Capitolo 1 - REWIND - finale
L'uomo arricciò le labbra per lo sdegno. Mentre pronunciava quelle parole, assisteva al rapidissimo rigenerarsi del corpo del demone. Le ferite si ricucivano e i tentacoli strisciavano come serpi sul terreno, risalendo lungo le gambe del mostro, fino a ricongiungersi alle spalle.
«Tentativo inutile» lo motteggiò Esgarth con il suo tono gutturale.
Tron sentì improvvisamente perdere il controllo del corpo.
«Maestro!» urlarono all'unisono gli altri due stregoni, consci di assistere alla stessa sorte precedentemente toccata a Selene.
Un esplosione di luce accecò con violenza tutti i presenti.
Si trattava del primo arcimago che splendeva con la forza di un piccolo sole. La sua enorme aura magica aveva annullato l'incantesimo del demone. Rimise i piedi a terra atterrando dolcemente, come se il suo corpo avesse la consistenza di una piuma.
«Inutile anche il tuo» esclamò, completamente pervaso dal suo struggente potere. Emise un profondo respiro, increspando la superficie della sfera luminosa che l'avvolgeva, come un sasso che cade in uno stagno.
Concentrò tutta quell'energia nelle mani, strette a pugno una sopra l'altra. In esse, in un trionfo di bagliori luminosi, materializzò una spada. L'arma era incorporea, completamente formata di balugine astrale. Era come stringere tra le mani un raggio di sole.
Assunse una forma d'attacco tipica della scherma, con l'estremità rivolta verso la gola del nemico; l'aria vorticava a causa dell'estremo calore sprigionato dalla lama, ma Tron sembrava non risentirne.
«Ti affronterò in un duello corpo a corpo» disse, prima di pronunciare una sommessa cantilena.
Le labbra che si muovevano impercettibili furono l'ultima cosa che Esgarth vide, prima di trovarsi capovolto a osservare il cielo sopra di sé, tinteggiato dal cremisi colore dell'alba.
In un battito di ciglia Tron l'aveva raggiunto e decapitato; ora stava alle sue spalle, con la punta dell'arma rivolta verso il basso.
Maximilian sgranò gli occhi per la meraviglia.
"Incredibile, non ho mai visto nulla di simile. Dopo aver condensato tutta la sua aura in quella spada di luce, ha pronunciato un incantesimo di potenziamento fisico. Si è mosso talmente rapido da far impallidire un falco in picchiata, e con un solo fendente ha mozzato la testa di quel demone. Ora capisco perché dicono si tratti dell'uomo più vicino a un Dio."
Il corpo di Esgarth fu percorso da un fremito e un tentacolo si mosse, avvolgendo con la sua presa la testa adagiata supina sul pavimento. La raccolse e la posò sul collo, dove il sangue violaceo zampillava sul torace amorfo del mostro. La pelle della cervice assunse la consistenza della pece, allungandosi sulla parte inferiore del corpo, prima di solidificarsi.
«Mi sono distratto un attimo.»
Il demone sbeffeggiò così il suo avversario che nel frattempo aveva riacquisito la guardia, rispondendo allo scherno con una smorfia di disgusto.
«Se proprio ci tieni a morire, in un duello corpo a corpo, sarai accontentato.»
Una delle sue propaggini, quella che non si era fusa con la verga, mutò aspetto, allungandosi e assottigliandosi, divenendo affilata come un rasoio. Il filo però si zigrinò in decine di aculei, prima di solidificarsi in una specie di materiale organico duro come l'acciaio.
Come un alito di vento, si mosse in direzione del nemico allungandosi a dismisura e saggiandone la carne della spalla sinistra. Soltanto uno scarto laterale all'ultimo istante evitò il peggio per il primo arcimago, che se la cavò così con una leggera escoriazione.
Esgarth richiamò a sé l'arma e, passandosela vicino alla bocca, leccò con la sua lingua forcuta le gocce di sangue fresco presenti sul filo.
Lanciò un secondo attacco, ma stavolta Tron non si lasciò trovare impreparato: scivolò con entrambi i piedi verso il lato opposto e, mentre prendeva distanza, con un rapido fendente dall'alto verso il basso, colpì il tentacolo.
Il mostro gridò di dolore nel vedere mozzata a terra parte della sua spada di carne. Non demorse e dopo aver raccolto il moncone, si preparò ancora alla contesa.
«Posso rigenerarmi all'infinito, Tron, se non l'hai ancora capito.»
«E io posso farti a pezzi all'infinito» rispose l'arcimago, deciso a non cedere un millimetro al suo nemico.
Teatro di questo loro duello era ciò che rimaneva della stanza Celeste del divino Emmaniel. Il suo corpo martoriato, mutilato da Alexandros, giaceva esanime in un angolo, ignorato completamente dai presenti.
Non aveva avuto sorte migliore la sua sala del trono; degli affreschi sfarzosi, dei marmi pregiati e delle statue votive non rimanevano che macerie. Il soffitto era crollato in più punti, lasciando penetrare i tenui raggi vermigli dell'aurora.
Orrore e desolazione erano lo sfondo ideale alla disfida tra Tron ed Esgarth, un tempo alleati e compagni alla Torre Scarlatta.
Lo spettacolo giungeva ora in una delle sue fasi più concitate.
Un colpo orizzontale aprì un'ampia ferita nel corpo del mostro, che rispose con un affondo dall'alto verso il basso. Tron lo schivò e attaccò nuovamente aprendo un'altra breccia nelle difese dell'avversario.
Esgarth si spazientì e cominciò a schioccare il suo tentacolo-lama come una frusta. Ogni colpo, schiantandosi al suolo, sferzava la dura pietra aprendo solchi profondi come cicatrici su quel pavimento sacro, rimasto inviolato per secoli. Tuttavia, nessuno di essi sfiorò le membra del primo arcimago.
«Non riesco neanche a vederlo da quanto è veloce» disse Selene, che nel frattempo si era ripresa grazie alle cure del compagno. Il braccio lussato le era stato fissato al corpo con una medicazione di fortuna.
Il demone balzò indietro e gridò tutta la sua frustrazione, facendo tremare l'intera cattedrale. Aveva perso molto sangue, e le ferite parevano rigenerarsi sempre più lentamente.
"Forse non puoi andare avanti all'infinito come credi."
Tron posizionò la punta della spada verso il collo del nemico: era pronto a sferrare un affondo letale.
Un attimo d'esitazione, così fu letto dagli spettatori del duello, ignari di quello che era successo.
Il tentacolo spada di Esgarth giaceva conficcato nella viva carne della spalla destra del suo avversario.
«Ero talmente in estasi per le mie nuove capacità che mi stavo scordando di quelle vecchie.» esclamò compiaciuto.
Tron, cosciente di ciò che era accaduto, avrebbe voluto replicare, ma il sapore ferroso del suo stesso sangue soffocava ogni parola sul nascere.
Thondaril, incastrato nell'altro tentacolo, brillava più fulgente che mai.
«Non sono in grado di paralizzarti, o spezzarti qualche osso con i miei poteri, ma posso rallentarti, in modo tu non possa più sfuggire ai miei colpi.»
Il demone estrasse la sua arma, accompagnata dall'esclamazione sofferente della sua vittima. La particolare dentatura aveva strappato parecchi brandelli di carne, arrivando persino a sminuzzare le ossa della scapola.
Tron cadde in ginocchio, tamponandosi come poteva la profonda ferita.
«E' tempo di dirsi addio, mio ex comandante. Sei stato un degno avversario, il meglio che potessi desiderare per mettere alla prova il mio nuovo potere.»
Il tentacolo armato oscillava a pochi centimetri dalla gola, pronto a eseguire la mortale sentenza.
Un alito di vento crebbe all'improvviso, fino a diventare tempesta, avvolgendo la raccapricciante figura di Esgarth. Tagli ed escoriazioni si aprirono su quel corpo informe, come schizzi di un pittore astratto su una tela ammuffita. La bestia urlò e il suo sofferente latrato non poté che compiacere l'autore di quella magia.
«Ti stai forse dimenticando di qualcuno Esgarth?»
Maximilian tendeva ancora la mano verso il demone, pronto a scagliare un altro attacco.
Non fece purtroppo in tempo: venne sollevato all'improvviso come un fuscello, e scaraventato contro una delle poche pareti che ancora reggeva nella stanza.
«Maaaaxx!» si sgolò Selene in lacrime.
Il suo compagno giaceva a terra privo di sensi.
«Pensare che fino a pochi giorni fa era stato in grado di mettermi in seria difficoltà. Ah, se avessi dato retta prima alla fame del mio Quaresh, ma ero schiavo di quegli insulsi insegnamenti della Torre Scarlatta.»
Esgarth osservò dall'alto verso il basso il primo arcimago. L'uomo, che per anni era stato esempio di autorità e potere, giaceva ora alla sua mercé, piccolo e fragile come un insetto da mettere sotto gli stivali.
«Sei soltanto un mostro senza controllo!» l'apostrofò, sputandogli contro un grumo di sangue.
«Mostro? Forse hai ragione, ma è un piccolo prezzo da pagare, per avere i poteri di un Dio!»
Era troppo.
Il leone ferito ruggì, producendosi in uno sforzo immane. Tron, nonostante l'invalidante ferita, sollevo ancora una volta la sua arma al cielo. Essa brillò come mai aveva fatto fin'ora, calandosi come la falce della nera signora sulla testa deforme del demone.
Esgarth, grazie a Thondaril, bloccò l'attacco.
Stavolta, non si sarebbe perso in inutili chiacchiere. L'essere demoniaco che lo controllava reclamava sangue, pronto ad abbeverarsi con quello del nemico. Poi, sarebbe toccato anche agli altri due ragazzi, a ciò che rimaneva del corpo di guardia della cattedrale e perché no, all'intera città.
Avrebbe ucciso e squartato chiunque si fosse messo sul suo cammino: la fame di vite umane che provava non avrebbe mai trovato sazietà.
Tese il proprio tentacolo all'altezza degli occhi della vittima, ancora una volta e restò di colpo senza fiato.
Qualcosa l'aveva penetrato al centro del petto, trapassandolo da parte a parte.
«Non è poss...ibil...e» balbettò, adocchiando l'arto sinistro di Tron, conficcato dentro di sé.
«Vedi Esgarth, nessuno mi aveva mai spinto fino a questo punto...»
Le vesti di Tron si strapparono, lacerate da una potente luce d'avorio. Una protesi a forma d'arto superiore, fatto d'acciaio e giunture metalliche, comparve dopo che la manica della sua divisa evaporò in piccoli granelli di polvere. Al posto di carne e ossa c'era metallo splendente, una riproduzione fedele del braccio perduto.
«Nessuno mi aveva costretto fino al punto di dover sfoderare Narbondel, il mio asso nella manica!»
La luce crebbe ancora fino a avvolgere completamente le due creature, Selene dovette ripararsi gli occhi per non rimanerne accecata.
Ipocentro di quell'esplosione di potere era l'arto artificiale, infilato come uno stiletto tra la viscida carne dell'ex arcimago.
Il demone cominciò a gridare per il dolore: quel bagliore prorompente stava bruciando le sue carni.
Per un istante la realtà sfavillò come un cielo tempestato da migliaia di saette, poi in un battito di ciglia collassò su se stessa svanendo in una manciata di scintille biancastre.
Quel giorno, nella città di Florentia, per pochi secondi, ci furono due soli. Mentre il primo scalava la volta celeste per accomodarsi al centro di essa, il secondo splendeva sulla sommità della cattedrale.
Chi fu testimone da lontano di quello spettacolo gridò al miracolo, indotto a pensare che tutto ciò, fosse frutto dei poteri del divino Emmaniel. I più vicini all'abbazia giurarono di aver udito un urlo bestiale provenire da quell'astro in miniatura, prima di vederlo svanire.
Selene fu l'unica vera testimone oculare di quella seconda stella, comparsa nel mondo per ripulirlo da una minaccia infernale.
Quando tutto finì il tempo sembrò fossilizzarsi come in una fotografia. In quella istantanea c'erano lei, con Maximilian che giaceva tra le sue braccia privo di sensi e poco più distante c'era l'uomo dal braccio di metallo, l'uomo i cui poteri erano vicini a quelli di un Dio.
***
SPAZIO AUTORE
Termina qui il primo capitolo di questa seconda avventura. Un doveroso passo indietro, in cui assistiamo al feroce scontro tra Tron e Esgarth. Dovrei aver motivato a sufficienza le caratteristiche che hanno fatto di lui il primo arcimago della Torre Scarlatta, compreso il suo (letteralmente) asso nella manica. Narbondel è una protesi meccanica intrisa di potere, reliquia di un'epoca lontana (come Thondaril) in cui la magia era libera prerogativa degli uomini (senza bisogno di fusioni con spiriti maligni). Il nome, Narbondel, è il mio piccolo omaggio alla saga di Drizzt di R.A. Salvatore. Chi ha letto i suoi libri sa a cosa mi riferisco.
Ecco, concluso la digressione sull'ultima parte del libro precedente torniamo a concentrarci sul presente: quale destino attende i nostri protagonisti?
Lo scoprirete nella prossima puntata.
Stay tuned
Alessandro
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