Capitolo 16
Se Nim fosse stata sola, Vega non si sarebbe fatto scrupoli ad approcciarla. La donna che le teneva la mano e camminava dietro di lei, con l'aria di un cane troppo lontano da casa e gli occhi persi nel vuoto, gli regalava una dose di brividi lungo il corpo. Brividi non proprio piacevoli, e che tuttavia non avrebbe potuto definire nemmeno sgradevoli. Erano solo brividi.
Quanti anni poteva avere, quella donna? Nim la superava in altezza, e i vestiti larghi e rovinati non aiutavano a comprendere le sue forme. Però l'energia che le vorticava attorno, quella la sentiva eccome, nonostante i metri che li distanziavano, nonostante le persone che li separavano.
Sparirono entrambe dietro il prossimo angolo. Liam gli diede di gomito. «Ehi, ma che stiamo aspettando?» gli chiese.
Vega raddrizzò il collo, il mento sollevato a fingere una sicurezza che non provava. «Niente. Quella tipa mi dà una strana sensazione.»
L'altro alzò le spalle. «È una senzatetto, cos'ha di tanto strano?»
Niente, eppure tutto. Neanche lui ne era sicuro, così sventolò due dita in aria a scacciare la domanda e intimare all'altro di seguirlo. Chiunque fosse la sconosciuta, non aveva alcuna importanza, aveva aspettato anche troppo a lungo.
Le raggiunsero lungo il marciapiede di una strada secondaria e tranquilla, dove le macchine si permettevano di sfrecciare a una velocità esagerata. Dove fossero dirette Vega non lo sapeva, né gli importava: erano ore che seguiva Nim, sotto le direttive di Miura, e anche se i fulmini dentro di lui lo logoravano da quando l'aveva spiata uscire di casa con la madre, non aveva avuto altra scelta.
Non ce l'aveva avuta davvero.
Ci avrebbe creduto, se avesse continuato a ripeterselo?
La donna che si lasciava trascinare fu la prima a bloccarsi, costringendo Nim a imitarla. Quegli occhi privi di attenzione si sollevarono su Vega, non più vuoti, non più persi. Lui rallentò il passo e deglutì; la mano gli corse al colletto per allargarlo. All'improvviso l'aria era diminuita.
Liam lo tallonava, nascosto dietro la sua grossa mole, e gli conficcò un dito nella schiena. Un chiaro segno, il suo, che Vega non era stato capace di nascondere la propria titubanza. Un monito per ricordargli di darsi un contegno. Perciò lui contrasse la mascella e si raddrizzò, sotto lo sguardo silenzioso della donna, giudicato da un paio di occhi che sembravano non vedere altro nel mondo, a parte lui.
«Nim,» disse lui, e la ragazzina annuì. Sapeva? Miura l'aveva messa al corrente in qualche modo? «Dovresti venire con noi.»
La sconosciuta sollevò un braccio e impedì a Nim di avvicinarsi. Il suo odore, un bizzarro miscuglio di olio di motore, bibite zuccherine e cibo andato a male, si sparse nell'aria. Liam emise un verso schifato, ma Vega rimase immobile, incapace di muoversi. «Un attimo. Chi siete voi?»
Parole perentorie, le sue, peccato che il tono non lo fosse altrettanto: la voce emise un trillo. Una leggera peluria le copriva le braccia. La palese pelle d'oca di lei ebbe un effetto benefico e negativo al contempo per Vega.
Quella donna non sarebbe stata in grado di fargli del male. Purtroppo.
«Ci conosciamo,» le rispose, calmo.
Lei esitò. Abbassò il capo per una frazione di secondo, poi rialzò il mento per guardarlo ancora, per scavare più a fondo dentro di lui. «Davvero?»
Vega sbuffò l'aria fuori dal naso. «Lo so come può sembrare.» Ti prego, fermami, avrebbe dovuto urlarle. Non che un'umana mal nutrita potesse davvero affrontarlo. Sempre ammesso che fosse davvero umana, cosa di cui non era certo per qualche motivo che non si sapeva spiegare. «Ma le assicuro che...»
«Ely, va tutto bene.» Nim le scansò il braccio. Un sorriso le solcava le labbra, ma non raggiungeva lo sguardo.
Vega chiuse i pugni, i fulmini che spingevano all'interno delle pareti del suo stomaco.
«Li conosco,» continuò la ragazzina. «Lui è un mio professore, è preoccupato perché sono giorni che non vado più a scuola. Tutto qui. Giusto?»
Vega si lisciò i vestiti. Poteva davvero passare per un professore, uno come lui? E soprattutto, sembrava abbastanza vecchio?
«Certo,» disse. «Voglio solo fare due chiacchiere con lei e con sua madre.»
Ely, o qualunque fosse il suo nome, non sganciò lo sguardo da lui. La sua mano viaggiava nello spazio accanto a sé, tastava il viso di Nim per poi scendere a tentoni, fino a incastrarsi con le dita dell'altra. Il labbro inferiore le fremeva, e un rossore gonfio le risaltava sotto gli occhi.
Lo analizzò, ma non con la stessa attenzione di un detective. Non cercava indizi su di lui dalla posa che assumeva o dal modo in cui continuava a flettere le dita lungo i fianchi, come facevano gli strizzacervelli. Erano i fulmini di Vega a ritirarsi, avviticchiati gli uni agli altri, terrorizzati da tutta quell'attenzione.
«Vengo con te,» disse alla fine lei.
Vega allentò ancora il colletto. «Sono questioni private e sarebbe meglio di no, ma se ci tiene può accompagnarci a casa sua da sua madre, ovviamente.» Riconobbe lo stesso suono vellutato di Miura nella propria voce. Che verme.
Sperò che non accettasse la proposta. Scuse migliori per convincerla non ne sapeva trovare, e non lo allettava l'idea di prendersela con una senzatetto.
Un'alzata di sopracciglia precedette la fronte corrugata di Ely. Non gli credeva. Ovvio che non gli credeva. Eppure, prima che lei dicesse altro, Nim la tirò a sé, vicina, e accostò il viso al suo. Per un attimo, lui immaginò che si fiondasse fra le sue braccia, invece si limitò a sussurrarle qualcosa. Lui non comprese cosa, e batté le palpebre più volte, composto dove si trovava.
Gli arrivò una gomitata alle costole. Rispose all'occhiata ammiccante di Liam con un sospiro.
Ely serrò le labbra. Scosse la testa. Il riverbero di un tuono baciò i volti di entrambe, e lei gonfiò il petto in un respiro profondo. «Sei sicura?» insisté.
«Va tutto bene.» Nim scivolò indietro, mise distanza fra loro, sebbene le mani restassero allacciate. «Ti porto da Keira, poi torno qui. Starò bene, non vogliono mica uccidermi, dobbiamo solo parlare di scuola.»
Ironico, come la ragazzina scherzasse sulla morte con tanta leggerezza, data la situazione. E forse anche Ely se ne accorse, perché si corrucciò. Poi però annuì, voltandosi verso di lui. «Non puoi aspettare tua sorella, almeno? Dovrebbe sapere anche lei se è una cosa che ti riguarda, no? Keira ha detto che...»
«No,» la interruppe, di scatto. Nim attese alcuni istanti prima di sforzare l'ennesimo sorriso finto ma, anziché spiegarle il perché della reazione esagerata, si puntellò sui piedi e rivolse il busto in direzione di Vega e Liam. «Se mi scusate un attimo, ho promesso di accompagnarla in un luogo.»
«Ti aspettiamo qui.»
Avrebbero dovuto attendere davvero l'arrivo della sorella di Nim. Forse nemmeno lei sarebbe stata capace di abbattere Vega, però chissà, le possibilità c'erano. Una capace di ribellarsi a Miura...
Perfino un'idiota come lei riusciva lì dove lui falliva da una vita. Al solo pensiero i fulmini gli risalirono in gola, a ostruirla con la loro forza sfrigolante. Che creatura miserabile che era, a sperare che qualcuno arrivasse a mettere fine alla sua esistenza.
Nim ed Ely portarono con loro una parte della tensione che permeava l'aria. L'altra parte risiedeva nell'anima di Vega, nel profondo del cuore; compresse la mano contro il petto, forse nella speranza che smettesse di battete e fare così tanto male.
Un rumore metallico lo riportò con i piedi per terra. Dietro di lui, Liam tastava un palo della luce e ne percorreva la superficie con la punta di una chiave. «Sei troppo gentile. Quella là si faceva troppo la gradassa, sai?»
Una bustina di plastica sventolava pigra sui cavi elettrici all'altro lato della strada.
«Pensavo ti fosse piaciuto, lo spettacolo,» commentò Vega piuttosto.
«Non erano male, hanno potenziale.» Liam scrutava attentamente la punta della chiave. Chissà cosa si aspettava di trovarci. «Però potrebbero migliorare. Troppo piccola una, l'altra avrebbe bisogno di una doccia.»
La conversazione morì lì, ed entrambi si persero nei loro pensieri – Liam forse un giorno avrebbe scoperto che non ci si guadagnava niente a grattare un lampione – finché Nim non comparve di nuovo. Appariva più alta e, sebbene la pelle conservasse il colorito pallido e malsano di sempre, per un attimo sembrò un'altra persona. Manteneva un'andatura veloce, muovendo le braccia con la sicurezza e la spavalderia di una teppista di strada, e lo sarebbe sembrata per davvero se non fosse stato per l'espressione concentrata che cozzava con il resto dell'immagine.
Si ficcò una sola mano in tasca, con l'altra si scansò i capelli. «Allora? Quella testa di cazzo di Miura ha cambiato idea?»
Modellava perfino la voce, creando un suono roco e sbagliato. Vega piegò il capo di lato, sorpreso.
Liam le agitò la chiave davanti. «Ehi, ragazzina, vacci piano. Sei fortunata che Miura voglia ancora fare affari con te, dopo quello che è successo.»
La facciata di Nim crollò. Poi si riformò, con il busto che si gonfiava e il mento che si alzava. «È solo uno sbruffone cagasotto.» E arcuò il sopracciglio, tanto per accentuare la recita. Era tanto buffa che Vega si lasciò scappare un sorriso; quello che non si aspettava era di vederla rilassare le spalle e rispondere al suo sorriso, anche se solo per un attimo.
«Forse,» ammise Liam, «però di sicuro è uno stronzo, e non ti conviene giocarci troppo. Se l'affare non è saltato è solo perché hai qualcosa che ci interessa. O qualcuno.»
Nim mosse un passo verso di lui. Tutta la finzione le scivolò via, e la durezza della sua espressione apparve genuina per la prima volta. «Avevamo detto che avremmo lasciato mia sorella fuori da tutta questa storia.»
«Sì, questo prima che lei si mettesse in testa di giocare a fare l'eroina di 'sto cazzo.»
Lei deglutì. «Cosa avete intenzione di farle?»
Vega tirò via Liam, frapponendosi fra i due. «Niente, non abbiamo intenzione di farle proprio niente. Vogliamo solo cominciare ad addestrarti, così puoi mantenere la tua parte dell'accordo.»
Non gli credette. Le pupille le splendevano della stessa luce del lampione, e lo fissarono per diversi secondi. «Adesso? Ma non ha più senso aspettare dopo?»
«Come si impugna una pistola puoi impararlo anche subito,» le rispose Liam con una scrollata di spalle.
Nim non si lamentò ancora, così la condussero all'interno di uno stabilimento abbandonato. Tamaki li attendeva lì, immerso nell'oscurità, intento a raddrizzare delle lattine su scatole di diverse altezze. Ogni suono rimbombava fra le pareti vuote, e alcune scritte oscene spiccavano sui muri scrostati. Qualcuno lo utilizzava come discarica personale e aveva ammucchiato della roba vecchia e inutile – un divano dai cuscini stracciati, cocci di vasi, frigoriferi senza un'anta – in un angolo.
Tamaki alzò due dita in un saluto silenzioso. Liam gli andò incontro e gli diede una pacca sulla spalla. L'altro sbuffò, ma non disse nulla; piuttosto si concentrò sulla figura di Nim, tornata piccola e spaventata. Le porse una pistola, un modello a doppia canna, piuttosto antico. Alcuni solchi percorrevano il legno del manico.
La ragazzina non si mosse, si limitò a fissare l'arma come se non capisse cosa fosse. Quando si decise ad afferrarla, assunse di nuovo la finta sicurezza che non le apparteneva.
«È un'arma a corto raggio,» disse Vega.
Tamaki annuì. «Lei ha l'aria innocente. Avvicinarsi per lei è facile.»
Certo. La strategia non faceva una piega. Tipico di Tamaki. Se la doveva essere immaginata già, una ragazzina dall'aspetto comune, dolce, accostarsi con semplicità a una qualsiasi vittima. Nessuno avrebbe sospettato dell'arma. Nessuno si sarebbe aspettato un proiettile sparato in testa.
Il telefono di Vega emise un trillo, e lui si scusò con un cenno. Si allontanò, lasciando Nim e gli altri al divertimento della lezione di tiro al bersaglio, mentre estraeva il cellulare dalla tasca e rispondeva alla chiamata.
«Vega? L'hai trovata?»
La voce di Miura era l'ultima cosa che desiderava sentire in quel momento.
«Sì,» rispose, secco.
«Senti, ho cambiato idea. Voglio che te ne sbarazzi subito.»
La saliva gli riempì il palato. La mandò giù. «Sbarazzarmene? Intendi...»
«Il prima possibile. Anche adesso, se puoi. Voglio mettermi questa storia alle spalle, ho altri progetti in mente.» Suonava più sbrigativo del solito. Nascondeva qualcosa.
Vega premette con forza il cellulare contro l'orecchio. «Non lo farò.»
Ci fu una pausa all'altro capo, e per un attimo credette che Miura avesse attaccato. Ma poi lui parlò con una tranquillità che gli gelò il sangue. «Non cambia niente. Se anche non lo fai ora, lo farai in un altro momento. Che senso ha resistere?»
Nessuno. Non aveva un cazzo di senso resistere.
Ma Vega schiacciò il telefono fra le dita, e i suoi componenti volarono verso il pavimento.
Anche a costo di perdere il favore dell'uomo a cui doveva tutto, quel giorno non avrebbe ucciso Nim.
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