Capitolo 23
Il viaggio verso Korkian a bordo di un carro trainato da due massicci cavalli e condotto da un indisponente vetturino, non fu certamente dei più agevoli. I frequenti sbalzi di temperatura ed i furibondi temporali che introducevano la stagione monsonica, avevano richiesto prudenza e numerose soste durante il percorso. Nonostante ciò per il professor Pirozzi, rivedere la sua città natale dopo tutto quel tempo, era stata un'emozione intensa e sorprendente che decise di assaporare con tranquillità. Così, una volta giunti a destinazione, Massimo congedò senza tante formalità il conducente del carro, pagandolo per il servizio reso. Voleva mostrare le bellezze del suo luogo natio ad Elsa ed una passeggiata a piedi lungo le vie della città, gli pareva il giusto intermezzo prima di rinchiudersi nella casa di famiglia.
Korkian era una metropoli a tutti gli effetti e rappresentava una delle città più grandi del mondo abitabile, successivamente alla "Grande carestia e pestilenza". Dopo il cataclisma che aveva colpito il pianeta, lasciando poca terra emersa a disposizione dell'umanità scampata alla morte, l'architettura e l'organizzazione delle città avevano cambiato decisamente faccia. Nell'agglomerato urbano dal quale provenivano, esistevano ancora casupole di vecchia concezione dalla forma squadrata e con tetti spioventi. A Korkian invece, tutto ciò apparteneva ormai al passato e le abitazioni singole come i palazzi, erano progettati e realizzati in forma semisferica. La città era un insieme intricato di viuzze, giardini verticali e mercatini con ogni genere di merce. Elsa camminando al fianco di Pirozzi, si stupì dei sorprendenti colori della natura che la circondava.
«Cosa c'è che non va?», chiese Massimo guardando la sua espressione incredula.
«Non ho mai visto alberi simili...», spiegò lei tentando di decifrare l'impossibile realtà che si ergeva innanzi al suo sguardo.
«Purtroppo Korkian è una delle pochissime città in cui sono ancora presenti», esclamò Massimo illudendosi d'aver capito.
«Intendevo dire che non ho mai visto questo genere di alberi. In vita mia ne ho visti molti, moltissimi, ma mai così...»
«Così?», chiese interdetto l'uomo, tentando d'interpretare la fantasia sfrenata della sua paziente.
«Esatto! Non ho mai visto alberi come questi, dalle chiome candide e dalle sfumature violacee. Gli alberi solitamente sono verdi...», tentò di spiegare la Ferrari.
Massimo trattenne un risolino.
«Ne è sicura? Solo verdi?», esclamò divertito.
«Quasi sempre ma dipende anche dalla stagione... In autunno le foglie ingialliscono.»
«Che mondo straordinario deve essere quello che descrive... Purtroppo la realtà è molto più banale!»
Elsa non riuscì a trattenersi, ed entrambi scoppiarono in una sonora risata.
I due camminarono ancora per qualche minuto, facendo attenzione di non finire investiti dai numerosi carri che passavano lungo la strada.
«Ha bisogno di un nuovo vestito, quello che indossa non è neppure della sua misura», considerò Massimo.
Elsa guardò il suo abito, non si era mai accorta di quanto fosse brutto e poco femminile. Il tessuto leggero non faceva scorgere nessuna delle sue forme e terminava a pochi centimetri dalla caviglia. Solo il colletto e le maniche erano minimamente lavorate. Sembrava forse una miserabile, agli occhi di Massimo?
«E' già tanto che ne abbia uno», esclamò la paziente, «era l'unico abito discreto che le infermiere sono riuscite a rimediarmi per il viaggio».
«Proprio per questo dobbiamo disfarcene», esclamò ridendo Massimo. «Korkian è una metropoli alla moda e questi indumenti sono troppo dimessi per una signora di città.»
«Concordo», affermò la donna.
Avere un abito decente per presentarsi nel migliore dei modi in casa Pirozzi, le pareva il minimo. Massimo le aveva consigliato di non raccontare a sua madre nulla della sua storia clinica. La signora Egle avrebbe dovuto crederla una amica del figlio, la quale non potendo raggiungere la famiglia a Svasward, la città più a nord del continente abitabile, aveva accettato la loro ospitalità.
Quel giorno la città era in fermento. Gruppi di operai stavano adornando le strade ed i palazzi con ghirlande di fiori e rami di settario, un arbusto che ad Elsa ricordò tanto l'alloro.
La festa in onore della Dea cadeva tutti gli anni nel periodo precedente alle grandi piogge monsoniche. Per circa tre mesi, il continente sarebbe stato sferzato dalla pioggia e per questo la celebrazione avrebbe rappresentato l'ultimo momento di svago di quell'anno. Facendo attenzione al via vai delle carrozze che trasportavano i cittadini intenti a far compere per il banchetto che ogni famiglia avrebbe organizzato nella propria casa, attraversarono la strada e raggiunsero una piccola botteguccia. Si trattava di un semplice fabbricato di forma semisferica, privo di porta e con finestrelle rotonde che permettevano alla luce di penetrare all'interno del locale. Dietro il bancone, una donna grassoccia di mezza età con un turbante arancio in testa, stava sistemando alcune vesti.
«La pace entri nella tua casa!», esclamò Pirozzi entrando nella bottega.
«Anche nella tua ed in quella di chi ti accompagna!», rispose la donna prontamente.
Elsa sorrise alla sconosciuta.
«Vorrei un vestito nuovo per la mia amica», spiegò Massimo.
La donna posò sul bancone una pila di abiti multicolori, accuratamente ripiegati uno sopra l'altro.
«Ecco questi sono arrivati proprio ieri da Candace, la città dei tessuti e dei colori», spiegò raggiante.
Elsa osservò le vesti che la donna stendeva sul bancone, stupendosi per la brillantezza delle loro tonalità.
«Questo modello va a ruba», esclamò alzando una veste color ciliegia.
«Non mi piace», esclamò Massimo, «ci vorrebbe qualcosa di più consono alla carnagione di Elsa».
La commerciante fissò il volto della cliente. In tutta la sua vita non aveva mai visto un incarnato così chiaro e dei capelli tanto strani. La pettinatura poi era inadeguata.
Chi avrebbe accettato di pettinare i propri capelli raccogliendoli in quella specie di codino? Non aveva mai visto in tutta la sua vita, nulla di più inusuale e di cattivo gusto.
«Potrei mostrarvi un modello verde acqua con turbante viola», esclamò. Doveva tentare di tutto per coprire quei capelli inspiegabilmente gialli.
«Vediamolo», esclamò Massimo.
La donna uscì dal bancone ed afferrò un vestito da uno scaffale.
«Ecco questo è l'abito di cui vi parlavo», disse dispiegando la veste.
Elsa fissò quel colore lieve e traslucido con sorpresa.
«E' stupendo!», esclamò afferrando la tunica dalle mani della commerciante.
«Lo provi», esclamò la negoziante indicandole una tenda, dietro la quale era stato ricavato un angusto spogliatoio.
Quando uscì dallo stanzino, vestita a festa, Massimo Pirozzi ebbe un sussulto.
«E' davvero stupenda», esclamò il medico sbigottito.
«Si», rispose la commerciante, «Ora proviamo il copricapo. Prendo il turbante», esclamò allontanandosi.
«No, non voglio il turbante», la bloccò Elsa.
La donna si girò e la fissò sorpresa.
«Come saprà per la festa della Dea è usanza coprire il capo con un turbante, non può mancare di certo», dichiarò basita.
Elsa la fissò preoccupata.
«Certo signora Ferrari», intervenne Massimo, «le donne lo indossano guarnito con un cammeo al centro».
«Mentre gli uomini lo portano abbellito da una piuma di pavone o di Dodo», esclamò ridacchiando la commerciante.
«Esattamente! Io ad esempio lo decoro con una piuma di Dodo», rispose Massimo.
«Da dove vengo io i Dodo sono animali oramai estinti», si lasciò sfuggire la paziente.
La donna la fissò incredula.
«Non è possibile», esclamò stupefatta, «il Dodo è un uccello tipico del nostro continente ed è presente nello stemma della città di Baddalle».
Elsa tacque. Non si spiegava come fosse arrivata in quel luogo e non riusciva a ricordare nulla delle città nominate dai suoi interlocutori. Korkian, Svarsward, Candace, Baddalle, non le ricordavano nulla, non avendole mai sentite nominare prima di quell'assurdo viaggio.
Soffrì pensando che il suo unico contatto con la realtà fosse esclusivamente il suo psichiatra, il professor Massimo Pirozzi. Fissò i suoi occhi sereni e leali, sentendo improvvisamente il suo cuore battere all'impazzata. Provava dei sentimenti per quell'uomo e se ne vergognava.
«Prendiamo sia il vestito che il turbante», disse il medico alla commerciante.
«Benissimo signore», esclamò lei lanciando un'occhiata malevola ad Elsa.
Pirozzi stava pagando l'abito quando la paziente avvertì la solita vertigine. Si appoggiò al bancone stremata e tremebonda, sperando che la crisi passasse. Ma non fu così.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro