Capitolo 8 - SERVO DEL MALE - finale
«Sei un essere umano, perché ti trovi insieme a questo gruppo di creature del male?» domandò Pherkad, innervosito per quell'incontro non preventivato.
«Andatevene, per favore» replicò lo sconosciuto, senza badare alle questioni che gli erano state poste.
«Chi diavolo sei? Un accolito della setta che attende la trasformazione?» incalzò il cavaliere celeste, scrutandolo con crescente curiosità. «No, non sembri uno di quegli invasati» concluse, dopo un'attenta osservazione.
«Chi se ne frega, nobile Pherkad!» esclamò un uomo armato con un piccone «è soltanto un tizio disarmato.»
Convinto della vittoria, il paesano si scagliò all'attacco a testa bassa.
«Attento, quello non è un normale essere umano!» provò ad avvisarlo il suo comandante, ma ormai era troppo tardi.
Alexandros parò il fendente con estrema facilità, usando le fasce di cuoio incantato in cui aveva avvolto gli avambracci, per poi sferrare un rapido calcio che rispedì l'aggressore a qualche metro di distanza. Lo stregone regolarizzò il suo respiro e assunse una posizione di guardia con le braccia protese in avanti, pronto a sfidare chiunque si facesse sotto. Un gruppetto di uomini armati era pronto ad attaccarlo in contemporanea, quando il cavaliere celeste li fermò, con un cenno della mano.
«Penserò io a lui, è un avversario che voi non potete affrontare!»
Pherkad impugnò due chakram, pronto ad usarli per un assalto all'arma bianca. Un nugolo di velocissimi affondi partì in direzione di Alexandros, che rispose parandoli colpo su colpo con i suoi avambracci corazzati.
Nonostante la pesante armatura, si muoveva come se fosse stato privo di qualsiasi ingombro.
Il cavaliere celeste spezzò l'azione, sferrando un rapido calcio circolare che impattò sulla coscia destra dello stregone; un colpo poco lesivo, che però bastò a distrarne la guardia. Approfittò così per scagliare un improvviso fendente verso la gola dello stregone, che riuscì ad evitarlo indietreggiando, perdendo così l'equilibrio. Pherkad aveva ormai l'avversario alla sua mercé, ma mentre cadeva a terra Alexandros riuscì a direzionare i palmi contro l'uomo che lo incalzava, esplodendo una vampa di fiamme roventi. La sacra armatura benedetta lo protesse dalle ustioni; l'attacco, servì più che altro per rimettersi in piedi e prendere distanza.
«Dunque sei uno stregone della Torre Scarlatta» esclamò Pherkad, sorpreso «da quando uomini della vostra caratura servono come tirapiedi tra le file dei non morti? La vostra eresia si spinge sino ad appoggiare le nefandezze di queste infide creature?»
«Ciò che spinge le mie azioni non ti riguarda cavaliere, sei ancora in tempo per desistere. Vattene, e avrai salva la vita dei tuoi uomini!»
Alexandros cercava di evitare lo scontro a tutti i costi.
Il cavaliere non era per nulla intenzionato a raccogliere quella richiesta.
«Così sia, vorrà dire che con te dovrò fare sul serio. Ti punirò blasfemo, nel nome della Grande Madre!»
Pherkad assunse una posizione a croce, con le gambe unite e le braccia tese all'altezza delle spalle. I suoi chakram rotearono lungo gli indici a velocità sempre crescente, fino a vorticare tanto da diventare due brillanti anelli luminosi.
Le armi sparirono, producendo solo un acuto sibilo.
Il suono delle lame, che rimbalzavano rapide tra le pareti della caverna, fu l'unica cosa i presenti udirono, prima delle urla di dolore provenienti dallo stregone. I due anelli metallici lo colpirono alle spalle penetrandogli a velocità supersonica la carne della schiena. Alexandros cadde a terra in ginocchio, mentre i chakram tornavano nelle mani del padrone.
«Il mantello!» esclamò Pherkad. «Dev'essere una sorta di tessuto protetto dalla magia. Una protezione prodigiosa, senza la quale i miei chakram ti avrebbero recato una ferita mortale.»
La cappa era stata lacerata ed ora la sua stoffa color cremisi si tingeva di una tonalità più scura: sangue, che sgorgava dalle ferite presenti sul dorso. Lo stregone si produsse in uno sforzo di volontà immane per riuscire a mettersi in piedi. Stoicamente si fossilizzò in una posizione statuaria, con le braccia cadenti e lo sguardo nascosto dai capelli che si riversavano sulla fronte avvolta in una bandana rossa.
«Non ti lascerò abbozzare nessuno dei tuoi trucchetti, il mio prossimo colpo ti staccherà la testa dal collo!»
Pherkad ruotò sulle punte dei suoi piedi imprimendo ancora più energia cinetica alle lame, che scomparirono alla vista a causa dell'eccessiva velocità. I chakram rimbalzarono un paio di volte all'interno della stanza, prima di giungere implacabili sul proprio bersaglio.
Stavolta però, i colpi andarono a vuoto fendendo l'aria, prima di tornare magicamente nelle mani di Pherkad.
«Non è possibile!» esclamò il cavaliere celeste, fissando Alexandros immobile davanti a lui. «Sono sicuro di aver visto i miei chakram andare a segno!»
Era certo di aver osservato le proprie armi colpire lo stregone e attraversarlo senza ferirlo, come se il suo corpo avesse assunto la consistenza della nebbia.
«Quella è solo un illusione!» urlò il mago, che si trovava alla sua destra a pochi passi da lui. Con un rapido scatto si fiondò contro l'avversario, che, colto di sorpresa, non riuscì a compiere alcuna contromossa.
Avvolto dalla sua aura combattiva, gli sferrò un prodigioso montante al mento.
Il cavaliere venne scaraventato in aria oltre il foro nel soffitto della caverna, imprigionato da un turbine di fiamme. Il fuoco magico dapprima si ingrossò, per poi assumere una figura dalle fattezze animali sempre più definita. Un maestoso drago fiammeggiante dal corpo serpentino avviluppava Pherkad, consumandolo tra le sue spire incandescenti. Come un rapace che ghermiva la sua preda lo trascinò verso il cielo, prima di dissolversi nello stesso nulla da cui era stato generato.
Dopo alcuni metri di volo ascendente, il malcapitato precipitò, ricadendo sulla dura roccia del pavimento. Il corpo era martoriato dalle ustioni che gli avevano in più punti carbonizzato la carne e provocato orrende vesciche. Perfino l'armatura celeste che indossava, forgiata dal maglio del Divino Fabbro, capitolò di fronte a tanta potenza distruttiva.
Alexandros ansimava per lo sforzo, osservando il corpo esanime del suo avversario.
«Andatevene!» ordinò energicamente agli abitanti di Tiluana, che inermi avevano assistito alla sconfitta del loro generale.
Lo stregone emise un urlo lancinante che rimbombò per tutta la caverna, quando sentì il suo corpo pervaso da una potente scarica elettrica.
«Andatevene!» strillò con la voce soffocata dal dolore, mentre il sigillo che gli era stato applicato lo torturava, prosciugandogli le forze. Per Lothor, il suo burattino aveva adempiuto alla missione e ora, era giunto il momento che tornasse a strisciare come un verme ai suoi piedi.
Alla rinfusa i villici, ormai senza guida, cercarono di abbandonare la tana del clan della Lacrima Cremisi, ma qualcosa bloccò all'improvviso la loro ritirata. Le grida di dolore si levarono tanto forti da far tremare la roccia, il rumore della carne squartata e il lezzo del sangue che scorreva a fiumi inebriò tutta la stanza facendo contorcere le budella ad Alexandros, ridotto all'impotenza e costretto a guardare il massacro. I vampiri stavano compiendo la loro vendetta e non stavano di certo lesinando la loro malvagità.
«Goditi lo spettacolo, amico mio» gli disse Lothor, rimasto fino a quel momento nascosto tra le fila dei suoi alleati. Teste di uomini inermi, contorte in una macabra smorfia di terrore, rotolarono fino all'immobile stregone, le cui mani si tinsero con il sangue che lentamente allagava il pavimento lastricato della caverna.
"Tutto questo sangue a causa tua..."
Dentro di lui il Quaresh affiorava, richiamato dal sapore della morte.
"Tutto questo sangue versato in nome della tua vendetta!"
Sentiva il mostro nutrirsi di quel macabro teatrino, proprio come i vampiri gustavano il plasma delle loro vittime.
«A proposito» la voce del signore dei vampiri arrivò come un leggero sussurro alle sue orecchie, «non ci fermeremo qua, stanotte toccherà alle mogli e ai figli di questi improvvisati invasori!» esclamò, producendosi in un'agghiacciante risata malvagia, degna degli inferi più profondi.
Alexandros sentì la sua anima consumarsi, divorata dal suo demone interiore , mentre i sensi lo abbandonavano, trascinandolo in un oscuro incubo da cui forse non si sarebbe più svegliato.
***
SPAZIO DELL'AUTORE
Ok, se non l'aveste ancora capito, i capitoli dedicati ad Alexandros sono decisamente più crudi. Caduto in trappola (un po' da pollo) è diventato il burattino di Lothor e costretto a servirlo nel peggiore dei modi.
Che pensate di Lothor? Spero di averlo reso abbastanza malvagio.
C'è anche la "comparsata" di Pherkad in questo capitolo, un cavaliere celeste. Vi ricordate i tre comparsi (e scomparsi) nel primo capitolo?
Basta chiacchiere, proseguite con la lettura, si ritorna da Alteria, anche lei alle prese con un nuovo pericolo.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro