Capitolo 22
Erano passati tre giorni dalla notte della vigilia e da tre giorni Elsa era assente da casa Pirozzi.
Max l'aveva attesa invano, sperando inutilmente in una sua ricomparsa, che malgrado tutto tardava a verificarsi. L'assenza di lei, l'aveva completamente annientato e nessuna rassicurazione esterna appariva adatta a risollevarne il morale.
Egle aveva tentato di consolarlo in tutte le maniere possibili, spiegando che probabilmente quella prolungata assenza, rappresentasse solo un segnale positivo per la futura risoluzione del caso. Secondo la Pirozzi, Elsa si era riappropriata del suo corpo ed ora attendeva solo il momento propizio per riaprire gli occhi in questo mondo. Proprio per questo motivo dovevano pazientare e concederle dell'altro tempo, poiché la situazione che si trovava ad affrontare aveva bisogno di evolvere senza fretta.
Nonostante le rassicurazioni materne, Max non riusciva a darsi pace. Il pensiero di non rivedere più Elsa, gli procurava una sofferenza talmente forte da farlo sentire totalmente annichilito e depresso. Sebbene la sua amica fosse fatta di solo spirito, era cosciente di non aver mai conosciuto una donna così meravigliosamente affine al suo temperamento in tutta la sua vita. Era convinto di aver voluto bene ad Antonella, la madre di sua figlia, ma sapeva di amare ancor più Elsa, in una maniera assolutamente matura e completa. Provava per lei un sentimento così totalizzante da non poterlo paragonare a quello provato per nessun'altra donna e tale consapevolezza lo rendeva incapace di svincolarsi da questa passione, tanto invadente quanto impetuosa. Forse il grande amore nella vita era davvero uno solo e probabilmente lui, fino a quel momento, non l' aveva mai incontrato veramente. Tremò a quel pensiero, sentendosi improvvisamente triste e solo, consapevole che prima di allora avesse solo creduto di amare. Non c'era stata nessuna ipocrisia nelle sue intenzioni, aveva vissuto con devozione il suo sentimento per Antonella ma ora, a distanza di un anno, si rendeva conto che il loro amore non fosse totalmente autentico. Non voleva neppure pensare di aver gestito con superficialità il rapporto con la sua ex compagna. Sapeva d'aver sinceramente creduto potesse essere la donna della sua vita, ma ora era convinto che non lo fosse e che non lo sarebbe mai stata. Ringraziò mentalmente la madre di sua figlia per essersene andata. Probabilmente aveva capito tutto prima di lui e con la sua sofferta uscita di scena, gli aveva permesso di prendere consapevolezza di sé e delle sue vere emozioni.
Alla luce di questa nuova scoperta, riconobbe che l'unico appiglio che gli rimaneva in quel momento difficile, fosse unicamente sua madre. Egle gli impediva di impazzire, rassicurandolo con ottimismo e convincendolo su una probabile, quanto positiva, conclusione della situazione.
La realtà però era totalmente diversa e sebbene la sua spavalda sicurezza lenisse il dolore del figlio, in cuor suo Egle celava e tratteneva pesanti inquietudini sulla riuscita della faccenda. In fin dei conti si trattava della sua prima esperienza con quello che aveva tentato di descrivere come un "corpo astrale" , e non poteva immaginare minimamente cosa stesse accadendo ad Elsa in quel preciso istante. Conosceva poco sull'argomento anche se aveva assistito ad alcune conferenze in merito e letto le testimonianze di chi affermava d'aver sperimentato dei viaggi astrali. In realtà Egle non credeva che Elsa fosse ancora legata al suo corpo fisico e nonostante il cuore continuasse a pulsare aiutato dalle macchine, si era convinta che la povera ragazza fosse oramai morta da diverso tempo. Probabilmente Elsa non aveva compreso la situazione in cui versava oppure la negava, ostinandosi a respingere con tutte le sue forze tale atroce e scomoda verità. Proprio per questo motivo la sua anima vagava nella prima sfera del mondo astrale, quella occupata dalle anime senza fissa dimora. Esse, dopo il trapasso, vagavano nei luoghi in cui avevano trascorso la loro esistenza, assistendo ed osservando la vita di chi avevano lasciato. Queste anime si trattenevano sul piano fisico senza avvertire il bisogno di entrare in mondi superiori, rimanendo sul pianeta anche per un lungo periodo dopo la morte. Sperò che Elsa non si trovasse prigioniera di un corpo che caparbiamente ed inutilmente tentava di riconquistare, sentendosi colpevole per averla convinta ad intraprendere quel difficile percorso. Chiuse gli occhi per un istante. Non voleva far intuire a Max la sua pena, doveva essere forte per lui e per Zoe. Era certa che Elsa prima o poi sarebbe tornata da loro, anche se esclusivamente come spirito. Questo era quello che lei ed il figlio desideravano profondamente. Elsa doveva tornare a casa, in qualunque maniera o forma le fosse stato possibile.
«Mamma», la chiamò Max.
Egle si scosse dai suoi pensieri e guardò il figlio che teneva in braccio la nipotina.
«Ti va di darle la pappa?», chiese sconsolato porgendogli la piccina.
La donna accolse la bimba, osservando stranita la faccia del suo ragazzo.
«Ti senti male? », chiese preoccupata.
«Effettivamente non mi sento in perfetta forma. Hai voglia di fare quattro chiacchiere?», rispose lui.
«Vieni in cucina. Parleremo mentre preparo la pappa a Zoe», rispose comprensiva.
La cucina era nel caos totale. Dopo la "scomparsa" di Elsa, tutto sembrava essere diventato un peso. Anche la semplice organizzazione dei locali della casa, non appariva più così necessaria.
«Accidenti!», esclamò Egle, «più tardi azionerò la lavastoviglie e sistemerò un po' l'appartamento».
Max l'ascoltò poco interessato.
«Non possiamo far vivere Zoe nel caos più totale. Se qualche assistente sociale vedesse com'è ridotta questa cucina, sarebbe capace di portarti via la piccola», sbottò la donna sistemando la nipotina sul seggiolone.
«Mamma , Elsa mi manca!», urlò disperato lui.
Quella frase secca e disperata echeggiò nelle orecchie di Egle, come il rumore di uno sparo. Sentiva tutto il dolore del mondo nella voce di suo figlio, non riuscendo a trovare niente da dire per arginare la sua disperazione. Decise di preparare della farina lattea a Zoe e per questo mise sul fuoco un pentolino con dell'acqua. La bimba, ignara della tristezza di suo padre, richiamava la loro attenzione emettendo degli allegri gridolini ed agitando un sonaglino multicolore.
«Beata innocenza», esclamò Egle accarezzandole il visetto roseo. Sorrise compiaciuta alla nipotina e poi fissò il volto del figlio.
Max seduto davanti al tavolo della cucina, rispose al suo sguardo fissandola con gli occhi lucidi di pianto.
«Non fare così», disse Egle, «non lasciarti andare in questa maniera».
«Non ce la faccio», rispose il figlio, «Elsa è stata l'unica che mi abbia veramente compreso».
«E di Antonella che mi dici? », rispose la donna mescolando in un piattino l'acqua tiepida alla farina lattea.
«Dici che Elsa tornerà ?», chiese lui ignorando la sua domanda.
Egle tacque.
«Credi almeno che sia riuscita a ricongiungersi al suo corpo fisico?», continuò Max confuso.
«Lo spero davvero», esclamò Egle imboccando Zoe, «si spiegherebbe il motivo per cui non è qui».
«Devo andare all'ospedale, voglio sapere come sta.»
«Non essere insensato», rispose la donna, «non darebbero di certo informazioni così personali ad un estraneo».
«Non ho alternativa», dichiarò addolorato.
«Calmati figliolo!», sbottò Egle pulendo la boccuccia di Zoe con il bavaglino. «Non fare sciocchezze. Ci sono altri modi per aver notizie di Elsa e comunque non è la prima volta che sparisce...», aggiunse sovrappensiero.
«Te ne sei accorta anche tu?», chiese sorpreso Max.
«Sì. Una notte mi alzai e venni in cucina a prendere da bere. Lei non era in casa, ne sono certa!»
«E' successo anche a me un paio di volte. E ogni volta, non è riuscita a spiegarmi dove fosse stata», ribatté Max stupito.
«Ovviamente non detti peso a tutto ciò», esclamò Egle, «sai, questi spiriti come sono fatti...».
«Non proprio...», rispose Pirozzi, «come sai è la prima volta che ne vedo uno, anche se credo che Elsa non sia uno spettro come gli altri».
«Comunque so come avere sue notizie», esclamò Egle raccogliendo con il cucchiaio l'ultima pappa rimasta sul piatto ed imboccando Zoe.
«Come?», s'informò Max sorpreso.
«Ho il numero di sua madre registrato nel cellulare», rispose la sensitiva ricordando la recente telefonata di Elsa alla signora Monica.
Max la fissò con sospetto ed Egle pregò non le facesse altre domande.
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