V° LA PORTA DEI SOGNI
Corsivo : punto di vista di Jareth (dialoghi e riflessioni)
Grassetto: Sarah (dialoghi)
Il Re dei Goblins si guardò attorno. Il teletrasporto, se così lo si poteva chiamare, era avvenuto. Forse era più esatto dire materializzazione. Ma dopotutto, non ne era sicuro. Non era sicuro più di niente. Si trattava di Sarah, d'altronde. Come avrebbe potuto essere certo di qualcosa se di mezzo c'era lei, tutto ciò che era stata e che era nel momento attuale, addizionato alla natura del suo potere ed il modo in cui si serviva di esso? Una maniera che non era in grado di comprendere. In più, la sua presunta "follia", convinta d'essere pazza... Perso nelle sue riflessioni, quasi aveva dimenticato di stare accarezzando la fronte della donna, addormentata nel suo letto, tormentata, priva di pace per via degli incubi. Chiuse gli occhi, beato ed inebriato della possibilità di quel tocco, di quelle carezze. Sorrise. Che dono inaspettato. La sua Sarah, tra le sue mani. La sua pelle era morbida e profumata e candida. Le labbra rosee contratte a causa dei brutti sogni. I capelli, tra la tonalità dell'ebano e dell'ossidiana, erano soffici sotto le sue dita. Dimentico, d'improvviso, dell'urgenza di avere delle risposte alla dislocazione spazio-temporale appena avvenuta, fece per cantare, come era solito fare, per lei*. Avrebbe voluto cantarle una melodia dolce e rassicurante, al fine di calmarla. Ma avrebbe rischiato di svegliarla. Ed una volta sveglia, lo avrebbe allontanato? Sì. Come sempre. No, voleva essere soltanto semplicemente e meravigliosamente egoista, rubare quel momento come un ladro d'emozioni sul ciglio degli amori perduti o impossibili, prima di tornare alla prigionia della sfera. Da anni non aveva avuto l'opportunità di osservarla così da vicino, di toccarla. "Che cosa significa?" udì una voce chiedergli, alle spalle. Si volse di scatto, allarmato. Non aveva potere. E se qualcuno avesse voluto ferire Sarah e non avesse potuto proteggerla? Qualcun' altro aveva approfittato dell'accesso al portale? Con sua grande sorpresa, però, riconobbe che la paura che nutriva per la salvezza dell'amata gli aveva confuso perfino i sensi. Quella, era la voce di Sarah. Ed infatti un'altra Sarah, adesso, in piedi, a braccia conserte, l'espressione fiera, il mento in alto, in segno di sfida, lo guardava di rimando, guardinga ed altera, dall'altra parte della stanza. In effetti, c'erano due Sarah nella camera, l'una che dormiva e l'altra a farle da cane da guardia. Entrambe identiche a sé stesse, di trent'anni ciascuna. Rise sommessamente. "Superba ed insolente ti ho lasciato, superba ed insolente ti ritrovo. Suppongo, quindi, che tu debba essere la proiezione del suo inconscio, quella che ha creato la mente di Sarah per parlare con me" allungò un indice verso un punto tra i due occhi spaiati e le sopracciglia, ferito all'idea che l'adorata ancora si sentisse in dovere di difendersi. "Lieto anch'io di rivederti, mia cara". "Che sta succedendo?" si avvicinò la giovane, altezzosa. "Ho immaginato che saresti stata tu ad illuminarmi sull'intera questione, in realtà. Ero in altre faccende affaccendato ed improvvisamente...Sono balzato qui" sottolineò la parola "balzato" per rendere evidente il salto nel varco dei suoi sogni. "Cos'è? Un'altra sfida? Ti ho vinto già un'altra volta, è un avvertimento" si sentì rispondere. Jareth la osservò tra l'infastidito ed il divertito, disorientato, sul punto di impazzire: lei aveva bisogno di guerreggiare. Di mettersi costantemente alla prova. I suoi occhi brillavano come due fari verdi lampeggianti nel buio: erano accesi di una nuova scintilla di vita, che non aveva notato quando, ad esempio, si confidava con la Daimon distesa sul lettino. E quel fuoco si alimentava della stessa determinazione che aveva assaggiato, tempo addietro, sulla sua pelle, mentre la fronteggiava nella sfida del Labirinto. Ne aveva provato personalmente il gusto, quanto potesse bruciare. Quanto, una volta divampato l'incendio, potesse trascinare ogni cosa con sé, inghiottendo anche la più piccola speranza rimasta, consumandola, divorandola, uccidendola. "Per quanto abbia trovato estremamente piacevole giocare con te, Sarah," iniziò imperturbabile, almeno in apparenza, "stavolta, non si tratta di questo. Spiacente di deludere le tue aspettative o contraddire le tue deduzioni o entrambe le cose, immagino." godette a pieno del modo in cui, ancora, era solita trasalire quando pronunciava il suo nome. La vide rabbrividire quando la chiamò nel bel mezzo della frase, senza preavviso. "Perdonami l'essere così tardo nel raggiungerti" riprese, "ma... Senza i miei poteri, ho ragionato in modo ottusamente umano. Ho cercato costantemente un'uscita dalla sfera in cui mi hai confinato, ma mai un passaggio attraverso di essa o attorno ad essa, per superarla, nei tuoi sogni. Io, che ero solito governare i sogni a mio piacimento e che conoscevo i tuoi così bene, addirittura da saperli costruire ed abitare"**. Quanta amara verità in quelle parole. Odiò sé stesso. Si detestò tanto da sentirsi perso. Quale senso poteva trovare alle vicissitudini che entrambi erano costretti a vivere? Nessuno. Avrebbe potuto lanciarsi dalla piccola finestra di cui stava osservando il panorama. Fuori era buio. Con i suoi occhi rapaci da barbagianni s'era sempre trovato a suo agio nella notte, nel vento che portava, nella soffusa luce lunare, nelle ardenti stelle. Eppure adesso, per metà sovrano spodestato, per metà uomo inconsolabile, considerò come, probabilmente, avrebbe potuto schiantarsi al suolo con facilità, privato dell'immortalità. Forse sarebbe potuto morire. Rise tra sé. Che assurda idea! Quant'era ridicolo. Come aveva potuto perdere a quel modo? "E' piuttosto ovvio, ora." ricominciò, inesorabile, "Non avevo percepito abbastanza. Ma con questa cecità e sordità umane a cui mi hai costretto... Sei così crudele." scompose la parola farcendola di rancore. "Comunque, oltremodo non tollero me stesso per aver ritardato. Mi lascerei prendere a calci da tutti i goblins residenti nel castello, adesso. Glielo comanderei" concluse, perentorio, come se ordinasse a quella stessa proiezione di Sarah di farlo. "Tu... mi devi una spiegazione". Come appariva ai suoi occhi? Combattiva. Desiderosa di verità. Regale. Nobile. Sublime e bellissima. Fu investito dal desiderio, inestinguibile e fortissimo, di portarla via con sé. Non importava dove. Direttamente di fronte alle porte eteree del paradiso, una volta morto sotto il suo stesso tocco o dentro la bocca nera ed affamata dell'inferno, poco importava. Se intrappolati dentro la sua mente, intrappolati nell'Aboveground, non aveva importanza. Senza regno, senza sudditi, senza potere, senza magia, senza Labirinto. Senza niente da poter stringere tra le dita a parte una nostalgia che non aveva mai raggiunto compimento. L'ultimo sogno... Solo un uomo eroso ed esaurito da un amore struggente e tormentato. " Ed io sarò il tuo schiavo"... Sì, Sarah lo aveva sempre vinto. Confermava la sua disfatta anche adesso. Cosa pretendeva, così magnificamente, che gli spiegasse? Era tutto così contorto. Come il paradosso delle porte che l'avevano portata alla Segreta***. Si avvicinò ad un orecchio dell'interlocutrice, sussurrandole tra i capelli corvini voluminosi, pacificamente rassegnato: "Non vorrei mai saperti in pericolo per causa mia. Non potrei perdonarmelo, nemmeno se i secoli col mio dolore arrivassero, finalmente, a sgretolare ogni singolo pezzo di me, per espiare la mia colpa. Neanche allora saprei perdonarmi" confessò. L'altra indietreggiò, rossa in volto. "Ho trovato un passaggio..." riprese a parlare il mago, fingendo che nulla potesse ferirlo e che nulla che facesse lei potesse nuocergli, come respingere le sue attenzioni, ad esempio, "Per giungere a te, nei tuoi sogni. Chiunque al momento abbia più della mia forza di volontà - e devo ammettere, mio malgrado, con vivo disappunto" sputò fuori velenoso "che al momento non è ferma e grande quanto è solita essere - ", gli cadde lo sguardo sul medaglione al collo dell'addormentata. Sorrise fugace: non se ne era liberata e lo indossava anche mentre dormiva. Il problema, comunque, persisteva, prepotentemente ed invincibile; Sarah aveva il potere ma non sapeva ancora come usarlo: "potrebbe ascoltarci. Purtroppo, non sei tu adesso la sola a possedere una volontà forte come la mia ed un regno altrettanto grande. Pensi che non ti ascoltassi nel parco mentre recitavi, nell'altra mia forma? Avevo impresso nella mia mente a fuoco, come se qualcuno mi avesse marchiato, quelle tue parole, ancor prima che me le rivolgessi in prima persona****". "Non ho ragione di fidarmi di te" fece la donna, smarrita, come a cercare conferma. " No, infatti, "pensò distrutto e stremato lui. Se Sarah non avesse mai desiderato che Toby sparisse! E se lui stesso non l'avesse accontentata, in passato, appioppandosi il ruolo scomodo dell'antagonista, del cattivo che rapisce i bambini... Su richiesta, tra l'altro, particolare non trascurabile, dettaglio essenziale. Se solo non l'avesse sfidato, se solo non gli avesse chiesto di riprendersi il fratellastro attraversando il Labirinto. Soppesò ogni parola da usare nella mente, prima di rivolgersi nuovamente a lei, come aveva fatto anni orsono nello scegliere quali sfere trascinare, con il suo soffio, verso Sarah, nella foresta oltre la Gora, prima che venisse trasportata dentro i suoi sogni, al ballo con lui. Le parole gli sembrarono rintoccare dentro la testa in modo snervante, come il rintocco delle tredici ore di un tempo. "Potresti iniziare a fidarti di te stessa, tanto per cominciare. Qual' è la tua realtà, Sarah? Chiediti questo. E' quella, la tua realtà?" indicò, un palmo rivolto verso l'alto, la vera Sarah che dormiva nel suo letto, il viso crucciato, la fronte aggrottata da chissà quale pensiero manifestatosi nell'inconscio. "Ne sei convinta? In fondo non ci credi nemmeno tu, io lo so". Vide l'adulta di fronte a lui esitare, gli occhi concentrati bassi, verso il terreno, con un'espressione così profonda, a dir poco abissale, ad illuminarli dall'interno, che avrebbe potuto bucare il pavimento. "Qual' è la tua realtà, Sarah?" ripeté, una volta avvicinatosi di più al suo viso, fissandola intensamente, scrutando ogni sua reazione, come a voler catturare qualsiasi segno di incertezza. Sperò di trovarla, la sua Sarah, la campionessa del Labirinto, a costo di sporcarsi le mani, scavando nei meandri fangosi della follia che l'aveva vinta ed impossessata, nella palude delle ossessioni in cui stava annegando. "Tu. Tu sei la mia realtà. Lo voglio con tutta me stessa, voglio che sia così. Il Labirinto, Gogol, Bubo, Sir Dydimus...". Jareth indietreggiò. La sua Sarah non avrebbe mai fatto di quelle affermazioni, restia com'era solo all'idea, al concetto di ammettere a sé stessa i suoi desideri. Quella era una Sarah perfettamente matura che si confrontava con lui come se avesse capito quale importanza aveva riconoscere ciò che si vuole e successivamente reclamarlo a gran voce. Si sentì colpito in pieno petto da un ariete. Lei... Aveva sentito bene? No, si era ingannato. Sarah gli stava facendo dono dei suoi, di sogni? Che avesse più potere di quanto pensasse, stava manipolando il reale del regno dei sogni secondo ciò che desiderava lui stesso? Aveva detto che lei voleva. Voleva che fosse la sua realtà. Lui. Il suo mondo. Il suo regno. I suoi sudditi. "Bene, mia preziosa." assentì luminoso in volto, come l'alba di un nuovo giorno che trionfa sulle notti più nere, "Mantieni vivo il nostro ricordo, se è ciò che vuoi, hai il potere di realizzarlo". Barcollò. Troppa gioia, violenta, devastante. Si sentì svenire. La proiezione di Sarah gli poggiò le mani sulle braccia, allarmata. Un tocco soffice e caldo eppure così saldo e deciso. Si sentì ancor di più mancare quando notò che stava osservando i punti in cui i suoi guanti si erano lacerati, quasi dilaniati, a forza dei pugni lanciati contro le superfici tondeggianti riflettenti della sua prigione. "Hai incontrato un barbagianni più scontroso di te che ti ha attaccato?" domandò l'immago di Sarah, china su di lui. Lo stregone rovesciò la testa all'indietro, ridendo, cristallino. "Di certo non uno stupido e goffo gufo miope. Un gufo, che assurdità"! ribadì irritato con un sospiro, facendo riferimento al disegno di Toby. "Come fai a...? Tu mi vedi, vero, nonostante cosa sta accadendo in questo momento della mia vita?" lo sconcerto balenò nei suoi occhi smeraldini, sgusciati un poco al di fuori delle palpebre per la sorpresa. Jareth provò una struggente sensazione amara ed al contempo dolce: i suoi occhi... Erano rimasti i prati in primavera di una volta. Chiarissimi, ingenui, innocenti. Puri. Immaginò un altro paio di occhi dentro i suoi e non spaiati. "La Daimon..." proferì ad un tratto, rivolto verso di lei. "La dottoressa. Non ti fidare di lei.". Quando vide il suo sguardo interrogativo posarsi su di lui, disse solo: " Un presentimento." atono, meccanico. "D'accordo, maestà.". "Come siamo cortesi. Ci siamo improvvisamente addolciti, mia diletta?" mormorò. "Solo perché crescendo ho imparato a fare uso della diplomazia. Una caratteristica da non disprezzare, in toto.". Valutò come la nuova trent'enne Sarah, come qualsiasi altro adulto, fosse maturata, rispetto al momento della sua impetuosa giovinezza, dove giaceva la certezza che ogni cosa le capitasse fosse ingiusta e non avesse rimedio. Era una strana mescolanza di entrambe, gli atteggiamenti che era solita adottare in passato tornavano prepotenti, per cedere, alle volte, il passo a quelli più urbani del presente. Quali sarebbero stati quelli del futuro prossimo? "Ci sono così tante cose che vorrei dirti... E chiederti." iniziò impacciata il riflesso di Sarah. Che delizia vederla incespicare. La sua esistenza lo gratificava come niente aveva potuto fare, antecedentemente alla sua venuta, alla sua chiamata. "Ne sono cosciente, Sarah. A tempo debito. Poco alla volta e volta per volta. In modo graduale. Per il tuo bene ed il mio. Devo andare, adesso. Posso approfittare del passaggio fino a quando è aperto e mi sento... Debole. Non sono nel pieno delle mie forze. Viaggiare nella tua mente tra conscio ed inconscio, tra la quotidianità e gli ambienti onirici è estenuante, sai?" trovò la forza di scherzare. "Chiedo scusa." soffiò contrita il sembiante della donna che amava. Sarah stava chiedendo scusa. Chiedendo scusa? Sarah? Impossibile. "Prego?" balbettò esterrefatto, stringendo le palpebre, inclinando da un lato il capo, con la fronte aggrottata, ponendo i palmi sui fianchi. "Hai capito benissimo, io... Perdonami. La mia testa è diventata un luogo inospitale, ultimamente. Mi rincresce molto.". Stava soffrendo. Maledetti, come l'avevano potuta portare a questo? A convincersi d'essere pazza e generare dei meccanismi autodistruttivi? Avrebbe voluto ucciderli, torturarli. Si sentì così stanco. Come se i suoi occhi si chiudessero. Anche quelli di Sarah accennarono a chiudersi, sofferenti*****. "Mi è sempre piaciuta tanto la tua testa. La migliore testa con cui ho avuto a che fare, meglio di tutte quelle dei Fireys****** messe assieme." commentò in risposta alla triste frase che aveva udito dirgli. Ma cos'era diventato, uno scolaretto alla prima cotta? Tentò di ricomporsi come meglio poteva. Doveva andarsene e subito. Non per l'umiliazione, tanto quanto per lo sfinimento che lo stava colpendo. E se si fosse dissolto, perduto nei sogni di Sarah per sempre? Se lo squarcio che aveva trovato per raggiungerla si fosse chiuso? Come nelle favole tanto amate dagli umani, a un certo punto la magia si spezzava, era necessario fare ritorno. Sentiva che era arrivato il momento. Aveva oscillato sul filo del rasoio troppo a lungo. La sentì ridere, un suono dolcissimo, che mai, mai gli aveva rivolto, fin dal loro primissimo incontro quando Toby frignava instancabile. Stava ridendo di lui? Forse. Non gli diede fastidio, sapeva che non si stava veramente prendendo gioco di lui, anzi, il pensiero di averla un poco rallegrata con quell'imbranata affermazione di poco fa, di averla distolta da cupi pensieri, improvvisandosi giullare di corte lo rincuorò, dandogli la forza necessaria per il gesto successivo. Si piegò in un profondo inchino. "E' un prezzo da pagare che accetto volentieri, la fatica, se generata a causa tua. Oso dire che errare nella suddetta testa di poco fa è un piacere unico con cui mi voglio dilettare solo io.". "Resta.". Alzò il volto e lo sguardo fulmineamente. Sentì quell'unica parola detta da lei come un richiamo a cui è difficile resistere. Sarah gli chiedeva di restare con lei. Aveva desiderato di ascoltarla chiedergli questo? Infinite volte. Aveva immaginato si realizzasse? Certamente no. Quando aveva visto evocare, standosene appollaiato su di un ramo, quasi tutto il suo popolo nella camera della quindicenne, appena tornata vittoriosa dal Labirinto, aveva voluto per un'istante che guardasse verso la finestra, lo riconoscesse, lo invitasse ad entrare con loro nella stanza. Avrebbe voluto ascoltarla dire "Rimani" all'albero, sapendo che non si rivolgeva alla pianta o ad una creatura invisibile, ma a lui e lui solo. Adesso, avrebbe potuto spiccare il volo senza tramutarsi in barbagianni, udito ciò. Quant'era crudele la sua Sarah. Farlo aspettare così a lungo, per attimi eterni e concedersi alla debolezza proprio ora. Quanta forza gli richiedeva e pretendeva da parte sua per rinunciare allo stargli accanto, finalmente. Non poteva. Era pericoloso per entrambe le parti. Doveva agire in fretta, oppure indugiando non l'avrebbe mai lasciata. Non le avrebbe mai lasciate andare. Allungò una mano verso la sua e lasciò un delicato bacio sulla sua pelle. Un cortese baciamano. Dopodiché, senza darle il tempo di replicare, si diresse verso la vera Sarah addormentata. "Non sono mai andato via." disse. Osservò la sua stessa figura iniziare a farsi trasparente mentre tendeva le dita verso la sua fronte come poco prima. Gli sembrò un'eternità fa. I polpastrelli la attraversarono come se fosse stato un fantasma. Era quello il suo posto, adesso, l'abisso dei suoi pensieri. Dietro la sua fronte, poco al di sopra degli occhi, dentro alla scatola cranica. Dentro la mente di Sarah. Dentro ad una sfera. Dentro ad un sogno inespresso.
* Come sapete, tutte le canzoni della colonna sonora di Labyrinth (Underground, Magic Dance, Chilly Down, As The World Falls Down, Within You) sono state composte e cantate da David Bowie (a parte quella delle creature del fuoco nella foresta che si staccano il corpo giocandoci, Chilly Down, è composta di suo pugno ma non la esegue lui con la voce), create appositamente per la pellicola cinematografica. Nel film lui stesso ne canta dei passaggi rivolgendosi direttamente a Sarah (come al ballo con As The World Falls Down e nella sala tridimensionale delle scale rovesciate con Within You, praticamente le due canzoni che, per testo, sono le dichiarazioni d'amore del Re verso di lei, ponete attenzione ai versi che le compongono, se ancora non lo avete fatto), quindi ho immaginato che lo stesso Jareth, come personaggio, cantasse per lei. Un altro strumento del suo incanto, la musica, la sua voce. Voleva usarla anche adesso per tranquillizzarla. **E' necessaria una spiegazione? Forse è opportuno, sì. Come ben conoscono i tratti della trama del film Labyrinth i fan o anche chi ne abbia sentito parlare di sfuggita sa che l'argomento "sogni" è fondamentale. Perché gran parte del potere di Jareth si basa su quello. Certo, è immenso il suo potere e converge su tante prospettive. Riflettete sulla frase che gli dice alla fine del film, quando la sala di Escher (l'immagine tridimensionale delle scale rovesciate è creata dall'artista Escher) crolla. "Sarah, bada a te: sono stato generoso fino a questo momento, ma so essere crudele". "Generoso? Che cosa hai fatto di generoso?" "Tutto, tutto! Tutto quello che hai voluto io l'ho fatto. Tu hai chiesto che il bambino fosse preso e io l'ho preso. Tremavi davanti a me e io mi facevo più terrificante. Ho sovvertito l'ordine del tempo. E ho messo sottosopra il mondo intero e tutto questo io l'ho fatto per te. Sono stremato dal vivere in funzione di quello che ti aspetti da me. Questo non è generoso?"... Riflettiamoci: Jareth conosce i sogni di Sarah e li realizza. Come il ballo, ad esempio, era uno di quelli. Lo sfrutta per distoglierla dal cercare e trovare Toby. E in tutto il tempo che trascorre nel Labirinto asseconda i suoi desideri. Prova timore verso di lui e lui si fa spaventoso ai suoi occhi, perché desidera trovare in lui un degno antagonista a cui frapporsi. Lo vuole sfidare per riprendersi il fratellino, glielo concede. Lui manipola il tempo in modo tale che ciò possa avvenire nei tempi giusti, affinché quando ritorni a casa vittoriosa sia mezzanotte e padre e matrigna siano appena tornati. Jareth condiziona le sue realtà, quelle che immagina, quelle che spera, quelle che crede siano vere, per renderle reali. Fa questo. Perciò, mi piaceva pensare che la ritrovasse nei suoi sogni, nelle manifestazioni del suo inconscio. "I sogni son desideri", è dimostrato dalla psicologia che ciò che sogniamo a volte e spesso coincide con ciò che desideriamo davvero. Quindi, volevo che Jareth entrasse in contatto con lei dentro alle sue proiezioni oniriche. Avrà perso veramente TUTTO il potere come crede? O si è semplicemente indebolito, come se Sarah gli avesse sottratto parte dei suoi poteri perché gliene ha fatto dono? "Ma ciò che nessuno sapeva, era che il Re dei golbins si era innamorato della ragazza e le aveva dato certi poteri". Ovvero: il mago era in grado di creare con le sfere i suoi sogni, i suoi desideri, li conosceva, come il ballo ad esempio ed adesso è semplicemente lui stesso a viaggiare nei suoi sogni, senza più poterli conoscere e senza più poterli rendere reali? Da creatore a viaggiatore, da conoscitore a disorientato errante. Forse Jareth non ha perso proprio TUTTO il potere, ma solo cambiato PROSPETTIVA... E verrà spiegato proprio alla fine della storia come sono andate realmente le cose. *** Vi ricordate? Sarah poteva chiedere solo ad uno dei due qual' era la porta che conduceva al Castello. Uno diceva sempre la verità ed un altro mentiva sempre. Un vero e proprio paradosso logico comprovato negli annali! Sarah sbagliò e cadde nel pozzo delle mani e successivamente nella Segreta. In realtà, non c'è una vera e propria soluzione giusta all'indovinello. ****Intendo l'animale che impersona, il barbagianni. E poi per quanto riguarda le parole marchiate a fuoco, mi riferisco al seguente fatto: osserva Sarah sin dall'inizio della pellicola cinematografica, ricordate? Ed attraverso il libro di A.C.H. Smith, per chi ha avuto o avrà l'IMMENSO piacere di leggerlo (sono la donna più fortunata del mondo a possederlo, grazie a mia madre) sappiamo anche che era solito recarsi nel parco quando sapeva che, a una cert'ora del pomeriggio, Sarah si metteva lì a recitare le sue scene preferite. Quindi è un'abitudine, la sua, seguirla da vicino. La spia anche nei momenti della sua giornata in cui non gioca a fare l'attrice. Quando litiga con i suoi, eccettera eccetera. ***** Devo dire che qui mi sono ispirata ad i miei, di sogni. E non quelli in cui coincidono come sinonimo ai desideri. Ma proprio i sogni, le immagini che il tuo inconscio proietta nella tua testa e che "vivi" in prima persona. Ecco, come sogno ricorrente, sogno spesso di sentire gli occhi pesanti, che mi si chiudono. Sogno di avere sonno nel sogno, mentre faccio delle cose o parlo con qualcuno. Non gli do un significato particolare. Ma nello sviluppo della storia lo do ai protagonisti, Sarah e Jareth. Questo sarà soltanto il primo episodio dell'evento che si riproporrà nel susseguirsi degli eventi. Non vi anticipo nulla, potete dargli l'interpretazione che volete, chissà se poi coinciderà col mio, di significato! ******La cosiddetta Gang del fuoco, nell'originale inglese, vi ricordate? Le strane creature che giocano a scomporsi il corpo nella foresta, incoraggiando Sarah a fare altrettanto. I Fireys, con la canzone, si rivolgono a lei con queste parole: "CHILLY DOWN WITH THE FIRE GANG!".
Okay. Duecentocinquantotto visualizzazioni in venti giorni. DUECENTOCINQUANTOTTO. 258? 258! "L'hai già detto!" mi dice uno dei goblins ad inizio film, ricordate? "Sta zitto!" gli rispondono gli altri tutti concitati.
FEELING LIKE A BOSS. Grazieeeeeeeee di cuoreeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee
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