XLIV° ELETTA - PARTE SECONDA
Grassetto: punto di vista di Sarah (dialoghi e riflessioni)
Corsivo: Jareth (dialoghi)
Sarah guardò il fabbricante di sogni, rapita.
Jareth la contemplava con una luce nuova negli occhi, in silenzio, come se non osasse nemmeno avvicinarsi per sfiorarla. Come se il suo cuore potesse abbeverarsi semplicemente della sua immagine.
Così, fu lei ad accostarsi a lui, piano.
Nell'accorciare la lontananza fra loro due, si accorse che alle mani indossava di nuovo dei guanti. Fece il broncio e lo sentì ridere.
Era stato così bello per lei, delle ore prima, sperimentare il suo tocco, privato di essi. Come mai vi era così attaccato? Doveva esserci un motivo! A quanto ricordava, si erano immediatamente rigenerati attorno alle sue mani quando gli aveva restituito, alla tredicesima ora, il medaglione e, con esso, ogni cosa, la sovranità ed il potere.
Contro ogni pronostico e supposizione, però, l'osservò, serissimo, scrutarla adorante di rimando con, negli occhi, una sorta di devozione, che lo spinse a denudare le dita. "Perdona le vecchie abitudini.". le disse.
Detto ciò, la baciò a lungo, immergendo i polpastrelli nei suoi capelli, in profondità, carezzandoli e stringendoli e arrotolandoseli attorno alle nocche.
Desiderosa d'esprimere tutto il suo amore per lui, amore che aveva trovato e compreso, finalmente, Sarah prima pose le mani sul suo petto e poi allargò le braccia, in punta di piedi, per cingergli le spalle.
Jareth, fermandosi, sorrise contro le sue labbra. Cosa c'era di tanto buffo?
Lanciò un'occhiata alla sua chioma spettinata. "Perché ho i capelli elettrizzati?" domandò perplessa. Le punte, in basso, si erano disposte, scompigliate, come frecce, allungandosi verso di lui. Come meglio poté, tentò di sistemarsi qualche ciuffo, riassettando la normale piega.
"Non so ancora controllarmi come dovrei." spiegò lui, ad occhi bassi, raggiante, come un bimbo che scherza su qualche sua marachella.
Fece tornare il suo sguardo su di lei, profondissimo: "Anche se voglio esprimerti molto più di quello che tu possa sentire... Tuttavia non potrei. Non posso.".
Leggendo sul suo viso un'espressione interrogativa, continuò: "Le mie dita, per l'amore che provo verso di te, ti trasmettono ciò che non è necessario ai tuoi sensi, almeno per adesso. Come ha fatto il tuo Cuore con me, quando ci ha condotto verso l'uscita dal Background. Solo che io possiedo una percezione diversa, per cogliere questo... Genere di cose.".
Confusa, ma ogni secondo più in alto, amante ed amata, con i sensi riempiti dalla dolcezza dell'uomo di cui si era innamorata, continuò a baciarlo. La bocca, le guance, i capelli.
"Ebbene sì... Temo sia colpa mia..." rise lui. "Così non mi sei d'aiuto! Non mi fai respirare, mia preziosa... Forse però non ne ho bisogno, tutto sommato." ricambiò le tenerezze ed i baci con trasporto.
La curiosità scientifica di Sarah sull'essere magico che era il suo biondissimo partner prese il sopravvento. "Ne hai bisogno? Intendo, di respirare.".
"E' un modo di dire..." ammiccò evasivo.
Ah, tutto quell'alone di mistero avrebbe sempre fatto parte del suo fascino? "In che modo saresti responsabile di quello che è successo ai miei capelli?" insistette lei.
"Le mie mani... Sono il fulcro ove risiedono i miei poteri magici. Da esse si sprigionano. Da esse genero i cristalli. Sono il centro della mia personalità ed individualità magica. E nei miei palmi non scorre normale sangue. E' un liquido, un... Fluido magico, una linfa vitale che è la magia stessa, la quale interagisce con chi mi circonda. E' nel suo carattere." spiegò, rinfilandosi i guanti.
"Se toccassi gli altri con le mie nude dita," se le osservò, stendendole tra di loro, "il contatto potrebbe anche portare ad una sorta di... Cortocircuito. Soprattutto per coloro che non possano reggere il confronto. Potrebbero morirne. Perché nel momento in cui concedessi l'approccio fisico, gli cederei..." esitò. Le rivolse uno sguardo concentrato: "parte della mia magia.".
Sarah, disorientata e meravigliata, avanzò le sue considerazioni in merito: "Perciò le isoli con i guanti in pelle! Non vuoi nuocere a coloro che ti sono vicino e non vuoi privarti della tua magia.".
In tutta risposta, scosse la testa, dedicandole un'espressione antica e languida: "L'ho già fatto, mia diletta.".
Se avesse dovuto descrivere la parola "promessa" con un'immagine, avrebbe fatto riferimento allo sguardo che aveva accompagnato le parole di Jareth.
"Cosa?".
"Sottrarmene.".
"E con chi...? Oh!" esclamò lei.
Si pose una mano sul cuore palpitante come ali di un colibrì, dove, ore fa, sostava stabile il medaglione, adesso tornato al suo padrone originale.
Ragionò: aveva detto che il pendente era un catalizzatore ai poteri che già risiedevano in lei. Il ciondolo infatti li aveva accresciuti, li aveva comunicati.
E lei stessa aveva sostenuto che gliene avesse fatto dono, mescolandosi alle capacità e qualità innate che già le appartenevano dalla nascita.
Ciò che nessuno sapeva, d'altronde, era che il re dei Goblins si era innamorato della ragazza e che le aveva dato certi poteri.
"Tu... Tu... Per... Me. Per me. Ed io sono sopravvissuta perché sono un'Eletta." balbettò, esterrefatta.
"Sì." annuì, sorridendo del suo senso di imbarazzo misto a lusinga.
"Non hai fatto altro che danzare con me al ballo ed i guanti li indossavi." rifletté a voce bassa, sommessa.
"Infatti. Devi ricercare il momento in cui hanno iniziato a fluire in te tempo addietro.
Io già ti conoscevo, rammenti? Il tuo pensiero deve volgersi verso il barbagianni del parco.
Te li ho trasmessi perfino senza sfiorarti.
Eri e sei sempre stata in ogni mio pensiero. Quando ti guardavo facendo irruzione nel Sopramondo... Mentre ti scrutavo attraverso i miei cristalli.
Sei stata la prima persona che mi ha toccato nel profondo. Che immaginavo di poter toccare.
Desideravo che tu fossi mia e tutto ciò che ne consegue, nella mia vera natura e forma, perché mi ero innamorato, ero caduto in amore. Perché lo volevo. Volevo fartene dono con tutto me stesso. Ed ho ceduto. E tu hai preso.".
"Oddio." farfugliò commossa la Campionessa del Labirinto, con la vista annebbiata e gli occhi bassi.
Raccogliendo le lacrime che le sfuggivano dalle ciglia, facendo crollare il velo tremolante tra le sue palpebre prima aperte e poi chiuse e di nuovo aperte, lui le disse: "Di solito tra la tua gente, se qualcuno piange, lo si incoraggia a smettere. Non sono d'accordo. Perché reprimere questo sentire? E' più giusto sostenere il pianto. E' una liberazione dolcissima che ho avuto modo di sperimentare grazie a te, mentre ero umano. E te ne sono riconoscente.
Poi, le tue lacrime mi sono particolarmente care. Sgorgano nella tua anima e da essa provengono. Quindi se me le mostri e dedichi, io ne sarò deliziato.
Sul fiume che compongono abbiamo trovato l'accesso all'uscita del Labirinto della tua Mente.".
Facendo combaciare il suo profilo con quello dell'altro, Sarah riprese a parlare: "Ecco, magari questo passaggio me lo illustrerai.
Comunque, se ci pensi, nel Background non avevi più i poteri. Eri mortale come me e, derubato del tuo potere, hai potuto toccarmi senza che accadesse una cosa simile, tipo elettrizzarmi i capelli.
Solo adesso si è verificato perché sei tornato alla tua normale condizione.".
"Non li ho mai perduti, ricordi? E' la tua teoria ed è esatta. Ho solo creduto di averli persi.
Quindi ho portato avanti ciò che avevo iniziato.
Quante volte ti ho presa per mano, abbracciato ed accarezzato nel Labyrinth Mind? Molte.
Persino il nostro primo bacio è avvenuto lì. Lì hai capito d'amarmi.".
"Se hai ragione, se non hai mai smesso, allora è successo pure di più!
Al momento, anch'io possedevo il potere, quello tuo e quello mio potenziato ed ero io stessa a detenere il gioiello. Avrei potuto gradualmente restituirtelo.".
"Una tesi interessante, la tua. Un'altra ipotesi inconfutabile è quella che anche tu mi abbia fatto dono dei tuoi, di poteri.".
"Aspetta, non ti seguo.".
"Fa parte del concetto del contatto.
Quando accade, permetto uno scambio con chi mi sta di fronte: ed a mia volta, se volessi, potrei assorbire una componente all'altro, se l'altro me lo concede spontaneamente."
"Secondo queste supposizioni... Potremmo ogni volta farne dono entrambi all'altro! Potrei farlo per te!" squittì entusiasta. "Forse l'abbiamo già fatto!".
"Senza dubbio. Avremo modo di sperimentarlo, mia adorata. Ti insegnerò.
Di certo, renderò il contatto possibile solo con te, come è sempre stato.
Come è stato anche adesso con questo tentativo imprevisto ed incontrollato piuttosto maldestro." rise.
"D'altronde, io sono di nuovo immortale e tu non ancora.
Non sei pronta: devo forgiare per te una collana gemella della quale ti servirai per i tuoi poteri.
Come chiunque si ami vicendevolmente, saremo una cosa sola.".
Sarah respirò il suo profumo ad occhi chiusi: seta, cuoio, vaniglia e mandorle dolci. "Hai detto linfa vitale magica nei tuoi palmi." ripeté.
"In effetti, quando ti ho restituito il medaglione e sei tornato te stesso, nel Labyrinth Mind, allo scoccare della tredicesima ora, ho notato fluire nelle tue vene, al posto del sangue... Dei fulmini.".
"Precisamente.".
"Ora che ci penso... Sei arrivato a me anche attraverso un grande temporale, la prima volta, nella tua vera forma, a parte quella animale del barbagianni che avevo visto in altre occasioni nel parco. Non lo trovi singolare?".
"Certo, quello che stiamo vivendo è costantemente una singolarità. Io mi muovo nell'inusuale." confermò l'altro, "Ma..." poggiò la fronte sulla sua e la avvolse in un abbraccio, "A cosa stai pensando, di preciso...?" le sussurrò interessato.
Sarah raccolse le idee: i suoi occhi erano così vicini, dentro ai suoi...
"La folgore... Caduta sulla mia finestra... Nel diluvio che si scatenava al di fuori.
E poi tu... Ed il panorama che cambiava... Improvvisamente da lì ho potuto vedere il Labirinto ed il Castello. Non più la... Mia Terra.
Nel punto in cui si era proprio abbattuto... Il lampo.
A prescindere dall'autorizzazione di Daimon, per aprire le porte del Sopramondo e del Sottomondo, affinché comunicassero per farmi transitare.
Ma io sono... migrata lo stesso. Per tuo volere.
Attraverso la saetta che si era posata vicino alla mia casa? Ti sei servito della violenta tempesta come una sorta di escamotage per attraversare un portale senza farci notare ed evitare d'essere sotto la giurisdizione del demone?" concluse.
Sbigottito, Jareth la strinse più forte. "Come puoi conoscere tale processo magico...?" era davvero strabiliato ed ammirato. "Dovrò insegnarti meno cose di quanto credessi." considerò fra sé e sé a voce bassa, scuotendo la testa dallo stupore.
"A proposito di Daimon, dovrai trovare una sostituta?" incalzò lei.
"Non mi dai tregua, eh? Brava!" si complimentò, compiaciuto. "I demoni, come lei, quando hanno troppa vita, impazziscono. L'ha snaturata e destabilizzata mantenere così a lungo un'altra identità nel tuo mondo. Occorrerà evocare ed eleggere un altro Reggente del Limbo, sicuramente. Confido che mi aiuterai nella scelta.".
"Limbo?".
"Non te l'ho ancora detto: Daimon era la Reggente del Limbo Slimitante, ove si trovano le porte.".
"Ah, ci sono tante cose che non mi hai detto!" lo rimproverò giocosa.
"Ad esempio, come siamo usciti dal mio personalissimo Background! Hai parlato di un cuore. Il mio cuore? E la faccenda delle lacrime?".
"Quante domande!" le fece l'occhiolino.
"Uno degli incontri più belli e significativi della mia vita immortale." le confidò, bisbigliandole ad un orecchio. "Quello che le ha dato un senso è stato il primo con te.".
La Campionessa del Labirinto sospirò: a quell'affermazione sentì le gambe cedere. E subito, ripresero il loro solito vigore. "Cos'è un eletto?" domandò improvvisamente.
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