Una sola voce
Malva si sta crogiolando sotto il sole, seduta sulla sabbia umida, in pieno bagnasciuga.
Ricordo di averla lasciata in autunno, mentre ora, a giudicare dalla folla di turisti accaldati, siamo in agosto. Dev'essere passato quasi un anno intero. Non so cosa lei abbia fatto mentre io prendevo coscienza di me stesso, di ciò che sono stato e non sono più. Tra noi sembra tornato tutto come prima, sono nuovamente focalizzato su di lei che ora si sta godendo la sua vacanza.
Si stira, si allunga, fa dei gran respiri. Adora il mare, anche solo per osservare il modo in cui la gente gioca spensierata, per guardare l'arcobaleno dei loro vestiti, per sentire la fusione di note dolci delle loro creme abbronzanti. Adora la spiaggia, l'acqua e il sole, eppure, si accorge all'improvviso di non essere felice.
Il cuore le si gonfia, tanto che lei va in affanno e smette di muoversi. Ma che mi succede?, pensa, cercando di comprendere quello che sente.
Io lo comprendo: è come se fosse appena venuta al mondo assieme a tutti i suoi mali, che ora stanno lì e la osservano come si fa con un'estranea. Come la più violenta delle nascite.
Non credo sia un caso: si trova proprio dov'ero io, dove mi sono svegliato nel mio ultimo giorno di vita. Nonché dove mi sono recentemente risvegliato, rinascendo come anima in pena, partorito non da una madre di carne ma da un altrove freddo e buio.
Si guarda attorno, contiene la frenesia che non sa giustificare, ma sente che quel piccolo fazzoletto di spiaggia è testimone di uno dei suoi più brutti ricordi: i miei.
La sabbia è stata rimestata dall'acqua che, a sua volta, si è fatta nuvola e poi pioggia, mentre io non sono ormai che una voce narrante. E quanto a Malva...
Io qui non ci sono mai stata, mai!, ragiona e sbuffa di fronte al suo dejà-vu, imponendo a sé stessa la calma, poi si alza e cerca una doccia.
Lascia che l'acqua fredda le coli a lungo sul capo, poi raggiunge il suo lettino in riva al mare e recupera un fumetto di Dylan Dog che ha portato con sé in caso di noia.
È ben immersa nella lettura, quando una frase la colpisce come una stilettata al cuore: "Forse non sapete che, a torto o a ragione, mi chiamano l'indagatore dell'incubo e le uniche corna che mi interessano sono quelle del diavolo".
Malva torna con i pensieri all'anno precedente, quando l'agenzia investigativa era al suo primissimo incarico. Allora, suo zio Ezio aveva dovuto scusarsi per quel rozzo pedinamento fin dentro la chiesa.
«Malva è intelligente, ma è svampita, come se vivesse in un altro mondo. Quando era bambina, io e sua madre ci preoccupavamo spesso: ha un brutto disturbo dell'attenzione, è dislessica, è disgrafica!, ci dicevano i suoi insegnanti. Sembrava non funzionasse mai nulla. Eppure, lei riusciva sempre a stupirci. Amava leggere, leggeva così tanto che era in grado di farlo sempre più veloce, poco a poco le differenze tra lei e gli altri bambini si sono attenuate. Tra alti e bassi è arrivata all'università, ma nel frattempo ha perso la madre - e, per la cronaca, un padre non c'è mai stato-. Purtroppo a quel punto non era abbastanza ricca per pagarsi gli studi né abbastanza brava da avere le borse di studio. Quando ha dovuto lasciare tutto, ho avuto l'idea dell'agenzia. Avevo da tempo voglia di un lavoretto compatibile con il mio congedo dall'esercito, e Malva invece doveva trovarsi qualcosa da fare, e aveva bisogno di una piccola spinta. Abbiamo seguito un corso per poter prendere l'abilitazione, un corso lungo e approfondito, dedicato in particolare a chi è - o è stato - in ambiente militare. Tuttavia siamo al nostro primissimo incarico, che per mia nipote è il primo lavoro in ogni senso.»
Eugenietta era rimasta in silenzio ad ascoltare, quasi ipnotizzata dal modo convincente in cui il sergente si poneva, poi: «Io però non posso proprio permettermi che il mio fidanzato si renda conto che lo sto facendo seguire.»
«Non accadrà», aveva ribattuto l'uomo, sfoderando uno sguardo tanto sicuro che avrebbe persuaso chiunque.
«No, non accadrà: mi farò da parte», aveva affermato Malva, entrando in scena dopo aver ascoltato tutto da dietro una porta. «Zio, tranquillo, ho capito di aver sbagliato», aveva aggiunto. «Ma non avrei mai dovuto iniziare a lavorare con te, non», sottolineò, impedendo allo zio di contestarla, «occupandomi di pedinamenti. Ho altre abilità. Non ricordo di aver perduto di vista un solo scontrino o altro piccolo pezzo di carta che fosse mio desiderio conservare, mai in tutta la vita. E non esiste cartolina o disegno risalente alla scuola materna di cui io non conosca l'esatta ubicazione qui dentro.»
Detto ciò, Malva aveva scavato uno dei suoi tunnel tra gli oggetti semoventi, aveva aggirato Eugenietta e lo zio seduti alla scrivania raggiungendo nell'ordine: uno schedario, un cassetto e un cestino dei rifiuti. Aveva infine, nell'arco di un minuto o due, messo in mano alla cliente ogni singola testimonianza dell'indagine dal primo all'ultimo giorno, stupendo lei e lo zio per rapidità ed efficienza. «Mi occuperò del lavoro d'ufficio, terrò in ordine ogni cosa senza perdere nemmeno un solo appunto, perché tutto potrà trasformarsi in un indizio. Per il pedinamento, sono sicura che non faticherai a trovare un degno collaboratore nel tuo vecchio ambiente.»
Ezio non aveva potuto far altro che accettare, garantendo per l'ordine e la precisione della nipote, anche se, in cuor suo, gli sembrava di svilirla affidandole un lavoro da segretaria.
«In effetti, so già con chi altri potrei collaborare», aveva annunciato infine, riconfermandosi la fiducia di Eugenietta.
Poi aveva telefonato al maresciallo Moretti, un caro amico che, qualche giorno addietro, si era sfogato con lui parlando della figlia: «Fin da bambina ha voluto seguire le mie orme, anche se alcuni la scoraggiavano. Anzi, più si sentiva dire di non essere adatta, più desiderava dimostrare il contrario. È stata il mio orgoglio più grande quando è entrata nell'Arma, ma anno dopo anno, la vedevo sempre meno felice, al punto che quando ha deciso di lasciare ero dispiaciuto ma non stupito.»
Insomma, Sara Moretti era una trentenne disoccupata con una certa esperienza in indagini civili, oltre che una persona di fiducia: Ezio l'aveva reclutata immediatamente e assegnata al pedinamento di Luigi in orario diurno.
Al termine della settimana concordata, Malva aveva presentato un rapporto completo e obiettivo a Eugenietta: non c'era ragione di sospettare che Luigi frequentasse altre donne o che avesse altri passatempi non dichiarati. Non limitandosi a osservare i fatti di una settimana, almeno, ma questo lo aveva tenuto per sé.
Non so se mi fa più male pensare che quel Luigi l'ha fatta franca, pensa ora Malva, arrotolando e stritolando il suo fumetto tra le mani, o se sono così angosciata perché per un anno intero non mi sono occupata d'altro che di corna e fedifraghi.
La giovane detective si è adattata con facilità a riordinare appunti e redigere resoconti in cambio di uno stipendio, ma, palesemente, di questo è tutt'altro che entusiasta. Forse si era aspettata qualche risvolto emozionante, come quando su quella piazza, davanti alla chiesa, aveva avuto la certezza che il parroco sapesse qualcosa d'inconfessabile riguardo al caso di Luigi Ferrero.
Perché poi sarò venuta proprio a Primini, dove quel maiale ha combinato chissà cosa?, si domanda ancora, scoprendo all'improvviso un astio apparentemente esagerato per Luigi.
Sbuffando, rimette insieme le sue cose e fa un salto in albergo. Prima di tutto sistema su un ripiano le quindici conchiglie che ha raccolto, incastonandole alla perfezione tra quelle dei giorni precedenti. Poi si lava, si asciuga, si veste in fretta e scende al piano terreno per esercitare il suo diritto alla pensione completa. Senza doverci pensare, mette in borsa tutti gli usa e getta non deperibili con i quali viene in contatto.
Dopo cena esce, passeggia stancamente sul lungomare e si ferma a osservare un gruppo di amici seduti a un tavolo. Intuisco che è la sua prima vacanza solitaria dal modo in cui li scruta. Il suo sguardo si posa in particolare su uno dei ragazzi, lineamenti orientali e fisico morbido, sorriso radioso. Ha qualcosa del Buddha della felicità, pensa, sorridendo nella sua direzione.
Lui la nota e, spigliatissimo, si alza e le fa: «Ferma lì, tu hai gli occhi come gli spiriti magici!»
I suoi amici ridono, Malva sorride soltanto. «Sì, almeno due spiriti diversi.»
«Sei da sola? Vuoi sederti con noi?», prova lui.
«Sì, sono solissima, grazie!», risponde lei, avvicinandosi allegra senza nascondere che era ciò che aveva sperato fin da quando li aveva visti ridere e scherzare tra loro. Ordina una Caipiriňa, chiacchiera un po' con tutti, poi, quando il giovane Buddha le propone una passeggiata non trova ragioni per obiettare.
Ha come una luce interiore che irradia anche all'esterno...
È a suo agio con lui.
I due camminano a lungo. Vien fuori che lui è uno studente di medicina e che sta lasciando indietro un vecchio esame di chimica organica. Allora lei gli racconta di quell'anno che ha provato a studiare chimica, per poi darsi alla fisica e alla matematica. Tre buchi nell'acqua di cui non va fiera, ma gli argomenti di conversazione non le mancano, tanto che i due si allontanano dalle spiagge, raggiungono un vicolo buio che sembra attenderli.
Ho i brividi, ma loro continuano a chiacchierare.
L'atmosfera amichevole prende a dissiparsi, si fa più rarefatta mano a mano che il vicolo li inghiotte.
C'è silenzio, i due si guardano.
«Sono proprio veri quegli occhi?», dice lui, ponendosi di fronte a lei.
Malva sorride. «È proprio vera la tua luce interiore?», ribatte. Lo fissa aspettandosi che lui la baci, ma in quel momento inizia ad avvertire i miei brividi come propri.
«Hai freddo?», le domanda lui, sfiorandole il braccio con la mano.
Malva scuote lentamente la testa, riprende a sentirsi timorosa, a disagio. Ogni piccola crepa tra i muri, ogni mattone e ogni asperità sul vecchio marciapiedi disconnesso le sta raccontando la mia storia.
Anch'io lo sto facendo, pur non sapendo come. Le parlo di me, e ho i brividi, con lei. E ho mille domande. Ero proprio io quel ragazzino? Cosa è successo qui? Com'è stato possibile?, ci chiediamo all'unisono, come fossimo una cosa sola.
«Malva?», prova a distoglierci il ragazzo, ormai un terzo incomodo.
E lei non riesce a respingere una delle tante domande che affollano la nostra mente: «Credi sia possibile uccidere un uomo a mani nude?»
«Cosa?»
«Voglio dire, ad esempio, spingendo molto forte i suoi occhi all'interno del cranio.»
Il ragazzo fa un passo indietro. È quasi un medico, sa che è possibile ma non riesce a dirglielo.
Io lo so anche meglio, solo non voglio crederci.
Malva torna con me. Torniamo a quella tragica notte, fino a gridare per il dolore e ad accasciarci a terra, in lacrime. Quando riapriamo gli occhi, vedo che quello azzurro le ha congelato il viso; quel viso che, in qualche strano modo, in questo particolare momento, è anche il mio.
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