro della cittadina e tante piccole e strane abitazioni sperdute nelle campagne che lo circondavano. Era un panorama molto diverso a quello a cui Janus era stato abituato in America, fatto di grattacieli e asfalto, ma sembrava il posto più adatto in cui sistemarsi e mettere su famiglia. 

Harry parcheggiò malamente l’auto e poi uscì dall’abitacolo seguito a ruota da Janus e Hazel, che gli andarono dietro verso una casetta quadrata fatta di mattoni, circondata da un bel giardino estremamente curato. L’erbetta sui due lati del vialetto sterrato che portava alla porta d’ingresso sembrava essere stata tagliata filo per filo, sotto il portico c’era un dondolo di legno, un tavolo dello stesso materiale circondato da sedie e davanti alla soglia un grazioso zerbino con su scritto “benvenuto” decorato da strani ghirigori. 

Harry suonò il campanello e, tutti e tre, attesero in silenzio che l’uscio si spalancasse davanti a loro. Hazel sentì una leggera tensione crescere man mano che i secondi passavano, ma era piacevole, quel tipo di sensazione che ti assale poco prima di scartare un regalo atteso da molto. 

La porta si spalancò e davanti a loro apparve una donna che doveva avere più o meno una cinquantina d’anni. Era molto bella, regale in un certo senso. Indossava un vestito verde di lino che indosso a chiunque altro sarebbe sembrato un sacco di juta ma che su di lei stava più che bene; i capelli erano scuri, ricci e sciolti sulle spalle, gli occhi erano grigi e l’espressione che aveva dipinta in volto era un po’ altera. Hazel era sicura di non conoscerla, eppure quel suo viso aveva un che di familiare. 

- Harry, ben arrivato. - Disse la donna sorridendo, prima di posare lo sguardo su Hazel e Janus. - Venite, entrate pure, vi stavamo aspettando. Sono Andromeda Tonks. - 

Hazel sgranò gli occhi e spalancò la bocca dalla sorpresa, mentre Janus si domandò chi fosse quella donna tenendosi un passo indietro rispetto a sua madre e a Harry. 

Hazel strinse la mano ad Andromeda, che poi posò gli occhi sul ragazzino, facendogli un grosso sorriso. - Mi sembra di fare un tuffo nel passato. - Disse guardandolo. - Sei tale e quale a tuo padre quando aveva la tua età. Lui era mio cugino, lo sai? - 

Janus lanciò a sua madre uno sguardo di sfuggita, ma prima che qualcuno potesse dire altro, una voce da donna, chiara e cristallina, arrivò alle loro orecchie: - Mamma? Chi è alla porta? - Disse Ninfadora Tonks, per poi spuntare sulla soglia della cucina. 

Hazel sorrise, portandosi le mani alla bocca, mente gli occhi le si facevano lucidi. Aveva sempre saputo che era sopravvissuta alla battaglia, ma ritrovarsela improvvisamente davanti dopo tutti quegli anni era assurdamente emozionante. 

- Dora… - Disse, andandole incontro e abbracciandola. 

- Hazel, per Tosca, non ci posso credere! - Esclamò allegramente Tonks subito dopo, sciogliendo quell’abbraccio per rivolgersi a Harry. - Harry, potevi avvertirci! - 

Lui, ancora vicino all’entrata, sorrise bonario. - Era una sorpresa, Dora. - Si giustificò. 

- E guarda qui chi altro abbiamo! Janus, sei cresciuto così tanto dall’ultima volta che ti ho visto! - Disse Tonks, avvicinandosi al ragazzino. 

Janus fece un sorrisetto imbarazzato, cercando di fare mente locale su chi fosse quella donna il più velocemente possibile prima di poter rispondere. 

- Jan, lei è la moglie di Remus. - Lo informò prontamente Hazel. 

Il giovane inarcò le sopracciglia: adesso era tutto più chiaro. 

- Mamma, andresti di sopra a chiamare Teddy, per favore? - Domandò Dora a sua madre, mentre insieme si spostavano in cucina. 

Hazel si guardò intorno, sedendosi su una delle sedie che circondavano il grazioso tavolo rotondo al centro della stanza: probabilmente non aveva mai messo piede in un luogo più pulito e ordinato di quello, ma daltronde Dora aveva sempre avuto un certo talento per gli incantesimi di pulizia. La cucina, inoltre, sembrava appena uscita da un set di un qualche film anni ‘50: tutti i mobili erano color pastello, c’era una finestra spalancata proprio sopra il lavandino immacolato e, tutto intorno a loro, c’era odore di buon cibo. 

Poi Hazel tornò a guardare dritta davanti a sé dove, seduta dall’altra parte del tavolo, Ninfadora Tonks, anzi, Ninfadora Lupin, le ricambiò lo sguardo. 

Era molto diversa dalla ragazza spumeggiante che aveva conosciuto a Grimmauld Place parecchi anni prima. I suoi capelli erano di un castano scuro molto sobrio, tranne che per una ciocca grigia, proprio sul davanti, che pareva invecchiarla un po’. Hazel si chiese come mai li portasse in quel modo strano, ma non glielo domandò. 

Chissà se a lei manca Remus come a me manca Sirius, si disse invece tra sé e sé. 

- Hazel, non hai idea di ciò che ho provato quando l’incantesimo di memoria è stato sciolto. - Esordì la strega, guardandola negli occhi. - Io ero certa che Remus mi stesse nascondendo qualcosa, ne ero sicura! Ho pensato addirittura che mi tradisse, ma quando poi mi è tornata la memoria, giorni fa, è stato subito tutto più chiaro. - 

Hazel sorrise, scuotendo la testa. - Dora, non so proprio come ti sia potuta venire in mente una cosa così stupida. Remus era pazzo di te. - Le disse. - Ma cosa fai adesso nella vita? Sei ancora un auror? - 

Dora annuì. - Sì, certamente. - Rispose. 

- Dora è capo auror da quando Kingsley è diventato Ministro. - Spiegò Harry. - Ed è la più giovane nella storia ad aver ricoperto questo ruolo. - 

Tonks fece un sorriso umile ma annuì. - Be’ diciamo anche che di auror incorrotti ne erano rimasti davvero pochi dopo la guerra. - Disse quasi a giustificarsi. 

- Andiamo, Tonks, non fare la modesta! - Esclamò Hazel sorridendo. - Malocchio e Kingsley hanno sempre puntato tanto su di te. - 

La strega si strinse nelle spalle. - E tu, cosa hai fatto in tutto questo tempo? - Le chiese. 

- Io e Jan abbiamo vissuto a New York fino a qualche mese fa. Siamo tornati proprio per attendere la lettera da Hogwarts. - Rispose Hazel. 

- Immagino che entrambi non vedesse l’ora. - Suppose Tonks. 

Hazel annuì. Erano stati anni duri quelli appena trascorsi, anni pieni di attesa e paura che quel momento non arrivasse mai. Più di una volta, nei momenti più bui, Hazel aveva avuto il timore di essere pazza, di essersi immaginata tutto, che nessuno avrebbe bussato alla porta di casa loro il giorno dell’undicesimo compleanno di suo figlio. 

- Ciao, Harry! - Urlò improvvisamente una voce squillante. 

Hazel si voltò verso la porta da cui un bambino era appena entrato, correndo dritto tra le braccia di Harry, insieme ad Andromeda. Non lo aveva mai conosciuto, ma Remus le aveva spedito per posta moltissime foto, per questo non faticò a riconoscere il ragazzino di sette anni che sfoggiava quella stravagante chioma azzurra.  

Quando poi Teddy Lupin sciolse l’abbraccio con il suo padrino si voltò verso di lei e verso Janus che sedeva al suo fianco. - E voi chi siete? - Domandò. 

Hazel sentì la gola annodarsi e gli occhi farsi un po’ più umidi. Guardò Dora, come per spingerla a parlare al posto suo, dunque fu proprio la strega a rispondere: - Lui, - disse facendo un cenno verso Janus, - è tuo cugino Janus e lei è sua madre; ricordi che te ne ho parlato qualche giorno fa? - 

Teddy lo osservò attentamente e i suoi capelli assunsero una tonalità più chiara di azzurro, cosa che lasciò totalmente di stucco Janus. - Come hai fatto? - Chiese sorpreso. 

Il bambino alzò le spalle. - Sono un metamorfomagus come lo era mamma. - 

Era? - Domandò Hazel, guardando Dora. 

Tonks annuì. - Sì, dopo la guerra ho avuto qualche difficoltà. - Spiegò. 

- Sì, perché mio padre è morto in guerra. - Annuì Teddy, come se niente fosse. 

Per un istante su tutti loro cadde il gelo; su tutti tranne che su Janus, che invece sentì di apprezzare particolarmente la spontaneità del cugino. Da quando aveva messo di nuovo piede nel mondo magico aveva notato che l’argomento guerra era trattato ancora come un grosso tabù da tutti quelli che l’avevano vissuta. C’era una sorta di atteggiamento reverenziale con cui venivano trattati tutti quelli che avevano perso qualcuno durante quei terribili anni e la cosa lo faceva sentire spesso a disagio. 

Sì, quel ragazzino gli piaceva. 

Pranzarono tutti e sei attorno a quel tavolo con un pasto arrangiato alla bene e meglio da Andromeda, che si rivelò una buona cuoca nonostante fosse cresciuta circondata da elfi domestici disposti ad obbedire ad ogni suo ordine, e parlarono di argomenti leggeri e piacevoli. Quando poi Ted trascinò il cugino al piano di sopra per mostrargli la scopa che Harry gli aveva preso quell’anno per il compleanno, il tono della conversazione cambiò bruscamente, finendo per toccare discorsi molto dolorosi. Hazel scoprì quello che era accaduto al padre di Dora, catturato e ucciso dai mangiamorte, e si disse che sarebbe potuto capitare a lei e al suo bambino se solo Sirius non li avesse allontanati. Eppure non riusciva a smettere di essere furiosa con lui, non poteva farne a meno. 

Poi il discorso finì sulla battaglia di Hogwarts. 

- É stato orribile, ogni singolo attimo. - Raccontò Tonks, con lo sguardo perso nel vuoto, come se si trovasse ancora nel bel mezzo di quell’inferno. - Remus è morto proprio davanti a me, ma non ha sofferto. Dolohov lo ha ucciso con l’anatema, quindi è morto ancor prima di toccare terra. Non sono riuscita a farlo fuori, anche se in quel momento l’ho desiderato con tutta me stessa, ma l’ho arrestato circa due settimane dopo la fine della guerra. Adesso sta scontando i suoi crimini ad Azkaban. - 

Davanti a quel dolore inumano, Hazel sentì il suo stomaco contorcersi dolorosamente. C’erano state troppe perdite, troppe famiglie spezzate, troppi orfani. Tonks, esattamente come lei, era una donna spezzata, piena di dolore ma, a contrario di Hazel, non sembrava esserci rabbia nel suo cuore. 

Nel frattempo, al piano di sopra, Janus guardava estasiato tutti gli strani oggetti di cui la stanza di Teddy era piena. La scopa da corsa era appesa al muro quasi come una reliquia, sulla scrivania c’erano alcuni libri di magia per bambini, mentre sulle pareti erano stati attaccati dei poster dei Puddlemere United, la squadra del cuore di Ted e di sua nonna. 

Poi il bambino aprì una grossa scatola piena di dolci di Mielandia che offrì prontamente a Janus e poi un’altra, molto più grande, che teneva sotto il letto che sembrava piena di strani giocattoli, che però altro non erano che prodotti del negozio Tiri Vispi Weasley. 

- George e Ron mi fanno sempre lo sconto ogni volta che vado lì con Harry e delle volte mi regalano anche le cose. Ad esempio queste orecchie oblunghe o questa finta bacchetta, che se la agiti si trasforma in un pollo di gomma. - Raccontò allegramente. - E tu ce l’hai una bacchetta vera? L’hai già comprata? - 

Janus annuì.

- E dov’è adesso? - Chiese Teddy, scartando un pacchetto di piperille. 

- Ce l’ha mia madre, insieme a tutte le altre cose. Lei dice che non posso usare la magia fuori dalla scuola, anche altrimenti possono espellermi. - Rispose Janus.

Ted fece un sorrisetto tutt’altro che innocene. - Ma mica ti espellono subito, devi avere tantissimi richiami e comunque non capita quasi mai. - Disse. - Vuoi una gelatina? - 

Janus scosse la testa. - Mamma non vuole che mangio zuccheri complessi. - Spiegò.

Teddy allora assunse uno sguardo perplesso. - Fai sempre tutto quello che ti dice tua madre? - Domandò incuriosito.

- Tendenzialmente sì. - Ammise Janus, sentendosi un po’ stupido. - Non voglio che soffra, ecco. Lei dice di no, ma io lo so che spesso è triste e arrabbiata, quindi non voglio esserle di peso. Anche perché le ho sempre dato un sacco di problemi, pur non volendo. Sai… la scuola babbana non è fatta per quelli come noi. - 

- Io non ci vado infatti, mi insegna nonna. - Raccontò Teddy. 

- Beato te, mia madre invece ha sempre tentato di babbanizzarmi un pochino. - Disse Janus con disapprovazione. - Comunque, per fortuna, adesso è finalmente finita. - 

- Non vedo l’ora di andare a Hogwarts anche io. - Sospirò Ted. - In che Casa vuoi essere smistato? - 

- Grifondoro. - Asserì Janus. - Invece a te dove piacerebbe finire? - 

Ted scrollò le spalle. - In realtà non ho preferenze: mio nonno e mia mamma sono stati in Tassorosso, mio padre in Grifondoro come il tuo e mia nonna in Serpeverde come tutti i Black. Insomma, una vale l’altra, alla fine qualcuno sarebbe comunque felice, anche se devo dire che, se proprio potessi scegliere, allora sceglierei Grifondoro. - 

- Pensavo che Andromeda fosse stata smistata in Grifondoro come papà. - Affermò Janus, con un tono pensieroso. - Insomma, anche lei è stata diseredata, no? - 

- Sì, ma solo perché scappò via con mio nonno che era Nato Babbano. - Gli riferì Teddy annuendo. - Lei amava la sua famiglia, e anche se non approvava le loro idee non voleva ferirli. Invece Sirius era la vera eccezione, dice. Comunque se il Cappello ti manda in Serpeverde non te la prendere troppo. Non sono tutti così male come una volta, quelli. - 

Janus sospirò. Non aveva mai avuto paure né dubbi riguardanti lo smistamento. Almeno fino a quel momento. 

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