12. LE LANTERNE
Juliette
Romeo si diresse al centro del tetto, le stelle che gli brillavano intorno come un'aurea. -C'è un'altra ragione per la quale ti ho portata qua-
Okay, forse avevo sbagliato a seguirlo. Non sapevo nulla di Romeo, a parte che era un Montayne, cosa che non deponeva a suo favore.
-Ci ho portato Ellen molte volte-
Un peso mi si sollevò dal petto accompagnato da una sensazione amara. Ellen, ogni cosa girava intorno a Ellen. Una fitta allo stomaco. Ellen era importante anche per Nathan. Tanto importante che forse aveva lasciato la famiglia per lei. No, Nathan non avrebbe mai tradito la famiglia per lei. Mai e poi mai.
-Facevamo una cosa quando eravamo qua- si diresse verso un muro basso, al centro del quale c'era una porticina. Si piegò, l'aprì, s'infilò dentro. -Era il nostro rito- tornò indietro, qualcosa tra le mani. -Un modo per stare insieme-
Una scatola, ecco cos'aveva. L'adagiò, con la tenerezza che avrebbe usato con una bambola di porcellana. Mi sorprese che potesse essere tanto tenero. Ellen. Era per Ellen quella dolcezza. Per chi non se la meritava. Ne estrasse alcune lanterne di carta.
-Lo facevamo con i nostri genitori, mia madre diceva che dovevamo affidare alle lanterne i desideri, li avrebbero portati fino alle stelle che li avrebbero esauditi- si abbandonò a un lungo sospiro, che lo fece sembrare piccolo, il bambino indifeso che doveva essere stato. -Il problema è che le stelle possono esaurdirli nei modi più impensabili- afferrò la prima lanterna, la carta gemette sotto il suo tocco. –Mi fa sentire leggero, quando ogni cosa sembra diventare troppo pesante-
Quando i demoni lo aggredivano? Che cosa nascondeva davvero? Chi era il ragazzo che da bambina avevo spiato, il cuore che impazziva nel petto? Lo guardai passarsi da una mano all'altra la lanterna.
-Ne hai mai lanciata una?- il suo sguardo era perso nelle pieghe di carta, come se ci vedesse qualcosa. Il suo destino. Quasi fossero foglie di tè. Magari intravedeva Ellen con quella sua aria da cheerleader. Dov'era finita?
-Mai- Blake non l'avrebbe permesso. Era qualcosa che uno come lui non poteva capire.
-Suppongo che la prima sia tua-
-Mia?- me la trovai tra le mani prima di poter replicare. –Ma non so come si faccia- l'adrenalina mi pulsava nelle vene. Improvvisamente ogni cosa era troppa. Puntini neri mi esplosero davanti.
-Non sai come si lancia una lanterna volante?- un sorriso. -È semplice, la cosa difficile è esprimere il desiderio-
Che Nathan torni a casa. -Credo di sapere cosa voglio-
-Bene, pensa con intensità e lasciala andare-
Strinsi la lampada, la carta che scricchiolava. Il cuore mi pulsava in gola.
Che torni a casa Nathan.
La lanciai. La lampada restò sospesa alcuni istanti, come indecisa se salire o meno. Alla fine andò verso l'alto. Una ballerina che volteggiava nel cielo nerissimo.
-È sempre meraviglioso, da piccoli ballavamo- Romeo mi venne più vicino.
-Io non so ballare- mormorai. Ero stata goffa fin da piccola. Non potei fare a meno di ricordare Ellen che si esibiva in balli inventati nel cortile della scuola, i capelli mossi dal vento. L'avevo ammirata. Aveva qualcosa di magico. Irreale.
-Perché nessuno te lo ha mai insegnato-
-Non ne sono mai stata portata- ero goffa. Non avevo la grazia di Ellen.
Romeo si voltò a guardarmi. Occhi tanto azzurri da sembrare bianchi. Uno spasmo di un mondo agonizzante. C'era una sorta di addio. L'aria si riempì del suo nome.
-July, mi concedi un ballo?-
-Un ballo?- sentii le guance bruciare. C'era qualcosa di non prevedibile in quella situazione.
Romeo non parlò. Mi venne incontro e mi strinse tra le braccia. Annaspai nell'abbraccio.
-Rilassati, per ballare bisogna rilassarsi- un sussurro nel mio orecchio.
Gli posai le mani sul petto e provai un senso di dolcezza, come fossero nel posto giusto. Era una sensazione strana. Confortante. La certezza, assurda e folle, di essere a casa.
Volteggiammo, una musica invisibile fatta dal fruscio dei nostri abiti e dal silenzio della notte. La luce delle stelle ci accarezzava.
Avevo la sensazione che la pelle mi andasse a fuoco. Abbassai lo sguardo, sicura di non poter reggere quei suoi occhi di ghiaccio che affondavano come schegge. Era...
Inciampai su qualcosa. Barcollai. C'era una nota sbagliata nel modo in cui Romeo allentò la stretta. Portai lo sguardo su di lui, il cuore che accelerava contro le costole. Le tenebre gli avvolgevano il volto, ma scorgevo la tensione dei lineamenti.
-Il foulard di Ellen, ce l'aveva quando è scomparsa- mi lasciò e si chinò a prendere quella specie di straccio blu scuro che se ne stava riverso a terra. -Deve essere stata qua di recente- non aggiunse altro, ma compresi. Era stata lì dopo la scomparsa. Ellen era viva.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Che ne pensate di questo capitolo?
A presto!
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