X° PRECIPITATI E VIVI - PARTE PRIMA
Corsivo: punto di vista di Jareth (dialoghi e riflessioni)
Grassetto: Sarah (dialoghi)
"Jareth? Jareth. Jareth!". Qualcuno lo stava chiamando e scuotendo, con forza. Che fosse la sua... "Sarah?" gracchiò, confuso, schiudendo gli occhi, lentamente, pieno di speranza. "Stai bene?" gli chiedeva, disperata. La mise a fuoco. Si dovette ricredere. Non poteva essere la sua Sarah, sembrava più un angelo. Assomigliava a Sarah, certo, come se la creatura di fronte a lui volesse accontentare uno dei suoi più intimi desideri: s'era fatta simile a Sarah pur di compiacerlo. La pelle bianca di neve, i capelli neri, lunghi e lucenti, le labbra due petali di rosa e gli occhi due ampolle trasparenti e limpide, contenenti un'ansia liquida verde. Che fosse stata lì per chiamarlo a sé, per portarlo nell'altro mondo? Per estinguersi nell'universo, come polvere di stelle, sotto il soffio di quella creatura angelica che lo accoglieva, benevola? Magari lo avrebbe dissolto, misericordiosa, con lo stesso soffio delicato di cui si servì lui per raggiungere con le sfere di cristallo... La sua Sarah, tempo orsono*. "Polvere sei, e polvere tornerai" si recitava nelle Antiche Scritture. Era giunto il momento? Era morto? Sembrava Sarah. La sua fatale Sarah. Il suo destino di distruzione, com'era sempre stata, fin dal principio. Come se fosse stato possibile sottrarsi alla bellezza del suo incanto. Sì, rassomigliava così tanto a Sarah... Perché si accorse che effettivamente era Sarah. "No", avrebbe voluto risponderle. Non stava affatto bene. Quella vicinanza lo stava torturando, se non uccidendo, tanto per cominciare. Si scostò un poco da lei, trattenendo il bisogno impellente di stringerla a sé, di accarezzarle i capelli, di sentirne il profumo e la morbidezza sotto le dita. Non sopportava l'idea che potesse respingerlo, così restò immobile, senza dire niente, mentre sentiva, al contrario, tutto muoversi, girare vorticosamente dentro di lui. Da quando gli occhi di Sarah erano diventati così verdi? Non che non lo fossero già stati. Ma... Erano diversi. E non seppe definire, in un primo momento, in cosa. Avrebbe voluto salpare e perdersi nel mare verde dei suoi occhi, che lo trascinava via. Lo portava giù tra i fluttui... Avrebbe naufragato volentieri in essi. Sarebbe stata una dolcissima morte. E sarebbe morto, se era lei a chiederglielo. Ed aveva già appreso d'essere perduto, a causa sua, cadendo dietro al suo regno, ai suoi sudditi, alle mura del Labirinto che si spaccavano sotto al volere della regina mai incoronata. "Sarah..." bisbigliò. Disse soltanto questo, il suo nome. E fu abbastanza. "Jareth." proferì lei in tutta risposta, ferma e decisa, dalle labbra turgide e candide. Trasalì. Lo aveva chiamato per nome? Sì, lo aveva fatto veramente. Non era mai successo da quando l'aveva conosciuta... Solo lei era riuscita a trasformare il suo nome in una musica soave, in una tale carezza. In un incantesimo. Era passato così tanto tempo... Ed era diventata una donna ormai. Era sbocciata: così bella... Nel pieno della sua fioritura. Sarah gli sfiorò una guancia con una delicatezza simile a quella usata nelle preghiere che si sussurrano di notte, a mani giunte. Sussultò a quel tocco, frastornato. Iniziò a tremare, incapace di staccare gli occhi da lei. Che stesse cominciando a morire proprio in quell'istante? Gli parve di sì. Nell'espressione dell'amata non regnava più la paura, l'odio o l'avversione, come in passato, nell'avvicinarsi a lui. Ecco cosa c'era di differente nei suoi occhi. "Ridicolo!" fece una voce sottile e maligna, nella sua mente. "Il grande Re di Goblin ammansito dall'amore. E per una fanciulla umana. Ammaestrato da una mortale!" . La scacciò malamente con un sospiro, frustrato. Ed anche se fosse stato così? Sapeva solo che non voleva sottrarsi al suo tocco. Ringraziò silenziosamente qualunque cosa fosse, Dio, illusioni oniriche o visioni di morte, che gli avevano fatto dono di quel momento con lei. "Jareth!" esclamò con maggior vigore Sarah. Dopodiché gli gettò le braccia al collo. "Perché lo hai fatto? Ti sembra il modo appropriato di agire? Mi hai terrorizzata! Non ricordavi niente. Non ricordavi chi eri, non ricordavi chi fossi io. Mi sono sentita persa, di nuovo, come quando mi ero convinta che tu non fossi stato reale, quindici anni fa, tornata dal Labirinto. E quando ti avevo finalmente ritrovato... Non voglio sentirmi mai più così, mai più!" gridò in lacrime, assordandolo. Jareth la avvolse con le braccia, cullandola, sorridendo mesto. Chiuse gli occhi. Gli risultò così naturale abbracciarla, gli risultò così semplice e meraviglioso il modo in cui il suo petto accoglieva le mani e la testa di Sarah, la maniera con la quale le avvolgeva la schiena, accarezzandola. Fu un dolore fisico ricordare come non poteva sfiorarla. E la gioia nel vedere come i loro corpi combaciavano mise a tacere quella sofferenza: si appartenevano. Si erano promessi. Uno con prepotente chiarezza, l'altra in sommesso segreto. Sarebbe sempre stato così, in eterno. Era deliziato dalla sua collera, dalla rabbia con cui stringeva a pugno la sua camicia all'altezza dello sterno, dove normalmente sarebbe stato riposto il medaglione. Si rese conto di non saper scegliere cosa preferiva, in quel momento, se il pugno di Sarah, rispetto al pendente, all'altezza del suo cuore. "Tu hai potere su di me!", ricordò: gli aveva detto questo. Si era preoccupata per la sua salvezza, la sua salute. Perché teneva lui nell'animo. Si permetteva di stare in pena per lui, curarsi di lui, soffrire per lui, gioire per lui, inquietarsi per causa sua. Stava vivendo, finalmente, dentro di lei**. Un tale peccato dover arrivare alla fine dei suoi giorni per assistere a tale evento! Sarah si allontanò di scatto, come pentita del gesto avventato. Anzi, ne era evidentemente contrariata. Jareth sorrise, divertito, gli occhi ridenti, un dito posto sulla bocca. Non la trattenne oltre. Forse non era cambiata, dopotutto, pensò. Sempre restia a concedersi agli attimi di debolezza. Sempre recalcitrante di fronte all'idea dell'amore, che conquista tutto senza chiedere nulla, che ammala le anime con riso innocente ed ingenuo sul volto. Tutte caratteristiche degne di una Regina, comunque: essere forte e non permettere all'affetto ed agli affetti di offuscare il senso di giudizio ed autorità. "Levati quell'espressione di compiacimento dalla faccia, sire!" crucciò il visino, mettendo il broncio. "Non volevo avere la tua morte sulla mia coscienza, tutto qua". "Ce l'avrai comunque, se non ti sbrighi a cambiare idea sul mio vivere e quello del mio regno", pensò lui, tutt'altro che sollevato. "Noto che l'insolenza e la maleducazione di una volta non ti hanno abbandonata, mia preziosa." disse. Si tirò in piedi ed una smorfia repentina gli attraversò il viso, di colpo. L'estasi d'aver di nuovo così vicino Sarah e di non averla avuta mai così a lungo, tra le sue braccia, l'aveva reso dimentico della sua mortalità: ecco cos'era quel senso di pesantezza mischiato a fiacchezza. "Magnifico..." si lamentò, "Prima in trappola ed adesso nuovamente. Sai che sei un tipo alquanto seccante?" rise. "Devo sacrificare sempre qualcosa." biascicò. "A cosa ti riferisci?" gli chiese lei. "Sono intrappolato in questa..." mugugnò, fermandosi. "Umana forma." si guardò le mani ferite***.
*La scena precedente al ballo, ricordate? Non appena Sarah morde la pesca che le ha dato Gogol, stregata dall'incantesimo di Jareth, che ha riversato sul frutto la sua magia, cade in trance nella foresta attaccata alla Gora dell'Eterno Fetore ed a raggiungerla arrivano delle sfere che riflettono la sua immagine, in elegante abito bianco da sera, ad un ballo con tanti invitati. Così viene trasportata all'interno della sfera e danza con Jareth. Questi sono i sogni di Sarah: partecipare ad un ballo con lo stesso vestito che indossa la ballerina del suo carillon. Ed avere ad aspettarla un uomo che attende pazientemente solo la sua venuta... Jareth. Lo stesso Re di Goblin fabbrica le sfere con all'interno le fantasie della ragazza, sopra al balcone/cornicione/parapetto del Castello e con un soffio le lancia verso di lei. Esse volteggiano nel vento sopra al Labirinto fino a raggiungere dove si trova Sarah.
**Questa la traduzione di Within You, la canzone che Jareth le rivolge mentre sono, alla fine del film, nella sala con le scale rovesciate senza inizio né fine (prospettiva tridimensionale di Escher) : COME HAI RIVOLTATO IL MIO MONDO, TU, COSA PREZIOSA "How you turned my world, you, precious thing"; MI LASCI LANGUIRE E QUASI ESAURIRE (O MI AFFAMI E QUASI MI ESURISCI) "You starve and near exaust me"; OGNI COSA CHE HO FATTO, L'HO FATTA PER TE "Everything i've done, 'ive done for you"; IO MUOVO LE STELLE PER NESSUNO "I move the stars for no one"; HAI CORSO COSI' A LUNGO, HAI CORSO COSI' LONTANO "You've run so long, you've run so far"; I TUOI OCCHI SANNO ESSERE (O POSSONO ESSERE) COSI' CRUDELI "Your eyes can be so cruel"; ESATTAMENTE COME ANCH'IO SO ( O POSSO) ESSERE COSI' CRUDELE "Just as i can be so cruel"; OH, (OPPURE "NONOSTANTE TUTTO", SECONDO LE PAROLE CHE RIPORTANO DIVERSI TESTI) IO CREDO IN TE. DAVVERO (O SI', LO FACCIO). "Oh (Thought, secondo altre versioni), I do believe in You. Yes, I do"; VIVERE SENZA LA LUCE DEL SOLE "Live without the sunlight"; AMARE SENZA IL TUO BATTICUORE "Love without your heartbeat"; IO, IO, NON SO (O NON POSSO) VIVERE DENTRO DI TE "I...I... Can't live within You". ***Soliti riferimenti, soliti rimandi a "PROLOGO: DAIMON", "V° LA PORTA DEI SOGNI", "VI° DESIDERO... Parte Seconda". Ed anche, per quanto riguarda il suo essere umano e la sua umanità, a "DAVID? Parte Prima e Seconda".
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