9. PATATINE E CONFIDENZE
Juliette
Il fast food era vuoto, salvo per un gruppetto di ragazzini e una coppietta sul fondo del locale. Avevamo scelto un posto in fondo al locale, lontano sia dalle vetrine che dal bancone delle ordinazioni.
Presi una patatina, il cuore che mi batteva all'impazzata. In che razza di situazione ero finita? Mi sembrava di essere tornata bambina, una creaturina vulnerabile. Lanciai uno sguardo a Romeo che si era alzato per andare a prendere una bevanda, il corpo muscoloso che gonfiava il giubbotto nero. Ma che mi era venuto in mente? Non avrei dovuto seguirlo. Soppesai le possibilità. Avrei potuto alzarmi e sgusciare via prima che lui se ne accorgesse. E poi la sensazione del vento tra i capelli mi provocò un tremito capace di sciogliere ogni frammento della mia pelle. Mi sforzai di scacciare quel miscuglio di benessere e sollievo. Forse aveva ragione Cloe, forse avevo bisogno solo di trasgredire una notte.
Masticai la patatina e lasciai che il gusto si diffondesse nel palato, lo sguardo che vagava. Era confortante. Blake non ci permetteva di mangiare le patatine fritte, troppi grassi, così io e Cloe andavamo di nascosto nei fast-food e ne divoravamo a grandi quantità.
Cloe. Di sicuro era preoccupata per me. Avrei dovuto scriverle un messaggio. Anzi, non avrei proprio dovuto andarmene con Romeo.
-Ti piacciono le patatine?-
Alzai lo sguardo e vidi Romeo sedersi, i gomiti puntati sul tavolo, un bicchiere di plastica in mano. -A chi non piacciono?-
A Blake. A lui non piacevano.
-Mmh, non saprei- si sporse avanti e afferrò una patatina. -Personalmente le trovo la cura ideale per il malumore- se la rigirò tra le dita, gli anelli che riflettevano la luce del lampadario.
-Quello è il gelato-
Romeo assottigliò lo sguardo. Mezzelune azzurre che mi trafiggevano. Le sentivo penetrarmi nella carne come cocci di bottiglia e riducevano in poltiglia ogni parte di me. -Da cosa fuggi?-
Feci spallucce e presi un'altra patatina. Sperai che non vedesse quanto mi tremavano le mani.
-Non si chiede a uno sconosciuto di portarti via con sé, a meno che non si fugga-
Non era uno sconosciuto. Il solo pensarlo mi diede fastidio. Mi considerava una sconosciuta? Un'estranea? Non sapeva che ci conoscevamo da anni? Che le nostre vite si sfioravano come se fossimo stati i protagonisti di un qualche strano libro?
-A meno che tu non sia pazza-
-Potrebbe essere un colpo di fulmine, come nelle fiabe- mi strinsi nelle spalle. Possibile che il cuore battesse così forte? Non ne voleva sapere di rallentare. Mi concentrai sulla respirazione. Inspirai ed espirai. Cloe sosteneva che fosse un esercizio utile. Non ne ero così sicura. Lì davanti a Romeo, il mio sogno e il mio incubo, con quei suoi occhi penetrante addosso, la respirazione non serviva ad altro che a farmi venire i capogiri.
-Nah, le fiabe non esistono-
-Giovane e disilluso- lo punzecchiai. Non sapeva quanto lo comprendessi. Quanto anch'io avessi la sensazione di vivere in un mondo squallido. Come se un tempo mi fosse stato promesso qualcosa che non poteva essere mantenuto. Bugie.
-Lo prendo come un complimento- si portò la patatina alle labbra, ma non la morse. La lasciò sospesa. Una freccia che puntava alla sua bocca.
-Essere giovane o disilluso?- affondai una patatina nella maionese.
-Entrambi- un sorriso gli illuminò il volto e rese meno aguzzi i suoi lineamenti.
Mi concentrai sulla patatina. La trascinai sul bordo della ciotola e lasciai una scia nel kechup. Un sentiero creato per esseri invisibili e minuscoli.
-Che vuoi fare?- mi fissò. Sentii la pelle bruciare. Quello sguardo era il sole. Sentivo ogni cellula che si squagliava. Inspirai ed espirai. Mi costrinsi a concentrarmi sul respiro. Mi girava la testa.
-Cosa intendi?-
-Posso riportarti a casa-
A casa. Ripensai a quelle stanze buie. A mio fratello. A Blake. Lo stomaco mi si chiuse. La bile mi risalì fino in gola. Deglutii e giocherellai con la patatina, il cuore che accelerava la sua corsa. Mi era passata la fame.
-Che c'è? Non vuoi tornare a casa?- Romeo sollevò le sopracciglia. Avevo immaginato infinite volte quel momento. Noi due che parliamo come due ragazzi normali. Peccato che non c'era niente di normale nel nostro rapporto. Mi morsi l'interno della guancia. -Perché da quando non c'è più Ellen, beh, nemmeno io ho voglia di tornare a casa-
-Ti manca?-
-Molto- un'ombra gli coprì il volto. Sfiorò una cuffia con l'indice. -Ogni giorno è peggio-
-È così anche per Nathan- non appena lo dissi mi resi conto di aver sbagliato. Non dovevo parlare di mio fratello, non dovevo rischiare che Romeo credesse che ci fosse davvero una storia tra lui ed Ellen. Perché non era vero.
La gente è bugiarda.
-Tu conoscevi Ellen-
Quelle parole avevano il terribile sapore dell'accusa. -Avevamo delle lezioni in comune, ma Ellen era... - su un altro livello? Ricordai quella ragazza dai capelli biondissimi che faceva le ruote in palestra, che camminava circondata dalle sue amiche per i corridoi, che prendeva il caffè da Starbucks, quegli occhi che lanciavano giudizi. -Ellen era una cheerleader, stava con il suo gruppo-
-La descrivono come l'ape regina della scuola- Romeo strinse la cuffia con tanta forza che le nocche gli divennero bianche. Quanta rabbia nascondeva dietro a quello sguardo?
-E tu cosa ne pensi?-
-Ellen era solo Ellen, mia sorella, la mia sorellina- l'ultima parola si piegò, andò in mille pezzi e i frammenti volarono ovunque. Spostò la mano davanti agli occhi. -La gente vedeva altro in lei-
-Che cosa?- il cuore mi rimbalzava contro le costole.
-Un mostro-
Sentii caldo e freddo. Ellen era un mostro. Tutti sapevano che era meglio evitarla. Il profumo di caramello, il suo profumo, mi provocava la nausea. Mi faceva rimpiombare nelle aule, sotto lo sguardo di Ellen e del suo terribile gruppetto.
-Non era così- Romeo puntò i gomiti sul tavolo. Possibile che non sapesse com'era sua sorella? Oppure stava mentendo? Non dovevo dimenticare chi era. Un Montayne.
Lui non ti vorrà mai.
La voce di Ellen mi rimbombò nella testa. Lei era venuta a conoscenza del mio segreto. Sapeva che mi piaceva Romeo. Mi morsi con più forza l'interno della guancia fino a quando un sapore metallico non m'invase la bocca. Avevo la sensazione che da un momento all'altro il pavimento si sarebbe aperto e sarei finita giù, chissà dove.
-Ellen era una brava ragazza, non aveva segreti-
Questa sì che era una bugia. Ellen aveva molti segreti e forse era proprio uno di questi che l'aveva fatta scomparire.
-Ma basta parlare di Ellen- un sospiro. -Allora vuoi che ti porti a casa?- le parole restarono sospese nell'aria.
No che non voleva. -E se non lo voglio?- lo guardai negli occhi, nonostante fossero tanto brillanti da bruciarmi.
-Puoi venire con me-
Puoi venire con me. La voce mi riecheggiò in testa. Era un'offerta? Oppure una minaccia.
-Dove?-
-Devo andare in un posto, tu puoi aspettare fuori- il modo in cui mi guardava rendeva fuoco liquido ogni centimetro del mio corpo. Abbassai lo sguardo, le guance che mi bruciavano. Ero arrossita? Sperai di no, di non diventare una mappa vivente delle mie debolezze. Se Romeo avesse scoperto la verità...
-Vieni con me?- si sporse avanti, i capelli che gli ricadevano sugli occhi come un velo. Il suo respiro mi accarezzò la guancia, il suo profumo d'auto mi provocò un tremito. -Non mordo... o almeno cerco di non mordere-
Annuii, la gola troppo secca per rispondere. Non volevo tornare alla vecchia vita. Ero Alice che aveva attraversato lo specchio. Non potevo tornare indietro.
Mi alzai, le ginocchia che tremavano. Mi sembrava che ogni cosa fosse eccessiva. Sentivo il peso di quella situazione.
Romeo spinse indietro la sedia e si erse, in tutta la sua magnifica altezza. Attesi che facesse il giro e di trovarmelo accanto, il respiro che mi s'incastrava in gola.
Il suo braccio sfiorò il mio. Fuochi d'artificio esplosero sotto la pelle.
Un trillo. Mi era arrivato un messaggio. Presi il cellulare, sicura che fosse di Cloe, magari era rinsavita e aveva deciso che passare tutta la notte in un locale non era la cosa migliore da fare. A quel punto sarebbe stato un problema spiegare dove mi trovavo.
Un brivido mi congelò le ossa non appena vidi il mittente. Numero sconosciuto. Chi poteva essere? Abbassai la tendina, consapevole dello sguardo di Romeo che mi premeva addosso.
Stai attenta, alcune domande è meglio non porsele.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Che ne pensate di questo capitolo? Ho voluto aggiungere un pizzico di thriller!
A presto
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