1
Tyana's Pov
<<Oh cazzo Ty. Sei così dannatamente bagnata e pronta per me.>> Sibilla Rick, e la sua voce è roca ed eccitata mentre muove velocemente dentro di me due dita e con la lingua calda e bagnata crea cerchi, succhia, e con i denti morde il mio clitoride pulsante.
Sento l'apice arrivare, faccio le contorsioni meglio di un contorsionista, mi dimeno e ansimo a squarciagola quando sento il vulcano dentro di me pronto ad eruttare, e quando sto quasi per venire Rick si ritrae facendomi grugnire e imprecare tra i denti.
Mi gira a pancia in giù e mi fa alzare le chiappe in aria, e senza attendere altro si avventa con una spinta decisa e secca dentro di me facendomi urlare.
<<Così cazzo. Oh Gesù mi fai impazzire quando gemi. Piccola sei una bomba a letto.>> Continua Rick assestando colpi sempre più veloci e sempre più forti.
<<Parla meno e muoviti di più.>> Lo sbeffeggio stringendo con le mani la testiera del letto in ferro battuto, fino a sbiancare le nocche.
<<Va bene Crown, l'hai voluto tu.>> Dice il moro sogghignando, e inizia a sbattermi così forte da sentire la punta del suo pene scontrarsi contro l'utero. Una sensazione dolce amara che mi mozza il fiato tra le pieghe della gola arida.
Con una mano mi tira i capelli e con la lingua lascia una scia bagnata sul mio collo scoperto. Con l'altra mano libera, continua a torturare il mio bottoncino che pulsa, pulsa e pulsa, e lui continua a muoversi dentro di me indemoniato.
<<Ci sono quasi. Muoviti cafone.>> Dico tra un gemito e un altro alzando di più il sedere per andargli incontro.
<<Cazzo sì.>> Grugnisce stringendo tra le dita il mio clitoride pulsante. <<Porca troia, Ty mi fai impazzire. Mi piace scoparti piccola. Sei così calda e stretta e profumata. Mi mandi in tilt il cervello.>> Soffia nel mio orecchio continuando a muoversi dietro di me come un forsennato.
Il suo pene si sta gonfiando sempre di più e allarga sempre di più la mia vagina, e questo mi piace da morire, mi manda in iperventilazione.
Così come la lava scivola sulle pareti del vulcano infiammando tutto quello che le esce in cale, così io prendo fuoco, un calore scottante si impossessa di me e voglio di più, sempre di più.
A letto sono una bestia insaziabile.
<<Rick dai cazzo, puoi fare di meglio.>> Lo incito strusciando il sedere contro il suo ventre piatto, sentendo sempre più vicino l'apogeo.
<<Oh bambina cattiva, ora ti faccio vedere io.>> Si gonfia nelle piume come un gallo pronto a dare spettacolo di sé e in men che non si dica, mi rigira sulla schiena e si mette entrambe le gambe sulle sue spalle lucide e brombe di sudore.
Le sue mani piene di cali, ruvide, stringono in modo rude i miei seni che sobbalzano con ogni sua spinta, crea cerchi intorno ai capezzoli, gli strizza e gli tira facendomi strillare.
<<Vieni per me piccola, lasciati andare.>> Geme Rick stringendo i denti continuando a sbattere le sue anche contro le mie.
<<Sto venendo Rick, cazzo sì.>> Squitisco sentendo il mio corpo irrigidirsi, tremo e mi dimeno sotto di lui. <<Così piccola, così.>> Sibilla il moro e dopo altre due spinte si accascia su di me col fiato interrotto.
Restiamo in questa posizione finché il mio respiro torna regolare, ma Rick si sfila da me velocemente e mette la testa in mezzo alle mie gambe tremolanti, accanendosi sul bottoncino ancora pulsante. Lo succhia, lo lecca e lo morde finché mi regala un altro potente e sfiancante orgasmo.
Quando il moro si alza dal letto e inizia a infilarsi in silenzio, uno ad uno i vestiti, tiro su fin sotto al mento le lenzuola e mi accendo una sigaretta.
Ogni volta succede la stessa cosa!
Ogni ragazzo che passa da me, che scalda il mio letto, lo sa che appena finita la sbaldoria se ne deve andare, deve andare fuori dai coglioni senza fiatare.
<<Allora io vado eh!>> Rompe il silenzio Rick e il tono della sua voce è speranzoso. Povero illuso, si aspetta forse che io mi alzi, lo abbracci e lo supplichi a restare, ma ciò non accadrà né con lui, né con nessun altro.
<<Chiudi la porta dietro di te.>> Rispondo indifferente, soffiando dalle labbra una nuvoletta di fumo senza degnarlo di uno sguardo.
Rick resta fermo accanto al letto, mi fissa per qualche istante e senza aggiungere altro esce sbattendo la porta dietro di sé.
Faccio un altro tiro e schiaccio il mozzicone della sigaretta nel posacenere prima di alzarmi a mia volta per andare a fare una doccia.
Il destino è stato crudele però ora tocca a me prenderlo per il culo, tocca a me fare le scelte giuste o sbagliate che siano. Sono padrona della mia vita e non permetterò mai più a nessuno di infierire. L'ora di accettare che le persone mi mettano i piedi in testa è finita.
Nessuno d'ora in poi deciderà più per conto mio, nessuno più mi schiaccerà.
Da quando mi è stato tagliato il ramo da sotto ai piedi non mi fido più di nessuno, nemmeno di me stessa.
La batosta che ho preso è stata dolorosa, porto ancora i segni, tatuaggi indelebili sulla pelle, sull'anima.
Il male che le persone a me vicine, quelle che hanno preso l'impegno di accudirmi, di tenermi al sicuro, mi hanno inflitto ce l'ho addosso, da testimone fanno tutte le cicatrici impresse sull'epidermide.
Ho imparato che aspettare i comodi degli altri significa tempo perso e ritardi inutili. Ho imparato che non ha senso combattere, tirare con le unghie e con i denti per fare parte di una vita dove non sono desiderata, e non ha senso rimanere in luoghi dove non ho alcun scopo, dove le mie ali vengono infrante, tagliate ancora prima di spiccare il volo.
La vita mi ha insegnato, mi ha fatto capire che bisogna essere riservati. Mai fidarsi di nessuno perché tutti ti stanno accanto con un solo scopo, e poi, quando non servi più ti buttano in un angolo remoto, ti dimenticano.
Ho capito che è meglio non complicarsi la vita con impegni sentimentali, ho imparato a fare la raccolta differenziata per quanto riguarda quelli che dicono di volermi bene. Ho capito che la razionalità non può sempre essere in consenso con il cuore e che entrambi sono soggetti a deviazioni lungo il percorso della vita. Ho imparato a rispettare e accettare le scelte degli altri anche se queste influenzano la mia vita, anche se mi ribaltano l'universo.
Ho imparato che l'amore non deve essere protetto e che non vale la pena piangere, struggersi per persone che non mi hanno mai amato, ma mi hanno abbandonata. Tutti quelli che mi hanno accompagnata per un pezzo di strada, e che poi hanno svolto bruscamente su altre vie, lontani da me, sono stati solo delle ombre che mi hanno privata del sole.
Ho capito e imparato a proprie spese che nessuno è quello che ti fa vedere. Ho capito che dare fiducia alle persone ti porta alla rovina, sul margine di un burrone senza fondo. Meglio stare sugli attenti con tutti, ridere, scherzare, ma mai rivelare troppo di te stesso perché alla prima occasione ti fottono tutti, e nel peggiore dei modi.
Con mille pensieri e ricordi per la testa sto per infilarmi sotto la doccia quando il cellulare inizia a squillare prepotente, e cogliendomi alla sprovvista, sussulto. A passo lento mi avvicino al comodino e appena leggo il nome sopra mi affretto a rispondere.
<<Dimmi tutto capo.>> Dico reggendo il telefono tra spalla e orecchio mentre accendo l'ennesima sigaretta.
<<Tyana ho bisogno di te. Quel figlio di puttana di Marshall ha combinato un casino con l'irlandese.>> La voce rauca di Mike penetra nelle mie orecchie, mi riporta alla realtà, con i piedi a terra, e capisco che il tempo di spassarsela sia finito.
<<Arrivo subito.>> Rispondo sicura di me prima di riagganciare. La rabbia, come un proiettile si schianta nel mio cervello, mi prudono le mani e so per certo che appena avrò davanti a me Marshall lo pesterò a sangue, ma ora devo darmi una mossa.
Butto la sigaretta nel bicchiere di whisky che Rick ha lasciato mezzo pieno e mi vesto velocemente. Quando il capo chiama, bisogna lasciar perdere qualsiasi cosa si fa in quel istante, e si deve correre da lui.
Gli incarichi che Mike mi assegna sono più importanti di una preghiera.
A lui devo tutto quello che so e sono oggi.
Mi ha raccolto dalle strade, mi ha dato un posto dove dormire, un lavoro e fiducia, come nessun altro aveva mai fatto.
Gli devo tutto!
La mia faccia dolce, da bambina innocente può imbrogliare chiunque. Sono pochi quelli che sanno che con me non si scherza perché sono più vendicativa e spietata del diavolo.
Indosso i pantaloni in pelle, la canotta e il chiodo con le borchie, raccolgo i capelli in una coda alta, stendo sulle labbra un velo di rossetto rosso sangue, do una spruzzata di profumo, infilo gli stivali e sono pronta.
Prendo il casco della mia Aprilia V4R dal tavolino dell'ingresso, le chiavi e nascondo dietro alla schiena la mia Beretta Élite da nove mm. Non si sa mai quando mi servirà.
Una volta arrivata in strada un leggero venticello mi smuove i capelli e mi fa stringere nelle spalle. L'autunno sta facendo sentire la sua presenza a Manhattan. Il cielo terso accesso dai colori brillanti del tramonto, l'aria fresca che si schianta sul mio viso e gli alberi accesi da colori sgargianti, mi mettono una tristezza infinita però non ho tempo di soffermarmi sui dettagli.
Infilo il casco e parto a tutto gas, facendo slalom tra le auto. Il locale di Mike dista circa un quarto d'ora in macchina, ma con la moto e la mia mania per la velocità lo raggiungo in meno di sette minuti.
Parcheggio la moto sul retro del bar, saluto con un cenno del capo Joshua, il buttafuori, anche lui come me raccolto dalla miseria da Mike ed entro.
La luce soffusa mi fa sochiudere gli occhi, la musica è a tutto volume, e un via vai di persone fanno diventare arduo il mio intento di arrivare il prima possibile alla mia destinazione.
Nell'aria fluttua una nuvola densa di fumo di sigaretta e odore pungente d'alcool. Ragazze seminude con bicchieri colmi d'alcool in mano si strusciano su uomini di mezz'età ubriachi, con gli occhi iniettati di sangue, creature disgustose che accarezzano con le loro luride mani la pelle giovane delle ballerine.
Rabbrividisco mentre ricordi lontani tirano con le unghie e con i denti per riaffiorare. Gli uccido sul nascere quando i miei occhi si fermano su una scena raccapricciante, che mi rizza i capelli in testa.
Allungo il passo e non appena sono vicina vedo che Jessi, una delle ballerine, viene maltrattata brutalmente da un mezzo sega, e se c'è una cosa che non sopporto è vedere le donne venire picchiate, molestate da pale mosce come questo depravato.
Senza pensare due volte prendo Jessi per un braccio e la sposto dietro di me. La fisso per qualche istante e noto che sullo zigomo sinistro ha un lieve rossore e dagli occhi azzurri, lacrime scendono copiose sulle sue guance.
<<Vai via.>> Le dico a voce bassa prima di girarmi verso il coglione che mi guarda per un attimo attonito e poi inizia a sogghignare.
<<Meglio ancora, quella puttana era fredda come una lastra di ghiaccio. Non voleva succhiarlo anche se l'ho pagata.>> Dice il verme allungando una mano per accarezzarmi il viso. Sorrido di rimando, ma non appena le sue dita sono vicinissime al mio viso, gli prendo il polso e con una velocità sovraumana dettata dalla rabbia che bolle dentro di me, gliela giro dietro alla schiena e con una ginocchiata alla cavità poplitea lo faccio inginocchiare. Intorno a noi le persone si fermano, strabuzzano gli occhi, ammutoliscono e la musica cessa.
Il viscido si lamenta e strilla come una femminuccia, ma io non mollo la presa, anzi, lo faccio soffrire ancora di più schiacciando più forte le sue dita. <<Lasciami andare puttana!>> Sibila l'omuncolo con voce impastata dal liquore ingoiato e dal dolore.
<<Se metti ancora le tue luride mani addosso a un'altra ragazza ti taglio il cazzo e te lo faccio ingoiare, e i coglioni te gli metto al collo come papillon. Hai capito bastardo?>> Sibilo avvicinandomi al suo orecchio. L'uomo grugnisce e poi annuisce dolorante. Giro ancora di più il suo polso e con un calcio alle scapole lo butto con la faccia a terra.
Joshua si fa spazio tra le persone con i gomiti e quando è dinanzi a me sghignazza vedendo il verme tentando di alzarsi.
<<L'ho sempre detto che non c'è bisogno di me quando ci sei tu.>> Dice il buttafuori sorridendo mentre tira su per il colletto il viscido. Gli sorrido e poi punto i miei occhi sul viso arrossato del bastardo che si dimena tra le grandi mani di Joshua.
<<Ora smamma feccia umana. Non voglio più vederti nei paraggi. Pensaci tu amico.>> Dico prima di dargli le spalle e proseguire verso la mia meta. La musica riprende a suonare e il putiferio riparte da dove si era fermato.
Salgo le scale a chiocciola che mi portano ai privé e appena metto i piedi sul pianerottolo incontro gli occhi neri pece di Mike. Mi guarda fiero e allarga le braccia quando sono accanto a sé stringendomi in un abbraccio paterno.
<<Eccolo il mio diamante. Finalmente sei arrivata Ty.>> Dice l'uomo puntando i suoi occhi nei miei, un sorriso caldo ad allungare le sue labbra. <<Che succede Mike? Dove è Marshall?>> Chiedo guardandomi intorno, ma del cazzone nemmeno una traccia.
<<Vieni, parliamo di là.>> Fa segno con la testa verso i separé e senza aggiungere altro si gira, e apre una porta sparendo dentro. Lo seguo a ruota, ma non appena metto piede nella stanza i miei occhi vengono investiti da un'immagine brusca, violenta, che mi mozza il fiato e mi gela il sangue nelle vene.
<<Che cazzo gli è successo?>>
Continua...
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro