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Capitolo 13 - SACRIFICIO - terza parte

L'atmosfera all'interno della sala, era pregna degli odori di incensi e spezie, provenienti dai turiboli che ondeggiavano nelle mani di creature, coperte dalla testa ai piedi da pesanti cappe cineree. 

Altri esseri, sempre col volto celato, sostenevano aste su cui ardevano torce dalla fiamma viva, proiettando sinistre ombre che si allungavano sulle pareti, come fantasmi in balia del vento. 

Sul pavimento un grosso pentacolo, le cui trame erano state dipinte col sangue, faceva sorgere nel suo centro un altare sacrificale, ricavato da un unico blocco di roccia. Adagiato su di esso, una minuta adolescente dalla pelle diafana giaceva nuda, tremando al ritmo di un atona litania pronunciata da un uomo incappucciato. Camminava in modo febbrile, zigzagando senza una logica apparente all'interno della stella a cinque punte sotto i suoi piedi. 

La nenia salì d'intensità, quando da sotto il mantello l'uomo estrasse un pugnale dalla lama ricurva, sollevandolo con le braccia tese verso il soffitto. Vanessa giaceva sotto la sua punta acuminata: lo osservava con gli occhi spiritati, preda dell'incoscienza causata dai barbiturici che era stata costretta ad assumere prima del rito.

«Che diavolo sto facendo?» pensò Alexandros, osservando il pallido viso della ragazza imperlato di sudore.

"Come sono arrivato a questo punto?"

«Avanti... non esitare...» La flebile voce giungeva alle sue orecchie come un debole sussulto, un sospiro di risacca marina in un giorno di bonaccia.

"Avanti, fallo!"

Non era solo la richiesta della giovane a varcare le sue membra, qualcosa di ben più oscuro si celava al suo interno spingendolo a compiere quell'orribile sacrificio.

"Pensa alla tua famiglia, pensa al dolore che questa ragazza ha provato. Ricordi? E' stata lei a chiedertelo, è stata lei a volere che tu ponessi fine alle sue sofferenze."

***

Detestavo quel verme, vederlo mentre si trastullava su quella specie di scranno che considerava il suo trono mi dava il voltastomaco. Si dissetava di sangue umano in bicchieri di cristallo, come se stesse bevendo vino d'annata e poi quello sguardo di superiorità, con cui ogni volta mi fissava. 

Sapeva di avermi in pugno il bastardo, sapeva che nel seguire la mia vendetta avrei evocato il signore degli inferi che il suo clan venerava. 

Anche quando ruppi il sigillo, sapeva di aver ancora altri assi nella manica per piegarmi al suo gioco. Per la Dea! Che voglia che avevo di strappargli quel cuore putrescente dal petto e farglielo ingoiare.

«Allora? Che è quella faccia da cane rognoso?»

Quel sorrisetto malizioso con cui mi irrideva, fottuto succhiasangue, presto sarebbe arrivata anche la tua ora.

«Non dirmi che dopo aver letto la pergamena hai cambiato idea.»

E quella sua odiosa capacità con cui intuiva ogni mio pensiero, ero diventato così prevedibile?

Mi ero ridotto ad essere la sua marionetta?

Adesso ti faccio vedere io, coglione!

Mi avvicinai in modo rapido e impercettibile, lasciando una mia immagine residua davanti a lui per confonderlo.

Gli sferrai un destro talmente forte da scaraventarlo a una dozzina di passi dalla sua stupida sedia.

Che soddisfazione!

I suoi lacchè non tardarono ad arrivare. Strisciarono come serpi fuori dalle loro alcove, mostrandomi gli enormi canini bestiali.

«State indietro maledetti!» inveì contro di loro, evocando un muro di fuoco che li avrebbe tenuti fuori dai giochi.

«Bravo! Molto bravo!» mi disse spavaldo, mentre si asciugava con il dorso della mano il sangue che gli fuoriusciva dal labbro tumefatto.

«Ti sei sfogato ora bimbo?»

«E' solo l'inizio!» risposi minaccioso.

La violenza! 

Era diventata negli ultimi anni l'unica soluzione a tutti i miei problemi, l'unica medicina che sapessi ingoiare, l'unica cosa che sapessi fare...Non ero un demone, ma mi comportavo come tale.

Lo colpii con un calcio nel ventre facendolo rotolare fino alla parete.

«Oh e adesso cos'hai intenzione di farmi? Bruciarmi vivo? O hai in mente qualche altro incantesimo più fantasioso con cui farmi fuori?»

Lothor si rialzò da terra sorreggendosi a fatica sulle proprie gambe.

«Tranquillo, sarà più soddisfacente pestarti a morte!»

Mi avvicinai per colpirlo con una scarica di pugni che l'avrebbe talmente gonfiato da rovinargli il suo fottuto viso dalla pelle smorta. Fermò il mio velocissimo diretto sinistro con estrema facilità, bloccandolo con le dita d'una mano. Non mi lasciò neanche un istante per reagire, serrò rapidamente il proprio palmo frantumandomi le ossa delle dita. Il mio urlo di dolore si strozzò in gola, quando il calcio più forte che avessi incassato nella mia vita mi fece volare dalla parte opposta della stanza. Non persi i sensi per miracolo, ma percepivo spasmi lancinanti provenienti da ogni angolo del mio corpo. Sentivo le costole spezzate che ferivano i miei polmoni ad ogni difficile respiro.

«Mi sbagliavo su di te, sei più stupido di quello che pensassi.»

Non aveva tutti i torti.

«Sei patetico! Se non fosse che mi servi da vivo, mi sarei divertito a farti morire lentamente, torturandoti un po'.»

Troneggiava sopra di me, con il volto contratto nella grottesca espressione da demone, che assumeva ogni volta doveva ricorrere alle sue forze più recondite.

«Senza magia sei solo un semplice essere umano, credevi davvero di poter tenere testa ad un millenario signore dei vampiri?»

I suoi occhi di brace mi fissavano, ebbri del mio dolore.

«E tutto questo per cosa? Dopo tutti gli anni di fatica, dopo tutti i morti che ti sei lasciato alle spalle ti preoccupi della vita di una singola ragazza?»

Il rito di evocazione di Keshnal esigeva sangue, sangue di una giovane innocente. Per questo motivo Lothor non aveva mai trasformato Vanessa in una vampira, perché gli sarebbe servita come sacrificio umano per evocare il signore degli inferi.

«Vorresti rinunciare all'aiuto del mio demone e magari affrontare un angelo con i tuoi soli poteri? Ma guardati, è bastato uno solo dei miei calci per ridurti all'impotenza.»

Lothor mi voltò le spalle per tornare a sedersi sul suo trono.

«...e volevi affrontare da solo un essere divino in grado con un fendente solo di spazzare via dozzine di vite. Sei davvero patetico.»

Patetico sarai te.

Mentre ti pavoneggiavi, il mio incantesimo di guarigione mi restituiva le forze. Mi rialzai da terra sotto i suoi occhi colmi di stupore. La mia aura si espandeva a dismisura materializzandosi in fasci di energia colorata che avvolgevano il mio corpo.

Concentrai tutta la mia forza magica nel palmo della mano destra pronto a sprigionare uno dei miei più letali incantesimi.

Non è possibile!

Che ci fa lei qui?

Perché lo vuoi proteggere?

Perché Vanessa difendi quel verme? Perché?

***

«Vanessa, quel mostro che vuoi proteggere a rischio della tua stessa vita non esiterebbe un secondo a sacrificarti!»

Alexandros fermò appena in tempo il suo attacco. La ragazza si era parata davanti al suo signore, pronta a difenderlo a ogni costo. 

Lothor rideva divertito, rideva talmente forte da scuotere l'intera caverna.

«Ascoltami Vanessa, per evocare Keshnal è necessario il sangue di una giovane umana, per quello il bastardo alle tue spalle ha sempre evitato di trasformarti in un vampiro, per poterti sacrificare!»

Le parole dello stregone non sembravano sorbire l'effetto sperato nei confronti della giovane.

«Non ho idea con quale strano sortilegio ti tiene in suo potere, ma devi riuscire a...»

«Stai zitto!»

L'esclamazione di Vanessa giunse talmente forte nelle orecchie di Alexandros da soffocare le parole in gola.

«Tu non sai un cazzo della mia vita! Tu non sai nulla di quello che ho passato e di quello che provo nei confronti del mio signore!»

La ragazza indietreggiò d'un passo e cinse alla vita Lothor abbracciandolo. Lui le accarezzò teneramente la testa.

«Avanti mia cara, permetti a questo idiota di leggere i tuoi pensieri.»

Vanessa scese fino a giungere di fronte allo stregone. I suoi occhi colmi di tristezza sembravano metterlo in soggezione.

«Forza, sei libero di entrare nella mia mente» le disse, prendendogli la mano «era quello che volevi, no?» 

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