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Capitolo 13 "Ognuno festeggia a modo suo"

Il grande giorno era arrivato.

Quella sera l'aereo militare guidato da Marsiglia avrebbe dovuto atterrare sul tetto della Banca, per far evadere i rapinatori; questi fecero iniziare la giornata molto presto. Con l'oro ridotto in pezzi così piccoli, erano riusciti a farselo stare tutto in pochi sacchi, e in un paio di zaini. Non restava che organizzarsi bene con i tempi, così da far sembrare "l'uscita della squadra di sicurezza" credibile alla polizia.

Shangai con l'avvicinarsi della fine del piano, decise di agire: aveva da giorni una domanda in mente, una speranza più che altro, per cui doveva parlare subito con Azzurra, così appena portò la ragazza in bagno come d'abitudine, dopo avergli dato qualche bacio, la guardò negli occhi e, "Amore ascoltami... Ti va di scappare con noi? Potremmo stare sempre insieme, tu entreresti nella banda, e per di più saremmo ricchi sfondati... potremmo girare il mondo, andare dove vuoi... Che dici?" chiese tutto d'un fiato lui, con gli occhi colmi di speranza.

 Azzurra in cuor suo si aspettava quella domanda, ed aveva già pensato a lungo alla risposta, "Ascoltami... Io ti amo e lo sai, ma non voglio diventare una criminale, una ricercata senza aver fatto nulla... Mi capisci?" concluse a malincuore la ragazza, non voleva perderlo, ma il ragazzo la sorprese molto, dicendo "Tranquilla, capisco e rispetto la tua decisione, ma io ti prometto, anzi ti giuro sulla mia vita e quella di mia sorella, che dopo che le acque si saranno calmate, ti verrò a cercare e staremo sempre insieme... Se lo vorrai naturalmente", Shangai aveva gli occhi che brillavano e la voce colma d'orgoglio e di lealtà, "Certo che voglio" gli rispose d'istinto Azzurra, sorridendolo e baciandolo.

Shangai però aveva pensato anche ad un'altra cosa, ma non era sicuro se la ragazza volesse, così ad un certo punto si staccò da lei e, "Ascolta, visto che forse questo è l'ultimo contatto fisico che avremmo per molto tempo, mi chiedevo se tu volessi... insomma...", Azzurra lo zittì semplicemente con un, "Lo voglio, lo voglio da molto tempo" , questo bastò al ragazzo per continuare il suo lavoro, così sollevò la ragazza, e la fece sedere su uno dei lavandini lì presenti, mentre lei strinse le sue gambe intorno alla vita del suo uomo. Entrambi si spogliarono, (ad una velocità da record), e dopo essersi guardati un attimo negli occhi, fecero ciò che il loro cuore gli comandava. Erano sicuri, felici, realizzati.

Nel frattempo, Palermo stava camminando per un'ala della banca non usata: aveva fatto il terzo grado a Firenze, su ciò che era successo con Shangai; la ragazza spiegò semplicemente che gli era tornata in mente la loro rottura, e che per lei quello era il ricordo peggiore, insieme alla scomparsa del fratello. Per l'Argentino sapere di fare parte del suo ricordo più brutto, lo faceva stare male, lo faceva sentire in colpa; avrebbe dovuto fare, dire qualcosa, ma invece non fece nulla, nulla di nulla. Così la ragazza dopo un po' se ne era andata, lasciandolo solo.

Palermo ora si stava dannando, e sperava che una camminata gli schiarisse le idee. Mentre percorreva un corridoio però, sentì dei rumori provenire da una porta alla sua destra; avvicinandosi alla porta però capì che non erano rumori, ma voci. Una era sicuramente femminile (non di Firenze), così in un primo momento l'uomo pensò che fossero Denver e Stoccolma, o Nairobi e Bogotà. Ma quando riconobbe la voce di Shangai, capì tutto. Così bussò tre volte alla porta, e gli urlò "Degnatevi almeno di fare silenzio, pervertiti!"

Forse non fu l'idea più furba del mondo, visto che era più facile che qualcuno sentisse le sue urla, che i loro gemiti; ma a Palermo non era mai piaciuto sentire due persone, mentre si divertivano in quel tipo di attività. E poi il corridoio di quell'ala era deserta.

Tutta la situazione però fece venire in mente una brillante idea all'Argentino per farsi perdonare da Firenze. Così si mise a correre con l'intento di cercare la sua fidanzata, e dopo averla trovata, la portò nella biblioteca (e dopo aver chiuso bene tutte le porte), la condusse al secondo piano, tra gli ultimi due scaffali posti nell'angolo più lontano dalle scale, e "Mi voglio scusare per oggi e..." "Non c'è bisogno che ti scusi, non è successo nulla" lo interruppe la ragazza, facendo per andarsene, ma Palermo la fermò per un polso, "Fammi finire per una volta, ragazzina... Mi voglio scusare, e mi voglio far perdonare" non finì nemmeno di parlare, che l'Argentino si fiondò sulle labbra di Firenze, baciandole come non aveva mai fatto, quasi a volerle marchiare, a dimostrare che fossero solo sue.

La ragazza riuscì, quasi a fatica, a staccarsi un attimo per dire, "Mh, e come vuoi farti perdonare, sentiamo?" gli chiese sfidandolo; quello fu come gettare una tanica di benzina su un incendio, perché Palermo non ci vedette più. La sollevò con una mossa sola, e la fece stendere sotto di lui. Quella era la prima volta che facevano l'amore da quando si erano lasciati, e l'Argentino voleva recuperare tutto il tempo perso. Lo fecero addirittura più di una volta, erano instancabili, e quando alla fine decisero di smettere, stettero comunque sul pavimento in parquè, a coccolarsi, come se tutto il male che avevano passato negli ultimi mesi, non fosse mai accaduto.

Entrambe le coppie, si godevano quei momenti di pace, non sapendo però che il pericolo era proprio dietro l'angolo.

Verso l'inizio del pomeriggio, le coppie scesero dai loro "nidi d'amore", e raggiunsero il resto della banda nell'ufficio del Governatore. Era abbastanza comune che un rapinatore, prendesse in anticipo il pranzo, e che mangiasse per conto suo; ovviamente Azzurra venne riportata all'entrata con gli ostaggi, anche se non riusciva a smettere di sorridere. Quando la banda non vide i quattro interessati all'ora di pranzo, non si preoccupò, (anche se Nairobi e Bogotà avevano intuito dove fossero Palermo e Firenze). 

Tutto sembrava procedere bene, in modo tranquillo, quando dalla radio arrivò la chiamata del Professore per Palermo, il quale rispose, e dopo due minuti esclamò, "Il Professore vuole che iniziamo a preparare l'oro, così appena arriva Marsiglia ce ne andiamo... Muovetevi!" Firenze non potè fare a meno di notare che dopo aver fatto l'amore, il suo Palermo sembrava più tranquillo e rilassato... Per quanto potesse mai esserlo Palermo.

Ad un tratto però la quiete fu interrotta da un urlo, "Venite fuori, buffoni con la maschera!" Palermo e Firenze si precipitarono verso il luogo del suono, e nel tragitto si aggiunse a loro anche Shangai.

Arrivati a destinazione, che si scoprì essere l'entrata della Banca, Palermo prese un piccolo frammento di specchio, recuperato in uno dei bagni, e lo usò per guardare all'interno dell'entrata: Gandia, il capo della sicurezza del Governatore, stava lì in piedi, puntando due pistole, una contro uno dei complici dei rapinatori e l'altra sulle scale.

Loro tre erano in un corridoio, che sbucava sotto le scale principali, per cui Gandia non poteva vederli, "Firenze, vai ad avvisare il resto della squadra... Che continuino a preparare l'oro, io e Shangai penseremo a quel figlio di puttana" sussurrò con un filo di voce Palermo; la ragazza si prese un attimo per osservare il suo fidanzato. "Vi prego state attenti, non vi posso perdere, nessuno dei due" detto questo Firenze, baciò il suo amato, con la paura che le circondava il cuore, "Tranquilla ragazzina" gli sussurrò lui a fior di labbra, accennando un sorriso. Dopo questo la giovane se ne andò, lasciando i due da soli, "Era proprio necessario baciare mia sorella davanti a me?" chiese Shangai, "Ci dovrai far l'abitudine, moccioso" rispose Palermo, guardando verso le scale, oltre le quali c'era Gandia. "Che facciamo?" chiese il giovane.

 Palermo si girò verso di lui, indeciso su cosa fare.

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