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Capitolo 26

Quando arrivarono alla casa di famiglia, il sole era quasi tramontato. Massimo osservò l'enorme astro di fuoco lasciare il posto alla sera, la quale avrebbe condotto come sue ambasciatrici, le due pallide lune di Terram. Sentiva di aver bisogno di quel crepuscolo ristoratore, sia per ripararsi dalla calura, sia per porre finalmente epilogo a quella intensa giornata.

Da due anni non calpestava il suolo natio e non rivedeva sua madre, rimasta il solo membro della famiglia a vivere in quell'enorme casa. L'edificio semisferico, era di dimensioni considerevoli e si divideva strutturalmente in vari piani, come conveniva alla residenza di una famiglia agiata. Suo nonno non aveva badato a spese quando aveva deciso di edificare una casa per la famiglia, esigendo un'abitazione con innumerevoli stanze e giardini d'inverno.

Elsa contemplò estasiata la bellezza di quell'edificio, affascinata dalla tinta opalescente della sua superficie. Non aveva mai visto in vita sua un materiale così lucido e particolare, variegato da riflessi rosa e dorati che donavano alla costruzione un'apparenza raffinata e leggera.

«Con che tipo di marmo è realizzata la costruzione?», chiese ipotizzando che la superficie fosse stata edificata con quella pietra.

Pirozzi ancora visibilmente scosso dalla loro precedente parentesi amorosa, si volse verso di lei stupito.

«Quale marmo? Si tratta di "Ecolal", il noto cemento ecologico scoperto dalle famose chimiche Monroe e Taylor».

Elsa si bloccò fissandolo attonita.

«Non dirmi che stai parlando di Marilyn Monroe ed Elizabeth Taylor!», chiese mistificando un irriverente divertimento.

«E di chi altrimenti?», rispose lui.

La donna mascherò un pesante disagio, mentre Pirozzi continuava a complimentarsi con lei per le sue conoscenze in campo scientifico.

«Sono veramente felice ti sia ricordata di loro. Lo vedi che non sei del tutto avulsa all'attualità e che c'è un collegamento tra te e la vita reale?», osservò soddisfatto il medico.

Elsa, vedendolo entusiasta per il suo presunto miglioramento, lo lasciò crogiolarsi nelle sue speranze. Si limitò quindi a sorridere, evitando di confessare che conosceva le due signore come miti del cinema, piuttosto che come illustri scienziate. Non si spiegava da dove la sua mente traesse quelle conoscenze, le viveva come reminiscenze vivide e chiare di quello che immaginava un sogno inquietante. Solo un volto e un nome tra tutti, emergevano rassicuranti da quel velo di perplessità. Il volto ed il nome erano gli stessi dell'uomo che aveva innanzi, ma che per qualche strano scherzo del destino, sembrava non vivere la stessa vita che lei ricordava.

Nonostante tutto ciò, si sentiva sollevata e soddisfatta di constatare che Massimo si fosse finalmente rilassato e ripreso, dall'imbarazzante "liaison" di poco prima. Lei invece, non aveva rimorsi per l'irrefrenabile momento di passione vissuto con lui, sapendo di aver desiderato ardentemente quell'istante da tanto tempo. Dopo la sua ultima "crisi letargica", aveva preso consapevolezza di una verità ineluttabile e totalmente atipica. Il Max di cui erano popolati i suoi sogni e i suoi pensieri, non era assolutamente un parto della sua fantasia. Sentiva di provare dei forti sentimenti per quest'uomo e sapeva che fossero ricambiati.

Si stava delineando nella sua coscienza l'idea che Max esistesse quanto il professor Massimo Pirozzi. Questo convincimento la portava a supporre che quei due uomini, così simili per aspetto e cuore ma non per stato sociale, potessero essere un'unica persona. Ovviamente non capiva nella maniera più assoluta, come questa possibilità potesse essere razionalmente credibile o logicamente spiegabile, eppure nel suo profondo sapeva di non sbagliare.

Inoltre non riusciva neppure a comprendere la sensazione, di essersi sentita imprigionata all'interno di uno spazio angusto e buio. Viveva quell'incubo come un ricordo vivido e reale, confortato solo dalla voce cara di una donna che l'esortava a tornare alla vita. Ma quale vita? Elsa se lo chiedeva sbigottita.

In balia ognuno dei propri pensieri, i due viaggiatori sostarono ancora per qualche istante sulla strada, contemplando silenti la casa di famiglia. Sembrava stessero prendendo tempo, il primo per ricongiungersi al suo passato e la seconda per abbracciare il suo futuro. La sosta non durò molto, perché quasi immediatamente furono raggiunti da due uomini della servitù, che ossequiosi e cordiali li accompagnarono all'interno della magione. Vennero quindi introdotti in una splendida sala arredata con mobili in quarzo rosa e accessori ricavati da materiali di recupero, dove Egle Pirozzi, nota astronoma e studiosa di fenomeni naturali di Terram, li attendeva in compagnia della sua giovane collega Aurelie Corsi.

Egle Pirozzi nonostante fosse trascorso molto tempo dall'ultima visita di suo figlio, accolse con distaccato affetto il congiunto. Non era sempre stata una donna così glaciale e poco espansiva. Massimo ricordava che durante la sua fanciullezza, fosse stata una madre serena e sempre allegra. Aveva trascorso un'infanzia meravigliosa, viaggiando con mamma e papà nelle lande più interne ed isolate di Terram. Le ricerche scientifiche dei genitori, lo avevano portato a raggiungere anche i luoghi più inospitali ed impervi del pianeta, eppure Massimo aveva sempre respirato amore e complicità in seno alla sua piccola famiglia.

Purtroppo dopo la morte del marito avvenuta circa trentatré anni prima, a causa di un'epidemia di glin-glen, Egle si era lentamente ed inesorabilmente chiusa in se stessa.

Massimo sapeva che lei provasse un affetto viscerale nei suoi confronti, ma comprendeva anche che la sofferenza a seguito della perdita dell'amore della sua vita, avesse scavato dentro di lei dei solchi profondi. Forse se la sua bambina non fosse nata morta, Egle avrebbe avuto nella nipotina un motivo plausibile per tornare ad essere felice. Purtroppo però la Dea non aveva concesso a lei quella consolazione e a lui quest'enorme felicità. Abbandonò queste tristi riflessioni pensando che nulla, neppure il dolore, avrebbe potuto cambiare quella mesta situazione.

«Che la pace sia con te caro, sono felice di rivederti», esclamò sua madre andandogli incontro. Egle vestita con uno stravagante abito arancione, abbracciò con misurato affetto il suo figliolo.

Massimo invece, ricambiò la sua stretta con trasporto, felice di rivederla dopo tutto quel tempo.

«Che la pace entri nella tua casa, madre. Ti vedo in forma smagliante!», esclamò fissando il suo volto ancora levigato ed i suoi occhi azzurri.

«Non posso lamentarmi», rispose lei con un mezzo sorriso.

«Permettimi di presentarti l'amica di cui ti avevo accennato tramite corriere», esclamò tentennante, indicando Elsa.

Pirozzi sperò che l'ospite entrasse nelle grazie di sua madre, poco amante delle novità e degli estranei. In virtù di questo, pochi giorni prima di partire alla volta di Korkian, aveva incaricato un corriere di consegnarle una pergamena da parte sua. Attraverso il messaggio annunciava il suo imminente arrivo, informandola che avrebbe condotto con sé una cara amica. La poveretta originaria di Snorke, una città sulla costa settentrionale, non avrebbe raggiunto in tempo la famiglia per i festeggiamenti in onore della Dea. Quindi riteneva indispensabile offrirle la loro ospitalità, per farla sentire meno sola in una ricorrenza così solenne.

La straniera ignara delle sue perplessità, si avvicinò con sicurezza al gruppetto. Indossava un elegante abito color acquamarina ma esibiva una strana acconciatura, ridicolizzata da assurdi capelli gialli.

«Che la pace sia con te», esclamò Elsa stringendo la mano alla padrona di casa. Egle Pirozzi osservò l'ospite con malcelata diffidenza. Quella donna le appariva alquanto strana ed eccessivamente particolare. Dal canto suo, anche Elsa fissò allibita il look della padrona di casa, la quale ostentava una vaporosa acconciatura bluastra con mèches argentee. La Pirozzi insomma, le appariva più simile a una punk underground che ad una seria ricercatrice ed astronoma. La giovane che l'accompagnava poi, l'aveva osservata con supponenza fin dal suo arrivo ed Elsa si chiese cosa avesse potuto fare di così tanto sgradevole per infastidire quella signora.

«Aurelie, cara! Ti rammenti di mio figlio?», esclamò la madre civettuola.

«Oh come dimenticarlo! Era uno degli scapoli più ambiti di Korkian», rispose la ragazza, arrossendo lievemente.

«Ma non di Badalee» affermò Massimo, cercando di stemperare con l'ironia l'atmosfera imbarazzante che si era venuta a creare.

Aurelie Corsi, una trentenne procace e sensuale, lo fissò con uno sguardo intrigante e languido. Il medico non colse subito la sua provocazione, mentre Elsa assistendo a quella scena, sentì divampare in sé una furibonda gelosia.

«Figurati Massimo», esclamò la Pirozzi cambiando discorso, «che Aurelie è qui solo per una fortuita coincidenza».

«Ma che fortuna!», esclamò Elsa pungente.

La Corsi sembrò non accorgersi del suo sarcasmo e cominciò a osservare esclusivamente Massimo, quasi fosse l'unico astante presente nella stanza.

«Ma davvero?», chiese l'uomo dando una gomitata alla sua accompagnatrice per zittirla.

«Forza Aurelie!», esclamò Egle, «racconta a mio figlio ed alla sua ospite il motivo della tua presenza».

La giovane donna sorrise, iniziando a raccontare le sue vicissitudini.

«Ero stata mandata dalla professoressa Pirozzi a distribuire alcuni prototipi della sua recente e lasciatemelo dire, rivoluzionaria creazione: il tubocchiale», spiegò sicura. «Mi sono quindi recata a Swarsward, dove ho potuto rifornire alcuni noti astronomi con dei tubocchiale, fatti costruire apposta per loro», continuò con atteggiamento aulico la Corsi.

«Madre, complimenti è davvero una notizia fantastica!», esclamò Massimo felicitandosi con Egle. «Non avrei minimamente supposto, che quegli scienziati oscurantisti e obsoleti di Swarsward, potessero apprezzare la tua invenzione!», notò piacevolmente sorpreso.

La scienza infatti, che fino ad allora si era concentrata prettamente sull'esplorazione dell'ambiente e sullo studio della fauna e della flora di Terram, intesa non solo come pianeta ma anche come essenza stessa della Dea Madre ora, a causa degli sconvolgimenti astronomici, si era obbligata a studiare la volta celeste. I fatti che purtroppo avevano determinato il quasi completo annientamento della vita e obbligato uomini, animali e piante ad abitare sull'unica parte di Terram non ricoperta dal mare, avevano scosso tutto il mondo scientifico.

«Ebbene», continuò Aurelie attirando l'attenzione di tutti su di sé, «stavo giustappunto insegnando loro come si utilizzasse il tubocchiale , quando abbiamo osservato nel cielo una interessante anomalia... Era previsto restassi solo una luna in quella città, ma ho trovato opportuno rimanere ancora. Ho così raccolto quanto più materiale possibile su quel singolare fenomeno. Quindi per studiare tutto con maggiore calma e competenza, sono tornata dalla migliore astronoma di tutto il mondo...», concluse sorridendo ad Egle con autentica stima.

«La cena è servita, signori», esclamò un servitore entrando silenziosamente nella stanza.

L'uomo che indossava un'improbabile livrea verde pistacchio, sorrise rispettosamente ai presenti.

«Grazie Ambrosius», esclamò la padrona di casa rispondendo al suo annuncio.

«Ah dimenticavo», aggiunse l'uomo vestito di verde, «il turbante della signora Elsa è stato recapitato poco fa da un valletto di una delle botteghe del corso».

«Veramente notevole quella donna!», dichiarò Massimo, «ha fatto davvero presto a cucire il tradizionale cammeo al centro del copricapo e recapitarci la merce».

Aurelie Corsi fissò per un attimo Elsa, facendosi sfuggire un sorrisetto sarcastico. Trovava quella donna assai insipida e sgraziata e si chiedeva che tipo di amicizia la legasse a Massimo. Egle le aveva confidato che suo figlio dopo la separazione, fosse ancora irrimediabilmente solo. Così anche per questo motivo, aveva approfittato della circostanza per fermarsi a Korkian e conoscerlo di persona.

Quell'uomo le era subito piaciuto dal primo momento che lo aveva visto anni prima, quando era solo una giovane studentessa della Pirozzi. Purtroppo però ora, l'entrata in scena di quella poco allettante "amica", rimescolava le carte in tavola.

Avrebbe facilmente scoperto cosa c'era tra loro e se fosse stato necessario, avrebbe usato ogni tattica seduttiva per portarlo via ad Elsa.


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