Giù la maschera
Jacqueline attese impaziente, aggirandosi negli stretti dintorni della scalinata. Aveva salutato amici di famiglia e conoscenti vari, aspettando Ermes. O Mercer.
Quel posto, più che ricordarle l'Olimpo, assomigliava sempre di più agli Inferi. Peccato che Ade, in quel momento, fosse più vitale di lei. Le sembrava di scorgere il volto del suo dio tra la folla mentre la ammirava beffardo, ma succedeva solo per un attimo, il tempo di uno sguardo languido e poi sfuggiva. Che Ermes fosse stato solo un sogno o, peggio, una leggenda?
Poi, d'improvviso, le apparve poco distante. Si stava dirigendo verso di lei con un bicchiere in mano. Lo guardò frastornata, come se lo stesse osservando per la prima volta, o stesse osservando qualcun altro.
Ermes era quello di sempre, ma era meno elegante e sicuro di sé. Meno accattivante. Più impedito. I modi di dire nella testa di Jackie si sprecarono, ma il concetto era sempre lo stesso. Era come se gli mancasse qualcosa.
Lui arrivò e le porse il bicchiere.
«Ermes, non resti?», gli domandò non appena capì la sua intenzione di andarsene di nuovo.
Il dio, che in quel momento sembrava solo un messaggero, le fece cenno di non muoversi fermandola con la mano aperta, in un gesto che la intimava ad aspettare. Si mise l'indice sulle labbra e sorrise, le fece un inchino e se ne andò.
Ogni tanto riusciva a scorgerlo tra la folla sempre più inebriata dai frutti di Dioniso, ma era questione di un attimo, un momento a cui Jackie si appigliava con tutte le sue forze.
Lo vide nei pressi dell'orchestra, o almeno così le sembrava, chinato su uno dei musicisti. Parlarono un po' e se ne andò, soddisfatto.
Dopo poco gli archi si prodigarono nel mettere in scena una stupenda versione della canzone di cui Mercer le aveva chiesto il titolo poco prima.
Eppure di lui non c'era traccia, se non in mezzo alla folla, ai bordi della pista o davanti al bar.
Infine sparì. Ricomparve dopo qualche minuto al suo fianco, scendendo dalla scalinata principale.
Era di nuovo lui, il dio forte e sicuro di sé di inizio serata, quello che aveva fatto perdere la testa ad Afrodite, e non solo.
*
Mercer scese le scale senza risultare sbrigativo, in modo da non destare occhiate interessate su di sé. Si apprestò a raggiungere la sua dea, che lo aspettava speranzosa là in fondo. Prima però fissò il fratello nella penombra, vicino all'uscita e, dopo essersi scambiati un cenno d'assenso, lo vide recarsi fuori dall'edificio, di modo che lui potesse tornare a concentrarsi sulla ragazza.
Doveva solo completare l'opera ed era pronto a farlo.
Ora tutti avrebbero dovuto guardarli, era il momento di attirare l'attenzione.
La ritrovò e d'impeto le fece fare una giravolta ampia e lenta, prendendola infine tra le proprie braccia. Le sorrise contento e malizioso, animato da una nuova forza.
Con la coda dell'occhio vide la gente intorno a loro fissarli incuriositi da tutto quel volteggiare.
Prese Jackie e accompagnò il suo busto all'indietro, in un perfetto casqué. Avendo attirato a dovere l'attenzione su di sé, fece ciò che doveva. Ma che soprattutto voleva.
Si avvicinò alla bocca di Afrodite, saggiandone il sapore con bramosia. Era l'ambrosia del loro piacere, quel contatto, meglio di ogni nettare di loro immortali.
Jacqueline gli cinse il collo con un braccio, accogliendo quel gesto con passione. Non le importava di dar spettacolo, voleva solo che il suo divino amante la soddisfacesse come aveva desiderato per tutta la sera.
E in quel momento mostrarono alle persone che quella di Ermes e Afrodite non era solo una leggenda, ma una piccola verità dimenticata dai più.
Entrambi si ricordarono come avevano concepito Eros. Il bacio era la sua forma più antica e platonica, l'unione di due anime legate insieme. Era la nascita di Amore.
Appena nato ma già fiorito da tempo, prima dell'avvento di Cristo, perché di quell'Amore si era già parlato e scritto, senza mai averne avuto reali prove.
*
Il giorno dopo, Mercer comprò il "New York Times" senza che il cuore gli esplodesse nel petto, nonostante l'ansia e la tensione accumulate.
Come previsto, il titolo riportava la notizia che si aspettava: "Rubato il famoso gioiello 'lacrime dei ghiacci' a casa Bushell. Il furto effettuato durante la lussuosa festa di ieri sera."
Fece scorrere tutto l'articolo. Furto su commissione... Opera di un ladro esperto... Le autorità brancolano nel buio.
Tutte le informazioni che gli interessavano erano nelle sue mani, pronte a fargli tirare un sospiro di sollievo.
Davanti al caffè in cui aveva l'appuntamento, si scontrò proprio con il diretto interessato: suo fratello. Matthew lo guardò interrogativo, cercando di capire l'esito della loro operazione. Per invogliare il gemello a parlare, indicò con il mento il giornale.
«Cosa dicono?»
La sua esatta copia gli sorrise soddisfatto: «Nessun sospetto e nessuna prova. Siamo salvi».
«E la collana?» Matt era abituato a lavorare col gemello – il proprio riflesso – e sapeva quanto era scrupoloso riguardo gli affari.
«È in viaggio verso il suo nuovo proprietario. È al sicuro. Ce l'abbiamo fatta».
Peccato non fosse vero. Perché in quella serata aveva messo in gioco molto più di se stesso. Non era stato Ermes, era stato Mercer travestito da dio greco, aveva mostrato quella parte di sé che pensava sempre di nascondere agli altri. Ma Jackie, con la sua Afrodite, aveva minato le basi di quel gioco pericoloso, trasformandolo in qualcosa di più profondo e lacerante.
La sregolatezza interiore di lei, mista alla sua fragilità, l'avevano portato ad avvicinarsi, a rimanerne colpito e folgorato. Non era stata solo Afrodite, aveva avuto la prontezza di usare le stesse armi di Mercer su Mercer stesso.
Un totale connubio tra la dea dell'amore e il dio dei ladri, in una perfetta esplicazione di se stesso.
Così era stato anche per lui, un po' ladro e un po' abile nell'usare il gioco amoroso.
E dopotutto cos'è una bugia? Solo la verità in maschera.
Il cuore, quella mattina, non poteva esplodergli nel petto perché lì non risiedeva più, aveva trovato una nuova proprietaria a cui rispondere.
Anche Jackie era una ladra, ma non l'avrebbe mai saputo.
Era stato uno scambio equo. Ladri d'amore entrambi.
Ladri di cuori.
* * * * *
Spero che questa breve storia vi sia piaciuta! Ha un bel po' di anni, ma mi piaceva condividere con voi il parallelismo tra verità e bugia, tra antico e moderno, tra chi si è e chi la gente pensa di vedere e conoscere.
Se avrete voglia di conoscere altre storie brevi, sarò lieta di presentarvene altre due o tre, con temi sempre particolari. Da settimana prossima potrete trovare sul mio profilo TOY STORY.
Di cosa sto parlando? Vi lascio alcune parole chiave: adolescenti. Anni novanta. Pisolone. Natale. Mi auguro di avervi incuriosito e di ritrovarvi!
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