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Lamia

In quel momento che non è più sera, ma non è ancora sopraggiunta la notte, aspetto, ogni volta è come se lo facessi da tutta la vita.
Il profumo di narciso invade i miei sensi, lei è qui. Leggeri passi si avvicinano alle mie spalle, un tocco delicato sfiora il mio collo, sento la sua gelida mano che mi fa rabbrividire, ma di piacere.
Non voglio guardare quegli occhi del colore dei non ti scordar di me in cui affogherà il mio essere, ma il bisogno di lei sta crescendo disperatamente, è terribile opporsi ai propri desideri. Non la vedo, ma so che le sue labbra rosse e carnose sorridono, le gote leggermente arrossate sono incorniciate dai lunghi capelli d’ebano. Mi abbraccia i fianchi, i suoi piccoli seni contro la mia schiena, le sue mani che danno inizio ad una lenta danza di carezze. La ragione combatte, ma alla fine soccombe alla passione. Fermo le sue mani, lentamente mi giro, siamo uno di fronte all’altra e sento tutto il mio essere inebriarsi.

Sono giorni che viaggio nel deserto, le ragioni che mi hanno spinto a intraprendere quest’avventura non me le ricordo neanche più. Sono consapevole che riesco a parlare con me stesso, a guardarmi dentro, ora, è tutto così lontano e tutto ha preso il proprio posto, la propria importanza.
Fermo la jeep ai margini di una duna e guardo la bussola per poi controllare la mappa, l'oasi non è molto lontana. Non vedo l’ora di trovare ristoro al fresco di una palma. Metto in moto e dopo un po' il paesaggio cambia, si alza il vento, premo l'acceleratore perché temo ciò di cui mi hanno parlato: il Simun. Accelero sperando di arrivare al più presto a destinazione, sperando che il vento rosso che uccide, come lo chiamano i giordani, non mi seppellisca. Invece mi accorgo che è inarrestabile, la visuale si riduce velocemente, sono investito da una massa di sabbia portata da questo vento infuocato.
Mi fermo, non posso più andare né avanti né più tornare indietro. Mi metto comodo, mi rassegno ad aspettare che finisca, mi inquieta pensare che queste possono essere le mie ultime ore di vita. 

Mi sento chiamare:«Clark,» è una voce lontana. Non ho voglia di aprire gli occhi, mi piace questo torpore, «Clark!» la voce è sempre più vicina, «Clark, apri gli occhi» ora la voce sussurra al mio orecchio. Apro gli occhi, cerco di mettere a fuoco l’immagine davanti a me: una donna? Mi siedo a fatica, mi guardo intorno smarrito. L’ultima cosa che ricordo è che ero intrappolato nella jeep dal Simun. Poi la mia attenzione si concentra su di lei che mi osserva in silenzio, ho l’impressione che legga i miei pensieri. Inspiro forte, profuma di narciso; sento il desiderio di accarezzarla, sembra delicata come una margherita. Veste con una tunica che lascia poco all’immaginazione, la sua pelle è pallida, non riesco a fermare il desiderio irrefrenabile di sfiorarla, ma ho paura che sia tutto un sogno. Allungo la mano preso da un istinto irrefrenabile e le accarezzo l’esile collo, -sì, è reale-. Le mie dita scendono lungo il braccio fino ad arrivare alla sua mano che lei stringe per poi accoglierle tra le sue labbra. I miei occhi dentro ai suoi, il mio viso nelle sue mani, poi avvicina le sue labbra alle mie. All’inizio le assaggia, le sue sono fredde poi assorbono il calore delle mie. Il bacio diventa sempre più profondo, in me nasce l’esigenza di perdermi dentro di lei, sento un’ebbrezza che fino a quel momento mi era sconosciuta, mi afferra, mi travolge, sale dentro di me come un fiume in piena. Un dolce canto accompagna l’amplesso, un dolore feroce mi trafigge il collo, urlo, tocco l'apice e repentinamente mi sento svuotato. Le sue gambe lasciano la presa dai miei fianchi, mi sposto su un lato e vedo la sua vera natura. Mi sento come se avessi bevuto un infuso di aconito.

Lamia è la mia sposa. Vi è solo un momento in cui riesco a vedere il suo vero aspetto, una serpe terribile e sanguinaria, quando siamo tutt'uno. Non riesco ancora a comprendere appieno se sono suo prigioniero oppure è una mia volontà restare. Illusione. Vi è una linea sottile tra la follia dell'amore e l'ebbrezza di essere legato al piacere dei sensi. Anche ora che mi sta baciando non posso fare a meno di pensare che sono passati mille anni, ma sono ancora qui… è certo che prima o poi  apparterrò a quel nugolo di morti che sono stati i suoi  amanti.

Lamia (1909 c.) di  Herbert James Draper.

La fotografia è gentilmente concessa da StefanoRuzzini

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