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Sposami, Sigyn pt. 2

Capitolo 2 - Verranno a chiederti del nostro amore

"Devo baciarti, prima di andare via."

Glielo sussurrò tra i capelli, dietro il collo, e Sigyn vibrò al suo contatto. Non si sarebbe limitato a quello. Era una scusa per irretirla e farne, almeno per una notte, la sua amante, e la cosa peggiore era che anche lei lo voleva. Fu allora che capì. Aveva deciso di concedersi a Theoric per ripagarlo, in qualche modo, di un'attesa infinita, ma lei non lo amava né lo desiderava e anche per quello era stato un rapporto orrendo. Non aveva tremato al suo tocco, né era stata spinta da un'urgenza che nasceva direttamente dentro di lei a stringerglisi contro e carezzargli il mento appena ispido, i capelli neri e scarmigliati, le labbra beffarde tagliate da un segno bianco – il ricordo di un'antica battaglia, forse.

Mi basta un bacio, promette Loki. Solo che il dio degli inganni è un bugiardo nato e quando riuscirà ad assaggiarle la bocca non vorrà più lasciarla. Questo Sigyn teme e, allo stesso tempo, spera. Perché il desiderio, ora comincia a rendersene conto, è quella febbre strana che la fa sentire impaziente e leggera. La voglia di concedersi e la paura di soffrire ancora. Tutte cose che Loki capta, legge, intuisce. Se il profumo dolce della ragazza non lo inebriasse, se non fosse stupito della dolce morbidezza della sua pelle, si accorgerebbe che la tensione che la rende rigida come un fuso è dovuta al ricordo di una notte infelice e non a un pudico e verginale timore. Ma a Loki non interessa quello che è stato, l'alba è vicina: importa il presente troppo breve e il tempo con cui, all'improvviso, è tornato a fare i conti. L'unica cosa rilevante è Sigyn che si inarca tra le sue braccia, che non si oppone mentre la tira su per i fianchi e la solleva per poi adagiarla sul letto. L'inganno sta nel fatto che le labbra dell'Ase hanno indugiato sul collo della ragazza e sulle sue guance. Hanno sfiorato la fronte e il naso e assaggiato il mento fino a strapparle un sospiro, ma non si sono fermate sulla bocca. Solo che Sigyn non pare aversene a male per questa beffa crudele. Se ci fosse la grata della prigione, a gettare ombre tra di loro, lo rimprovererebbe senz'altro ma ora, tra le sue braccia, sotto di lui, non ne ha il coraggio né la voglia.

La mano dell'ingannatore scivola sulla gamba piegata della ragazza. Parte dalla caviglia nuda, scopre il ginocchio coperto dalla gonna, si insinua sulla coscia e arriva fino al fianco. Non credeva che avrebbe potuto toccare di nuovo gambe di donna, e le sue dita gustano ogni centimetro di pelle calda e tremante, snella eppure morbida. Aveva detto che non sarebbe finito a letto con lei, ma è incostante e volubile e Sigyn è bella e gli cinge con le braccia il collo. E non è più la ragazza che scendeva nei sotterranei e si lasciava corteggiare, è una donna e ha avuto prima di lui un altro: un dettaglio irrilevante che non avrebbe dovuto importagli e invece fa male. Perché? Non era forse un atteggiamento normale? Al suo posto qualsiasi ragazza non avrebbe fatto lo stesso? Certo, solo che.

Solo che accorgersene così, ora che era su di lei, aveva un retrogusto amaro. Mentre marciva nelle prigioni Sigyn aveva vissuto, amato, sperato, fatto progetti che ora Loki faceva del tutto per rendere vani, macchiare. Ma se quello della ragazza fosse un bisogno passeggero? Se, consapevole che quella sarebbe stata la loro prima e unica notte, avesse scelto di uscire fuori dal tracciato per il gusto di provare cosa volesse dire andare a letto con lui? Una parentesi breve che non avrebbe potuto più aprirsi con cui, in fin dei conti, Sigyn avrebbe dovuto convivere, non certo Loki.

Solo che l'Ase credeva di conoscerla ed era abbastanza convinto che non era con quel pragmatismo che lei ragionava, tutt'altro, ed è anche per questo che accorgersi che accoglieva con troppa naturalezza le sue carezze era doloroso come immaginarla con un altro. Solo che c'era qualcosa di bello e straziante anche in quella consapevolezza per quanto fastidiosa e ingiusta fosse, perché Sigyn ora aveva scelto lui: nonostante tutto era tra le sue braccia e avrebbe potuto scappare, gridare, maledirlo anziché guardarlo con occhi dolci e umidi e sospirare in attesa. Colpa di quello stupido gioco. Di una frase detta per vederla arrossire, gettata lì e pronunciata unicamente perché non avrebbe trovato aderenza nella realtà, ma che aveva alimentato in entrambi il desiderio fino a condurli su quelle coperte già spiegazzate. Solo che Loki, steso su di lei sul letto, inebriato dalla dolce morbidezza della pelle di Sigyn, nemmeno in quel frangente riuscì a chiedersi quanto sarebbe costato a lui appagare la sua voglia.

Non aveva dimenticato cosa volesse dire avere una donna tra le braccia, ma ogni volta che le sue mani liberavano dai vestiti un lembo di pelle scoperto e tremante, si stupiva riscoprendo quanto piacevole fosse, lasciar scorrere le dita sul corpo snello e vibrante di Sigyn. Gli cercava le labbra, lei. Voleva baciarlo, avrebbe bramato forse accoglierlo già dentro di sé se solo qualcosa non l'avesse bloccata. Il dio degli inganni lo sentì. Percepì, da come lei inarcava la schiena e allacciava le gambe contro i suoi fianchi, come il desiderio, quest'ombra che forse le era ancora sconosciuta, la confondesse spingendola a stringerglisi contro e, allo stesso, tempo, ritrarsi quando l'ingannatore provò a insinuare una mano tra le sue gambe. Se fosse riuscito nel suo intento, si sarebbe compiaciuto sentendo quanto fosse già pronta a ospitarlo. Solo che Sigyn temeva quel tocco. Non poteva controllare ciò che il suo corpo suggeriva e voleva a gran voce. Aveva bisogno che Loki la baciasse, la toccasse, la stringesse, ma si maledisse per il terrore che l'avvolse quando le dita si avvicinarono alla parte più nascosta di sé che aveva offerto per errore a Theoric. Ma il suo promesso non si era crogiolato in baci e carezze, non quanto stava facendo il principe di Asgard tutta, almeno. Quando era stato al posto di Loki, l'uomo le aveva dedicato molte meno attenzioni, privandola della soddisfazione di sentirsi desiderata. Non era pronta quando lui aveva deciso che era giunto il momento di entrare in lei e Sigyn aveva provato dolore, le lacrime le avevano annebbiato la vista. Per questo si contrasse e fuggì quel tocco scansando la mano dell'ingannatore prima che lui potesse accorgersi e sentire che sì, anche lei lo voleva, e tanto.

Fu allora, un filo indispettito per non aver potuto sfiorare la carne morbida, calda e umida solo percepita che si vendicò baciandola sulle labbra come aveva desiderato fare mille volte oltre le grate. Solo lui sapeva quanto gli fosse mancato ogni contatto, chiuso com'era stato in una squallida cella fino a perdere il conto dei giorni, dei mesi, degli anni, forse. Quanto anche solo l'odore di lei fosse dolce e irrinunciabile. Sigyn stavolta non si oppose. Non riuscì, non poté, anche se il pensiero che lui presto sarebbe tornato all'attacco era spaventoso e dolce allo stesso tempo. Una parte di lei, quella più nascosta, le suggerì a gran voce di pentirsi per la fretta con cui aveva fuggito il tocco del dio degli inganni. Loki non era Theoric e il suo corpo rispondeva in modo diverso a ogni suo bacio, carezza, attenzione. Fu tentata di prendere la mano dell'Ase per farla scivolare di nuovo tra le sue gambe, lo desiderò con forza, ma non ebbe il coraggio di farlo anche se il solo pensiero l'aveva resa più vulnerabile, umida, disperata. Lo liberò invece dai lacci fastidiosi della corazza intrecciata, posando le dita sul torace asciutto e tonico, dove i muscoli spiccavano sotto la pelle. Non aveva dimenticato di allenarsi un solo giorno in cella, Loki Lingua d'Argento, sottoponendosi a trazioni e piegamenti ed esercitandosi finanche con un bastone che usava come fosse una lancia. Sigyn si concesse di indugiare sui dorsali scolpiti, sui bicipiti contratti, sugli addominali tesi, carezzando lievemente le cicatrici ormai bianche che segnavano quel corpo altrimenti perfetto, abbandonandosi ancora di più a Loki che continuava ad assaggiarle le labbra e non voleva smettere – aveva detto un bacio, ma era un bugiardo e lo sapevano entrambi.


Non era un'allucinazione né un sogno confuso e troppo breve. L'Ingannatore era lì, con lei. La stringeva, la baciava, la toccava. La sua bocca beffarda esitava e indugiava assaggiando e sfiorando. Venisse pure Odino in persona con tutte le sue Armate. Non mi importa se sono tra le tue braccia. Le dita di Sigyn carezzavano i capelli scuri e umidi dell'Ase, il suo corpo snello si inarcava disperato contro quello nervoso e asciutto di Loki. Anche lui le slacciò il corsetto. Lo fece dopo che lei lo supplicò di farlo, quando aveva creduto di impazzire se lui non avesse sciolto il fiocco che le stringeva il seno. Ma il dio degli inganni era astuto e crudele e adorava sentire implorare le sue vittime e non l'accontentò finché le unghie di Sigyn non gli graffiarono le spalle. Solo allora sfilò il nastro, liberò i seni piccoli ma ben fatti. Entrambi si resero conto di aver superato un limite: si desideravano e avrebbero fatto l'amore nonostante Odino, Theoric, l'esercito di Asgard, la paura di Sigyn e i propositi più neri di Loki.

L'Ase le sussurrò che era bella, bellissima. Più di quanto avesse immaginato. Con una mano le ghermì le ciocche che erano dietro la nuca, intrecciando le dita di mago nei capelli biondi, con le labbra assaggiò la pelle candida che ora si presentava ai suoi occhi. Il respiro strozzato e rotto di Sigyn lo condusse dove comunque sarebbe andato – l'areola scura dei capezzoli dritti sensibili, e così si divertì a tormentarla. Vendetta dolce con cui volle punire le volte in cui lei era andata via dalla prigione troppo presto, lasciandogli solamente una scia di vaniglia distante e il fruscio di una gonna leggera e Loki era rimasto ad osservare lo spazio prima occupato da lei, immaginandola e desiderandola con la stessa intensità con cui aveva cercato ogni cosa che nella vita gli era sfuggita. Solo che ora Sigyn era lì e lo stringeva. Baciò di nuovo le labbra schiuse, le ciglia nere che coprivano gli occhi annebbiati, il collo candido da cui uscivano dolci singulti interrotti: non poteva più aspettare.

Sigyn glielo lesse negli occhi prima che si sollevasse per slacciare la cintura. Aveva sentito anche mentre la stringeva quanto la desiderasse, ma ora che finalmente era giunto il momento, fu presa un'altra volta dallo smarrimento, dalla paura. Bruciava dalla voglia di averlo. Mai nella vita aveva voluto tanto intensamente qualcosa come quella notte. Mai il suo corpo aveva risposto con tale passione ed emozione al contatto con un altro. Bugia. Quando Loki, rinchiuso nella sua cella, indugiava appena per carezzarle le dita, avvampava e bruciava e identico era l'abisso che sentiva nel punto più profondo del suo ventre. Sì, già da allora lo voleva anche se con meno decisione di adesso. Lucida no, non lo era da quando le labbra beffarde di Loki l'avevano condannata al tumulto di emozioni che la facevano vibrare ancora e prova ne era il pizzo sottile che lasciò le sfilasse dalle gambe. Ora era priva di difese di fronte al dio degli inganni. La fibbia della cintura dell'Ase si slacciò con un rumore secco. Si adagiò su di lei e, in quel gesto fluido, Sigyn riconobbe e rivisse ciò che aveva passato con Theoric e si irrigidì suo malgrado, dimostrando come fosse possibile volere disperatamente qualcosa e, allo stesso tempo, esserne terrorizzate. Così, mentre l'Ingannatore stava per entrare in lei, lo fermò supplicandolo di non proseguire.

Fu straziante pronunciare quelle parole, forse più che non lasciarsi andare, ma non poteva rischiare di sentire di nuovo quello stesso dolore e la sensazione orrenda di essere invasa, usata. Anche se con Loki era stata diversa ogni cosa e persino un suo sguardo l'aveva fatta tremare più che tutti i baci e le attenzioni di Theoric. Ma l'altro, che pure era amato e rispettato da tutti e veniva considerato un uomo davvero perbene, su un letto come quello aveva spinto per entrare e non si era fermato. Ti piacerà, aveva detto, ma così non era stato.


Cosa le avrebbe fatto il dio degli inganni, il traditore di Asgard adesso? L'aveva sollevata da terra con una facilità disarmante, come se non pesasse niente, e le sue braccia erano un insieme di nervi e fasci muscolari duri come l'acciaio. Era più forte di Theoric che le aveva fatto del male, e senz'altro più crudele e spietato. Eppure non andò oltre. Sospirando si fermò, fissandola con aria attenta, torva. Cercando di capire cosa fosse andato storto, le braccia puntate sul cuscino. Un attimo di esitazione, una smorfia perfida sulle labbra che fino a pochi istanti prima l'avevano baciata con tutta la foga del mondo.

"Un momento dolorosamente inopportuno per tirarsi indietro, ma sapevo che non gli avresti fatto questo." Lo disse in fretta, mascherando con molte parole la frustrazione bruciante per il rifiuto appena incassato e, nello stesso tempo, con una sorta di ammirazione per lei. Ma aveva travisato e Sigyn scosse la testa, lo cinse con le braccia mentre lui già faceva per allontanarsi.


"Non per quello. Non posso amarlo, non riesco, non voglio" esplose, e scosse la testa, singhiozzò sul suo petto dimenticando di coprirsi, dimenticando che Loki la voleva ancora e non poteva non abbracciarla, stringerla e consolarla senza allo stesso tempo volerla. La baciò di nuovo con esasperazione.

"E allora perché?" domandò. La sua voce era roca, bassa, irritata e Sigyn avvertì la necessità di fargli capire che lo aveva desiderato e lo desiderava ancora perché era Loki che aveva sempre amato, fin da quando lui era libero dalla condanna di Odino e la ignorava. Gli sfiorò le labbra, la cicatrice, il viso affilato e bello.

"Per paura," spiegò. Non volle dire oltre. Forse l'Ase comprese perché increspò le labbra in una smorfia amara, ma prima che potesse aggiungere qualsiasi cosa, Sigyn intrecciò le dita con le sue e gli chiese di continuare a stare con lei e di non andarsene, e lo invitò a carezzarla tra le gambe conducendolo lì dove la carne era umida e pulsante. Se non l'avesse fatto, sarebbe stato come subire di nuovo la presenza di Theoric. No, l'uomo non si sarebbe mai più insinuato in maniera ancora più subdola dentro di lei.

Loki, guardingo, esitò sfiorandola appena, rabbrividendo nel sentirla così pronta e di nuovo cedevole e calda, ma cercò lo stesso con gli occhi un cenno di assenso. Fu quando lo ottenne che mise a punto la sua vendetta. Glielo disse sulle labbra che non l'avrebbe perdonata. Che si sarebbe vendicando non ricominciando da dove si erano interrotti.

"Mi hai fermato mia bella Sigyn, non una ma due volte."

La ragazza non riuscì a rispondere. Protestò con un sospiro quando Loki smise di baciarla sulle labbra, sobbalzò quando riprese a tormentarle i seni, si inarcò mentre le sfiorava la pancia, ma gli artigliò i capelli e gridò offesa quando l'ingannatore affondò la testa tra le sue gambe. "Che fai?" tremò, ma la risposta sopraggiunse improvvisa, violenta come una scarica elettrica e, soprattutto, piacevole. Era qualcosa che scollegava completamente il pensiero, che annullava il tempo e lo spazio, scuoteva ogni singolo nervo e le rendeva impossibile non concentrare ogni briciolo della sua attenzione sulle carezze impertinenti di Loki.
Sì, sentire Sigyn che lo supplicava di non fermarsi, che gli artigliava i capelli fin quasi a fargli male era gradevole e divertente. Si sentiva desiderato e al centro dell'attenzione anche se era lei che provava piacere ed era interessante, invitante, bello sentirla così viva, sapere che quella voglia nasceva per lui, da lui, e che con lui avrebbe ritrovato la calma, più tardi, forse troppo a ridosso dell'alba. Il sole sarebbe sorto, ma adesso avevano ancora tempo per giocare. Loki insistette finché i sospiri di Sigyn aumentarono il loro ritmo all'improvviso e le unghie non strinsero convulsamente il lenzuolo. Era quello, fare l'amore? Tremare, desiderarsi ed essere sul punto esplodere in quel modo? Perdere ogni cognizione dello spazio e del tempo e abbandonarsi a singulti strozzati? Il dio degli inganni aveva usato una delle sue armi più note, la lingua affilata, per scuoterla e farle dimenticare per un momento persino il suo nome. Gli disse che lo voleva. Che non poteva resistere, che stavolta...

Gemette con forza quando con un gesto fluido Loki finalmente entrò di lei. Era pronta ad accoglierlo e anche lui si lasciò sfuggire un sospiro soddisfatto. L'invasione stavolta le parve più intensa ma dolce, perché l'Ingannatore si trattenne modulando i suoi affondi dentro di lei. C'era tuttavia qualcosa di rapace nel modo in cui faceva l'amore con lei, perché cercava il soddisfacimento di un bisogno e lasciava intravedere un'esasperazione a malapena contenuta dai suoi muscoli tesi e nervosi. Sigyn forse avrebbe dovuto essere più pragmatica e pensare che Loki Laufeyson stesse consumando con lei del sesso e basta: atto di cui aveva bisogno, che gli era mancato e che aveva praticato con decine di donne, ma sarebbe stata un'ammissione dolorosa, struggente persino, perché l'Ase era l'amore della sua vita e lo sarebbe rimasto per sempre. Soprattutto lo era quella notte mentre spingeva, baciava, abbracciava lei. Le afferrò un polso per tenerla ferma mentre tornava a posare le labbra infide sul suo seno e Sigyn avvertì la fermezza di quella presa prepotente che però non le fece alcun male perché lei assecondava ogni movimento, colpo, affondo dell'ingannatore, e se si ritrasse divincolandosi appena, fu solo perché sarebbe impazzita se Loki avesse continuato a baciarle in quel modo il seno.

Ma il dio degli inganni non gradì quella presa di posizione, perché le imprigionò anche il polso ancora libero. Sigyn scoprì che adorava essere tenuta ferma in quel modo così come si appagava dell'altra mano dell'Ase che le sollevava una gamba e, mentre lo faceva, le ghermiva e carezzava la pelle. Chiuse le palpebre, gettò il capo all'indietro. "Voglio toccarti, voglio abbracciarti," disse, ma la voce uscì rotta dalla sua gola, sconvolta com'era dall'atto di essere una cosa sola con Loki Laufeyson, inebriata dalla dolce sofferenza che la presenza dell'Ase dentro di sé e i movimenti decisi del suo corpo che spingeva nel suo le provocavano. Aprì gli occhi sentendo la foga dell'ingannatore aumentare e si ritrovò a gridare e tremare, forse. La presa dell'Ase si sciolse e lei poté finalmente abbracciare le spalle imperlate di sudore, la fronte madida.

Loki si era lasciato andare su di lei riprendendo fiato mentre i muscoli contratti nello sforzo si rilassavano lentamente. Fu quello il momento in cui Sigyn lo sentì più vicino a sé. Quando era abbandonato contro il suo corpo e non aveva ancora le energie per scappare. Lo baciò su una spalla, sul collo, sulla guancia. Non riuscì a dirgli che lo amava ma pensò che così era, da sempre. Da quando rideva ai banchetti dove non la notava affatto, dal tempo in cui, oltre le grate, si sporgeva appena per poterla guardare meglio e le dava le sue risposte inflessibili, esatte, pungenti, vere in una maniera cruda e spietata. Forse all'inizio era rimasta colpita dal suo atteggiamento arrogante e altero e dall'aria perennemente cupa che lo circondava. Con una certa leggerezza aveva calpestato i gradini che l'avevano condotta davanti alla sua cella vergognosamente ampia, ma era stato lì, oltre il ferro che li separava, che si era innamorata della sua natura beffarda e fiera, della voce sempre velata da un tono canzonatorio e dallo sguardo inquieto, mobile, aguzzo. Un movimento sul cuscino e l'Ase fu di nuovo vigile e attento. Si liberò dalla stretta dolce di Sigyn, scostò le ciocche arruffate e bionde.

"Devo andare," spiegò con voce arrochita.

La ragazza si rese conto improvvisamente di quello che era successo con la lucidità che aveva perso nell'ultima ora. Aveva fatto l'amore con il dio degli inganni e le era piaciuto in una maniera disperata, scandalosa, assoluta. Insieme avevano goduto l'uno dell'altra. Tra le braccia forti dell'Ase Sigyn aveva scoperto una nuova se stessa ma ora lui, dopo averla resa viva, la gelava con quella frase pungente e pratica e reale. All'alba Loki sarebbe stato già lontano. Il giorno appresso, nel calendario mentale di Sigyn, avrebbe rappresentato il primo giorno della sua vita senza di lui dove l'immaginazione e il dubbio non avrebbero più lenito il suo cuore perché non avrebbe mai potuto dimenticare cosa era successo tra loro, quella notte. Sentì di precipitare nel vuoto, cercò con lo sguardo il vestito di organza appeso davanti all'armadio. Le sembrò triste, nonostante la gonna ampia e il corsetto finemente ricamato. Il calore generato dal corpo nervoso e asciutto dell'Ase scomparve all'improvviso lasciandola scoperta, fredda, sola.

Loki si sistemò i vestiti senza guardarla – non poteva, non riusciva, perché non era bravo a rinunciare a ciò che gli piaceva possedere e Sigyn era stata esattamente questo. Qualcosa che aveva assaporato e il cui dolce sapore gli sarebbe rimasto sulle labbra a lungo. All'alba se ne sarebbe dovuto andare. Sigyn si aggiustò il corsetto slacciato più per proteggersi dal freddo che per vergogna del suo corpo e si avvicinò alle spalle larghe dell'uomo, alla sua figura altera e asciutta, perché era ancora piena notte e il sole sarebbe sorto solo tra molte ore. Glielo disse.
Loki si accigliò. "Perché insisti?"

Le mani di Sigyn gli cinsero la vita, il suo corpo si strinse contro il suo. Senza guardarsi negli occhi era più facile parlare e dirsi le cose sgradevoli. "Domani ci sarà una festa, sono invitata. Non so se riuscirò a sfuggirgli," spiegò. "Voglio ricordare te."

La ragazza non poté sentire la mascella dell'Ase che si serrava. Non vide neanche l'ombra scura che gli attraversò lo sguardo mentre si rigirava in bocca quella parola. Sfuggirgli. Che sa di caccia e di una preda spaventata che lui non potrà difendere né avrebbe alcun diritto di farlo. Anche se fino a una manciata di minuti prima lei si era inarcata sconvolta contro di lui e gli aveva piantato le unghie nella schiena. Sfuggirgli, aveva detto, ma la ragazza aveva acconsentito a fidanzarsi con Theoric, aveva accettato la sua proposta. Solo che poi qualcosa si era incrinato e, nonostante ciò, lei non aveva annullato le nozze. Si era rassegnata, pareva, a dover accettare il futuro marito e le sue attenzioni. Non si accorse di averle bloccato le mani sottili, di averle ghermito le dita delicate.

"Sigyn," mormorò. Pronunciare il suo nome ebbe quasi l'effetto di un balsamo lenitivo sulla sue corde vocali arrochite dall'ora tarda. La musicalità di quelle due sillabe unite assieme sembrava nascondere un potere antico, come quello delle rune.

Sarebbe diventato il nome del rimpianto che lo avrebbe inseguito quando meno se lo aspettava tra porti e terre sconosciute e straniere. Il ricordo dolceamaro che avrebbe finito per sfumare dalla sua mente – un giorno l'avrebbe dimenticata e anche questo sarebbe stato triste, a suo modo. Lei l'indomani, stringendosi nel mantello, sarebbe andata dalle vecchie del porto per scongiurare l'eventualità di una gravidanza indesiderata o avrebbe finto con suo marito di avere un lontano parente con gli occhi curiosamente verdi come quelli di lui, e Loki non lo avrebbe saputo mai. Non pensò nemmeno per un istante di rinunciare alla fuga, così come scartò immediatamente l'idea di portarla via con sé. Sarebbe stato sciocco. Sigyn non era adatta a fare l'esule al suo seguito e chi l'avrebbe accolto non sarebbe stato disposto ad accettare una bocca inutile in più da sfamare per fare un favore al dio degli inganni fuggitivo e caduto in disgrazia. Semplicemente, accettò che avrebbe passato troppe notti a rimpiangerla e, quando sarebbe riuscito a smettere di farlo, avrebbe provato nostalgia al pensiero di averla dimenticata.

L'avrebbe lasciata andare, sì. Dopo. Più tardi. Per fuggire c'è ancora tempo. Ora l'urgenza era scoprire l'uno la pelle dell'altra. Conoscersi, spogliarsi finalmente, perché prima si erano avuti con tutti i vestiti addosso. Le dita sottili di Sigyn contarono leggere le cicatrici biancastre che decoravano il corpo asciutto del dio degli inganni. La ragazza gli si sedette sopra e liberò la lunga e folta chioma color dell'oro, prima di lasciare che la bianca sottoveste le cadesse via dai fianchi. Gesto, quest'ultimo, che non piacque all'Ase. Come si era azzardata a privarlo del piacere di levarle di dosso quel pezzo di impalpabile stoffa? La attirò a sé e baciò e tormentò di nuovo quei seni turgidi, perfetti, che tra poco meno di un giorno avrebbero potuto essere stati baciati e sfiorati e goduti da un altro. Da uno che lei non avrebbe dovuto mai sposare, che le aveva fatto del male. La fierezza mai sopita lo spinse ad averla improvvisamente lì, in quel momento, di nuovo. Ancora Sigyn gli gemette contro. Nascose il viso nella sua spalla, chiuse le palpebre. Non si aspettava che le loro carezze azzardate si sarebbero trasformate così in fretta in una nuova unione. Di nuovo il dolore per l'invasione decisa dell'Ase si mescolò inequivocabilmente al piacere di averlo dentro di sé, solo che questa volta fare l'amore si rivelò per entrambi più straziante e disperato. La passione, il desiderio che li consumava, lasciava spazio anche ad altro.

Cedere una volta all'attrazione, consumare un rapporto dopo mesi di tensione quasi tangibile era plausibile. Chiunque l'avrebbe compreso. Ma lasciarsi divorare così dagli impulsi era reiterare un errore pericoloso. Sigyn si mordeva le labbra, ansimava e lo sapeva. Poteva spiegare di essere innamorata di Loki Laufeyson da tempo immemore. Raccontare che lo aveva sempre desiderato e quella sera se l'era ritrovato lì, nella sua stanza, in barba a ogni previsione possibile.

Specificare che lui era come un'ombra e che dopo quella sera non si sarebbero visti mai più, né in vita né in morte, perché se c'era una cosa di cui si poteva essere assolutamente certi era che il dio degli inganni non avrebbe voluto varcare le soglie del Valhalla per ritrovarsi a bere idromele con quelli che lo avevano ricusato. Essere una cosa sola, unirsi per una manciata di minuti e godere uno dell'altra era la consolazione dovuta a un amore altrimenti impossibile. Per questo Sigyn avrebbe dovuto lasciarlo andare e non carezzargli i capelli scuri né baciargli le labbra bugiarde. La sua vita sarebbe stata altrove, con Theoric, perché aveva scelto e si era sbagliata, ma non poteva tornare indietro. Aveva dato la sua parola. Con il suo promesso, certo, era stata sincera. Si era sentita in dovere di raccontare con un filo di nostalgica leggerezza della sua infatuazione infantile per il principe cadetto degli Aesir. Un amore mai corrisposto, aveva tenuto a precisare. Una fantasia irrealizzabile che nemmeno adesso, mentre si inarcava e muoveva il bacino contro il corpo nervoso dell'Ase si sarebbe compiuta completamente. Cosa le avrebbe detto Theoric quando avesse scoperto il tradimento che, lo sentiva, non sarebbe riuscita per sempre a celare?

Che si era fatta scopare dal dio degli inganni che non aveva niente di meglio sottomano. Un uomo provato da una prigionia sfinente e tanto lunga da perdere la cognizione della sua durata; un Ase ancora giovane e fiero che aveva convogliato su di lei ogni impulso erotico per non doversi trovare costretto a guardare un compagno di cella. Quindi non amore, ma sesso puro e semplice. E a lei, questo, non sarebbe bastato. Di più: non riusciva a crederci né a convincersene. Cosa poteva fare più male dell'avere il dio degli inganni per poi perderlo? Sapere di non essere stata importante. Eppure, se anche lui le avesse detto chiaro e tondo in quell'esatto momento, mentre le baciava il labbro inferiore e poi il mento e il collo, che non l'amava ma voleva solo appagare un desiderio feroce, lei avrebbe continuato a inarcarsi e a sospirare per ogni movimento dei loro corpi ansiosi e non avrebbe voluto fermarsi. In fondo, crogiolarsi nell'illusione che fosse amore era un errore fatale non privo di una squisita dolcezza. Solo che di questo appunto si trattava: un tragico errore cui non poteva e non avrebbe dovuto abbandonarsi.


Se Loki avesse intuito parte dei suoi pensieri, se si fosse impegnato nel voler cogliere il significato dell'abbraccio convulso della ragazza, l'avrebbe messa in guardia: quella notte era una parentesi fuori dal tempo. Non c'era un noi, non poteva esserci. Quindi Sigyn avrebbe fatto meglio a pensare di aver voluto semplicemente togliersi lo sfizio di andare a letto con un principe degli Aesir. Catalogare quella notte e le loro unioni appassionate come un interessante diversivo a una vita altrimenti lineare e già decisa, di cui l'abito tristemente appeso era il simbolo più tragico e, allo stesso tempo, evidente.

Ma Loki non poteva dispensare questi utili consigli, perché prima avrebbe dovuto convincersene e non ci riusciva mentre la bella Sigyn faceva l'amore con lui in quel modo e gli si mostrava in tutta la sua grazia. Mille volte erano stati amanti nelle sue necessarie fantasie, ma la realtà aveva superato l'immaginazione. Le cercò le labbra per poterla guardare nuovamente in viso, le accarezzò le guance rosse. "Voglio guardarti. Lasciati guardare." Forse Sigyn era e sarebbe rimasta un'ideale, la versione distorta dalle sbarre di una ragazza normale, non bella più di altre né migliore. Fedele nell'amore quasi commovente che aveva sempre nutrito per lui e di cui l'Ase si era accorto solo perché era l'unica luce che filtrasse tra le grate della sua cella. Non aveva importanza. Le strinse i fianchi, lasciò che prendesse il comando della situazione e si sdraiò sulle coperte gualcite che ancora odoravano di loro, la guidò e la assecondò trattenendosi ancora. Domani non esiste, l'alba è lontana. Sigyn. Mia Sigyn. Loki di Asgard aveva gridato il suo nome e non resistette e cedette, trascinando di nuovo la ragazza nell'oblio scollegato e bellissimo che li lasciò ancora una volta sudati e avvinghiati, affranti e uniti. Qualsiasi cosa fosse era sesso e non solo, ma se fosse stato amore sarebbe stato terribile, perché l'alba non era poi così lontana. Sigyn, col respiro mozzato, si trovò a singhiozzare all'improvviso. Non di dolore, ma per lo sconvolgimento appena vissuto, per la dolcezza dell'abbraccio in cui erano ancora stretti, per il battito cardiaco accelerato di entrambi. Per la consapevolezza che quel momento non sarebbe durato per sempre e che niente è eterno, nemmeno Asgard e gli Aesir, e anche Loki morirà e così lei e non saranno insieme quando avverrà. Pianse davvero allora, e l'ingannatore scosse il capo e provò a consolarla carezzandole i capelli con delicatezza e raccontandole storie degli Aesir che non erano più. A calmarla non fu tanto il racconto, ma il gesto lento compiuto dall'Ase e il suono rotondo delle sua voce capace di incantare. Si addormentò sul suo petto, stretta a lui, e il dio degli inganni sentì che il tempo gli difettava. Chiuse gli occhi e sospirò e fu così che lo trovò Thor.


L'alba era ancora lontana, ma qualcosa di grave era successo ad Asgard, tanto che il dio del tuono era sceso di persona nelle prigioni per cercare il fratello recluso. E non lo aveva trovato. Non disse nulla quando entrò nella stanza. Sigyn, che si era quasi completamente assopita, si risvegliò di soprassalto stringendosi al petto la giacca fortunosamente vicina dell'amante. Un urlo strozzato le era uscito dalla gola. Istintivamente si nascose dietro il dio degli inganni irritato, guardingo, beffardo persino in quel momento. Che aveva accolto il fratello perduto con ghigno divertito e un'alzata di sopracciglia, come se non gli importasse affatto che la sua fuga necessaria fosse stata interrotta prima di cominciare. Sigyn fissò l'erede di Odino terrorizzata. L'amore della sua vita sarebbe morto e la colpa era sua che lo aveva trattenuto. Tremando, gli strinse più forte il braccio e immaginò che l'Ase avrebbe usato qualche rapido incanto per mettersi in salvo e dimenticare quella tappa dolce e sfortunata del suo viaggio e le si riempirono gli occhi di lacrime, perché non era ancora pronta a lasciarlo andare né a vederlo morire.


Loki Laufeyson, invece, non scappò e non fuggì. Si tirò su quel tanto che bastava per fissare negli occhi il torvo fratello. "Non è un piacere rivederti, soprattutto se interrompi un mio momento intimo," puntualizzò quasi con stizza, come se non fosse un prigioniero disperato, ma un condottiero degli Aesir disturbato in un piacevole frangente.
Thor finse di ignorare la battuta secca e irriverente, ma non riuscì a nascondere un mezzo sorriso divertito, sorpreso. "Quando ho visto la cella vuota, ho pensato che non ti avrei acciuffato mai più. Che avevi già raggiunto uno dei Nove Regni e da lì chissà che altro posto," iniziò, concedendosi di registrare qualche dettaglio dell'imprevista scena – la bionda spettinata che si stringeva contro il fratello spaventata, lui che avrebbe potuto ancora defilarsi e invece non lo faceva.

"E invece ti ho sorpreso," osservò il dio degli inganni compiaciuto e attento. "La prigionia non mi ha reso meno imprevedibile."

"Né ha prosciugato la tua lingua velenosa. Ti cercavo per proporti un modo per espiare le tue molte colpe, fratello." Ecco che Thor veniva al sodo. Non era certo sceso a cercarlo per parlare di come stesse o portargli conforto. Loki rilassò impercettibilmente le spalle: forse il dio del tuono non lo avrebbe ucciso immediatamente.

"Hai bisogno del mio aiuto?" ironizzò. "Devi essere davvero disperato per cercarmi. Dimentichi un particolare essenziale. Agli evasi spetta la forca." Era vero. Sigyn guardò ora l'uno ora l'altro dei figli di Odino e fu tentata di intromettersi nella discussione tra i due fratelli. Erano entrambi tesi e nervosi e pronti a scattare, ma le loro battute erano ancora lievi e parlavano un linguaggio sconosciuto fatto di un codice tutto loro e denso di allusioni e punzecchiature che evocavano, loro malgrado, un passato lontano e meno complicato del presente.
Stavolta fu Thor a ghignare. "Ma tu non sei evaso, dico bene? Non ho avuto nemmeno bisogno di uscire dalle mura di Asgard, per trovarti. Sei con una donna. Potevi dirlo che ne avevi bisogno anche se, al posto tuo, avrei agito come te." Loki gli concesse una risata breve, divertita. Che bella, la via di fuga che gli forniva il fratello.

"Odino non sarà del tuo stesso parere. E tu non puoi fidarti di me," gli ricordò.

"Nostro padre ha sentito storie..." iniziò Thor, ma si fermò e sospirò. Afferrò una boccetta di vetro a portata di mano per lanciarla contro il dio degli inganni e assicurarsi che stesse parlando con Loki in carne e ossa e non con un'illusione perfetta, ma finta. L'altro afferrò al volo la piccola e fragile boccia. "È vero, non posso fidarmi," continuò, "ma forse hai qualcosa da perdere anche tu se non mi aiuterai, fratello."

Loki non rispose immediatamente. Si concesse il lusso di riflettere su opzioni e possibilità. Sull'opportunità offertagli da Thor, bisognoso di un compagno efficace per chissà che missione suicida. Diede un bacio leggero a Sigyn sfiorandole con le labbra la chioma scomposta in cui aveva affondato con desiderio e voluttà le dita solo pochi minuti prima e si rivestì mentre Thor, ansioso, lo aspettava oltre la porta ora socchiusa.


"Accetta, ti prego." Sigyn si era infilata una vestaglia e sedeva sul letto e non riusciva a guardarlo negli occhi. Loki si aggiustò la corazzata di pelle intrecciata trincerandosi ancora in quel muto silenzio in cui si era rinchiuso da quando la proposta folle e allettante del dio del tuono non era giunta alle sue orecchie con tutte le sue implicazioni. Tra queste non c'era lei, eppure si maledisse per non essere riuscito a fare attenzione e aver provato piacere fregandosene delle conseguenze. Mille progetti erano mutati già nella sua testa da quando la libertà si era profilata all'improvviso di fronte a lui. In mezzo a tutti quegli eventi possibili, lei non c'era. Sì, per quanto potesse essere stato bello andarci a letto, nei piani di Loki non c'era Sigyn né il pensiero della ragazza doveva tornare a tormentarlo. Quindi no, dentro di lei non sarebbe cresciuto suo figlio né l'ingannatore avrebbe girato per i Nove Regni domandandosi se il bambino di Sigyn fosse suo o di Theoric. Ma l'idea che lei potesse abbandonarsi con quell'uomo mediocre su quel medesimo letto, il pensiero che quello l'avrebbe avuta tutte le notti della sua vita suonò strano all'Ase. Voleva Sigyn per sé. L'aveva desiderata quando era rinchiuso e non la poteva avere come la desiderava adesso che aveva ancora il suo odore addosso. Per questo la baciò di nuovo tentando di spiegarle, farle capire che lui non poteva rimanere accanto a lei, senza rivelarle il terrore che gli provocava il solo pensiero di un figlio dagli occhi verdi e col suo retaggio. Stanotte Sigyn, non dovremmo parlare di questo perché è la nostra ultima notte. Le labbra della ragazza, salate e singhiozzanti, accolsero le sue ma lo fecero con dispetto.
Il dio degli inganni imprecò a bassa voce. Non amava i rimpianti né le rinunce perché era volitivo e arrogante e fiero ed egoista. Fece per uscire e Sigyn lo rincorse fin sulla soglia. "Ti aspetterò," gli disse.

Loki si voltò e la guardò per un momento cercando di fissare nella mente alcuni dettagli della sua figura sottile. Si soffermò sugli occhi velati di pianto, sulle labbra ancora gonfie e rosse dei baci che si erano scambiati. Non poté non provare un moto di soddisfazione crudele al pensiero della dedizione che gli veniva tributata da quella ragazza intelligente e tenace che si era persa per lui e avrebbe gettato al vento ogni progetto sicuro in un'attesa probabilmente vana. Ricordò gli occhi tristi che aveva quando, per gioco, le chiedeva di sposarlo e con che difficoltà alla fine aveva ammesso di averlo amato sempre e che sì, per le Norne, avrebbe accettato. Pensò anche al risentimento che provava verso Odino e al suo strano rapporto con Asgard fatto di amore e odio, di necessità e abbandono. Valutò molte cose, mentre Thor lo guardava di sottecchi e Sigyn lo fissava innamorata. Infine, alzò le spalle e sorrise affascinante. "Lo spero bene" ghignò e si allontanò a larghi passi per le volte di Asgard.

Sigyn non registrò immediatamente il senso di quelle parole. Lo osservò andare via con quella sua aria altera e un filo arrogante, senza voltarsi. Poi, improvvisamente, comprese il senso di quella battuta come sentì al basso ventre il dolce indolenzimento che le aveva lasciato e comprese che era tutto reale, vero. Loki era finalmente libero e le prometteva a modo suo di tornare. Rientrò quasi fosse un automa nella sua stanza: le lenzuola gualcite forse serbavano ancora l'odore della pelle dell'Ase, la boccetta di vetro lanciata da Thor per assicurarsi che Loki fosse presente e reale, era poggiata sul comodino. Solo che. Sigyn si coprì la bocca con le mani per evitare di cacciare un grido. L'abito di organza appeso all'armadio aveva cambiato colore. La gonna e il corsetto erano adesso di un verde brillante e intenso, i ricami erano d'oro.


Fine

Come sempre, non posso che mandare un sentito ringraziamento e un caloroso abbraccio a quanti hanno recensito la storia e l'hanno inserita tra le preferite, dandomi un segnale tangibile del loro apprezzamento. Vi confido un segreto: chi scrive ama ottenere un feedback di qualche tipo, quindi se volete lasciarmi due righe o qualche parolina, ecco, ve ne sarei grata. Della genesi di questa storiella ho già parlato qua e là. Ancora grazie per avermi dedicato del tempo e aver letto fino a qui. A presto con nuove, rocambolesche avventure (?) – che tradotto vuol dire all'incirca a mercoledì prossimo.

Shilyss

--- Storia presente anche su Efp, se vi è piaciuta fatemelo sapere anche lì ^^

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