Capitolo 25
Massimo Pirozzi e la commerciante di vesti, avevano soccorso con solerzia e preoccupazione la povera Elsa. Il professore era angosciato oltre che per l'ennesima crisi letargica della donna, anche per il luogo dove l'inopportuno episodio si era verificato.
Durante il viaggio verso Korkian, la paziente non era stata vittima di nessun mancamento improvviso e questa circostanza insperata, lo aveva illuso su un provvidenziale miglioramento delle sue condizioni fisiche e mentali. Purtroppo però, Elsa era ricaduta nel totale torpore, quasi una forza incontrollabile l'avesse risucchiata dal suo corpo per condurla chissà dove.
La paziente dopo essere stata trasportata in una stanzetta del retrobottega, venne sistemata su un giaciglio di fortuna, che veniva usato di sovente dalla negoziante per la siesta della seconda ora dopo mezzogiorno. Si trattava di un semplice e basso materasso, imbottito con lavanda essiccata al sole e foderato da uno spesso tessuto opalescente.
Pirozzi , preoccupato per il prolungarsi del suo torpore, le controllava regolarmente il polso, elargendole delle piccole sberle sulle guance nella speranza di farla rinvenire.
«Posso rendermi utile in qualche maniera?», chiese la negoziante ansiosa.
Massimo non rispose, ma trafficò con una mano nel borsello di stoffa che teneva allacciato alla vita. Portava con sé solo lo stretto indispensabile, ovvero delle monete e qualche boccetta dei medicinali assunti abitualmente da Elsa.
Al loro arrivo a Korkian aveva incaricato il vetturino che li aveva accompagnati in città, di recapitare a sua madre i suoi bagagli. L'uomo aveva svolto tale compito prima di tornare da dove era venuto, non dimenticando di riferire alla padrona di casa che il figlio si sarebbe attardato per alcune compere. Il grosso del suo equipaggiamento quindi, si trovava già nella residenza di sua madre, la quale abitava poco distante da dove si trovavano e probabilmente li attendeva con trepidazione.
Afferrò la bottiglietta di Clallamalta Verde, una pianta dalle proprietà eccitanti e si sedette sulla sponda del giaciglio su cui era adagiata Elsa. L'estratto di quella pianta, assai rara su Terram, non era di certo usato con leggerezza in medicina. Quel denso concentrato vegetale, serviva principalmente per risvegliare i pazienti a seguito di qualche raro intervento chirurgico. La disciplina chirurgica su Terram, era una specialità ancora poco utilizzata e si ricorreva ad essa in casi estremi. Molto spesso infatti, il paziente non moriva per la malattia che l'aveva colpito, ma inspiegabilmente per il decorso post operatorio. Non si conoscevano ancora le cause di queste improvvise morti, che spesso avvenivano anche quando tutto sembrava procedere per il meglio. Si ipotizzava però, si trattasse di una contaminazione che le carni incise dagli strumenti chirurgici, contraessero a contatto con l'aria. Solo pochi fortunati erano sopravvissuti ad un intervento chirurgico e proprio per questo motivo, molti luminari si opponevano a questa crudele ed innaturale pratica.
Recuperando il suo proverbiale sangue freddo, il professor Pirozzi posò alcune gocce dell'estratto di Clallamalta sulle labbra di Elsa ed attese. Di solito si utilizzavano solo piccole quantità di estratto per far tornare in sé un soggetto stordito dalle sostanze ipnotiche preoperatorie, ma sembrava che sulla sua paziente tale concentrato non producesse alcun effetto evidente.
La negoziante fissò sconvolta il volto preoccupato del medico.
«La signora è morta?», chiese con un filo di voce.
L'uomo non rispose ma sollevò una palpebra semichiusa della dormiente, osservando sollevato che la sua pupilla reagisse debolmente alla luce.
«Un sorso d'acqua, per cortesia», chiese pacatamente alla donna.
La commerciante si accomiatò velocemente da loro, riapparendo poco dopo con una ciotola tra le mani.
«Ecco», esclamò trafelata, «E' l'acqua più fresca che ho trovato».
Massimo sollevò la testa della paziente ed afferrò la tazza dalle mani della corpulenta donna.
«Forza, beva un po' d'acqua», sussurrò ad Elsa che cominciava a riaprire gli occhi.
Un rumore di passi ed una voce maschile richiamarono la proprietaria nel negozio. La donna si accomiatò, felice di vedere che la povera inferma si stesse risvegliando. Sarebbe tornata a verificare le sue condizioni, dopo aver servito il cliente che la esigeva a gran voce.
Elsa bevve qualche sorso d'acqua, poi spostò con una mano la ciotola da sé. Sorpresa fissò il medico sgranando gli occhi, quasi fosse stupita di rivederlo.
«Tutto bene?», chiese Massimo.
Lei non rispose, continuando ad osservarlo incantata e seduttiva. Pirozzi si stupì di tale atteggiamento ma indugiò ancora per qualche istante nel suo sguardo, mentre sostenendole la testa, cercava d'appoggiare la tazza con l'acqua sul pavimento.
Rapidamente le braccia di lei, gli cinsero il collo, avvicinando con passione il volto al suo.
«Max, amore mio!», esclamò sospirando.
Contemplò per un istante il suo volto maschio e i lucenti occhi ambrati. Quindi, quasi presa da un impeto di voluttuoso ardore, premette le labbra turgide e carnose contro le sue. La sua lingua molle ed umida, scivolò lasciva nella bocca di lui, che rispose con trasporto al suo bacio. Le loro lingue si sfiorarono eccitate, lambendosi via via sempre più voracemente. Massimo la strinse a sé con desiderio, mentre Elsa si stendeva sul giaciglio trascinandolo con lei.
Pirozzi percorse con le mani il suo corpo caldo e morbido. Le sollevò la veste eccitato, iniziando smanioso ad accarezzarle il ventre e scendendo poi lungo le gambe. Elsa gemeva dal piacere e quando la mano di lui s'insinuò tra le sue cosce, pregò che quell'istante durasse in eterno. Era finalmente tra le braccia di colui che amava, di colui che sentiva completamente ed unicamente suo. Era certa di conoscerlo da sempre e di aver vissuto con lui altri momenti, che tuttavia non riusciva a collocare in quella realtà.
I loro corpi continuarono a strusciarsi avidi sul pagliericcio di lavanda esiccata, mentre Massimo, seguitando a baciare bramoso le labbra bollenti di lei, gemeva per l'eccitazione. Quella donna era sua, gli apparteneva da sempre, e lui la desiderava sopra ogni altra cosa al mondo
Non aveva mai desiderato nessun'altra come lei. Forse neppure Antonella, la sua ex moglie. Si vergognò di provare quel genere di sentimenti ma non seppe più trattenersi quando Elsa si sbottonò la parte alta del vestito, scoprendo le mammelle carnose e profumate.
Massimo sentì il suo sesso ergersi turgido mentre lei, continuando a baciarlo sulla bocca, lo carezzava eccitata. Stuzzicato, affondò la testa tra i suoi seni caldi.
Cosa stava facendo? Aveva forse dimenticato di essere uno psichiatra?
Probabilmente era solo un povero imbecille, che si stava approfittando subdolamente di una sua paziente. Come aveva potuto agire in quella orribile maniera sapendo che Elsa soffriva di una malattia psichica ed aveva assunto un potente eccitante come la Clallamalta? Probabilmente si era fatto trasportare dall'avvenenza della signora Ferrari, o molto più semplicemente era da troppo tempo che non faceva l'amore con una donna.
Udì la voce della negoziante nell'altra stanza, parlare fitto fitto con quelli che per loro fortuna, dovevano essere dei clienti indecisi. La donna descriveva minuziosamente le caratteristiche della stoffa con cui era stato realizzato uno degli abiti. Massimo non capiva completamente ciò che diceva, per via dell'insonorizzazione prodotta dal cemento ecologico con cui si stavano costruendo tutti i nuovi edifici, ma sapeva che lui ed Elsa dovevano ricomporsi. Presto i clienti se ne sarebbero andati e la padrona del negozio li avrebbe raggiunti. Non voleva che li trovasse in intimità, non avrebbe potuto permetterlo. Si staccò da Elsa.
«Max che fai?», esclamò lei amareggiata.
«Non può e non deve succedere nulla tra noi», esclamò lui a fatica.
«Max non ti ricordi di me?», chiese lei con gli occhi lucidi.
Max! Lo chiamava Max, come quel amico immaginario che aveva inventato nelle sue fantasie e che era la copia positiva di lui.
«Non sono Max», esclamò turbato, «sono il professor Massimo Pirozzi, il tuo psichiatra».
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