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#57 - 19 novembre 2024, ore 7.30

Ciao, Gianni.

Sono qui per parlare di me, anzi, per parlare della persona che sono obbligata ad essere.

è da quando ero piccola che sogno di diventare dottoressa, e questo ha convinto i miei che io sarò sempre capace di fare ciò che vogliono loro e con il massimo dei risultati.

Alle elementari, era facile, perchè le maestre non davano insufficienze e perchè io amavo davvero la scuola.

Crescendo ho cominciato a voler leggere, avere amici, e non volevo che la mia vita fosse lo studio, volevo che lo studio fosse una piccola parte della vita.

Però loro non la pensano così.

Ho la media dei voti di 9. ma loro non sono soddisfatti. Quando qualcuno prende otto nella mia classe, festeggia dicendo che una volta tornato a casa saranno tutti felici, ma per i miei, otto equivale a 6 e 6 non va bene. quindi se prendo 9 loro dicono -ah, va bè- mentre se prendo otto s'incazzano. io spiego loro che al liceo uno si deve accontentare di 7. gli faccio esempi di gente che è uscita dalle medie con 10 e che al liceo prende 5 e si accontenta, ma loro niente.

Inoltre dicono che devo per forza fare un liceo, mi fanno fare il nuoto da quando ho 3 anni, io vorrei cambiare, perchè nuotare sempre in un mix di idrogeno e ossigeno fa cagare, ma niente. Ho provato a convincerli con il basket perchè papà lo faceva da giovane, ma di nuovo nada.

Poi, noi siamo musulmani, quindi mi obbligano a studiare i testi sacri (il corano) a memoria. immagina che palle, ogni giorno, in camera, sopra al letto a memorizzare pagine e pagine di qualcosa di cui non sai nemmeno il significato.

Vogliono sempre tenermi di vista, privarmi dei bei ricordi e non capisco che tipo di genitori sono.

Poi quando prendo 9 e mezzo e non sono contenta i miei compagni mi dicono -ma perchè non sei contenta? tu sei la figlia perfetta- e io rispondo sempre e ancora più triste -voi vi potete permettere il lusso di non essere il massimo, mentre io, da foglia perfetta, questo lusso, non me lo posso permettere- tutti contano su di me, i professori, le maestre che avevo, i genitori, i famigliari e pure i compagni che vogliono che vai interrogata solo per salvarsi.

Ma essere una persona come me, fa cagare. E vorrei capire come fare a non provare più questa sensazione e convivere con questo dolore, privata di amare, giocare e creare bei ricordi.

Grazie Gianni per lo sfogo.

RISPONDO

Due weekend fa ho fatto un open day con mio figlio in un liceo scientifico per l'indirizzo di scienze applicate. Durante un laboratorio di chimica, una professoressa, tutta tronfia, con una risatina di merda ha crocifisso i ragazzi che hanno detto di studiare due ore al giorno, dicendo agli studenti che la aiutavano in classe, di dire quante ore studiavano. E questi, non so per piaggeria o per stupidità, hanno detto cose come "Io studio cinque ore", "io sono andato a letto all'una per studiare e stamattina mi sono svegliato alle cinque per ripassare".

Se per la scuola, uno studente o una studentessa dedica cinque ore alle lezioni e altre sei allo studio, per sei giorni alla settimana, c'è qualcosa di sbagliato, che sia nella scuola o nello studente/studentessa. E questo non me lo leva dalla testa nessuno.

Per cui se chiedi a me se devi romperti la testa così tanto per la scuola e per i voti io ti dico no, non devi, perchè il tuo benessere personale vale più dei voti e comunque, amò, a medicina dall'anno prossimo entreranno tutti e avrai tempo per impegnarti forte quando sarai all'università!

Scherzi a parte, dico una cosa generale: viviamo nella società della performance, un mondo in cui sembra che il valore di una persona dipenda solo dai suoi risultati. È come vivere in una gara continua, dove bisogna sempre essere veloci, competenti, produttivi e migliori degli altri. Questo approccio può sembrare motivante all'inizio, ma spesso porta a molta pressione e stress.

A scuola è importante impegnarsi e crescere, ma se tutto si riduce a voti e competizione, si rischia di dimenticare che l'istruzione dovrebbe essere un'occasione per scoprire chi sei, esplorare il mondo e coltivare passioni, non solo per dimostrare quanto sei brava, soprattutto se questa dimostrazione è pretesa da genitori che invece ignorano i rischi di questo atteggiamento. La società della performance fa credere che rallentare o fallire siano segni di debolezza, ma in realtà sono momenti fondamentali per imparare e crescere.

La sfida è far capire che il tuo valore non si misura solo con i risultati. Sei importante per quello che sei, non solo per quello che fai. Imparare a rispettare i tuoi tempi, a goderti ciò che fai e a riconoscere i tuoi limiti è un modo per sfidare questa pressione e costruire una vita più autentica e serena. Purtroppo però so che tutte queste cose tu probabilmente le sai già, sono i tuoi genitori che non le sanno o le ignorano. La prima soluzione sarebbe dirlo direttamente a loro, ma questo in alcuni casi non è semplice. L'unica soluzione alternativa praticabile, a mio avviso, è cercare collaborazione con il corpo insegnanti, che immagino ti veda come un modello per compagne e compagni e che quindi sia disposto ad ascoltarti su queste problematiche così serie.

Purtroppo, più di questo non saprei proprio cosa dire, vorrei essere il Fantasma del Futuro di Canto di Natale, e far vedere ai tuoi genitori le conseguenze di un comportamento così controllante, ma forse basterebbe dare un'occhiata in giro per la rete, se ne avessero voglia.

Rimango comunque a disposizione per qualsiasi altro sfogo, per un parere o per una porzione di tiramisù. Un grandissimo abbraccio e fammi sapere come va con il numero:

#57


1 dicembre 2024, ore 20.30

ciaoo, sono la #57 oggi sono andata all'open day dell'istituto che frequenterò, è bellissimo! Gli alunni sembrano calmi quindi secondo me non si studia tanto. Ho parlato con i miei come mi ha consigliato qualcuno nei commenti e indovina? Siamo tutti daccordo sul fatto che posso fare lo scienze applicate e che posso fare il lavoro che voglio, l'importante è che io sia una figlia educata. Poi i professori all'open day hanno detto che è normale prendere brutti voti i primi anni e dopo un po' di discussioni i miei hanno capito che sbagliare è umano. Ti voglio bene gianni, anche a quelli che hanno commentato nel mio capitolo, adesso almeno sono libera, libera di far ciò che voglio e di vivere. Immagina che per anni non sono mai andata alle gite che sono vicine a me, adesso hanno detto che se mi comporto bene, al terzo anno (quando si fanno le gite lontane) forse mi manderanno in una gita lontana, tipo quelle che si fanno in Gran bretagna. Perchè poi l'istituto in cui studierò manda gli alunni per un anno a fare stage in paesi inglesi e tipo se si deve fare una ricerca possono anche andare in america per farla. Non per pubblicizzare, ma la scuola in cui andrò è la prima in tutto il mondo ad aver mandato una sonda spaziale fuori dalla terra. Il progetto si chiama "INFINITY" Vedilo, sono mucho contenta, ti voglio bene Gianny (con la y per far sembrare tutto più piccolo)

RISPONDO

Oh, mi piace questa cosa che parlare e condividere esperienze come un open day, abbia portato a un rasserenamento. I genitori sbagliano spesso, è vero, ma i figli possono essere le persone giuste per far presente questi errori, scegliendo i momenti giusti per dirlo.

Poi se mi dici che mi vuoi bene, chiedi che la sonda spaziale sia rinominata TANANAI 🙂

Un grandissimo abbraccio e fammi sapere come va con il numero:

#57

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