XLII° UNA MISSIONE DA COMPIERE
Corsivo: punto di vista di Jareth (dialoghi e riflessioni)
Corsivo sottolineato: il Labirinto (dialoghi)
Normale: i Goblins (dialoghi)
Grassetto corsivo: le parole di Sarah (citazione)
Jareth non aveva mai lasciato il suo fianco, da quando avevano fatto ritorno.
Sulla Terra tutto era accaduto troppo velocemente: giunti al Sopramondo erano stati trasportati al luogo dell'incidente, tramite il mezzo delle lacrime, come gli era stato preannunciato dal Cuore.
Non appena il Re dei Goblins aveva raggiunto, sdraiato in una pozza d'acqua salata, il lastricato triste e freddo di quella strada, il grigio bitume chiamato asfalto, si era subito apprestato a portarla nell'Underground.
Sarah aveva già perso i sensi per via del sonno e della febbre.
Una volta al sicuro, con lei, nel Sottomondo, tornato a Goblin, aveva comandato alla servitù di adagiarla in una delle camere da notte del Castello, con i più morbidi cuscini a farle da sostegno e le più calde coperte da riparo.
Sarah aveva delirato tutto il tempo, in preda alla febbre, nel sonno.
E lui ai bordi del suo letto aspettava, vegliandola costantemente, perfino quando, stanca, la sua natura animale gli implorava di dispiegare le ali.
Almeno i primi giorni. Con lui, infatti, la città aveva osservato il silenzio.
Poi si era riscosso, per via di alcune parole, riferite allo stretto legame consanguineo della sua amata, che, nel delirio, Sarah aveva detto: vederla ancora in quello stato l'avrebbe fatto impazzire, non ne poteva più di attendere. Doveva fare. Fare qualcosa. Occupare la mente. Anche per lei!
Come gli aveva chiesto, implicitamente, con quelle parole.
Così iniziò i preparativi per il suo risveglio. Ogni cosa.
Innanzitutto, come si era ripromesso di fare all'inizio del viaggio nel Labyrinth Mind, fece piantare tutt'intorno agli ingressi delle mura del Dedalo rose nere e foglie di menta*.
Poi predispose l'incoronazione nella sala del trono, i festeggiamenti per le loro nozze e le cose più elaborate: la preparazione alla sua istruzione magica, la creazione dei vincoli mistici sul suo mondo, il battesimo del Labirinto, per stabilire una connessione e comunicazione con lo stesso ed, infine, la trasfigurazione per renderla immortale come lui e fornirle la gemella forma animale del barbagianni.
Per ciò che riguardava l'acquisizione dei poteri... Considerò che la Campionessa fosse già incredibilmente avanti su quel punto.
Ricordava bene i suoi ragionamenti e li condivideva: - Ciò che nessuno sapeva era che il re dei Goblins si era innamorato della ragazza e che le aveva dato certi poteri -.
Sì, bisognava solo che imparasse a padroneggiarli.
Le avrebbe insegnato tutto quello che sapeva.
Lasciò l'impresa più difficile per ultima: la scrittura della lettera.
Missiva che contenesse le parole che aveva sentito farfugliare a Sarah, seppur sconnesse e caotiche.
Forse, quello sarebbe stato l'unico gesto che avrebbe potuto fallire.
Perché il risultato non dipendeva da lui, ma da qualcun altro.
Dopo averla abbozzata e composto una versione definitiva, la inserì all'interno di un cristallo e si diresse verso il Labirinto.
L'aria frizzante e fresca pungeva sul suo naso in modo gradevole, ne respirò l'aroma a pieni polmoni.
Ascoltò il ticchettare dei suoi passi sul selciato, una musica familiare.
Fu notevolmente piacevole: sapere di essere a casa.
La tenebra che gli sfiorava le dita lo nascose agli occhi di tutti.
Quel buio non lo addolorò eccessivamente: esattamente come aveva fatto sorgere il sole sul Dedalo alla prima ora delle tredici che aveva fornito alla sua incantevole sfidante, anni orsono**, per recuperare suo fratello, soltanto quando aveva cominciato il suo percorso, non avrebbe fatto sorgere l'aurora sulla sua landa, adesso, prima che l'amata avesse riaperto gli occhi.
Non appena accarezzò le pareti dei meandri che attraversava, sentì che gli sorridevano.
Il Labirinto intraprese una conversazione col suo Signore, nell'idioma che entrambi conoscevano.
"Sei qui... Lei è qui, per restare. Per sempre." affermò, felice.
"Sì, finalmente." gli rispose il re.
"Mi è mancata." commentò il Dedalo sospirando.
"Anche a me." confessò il sovrano.
"Ma di più mi sei mancato tu, Maestro. Il mio respiro, la mia vita, di nuovo in queste mura.".
"Niente ci dividerà ancora, lo giuro. Non i mondi là fuori. Non i pensieri inespressi. Noi siamo la stessa cosa, lo stesso essere. Siamo lo specchio della nostra realtà." promise lo stregone.
"Jareth... C'è un'unica via. Lei non avrà mai più la possibilità di tornare indietro.".
"Lo so." espirò forte il mago.
"E se lei invece non ne fosse a conoscenza?".
Ovviamente, il Labirinto, che era la sua creatura, l'estensione della sua espressione, un prolungamento del suo corpo, delle sue emozioni e delle sue parole, percepiva il suo piccolo, ma rumoroso timore.
"Lei ci ha scelti. Quindi, può capire cosa lascia indietro." disse il monarca.
"E difatti credo che resterà comunque. Ho solo paura, però, che potrebbe essere infelice senza di lui." spiegò il Labirinto.
Il fabbricante di sogni sentì su di un palmo, lieve, pesare un celato cristallo pieno di tenere, tristi parole. Quelle della lettera.
"Sì, lui... Suo fratello..." pose il suo sguardo oltre il cielo. Non si perse d'animo.
Si materializzò nella sala del trono.
Ed improvvisamente, al suo ingresso, tutti si voltarono, come al solito, o atterriti o ammirati o meravigliati o correndo da una parte all'altra in preda al panico o improvvisando goffi inchini.
I suoi disordinati, ottusi goblins... In tutti i modi avevano provato ad allietarlo, nei giorni passati.
Alla fine, pur di non restare con le mani in mano, stavano disseminando il caos, più che aiutare con gli addobbi, a detta loro, almeno.
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"Chi vuole compiere una missione speciale?" tuonò, inoltrandosi a grandi passi verso un gruppo di loro. Una piccola cerchia di sconsiderati.
"Io!" gridò il primo.
E dietro altri cinque: "Sì!".
"Non spingete!".
"Siete sicuri che sia una buona idea?".
"Sempre meglio che starsene qui a fare i decoratori!".
"Sbrigati, o darà l'incarico migliore ad altri!".
Rise dentro di sé, contemplando la scenetta.
Il dialogo era stato pure accompagnato da ruzzoloni e capriole.
Sì, proprio una razzaccia di incoscienti! Sei in totale.
Sarebbero stati più che sufficienti per ciò che aveva in mente.
Mantenendo il suo consueto atteggiamento, puntellò le mani sui fianchi chiarendo: "Non si tratta di acchiappare le galline nere scappate dai pollai, nel Labirinto, questa volta.".
"Oh, no... Mi andava tanto di catturarle e fare arrosto la loro carne nera nelle cucine." si lamentò il più piccolo.
"Ci stanno pensando i cuochi a quello. Avrete tutto il pollo affumicato che volete." li rassicurò.
Quanti secoli erano passati dall'ultimo banchetto? Molti. Per le feste era diverso, ogni giorno vi era stata una festa. Ma un ricevimento per un evento simile...
"Beh, allora vorrei cambiare la mia risposta. Mi sta bene decorare." si fece avanti un vile.
Oh, com'era divertente ingannare il tempo con quel gioco!
Formulò ad alta voce un riferimento al suo classico repertorio: "Ciò che è detto è detto.".
E da quell'istante, si scatenò un tornado di accidenti.
"Ma porco gnomo!".
"Ve l'avevo detto che non era una buona idea...".
Il più intelligente concentrò il suo sguardo rosso su di lui: "Uhm, Sire, di cosa si tratta?" chiese.
"Lady Sarah..." accennò sorridente.
E subito un ammiratore lo interruppe: "Oh, se si tratta di lei faremo qualsiasi cosa! Il Re si sposa, con Lady Sarah!" esclamò saltellando. Ed i suoi compagni lo imitarono battendo le mani.
Che bizzarre contraddizioni sull'essere umano vorticavano nella sua testa: come aveva sentito la mancanza delle lacrime, non sentiva affatto, ora, la nostalgia per il fenomeno chiamato "arrossire".
In quel momento, di certo, sarebbe arrossito, se mortale.
Con un gesto della mano li zittì: "Sì, sì. Allora... Dovrete occuparvi di uno dei regali di nozze che ho preparato per lei." ammise, per la prima volta incerto sul da farsi.
Ed intervennero in tutta risposta in modo... Beh, non del tutto inaspettato: "Un serpente da lanciarle addosso? L'ultima volta ha avuto modo di apprezzare e quanto mi sono divertito io!" rise quel Goblin che era fuoriuscito dal foulard che era stato il rettile attorno al collo di Sarah, a suo tempo.
"Che boccacce insolenti!".
Esitò: "Ehm... No.".
"La farete inseguire dagli Spazzini fino all'altare?".
"Neppure.".
"Una cesta di pesche con potere allucinogeno da distribuire durante il simposio? Astuto!" osservò un Goblin particolarmente anziano.
"Nemmeno.".
"L'intero esercito che si scaraventa su di lei, allora." propose un altro.
Stava perdendo la pazienza. "Niente di tutto questo, tra la la!" roteò gli occhi, indispettito.
"Ci arrendiamo." alzò le zampe squamose uno della compagnia, tremando.
E l'ostinato riprese: "Aspetta, potrebbe essere...".
"Fate silenzio!" intimò, giunto al culmine. "La vostra specialità: un bambino." aggiunse.
"Vostra Altezza..." tergiversò lo scaltro, imbarazzato.
Perché quella vergogna improvvisa? I Goblins non si sentivano mai e poi mai a disagio, erano privi di freni inibitori!
Il goblin allungò il collo più che poté per sussurragli all'orecchio una frase, così, suo malgrado, Jareth si chinò e mise in ginocchio.
Tutti alti quanto una botte! Trogolo, i Goblins... Certo, i Goblins magari erano pieni pure del vino della botte!
"Non le hanno spiegato come si fanno i bambini?" gli domandò a bruciapelo il Goblin. "A quello ci dovrete pensare voi. Non possiamo di certo fabbricarglielo dal nulla!".
Che... Cosa? Come...? Perché?! Osava tanto!
Colto di sprovvista, tornò alle minacce. Le minacce gli riuscivano sempre bene!
L'afferrò per la collottola e lo intimidì: "Ti piacerebbe visitare la Gora dell'Eterno Fetore? Perché potrei spedirtici in un batter d'occhio!".
E non ancora soddisfatto del risultato, la viscida creatura, estasiata, rispose: "Ah, personalmente ho sempre trovato quel posto paradisiaco. Quegli odori mefitici, ah! Posso andarci? Tanto ce la faranno loro cinque senza di me!".
In un attimo, Jareth s'alzò di nuovo in piedi e sbuffò sonoramente mollandolo per terra.
Quei cinque senza di lui, comunque, sarebbero stati persi.
Peccato che il più intelligente fosse anche il più arrogante!
Sì, intelligente ed arrogante... Gli ricordava qualcuno. Lui stesso e la sua promessa sposa.
Vuotò il sacco: "Un bambino che la riguarda personalmente... Toby." specificò, rabbuiandosi di colpo.
"Toby chi?" chiese il tonto.
"Tobias, sciocchi. Ve ne rammentate sicuramente! Pigiamino bianco e rosso a righe, biondo, occhi chiari, brutto carattere.".
"Ma allora le assomiglia moltissimo, a parte la storia del pigiama!" replicò uno della combriccola. "Strano, Vi credevo unico... Ci sono stati tanti bambini, Maestà. E noi siamo vecchi, seppur portiamo bene i nostri anni!" concluse vanitoso.
"Era quello che non si è accorto di niente?" rifletté ad alta voce un altro, "Che ha dormito beato, russando tutto il tempo nella conca, qualche luna fa? Non sentivo una musica così bizzarra... Da... E' difficile dirlo. Quando sono nato io?" e quel quesito si perse nella confusione della sala.
Incuriosito, Jareth si pose la stessa domanda perfino lui, con un indice sulle labbra: quello in particolare di Goblin quando l'aveva creato? Una fredda, silenziosa, buia notte del Natale degli uomini. Dicembre.
Scosse la testa: "No, si è agitato come un perfetto Goblin tutto il tempo! Urla isteriche lancinanti, lacrimoni e poi risatine e ruttini tutt'intorno. Temperamento vivace." sottolineò.
"Ah, ho capito!" gridò di gioia per la scoperta il furbo. "Era quello con il morbillo o la scarlattina di cui mi avete parlato che vi ha fatto impazzire!".
Al ricordo, strozzò con un suono gutturale una risata in fondo alla gola. Anche perché non sapeva il sagace stolto d'essere stato proprio lui, quel bambino!
"Me ne ero dimenticato... Bei tempi." rise, non trattenendosi oltre.
E poi incoraggiò esasperato: "Beh? Ridete!". E risero.
Affinché potessero capire subito di chi stava parlando, raccontò loro del soprannome del bambino. "No, lui..." sospirò. "Lui è Jareth. Jareth secondo, stupidi!".
"Ma perché non lo avete detto subito!" esultarono tutti insieme.
"Dovrete andare nel Sopramondo a prenderlo." ordinò. "Lo troverete... Cresciuto. E' diventato un giovanotto ormai." porse loro una sfera dove potessero guardarlo.
Gli si addossarono sventolando le code. O almeno, chi di loro le possedeva.
Fissò l'immagine anche lui. "E che giovanotto." affermò.
Gli mancava la sorella quanto lui mancava a lei, nonostante il suo tradimento? Lo sperò con tutto sé stesso.
Per lei e... Per lui. Perché, anche se non l'avrebbe mai confidato a nessuno, mancava terribilmente pure a lui. E, contro ogni pronostico, l'avrebbe perdonato per aver avvertito Daimon del medaglione***.
"Rapire bambini, è questo quello che facciamo." asserì uno picchiettando la superficie riflettente con l'artiglio. "Non ragazzi.".
E come negarlo? "Infatti non lo dovete rapire..." illustrò.
"Non è un sequestro quello che dovrete operare. Verrà con voi solo se lo vorrà." chiuse, cupo, la mano sull'oggetto, che svanì nel suo palmo. "Se dirà le parole magiche." soggiunse, senza ammissione di replica.
Ed il coro partì imperterrito: "Che noia!".
"E' sempre scomodo andare nell'Aboveground.".
"Sono troppo vecchio per queste trollate!".
"Non mi va! Non è divertente se non li portiamo via a sorpresa!".
"Se penso alla mia povera schiena... Farà i salti di gioia nel nascondersi sotto al letto per chissà quanto prima delle parole magiche! Se è imparentato con Lady Sarah, ci vorrà un po'!".
"Ed io che dovrei dire? Sono il più piccolo e mi tocca sempre l'armadio in cui si soffoca e c'è quell'odore di vecchiume insopportabile...".
"E' la naftalina, la chiamano così." puntualizzò. Perché gli stava dando spiegazioni?
"Tacete! Lo farete e basta." comandò. E quelli si misero sull'attenti.
Tra le sue dita apparve il cristallo che custodiva la lettera e lo lanciò verso il gruppo.
Prevedibilmente, il perspicace l'aveva afferrata al posto degli altri. Tutti all'unisono scrutarono prima il globo poi lui.
"Tutto qui?".
"Tutto qui." dichiarò. "E' un presente. Da parte della vostra futura Regina per lui. Un messaggio d'addio.".
"Oh..." echeggiarono le voci amareggiate tanto quanto lui.
"Forza, muovetevi! Se non sarete di ritorno per le nozze la mia sposa non me lo perdonerà di certo." li spinse, malinconico, a mettersi in marcia.
E li vide incamminarsi, come gli era stato detto. "Ebbene? Non mi chiedete nulla riguardo al dono?" attese un qualche tipo di reazione.
Lo smaliziato parlò per conto di tutti: "E mica siamo il nano, Gogol, noi! Siamo furbi: con Voi è meglio non fare mai tante domande. Meglio non sapere niente!".
Ah, i perfetti tirapiedi. Li adorava. Ne aveva sentito veramente la mancanza.
"Ricordatemi dopo di prendere a calci qualcuno di voi, è da un po' che non lo faccio... Sarà una sorta di mio addio al celibato. Sempre che Sarah me lo permetta.".
La sua era una dimostrazione d'affetto. Ma non l'avrebbero mai capito. Tanto meglio!
D'altronde, cosa ci si poteva aspettare dal perfido re dei Goblins che lanciava addosso serpenti sul collo delle fanciulle? Non era mai stato così di buon umore.
Aveva di nuovo il suo regno ed i suoi sudditi, avrebbe avuto di nuovo Sarah e, forse, anche Toby.
Confidò nello spirito del ragazzo. Che potesse comprendere.
Si mise ad osservarlo prima ancora che facessero irruzione i Goblins.
* Cap 11, "Il Cane da guardia", parte prima
** Lo avevate notato? L'alba spunta fuori dalla collina spazzata dal vento dove si trova Sarah, nel film, dopo che Jareth le dice "Hai solo 13 ore per superare il Labirinto prima che il frignante marmocchio diventi uno di noi, per sempre. E' un tale peccato!". In questo modo, la luce arriva ad illuminare al di sotto di lei, poco più giù del punto che occupa, tutta la grandezza dei meandri del Labirinto, al cui centro si trova il Castello.
*** Cap 6, "Desidero...", parte prima
****Okay, per farvi capire...
Nell'anno in cui registravano le riprese per "Labyrinth", David Bowie venne intervistato e disse: "Non avrei mai pensato di tornare a lavorare con gli gnomi (goblins). L'ultima volta che l'ho fatto è stato 20 anni fa, ed adesso gli gnomi sono tornati da me. Incredibile!".
Stava parlando di questa canzone che ha fatto nel 1967 (l'anno di Labyrinth è il 1986/87), ovvero THE LAUGHING GNOME, lo gnomo ridente (sorridente).
Parla di come David incontri sulla sua strada uno gnomo.
Mi sembrava la colonna sonora adatta a questo momento.
"Ahahaha, Ihihihi, sono lo gnomo ridente e non puoi acchiapparmi!"
BOOM BABY! I GOBLINS SONO TORNATI!
Ed aggiungerei COL BOTTO!
Riusciranno a portare a termine la missione da compiere?
Grazie per il calore dimostrato in questi giorni! <3
Il vostro è stato "un bentornata a casa" con tanto di acclamazioni per strada col tappeto rosso. Ci mancava che trascinaste il mio corpo in aria, in alto, con un hola di braccia verso il cielo! :D
VI VOGLIO BENE
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