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Capitolo 11

La notte trascorse lenta e agitata, scossa dalla furia degli elementi. Le raffiche di vento e la furiosa tempesta diminuirono via via la loro intensità con le prime luci dell'alba, diffondendo bagliori che tuttavia non mitigarono del tutto il gelido presagio dell'imminente inverno. Elsa con il beneplacito dell'eccentrico vicino, dopo un breve ma difficoltoso tragitto, fu finalmente accolta in casa. Qui trovò riparo dalla bufera, dai fulmini e dal vento impetuoso che flagellava spietato la natura e le abitazioni circostanti. Con suo sommo stupore apprese che nessun fantasma o corpo astrale, potesse entrare in un'abitazione privata senza esplicito invito da parte del suo occupante. Grazie a questo chiarimento, comprese il motivo per cui i suoi tentativi di suonare il campanello di casa Pirozzi o quanto meno oltrepassarne il giardino, si fossero risolti con un nulla di fatto. Una barriera invalicabile aveva schermato la dimora del suo dirimpettaio, impedendole di accedere alla sua proprietà. Questa nuova consapevolezza la lasciava sbigottita ed amareggiata, facendola sentire ulteriormente respinta da un mondo che forse non le apparteneva più.

Nonostante queste riflessioni la facessero oltremodo soffrire, Elsa si sentiva confortata dalla cordiale ed inattesa ospitalità del suo vicino Max Pirozzi. Inaspettatamente era riuscita a dare subito del tu a quel giovane uomo, cosa alquanto strana per il suo carattere ed il suo temperamento.

L'appartamento, arredato con gusto, si presentava nel complesso molto allegro e ben distribuito. L'insieme era un tripudio di colori e di armonia. L'allegria e la leggerezza di quegli ambienti non trasparivano solo grazie alla presenza del variopinto tappeto su cui erano sparsi i giocattoli della bambina, ma era anche esaltato dalle pareti tinteggiate con allegre tonalità pastello e dalle policromatiche e suggestive riproduzioni naif appese al muro. Tutt'intorno un soave odore di borotalco e di neonato rendeva quella casa un nido, dove la vita dominava con tutta la sua forza, la sua potenza ed il suo rinnovamento. Max. dopo averla fatta accomodare in cucina, dove il mobilio beige veniva esaltato dalle suppellettili colorate, era corso in bagno a togliersi gli indumenti fradici e ad asciugarsi. Il poveretto era bagnato fino al midollo e talmente intirizzito che Elsa percepì nitidamente i suoi denti battere per il freddo. Doveva ammettere che trarla in salvo non era stato semplice e appena Pirozzi l'aveva raggiunta, dopo aver controllato Zoe che aveva continuato a dormire serena nella sua culla, Elsa non si risparmiò di ringraziarlo per tutto ciò che aveva fatto per lei.

«Non devi ringraziarmi Elsa», rispose l'uomo con gentile umiltà.

«No, ci tengo tu sappia quanto ti sono grata», ribatté lei riconoscente.

«Vedo che la pioggia non ha avuto ragione su di te», esclamò incredulo Max, scoprendola assolutamente asciutta ed ordinata.

«Appunto. Presumo che qualsiasi cosa accada, rimarrò esattamente identica al giorno dell'incidente», rispose risoluta. «Ovviamente questa supposizione si fonda su ciò che fino a questo momento ho potuto sperimentare», aggiunse non riuscendo a ridere della sua disgrazia.

«Ho saputo che sei stata investita da un'auto pirata», esclamò d'un tratto imbarazzato il suo interlocutore.

«Preferirei non parlarne», lo pregò la donna, « questo argomento per me è ancora un po' difficile da affrontare».

«Non volevo rattristarti. La vita purtroppo è dura e problematica...», cercò di scusarsi lui.

«Figurati trovarti tra la vita e la morte!», tagliò corto Elsa, con malcelato sarcasmo. «Piuttosto Pirozzi, come mai riesci a vedermi?», domandò curiosa.

«Preferirei non parlarne», la zittì lui, ponendo fine al proseguo del discorso.

Ci fu un attimo di imbarazzante e spiacevole silenzio.

«Mi chiedo come mai tu sia qui e non nel tuo corpo a lottare per la vita», esclamò Max stranito.

«Me lo chiedo anch'io! » esclamò Elsa muovendo la testa nervosamente e facendo dondolare il codino in cui aveva raccolto i cappelli.

«Che idea ti sei fatta?», chiese sospettoso Max, fissando il suo grazioso viso.

«Non so come giustificare la mia attuale presenza», rispose lei. «Quindi Pirozzi, non insistere su tale argomento», dichiarò quasi seccata.

«Preferirei mi chiamassi Max , se non ti dispiace», le propose l'uomo con gentilezza.

«Devi sapere che Andrea ha un'amante», spiegò Elsa strascicando le parole.

«Ne ho sentito parlare», ammise lui con sincerità. «Purtroppo in questo quartiere gli avvoltoi sono in agguato. Si facessero qualche volta i fatti loro», osservò sdegnato.

«La signora Corsi, vero?», s'informò irritata lei.

«E chi altrimenti?»

«Insomma se devo proprio dire la verità, sono stata felice quando la Corsi li ha sorpresi», continuò Elsa.

Max la fissò comprendendo che quella esternazione poco gentile, fosse quantomeno accettabile.

«L'amante di mio marito l'ha lasciato, dopo che la vicina li ha scoperti», continuò la moglie tradita.

«Capisco...» fece eco lui, vedendola dispiaciuta.

«Andrea non ha retto allo scandalo e ha pregato la sua amante di andarsene», continuò la donna.

«Mi sembra una soluzione appropriata alla circostanza», replicò Max.

«Trovi anche tu?», fece eco lei.

«Non spetta a me giudicare la sua condotta», dichiarò Max capendo di essersi spinto oltre.

«Nonostante ciò mi sento perfida», continuò l'altra. «L'ho visto piangere disperatamente e proprio per questo motivo, dopo un momento di crudele compiacimento, mi sono sentita un verme.»

«Non essere così severa con te stessa», esclamò lui prendendole una mano.

Elsa cominciò a singhiozzare, liberandosi poi dalla sua presa e portandosi le mani al volto.

«Dovevo capirlo che non mi amava più», esclamò tra i singulti. «Sono stata una sciocca, non mi sono accorta dei segnali evidenti che avevo davanti agli occhi.»

«Elsa ti prego, non torturarti così», cercò di consolarla il nuovo amico.

«Max sapessi quanto soffrivo per le sue assenze ma come una stupida pensavo fossero dovute esclusivamente al suo lavoro.»

«Succede Elsa, non crucciartene più.»

«Avrei dovuto andarmene immediatamente da quella casa e lasciarli liberi di vivere la loro storia», esclamò lei mordendosi le labbra. «Invece sono stata felice del naufragio del loro sentimento, come se potessi sperare ancora di riottenere l'amore di Andrea.»

La donna riprese a piangere, questa volta senza riuscire a trattenersi.

«Probabilmente sarei dovuta tornare in ospedale e cercare in ogni maniera, di ricongiungermi al mio corpo», proseguì tra le lacrime. «Forse solo riappropriandomi del mio corpo, potrò combattere per riconquistare mio marito.»

«Forse sta proprio qui la soluzione del tuo problema», esclamò Max illuminandosi.

«Dici?» chiese lei incredula.

«Forse devi smetterla di angosciarti per Andrea ed occuparti esclusivamente di te stessa», sentenziò sicuro.

«Ne sei convinto?» chiese lei interrompendo il suo pianto.

«Potrebbe essere», replicò quasi persuaso lui.

«Non ce la faccio! La loro felicità mi umilia, io li odio con tutta me stessa», piagnucolò lagnosa.

«Non è completamente vero e lo sai», continuò lui.

«Non credo proprio», rispose Elsa fuori di sé dalla rabbia.

«Suvvia, devi pur risolvere il tuo problema», cercò di rasserenarla Max sorridendo.

«Ma come potrei ora ricongiungermi al mio corpo?», strillò vivace. «In ospedale aspettano solo che il cuore si fermi per dichiararmi morta», sussurrò tristemente.

«Ti aiuterò io. Insieme ci inventeremo qualcosa», propose lui, convinto più dal dolore di lei che dalla veridicità della sua proposta.

«Max sei tanto buono», frignò Elsa commossa.

L'uomo cercò di sopprimere una risata, vedendola piagnucolare contraendo la bocca in una smorfia talmente comica che gli ricordò l'espressione depressa di sua figlia quando faceva i capricci.


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