Capitolo 39
L'improvviso arrivo di Antonella in casa Pirozzi, aveva spiazzato tutti. Il suo ritorno, per quanto sorprendente e per certi versi inopportuno, aveva lasciato Max stranamente freddo ed indifferente. L'uomo si era limitato ad ospitare la madre di sua figlia con la gentilezza con cui avrebbe accolto un familiare che non vedeva da tempo, evitando di riflettere più del dovuto sul motivo della sua inaspettata ricomparsa.
Dopo quasi un anno di lontananza, Antonella gli appariva diversa. Sebbene si presentasse ancora come l'indipendente ragazza che mal s'adattava alla consuetudine dei ruoli tradizionali, percepiva che qualcosa in lei fosse profondamente cambiato. Trovava ancora discutibili certe sue scelte del passato, non riuscendo tuttavia a biasimarla più di tanto. Sentiva che l'amore che li aveva uniti si fosse trasformato, diventando col tempo un sentimento di fraterno affetto e sincera amicizia. Da parte sua Antonella pareva non porsi problemi sulla questione, continuando a comportarsi e a muoversi per casa come se nulla fosse veramente cambiato. Sebbene dormisse nello studio di Max, sembrava non avvedersi della sua condizione di momentaneo ospite, concentrata com'era a parlare della sua vita e a coccolare la sua bambina. Quella figlia era diventata per lei la creatura più fantastica e perfetta al mondo, nonostante in passato avesse rinunciato a svolgere il ruolo di madre. Zoe l'aveva letteralmente conquistata ed ammansita, facendola sentire molto più felice di quanto fosse mai stata in tutta la sua vita. L'unica che viveva con una certa apprensione ed in maniera totalmente ostile quell'improbabile sodalizio familiare, era senza ombra di dubbio nonna Egle. La Pirozzi non parlava mai con l'ex compagna del figlio, evitando totalmente ed accuratamente di considerarla. Ad Antonella la sua ritrosia andava benissimo, considerando che quell'impicciona della madre di Max non le fosse mai piaciuta davvero. Proprio per questa reciprocità di sentimenti, la forzata convivenza dell'improvvisata famigliola procedeva senza troppe sorprese o scossoni emotivi.
Pochi giorni dopo il suo arrivo, Antonella aveva espresso il desiderio di accompagnare personalmente la bambina dal pediatra per la consueta visita mensile. Pensava fosse giunto il momento di presentarsi al dottore, che non aveva mai conosciuto la mamma di Zoe. Max felice che la figlia passasse del tempo con lei, accettò di buon grado la sua proposta. Appena Antonella e Zoe se ne furono andate, si stese sul divano del salotto. Negli ultimi periodi soffriva di insonnia, stressato dai troppi problemi e dalle devastanti incognite che lo tormentavano. Forse un riposino l'avrebbe rinfrancato, quindi chiuse gli occhi assaporando per qualche momento il silenzio della stanza.
«Quando se ne andrà la vagabonda?», chiese Egle entrando precipitosamente in salotto.
Max sdraiato sul divano, riaprì gli occhi e la fissò irritato. Constatò che il romantico vestito a fiorellini rosa su fondo grigio indossato da sua madre, non ne riuscisse comunque ad ammansire l'animo. Egle era sempre e comunque sul piede di guerra ed ora lo squadrava, attendendo una sua reazione verbale.
«Mamma ti prego!», bofonchiò l'uomo sfinito dalle sue battute pungenti.
«Ti ho solo chiesto quando la vagabonda si toglierà dai piedi, non l'ho mica chiamata col suo vero nome... », esclamò.
«E di grazia, quale sarebbe il suo vero nome?», chiese lui.
«Rompiballe!», rispose l'altra ridacchiando.
Il divertimento di sua madre gli appariva quello di una bimba monella in procinto di commettere una birichinata. Le piaceva tanto dileggiare la sua ex compagna, apparendo quasi soddisfatta della sua insolenza.
«Forse vorrà concupirti per accasarsi nuovamente con te», esclamò Egle convinta.
«Togliti dalla testa queste assurdità», rispose Max allibito.
«Probabilmente Hong Kong, non è più di suo gradimento e vuole tornare al paesello», continuò petulante lei.
«Non credo proprio, sai?», spiegò il giovane divertito. «Ha detto che vuole passare del tempo con Zoe e poi mettermi al corrente su alcune cose...».
«Davvero?», esclamò l'altra struggendosi dalla curiosità.
Max sorrise sotto i baffi, felice di veder sua madre fremere al desiderio di conoscere le novità di Antonella.
«Sappi però che qualunque siano le sue nuove, non riuscirà a sedurti. Sarò presente io a fermarla!», esclamò minacciosa la cartomante. «Quindi sarebbe qui solo per la piccola?», aggiunse poco convinta.
«Esattamente», rispose il figlio.
«Davvero una madre modello!», sbottò velenosa.
Pirozzi finse di non aver sentito.
Sperava davvero che Antonella non avesse i propositi che quell'erinni di Egle pronosticava. Cercò per questo di cambiare discorso.
«Hai sentito la signora Monica per caso?», chiese interessato.
«La sento quasi tutti i giorni», rispose la donna. «Mi ha pure confidato che la nuova compagna di Andrea Landi è in stato interessante», continuò con disappunto.
Max sussultò. Nonostante la sua cautela nel giudicare l'operato altrui non riusciva a non biasimare la fretta con cui l'ex marito di Elsa avesse ricominciato una nuova vita. In fondo però ciò non era importante. Antonella ed Andrea oramai rappresentavano il loro passato. Ci sarebbe stato lui ad attendere il risveglio di Elsa, lui e nessun altro, perché nessuno al mondo avrebbe potuto amarla con la stessa dedizione. Elsa doveva solo preoccuparsi a tornare, era quello il suo più grande auspicio ed il suo unico desiderio.
Le condizioni della malata continuavano ad essere stabili. Anche se respirava autonomamente e non aveva bisogno di macchinari che ne garantissero la sopravvivenza, giaceva in una sorta di strana letargia. I sanitari sempre più sconcertati, continuavano ad alimentarla per via endovenosa non spiegandosi la causa del procrastinarsi del suo risveglio. Nonostante le loro perplessità, il professor Prushenko aveva definito una sua personale teoria su quanto stava accadendo alla poveretta.
Il docente era abbastanza convinto che la donna avendo recuperato i suoi ricordi e preso atto di operare in due dimensioni completamente diverse, tenesse in "stand by" il suo corpo in questa dimensione, nell'attesa di decidere se tornare o meno alla realtà presente.
Max considerò che se la teoria di Prushenko fosse stata esatta, ora Elsa si sarebbe trovata in un mondo parallelo popolato da persone fisicamente identiche a quelle della realtà da cui proveniva. Chissà se quel "Massimo" di cui gli aveva parlato, la trattava bene? Forse era proprio lui che la teneva prigioniera a Korkian e le impediva di tornare a casa. Un'angoscia opprimente gli vietò di continuare a pensare. Tentò di calmarsi, considerando che se quell'ipotetico Massimo gli fosse somigliato almeno un poco, avrebbe sicuramente voluto molto bene ad Elsa.
Lo squillo del campanello di casa lo distolse dai suoi pensieri.
«E' arrivato Martino», esclamò Egle recandosi ad aprire la porta.
Max udì la voce del professore e la risata di sua madre.
Si alzò lentamente dal divano, sistemando con cura il telo che lo ricopriva. Raggiunse quindi la cucina, sorprendendo Prushenko ed Egle discorrere fitto fitto.
«Come va, Max?», esclamò il professore stringendogli la mano.
Il giovane sorrise, senza sapere cosa rispondere. Purtroppo per lui, nulla sarebbe stato lo stesso senza Elsa.
L'uomo lo fissò con i suoi occhietti vispi.
«Diglielo!», disse Egle. Martino si ritrasse quasi non volendo parlare.
«Diglielo!», ordinò nuovamente la donna.
«Cosa dovete dirmi?», chiese Max preoccupato.
Con imbarazzo fu sua madre a cominciare il discorso.
«Avremmo pensato... », esordì incerta Egle. «Insomma vorremmo...Forza Martino fai l'uomo e spiegaglielo tu!», concluse in maniera comica.
Prushenko la fissò stupito.
«Coraggio Martino, che sarà mai? Mi dica quello che dovete, per cortesia!».
L'ometto si bloccò per un attimo, cercando le parole più appropriate.
«Caro giovanotto, vorrei registrare la sua voce» , esclamò il professore.
Max lo fissò stupito.
«Sta scherzando vero?», esclamò attonito.
«Assolutamente no! Vorrei registrarla per poi farla ascoltare ad Elsa tramite degli auricolari>>, spiegò il professore. «Lei dovrà semplicemente parlare alla ragazza, proprio come farebbe se fosse sveglia», aggiunse poi con tranquillità.
«Crede possa essere efficace?», s'informò l'altro incerto.
«Lei è l'unico motivo che tiene ancora Elsa su questa terra... Non con i piedi, certo, ma con il cuore», esclamò il professor Prushenko commosso.
Il giovane uomo distolse lo sguardo da Martino, letteralmente scosso dalle sue parole. Dovevano tentare il tutto e per tutto per permetterle di tornare, anche servendosi di procedimenti che potevano apparire assurdi. Si sentì sperduto e confuso, come quando da bambino aveva lottato contro il vento per trattenere tra le dita il filo del suo bellissimo aquilone. Doveva allo stesso modo, tentare di guidare Elsa dalla sua parte, richiamandola a sé senza mai allentare la presa. Se l'avesse lasciata andare, così come era accaduto per l'aquilone , anche lei si sarebbe persa per sempre nell'infinito.
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