Capitolo 2 - Appartenere al Bosco degli Scheder
La guardia ci ordina di allinearci, e uno alla volta ci mette i collari di metallo. Il freddo anello di ferro stringe intorno al mio collo, un promemoria costante della mia posizione. La pesantezza del collare non è solo fisica, è un fardello mentale che mi ricorda chi sono: una proprietà, un oggetto, niente più di uno strumento nelle mani di coloro che detengono il potere. Ogni passo che faccio è accompagnato dal tintinnio del collare, un suono che risuona nelle orecchie come una catena invisibile che mi tiene legata alla mia sorte.
Cammino lentamente verso la sala del banchetto, cercando di ignorare il dolore che attraversa il mio corpo. Ogni movimento è una lotta contro la sofferenza, ma non posso permettermi di mostrare debolezza. Guardo Raisa, e i nostri occhi si incontrano per un istante. Entrambe sappiamo cosa significa: dobbiamo dividerci, ognuna di noi con il proprio compito da svolgere, assegnato da Agnes. Raisa mi rivolge un cenno di comprensione prima di allontanarsi, e io faccio lo stesso, sapendo che il destino di questa notte è già stato deciso.
Questa sera la sala del banchetto è stata preparata con cura meticolosa. Di solito, è un luogo vuoto e buio, ma stasera risplende di una lucentezza sinistra. Le tovaglie verdi bosco coprono i tavoli, il tessuto pregiato si distende come un manto lussuoso. I candelabri, lucidati fino a brillare, si ergono come sentinelle, la luce tremolante delle candele getta ombre danzanti sulle pareti. È una bellezza che non ha nulla di gioioso, è una bellezza che parla di potere, di controllo, di terrore.
Darik, l'Alpha, ha deciso di mostrare la sua forza e il suo dominio in ogni dettaglio. Niente è lasciato al caso. Persino l'odore del cibo, che giunge dalle cucine, è un richiamo che parla di abbondanza e di forza. Le carni sono state cotte alla perfezione, e il profumo intenso riempie l'aria, facendomi venire l'acquolina in bocca. Il mio stomaco brontola, ma so che non assaggerò nulla di tutto ciò. Noi non siamo qui per partecipare, siamo qui per servire.
Insieme a due delle mie compagne, preparo le caraffe di vino. Le mani tremano leggermente mentre afferro la prima caraffa, cercando di non versarne neanche una goccia. Il vino è rosso come il sangue, un simbolo di vita e morte, di sacrificio. Lo porteremo nella sala, lo lasceremo sui tavoli, come un'offerta silenziosa ai potenti che si raduneranno qui stasera.
Nella sala principale, Raisa e un altro ragazzo magro stanno finendo di sistemare le coppe e le posate. Le mani di Raisa si muovono con una precisione meccanica, e io so che sta cercando di nascondere la sua paura dietro quei gesti ripetitivi. Osservo il tavolo principale, sopra i due scalini, ornato con ramoscelli di ulivo e rami di edera. Simboli di pace e immortalità, ma qui sembrano quasi un beffardo scherzo, un contrasto con la realtà crudele che ci circonda. Sopra di esso si trova il vessillo del nostro branco: verde bosco con ricami dorati di alberi, rocce, e tre lupi. Il simbolo del branco del Bosco, un simbolo che dovrebbe evocare forza e unità, ma che per me rappresenta solo oppressione e paura.
Darik scende le scale con passo deciso. Indossa solo i pantaloni verde bosco e una cinghia al petto che regge un pugnale. Dietro di lui, il suo Beta, Jasper, lo segue come un'ombra, vestito nello stesso modo. I loro petti nudi brillano alla luce delle candele, muscoli tesi pronti a esplodere in violenza. Darik non ha bisogno di indossare pellicce o altri segni di potere come fanno gli altri Alpha dei grandi branchi; la sua autorità è scritta nei suoi occhi, nel modo in cui comanda con una sola parola o un gesto.
"Mio Beta," dice Darik con una voce che non ammette replica, "vai a radunare i guerrieri di ogni divisione. Dì loro di rendersi presentabili e che abbiano l'odore della terra. Le guardie ai confini devono rimanere vigili e avvertimi quando qualcuno attraversa il confine. Tra poco il nostro ospite sarà qui. Non voglio che niente vada storto."
"Si, Alpha," risponde Jasper, inchinandosi ai piedi del suo leader prima di uscire dalla sala con passo rapido.
Io e le mie compagne portiamo le caraffe di vino nella sala, cercando di non fare rumore, di non attirare l'attenzione su di noi. Ma è impossibile non sentire il peso dello sguardo di Darik su di noi. La sua presenza è opprimente, e il suo sguardo è una costante minaccia. Mi sforzo di mantenere la calma mentre porto le ultime caraffe, cercando di non mostrare la paura che mi attanaglia. Il mio corpo è un campo di battaglia, il dolore si fa più intenso e la mia testa inizia a girare. Non posso permettere che succeda ora. Non posso crollare ora.
Appoggio l'ultima caraffa sulla grande tavola principale, proprio sotto il vessillo del branco. Ma la mia mano trema e la caraffa si rovescia, il vino rosso si spande sul tavolo e gocciola a terra come sangue. Il suono del vetro che si rompe rimbomba nella sala, attirando l'attenzione di tutti.
Agnes si avvicina con passo deciso. Mi afferra per il collo da dietro, stringendo forte, e mi sbatte la testa sul tavolo. Il dolore è acuto, il mondo si oscura per un momento, e il vino che si spande a terra sembra la mia stessa vita che si dissangua.
Agnes avvicina la sua bocca al mio orecchio, il suo respiro caldo contro la mia pelle mentre mi sussurra parole che gelano il sangue. "Preparati, hai una punizione da scontare," dice con un tono che non lascia spazio a dubbi. Poi si rivolge ad alta voce all'Alpha, Darik. "Chiedo scusa, Alpha, ma Muta stasera sarà il giocattolo del nostro ospite. Oggi sono venuti a lamentarsi di lei. È un'ingrata, non merita la benevolenza di questo branco. Forse la notte potrà aiutarla a capire il suo comportamento nei nostri confronti."
Darik annuisce lentamente, il suo sguardo che mi trapassa come un coltello. "E sia," dice con una freddezza che mi gela il cuore. "Chiama un'altra a pulire questo disastro, fai cambiare la tovaglia, ma lascia il vino a terra. Ci penserò io a lei. I nostri ospiti stanno per arrivare e non voglio nessun problema."
Agnes mi guarda con disprezzo, tirandomi per un braccio e buttandomi a terra. "Muoviti e pulisci lo schifo che hai fatto," ordina con voce tagliente. "Hai sentito cosa ha detto l'Alpha. Sei muta, non sorda."
Cerco di alzarmi, ma il dolore si è fatto più intenso, la testa gira e la stanchezza pesa sulle mie spalle come un macigno. Lentamente, mi rimetto in piedi, zoppicando mentre mi tengo un fianco. Recupero una pezza dalle cucine, passando accanto ad Arthur che mi nota, ma non può fare nulla per aiutarmi, troppo occupato a ultimare le portate.
Quando ritorno nella sala principale, i guerrieri del branco si sono radunati. Parlano e ridono ad alta voce, le loro voci risuonano come un'eco minacciosa nella mia testa. Indossano uniformi particolari, non quelle di tutti i giorni, ma abiti che mostrano la loro appartenenza al branco. I loro corpi sono dipinti con segni e simboli, e i pantaloni sono del colore della terra, come richiesto da Darik.
Zoppico fino al punto dove il danno è stato fatto, cercando di evitare i guerrieri che occupano il passaggio. Ogni passo è un'agonia, ogni respiro è una battaglia contro il dolore. Quando finalmente raggiungo il punto dove il vino è stato versato, noto che la tovaglia è stata cambiata e la caraffa sul tavolo sostituita. Ma il vino rosso è ancora lì, sparso sul pavimento come un avvertimento.
Darik è rimasto lì, osservandomi con occhi freddi mentre mi inginocchio per pulire. Agnes si è allontanata, ma la sua presenza opprimente è ancora presente. I pezzi della caraffa sono stati rimossi, ma il vino rosso è ancora lì, come sangue versato in un sacrificio.
"Datti una mossa, sguattera," ordina Darik con voce tagliente. "Non è l'unica cosa che dovrai pulire stasera. Vedi di non perdere tempo."
Mi inginocchio e inizio a pulire, ma Darik non è soddisfatto. "Chinati e lecca il pavimento," dice con un tono che mi fa gelare il sangue nelle vene. Vuole umiliarmi, vuole distruggere ogni briciola di dignità che mi è rimasta. Con le lacrime agli occhi e stringendo i pugni, inizio a leccare il pavimento, cercando di non far trasparire il mio dolore e la mia indignazione. Come può un essere vivente trattarne un altro in questo modo? La natura è fatta di equilibrio, non di avidità. Desidero che tutto questo finisca.
Darik si avvicina e mi tira un calcio alle costole, il dolore è lancinante, e lui urla che sono lenta, che devo muovermi e continuare a pulire. Si china su di me, mi strappa l'unica veste che indosso e mi getta a terra. Sono stordita, il mondo intorno a me è confuso, e il dolore è tutto ciò che riesco a percepire.
I guerrieri iniziano a cantare all'unisono, battendo un pugno sul loro petto. Il suono è ritmico, ipnotico, un richiamo alla violenza che si avvicina. Darik si lecca le labbra, il suo lato animale è in piena mostra, desideroso di gustare la sua preda.
"Sento il terrore gelarti nel sangue," sussurra Darik al mio orecchio, la sua voce è un sibilo che mi perfora l'anima. "Sai che a noi lupi piace questa sensazione nelle nostre prede, è il brivido della caccia che si nasconde nella preda, ma stasera non sarai la mia preda, ma quella dell'Alpha della Notte e del Gelo. Le voci al confine dicono che le donne giacciono con lui provano il freddo della morte. Mentre con i suoi nemici li congela per poi bere il loro sangue finché è caldo. Sono solo voci, chissà se sono vere."
Si allontana da me e si siede sul posto centrale della sala, dietro al tavolo principale. Rimango lì, in posizione fetale, presa dai dolori e dai tremori. I guerrieri continuano a battere i pugni sul loro petto, il suono riempie la sala come un tamburo di guerra, un preludio al caos che sta per scatenarsi.
Le porte si spalancano, e un vento gelido entra nella stanza, portando con sé l'oscurità della notte. Il gelo della notte è qui.
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