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CAPITOLO 11 - AMBIZIONE - seconda parte

Maximilian sentì un grido provenire dal cuore della foresta, un urlo femminile che apparteneva a una ragazza in giovane età. I suoi sospetti peggiori purtroppo stavano per essere confermati. Aveva incontrato Dass pochi minuti prima, per la consueta lezione di magia. Il suo loquace allievo aveva raccontato dell'incontro con Alteria e del fatto che la ragazza si fosse diretta nella Foresta dell'Illusione su invito di Esmeralda. Peccato che Maximilian avesse incrociato l'arcimaga giusto un attimo prima, nei corridoi della Torre Scarlatta, in uno dei rari momenti in cui si riuniva con gli altri suoi pari.

La fitta vegetazione incantata tentava consapevolmente di rallentarne l'avanzata, un tedioso imprevisto che gli stava facendo perdere tempo prezioso. 

I suoi sensi sovrannaturali distinguevano bene due figure dotate di un alone magico, all'interno della foresta. Una di esse andava affievolendo la sua forza vitale, mentre l'altra, ben più grande e cupa, sembrava far di tutto per voler farsi trovare. 

Col passare del tempo, il ventiquattrenne stregone andava sempre più acquisendo consapevolezza della trappola in cui stava cadendo. Tuttavia, era cosciente che non avrebbe potuto agire in altro modo.

La trovò a terra, là dove la foresta sembrava aprirsi in modo innaturale. Era inerme, prona su un letto d'erba bruciata. Respirava a fatica. I vestiti candidi erano lacerati, il corpo ricoperto da contusioni e segni di lotta.

Maximilian sentì la rabbia montare dentro di sé: solitamente calmo e pacifico, era raro vederlo così agitato.

«Tu, bastardo!» disse, rivolgendosi ad Esgarth che si gustava la scena.

«Benvenuto Maximilian.»

«Che senso ha tutto questo?» chiese, sconcertato per quella messinscena.

«Che senso, mi chiedi? Vederti in questo stato è già di per sé una soddisfazione.» 

Esgarth ridacchiò divertito. 

«Non avresti mai accettato una vera sfida contro di me senza diciamo... un piccolo incentivo!»

Alteria sussultò in concomitanza della fine del discorso dell'uomo che l'aveva ridotta in quello stato.

Maximilian si lasciò dominare dalla collera come non faceva da anni, il suo Quaresh venne prepotentemente a galla ottenendo l'effetto di scatenare tutta la sua forza magica latente.

«Ah, quanto potere sento sprigionare dalle tue membra! Davvero affascinante» esclamò Esgarth. Sembrava in estasi mentre osservava il corpo del suo avversario, inondato di luce purpurea.

Maximilian non rispose, per non dare ulteriore appiglio a quell'uomo di proferire altre inutili ciance.

Esgarth in fondo non era un uomo malvagio, non in modo troppo smisurato almeno. Non aveva nessuno scrupolo però, a calpestare gli ostacoli che si ponevano davanti al suo cammino, e il piacere che provava a procurare dolore e sofferenza ai suoi avversari, non era causato da un suo particolare sadismo. Le prevaricazioni erano dettate dal suo estremo narcisismo. Esercitare il potere contro gli altri lo faceva compiacere, schiacciare i suoi avversari lo faceva sentire come un Dio che si eleva sopra a esseri inferiori. Tutti alla Torre Scarlatta sapevano che il suo obbiettivo era uno soltanto: entrare nella cerchia dei Cinque Arcimaghi. Già un anno fa era stato a un passo dal raggiungere il suo scopo, ma per un soffio fu Bella a fregargli quella posizione, che lui riteneva spettargli di diritto.

«Devo ringraziare il tuo caro maestro, se dopo così poco tempo ho un'altra occasione di entrare nei cinque.»

«Blateri a vanvera Esgart! Non vali un'unghia di lui!»

«Tu dici? Peccato che non sono io quello ad essere sparito.» 

Esgarth prese una pausa per rendere ancora più enfasi a quello che stava per dire: «Forse a quest'ora è già morto o, ancora peggio, il Quaresh potrebbe aver preso il sopravvento. Sarebbe davvero comico se dovessimo essere noi stregoni a dargli la caccia per toglierlo di mezzo!» 

Al termine del discorso osservò il suo avversario ridacchiando divertito. Aveva nuovamente colpito nel segno.

«Hai parlato troppo!»

All'esclamazione di Maximilian seguì un velocissimo movimento di gambe che chiuse la distanza tra sé e il suo sfidante. Si mosse rapido, come il vento che sferza le vele delle navi durante una tempesta, cogliendolo di sorpresa e ingaggiandolo con una gragnola di precisi e rapidi colpi. Esgarth provò a difendersi come poteva, indietreggiando e parando gli attacchi con il suo bastone eburneo. Sapeva di non poter resistere a lungo in uno scontro corpo a corpo. Del resto Maximilian nell'uso delle arti marziali, era allievo degno del suo maestro. Decise quindi di usare i suoi poteri, rallentando i movimenti del suo aggressore, e ne approfittò per sferrargli un potente colpo al polpaccio con il nerbo della sua verga. Mentre volava gambe all'aria, il giovane stregone eseguì un rapido gesto con la mano che sollevò una potente folata di vento investendo in pieno Esgarth. Non si trattava di un normale colpo d'aria, ma di una raffica di lame che lacerarono il mantello incantato dove era avvolto lo stregone più anziano, proseguendo fino a mozzare ed escoriare rami e corteccie degli alberi che stavano nei paraggi.

Maximilian si rialzò quasi all'istante, il suo sguardo era teso e sembrava non esprimere alcuna emozione. Esgarth stringeva i denti, una leggera ferita gli si aprì lungo la guancia.

«Il vento» cominciò Maximilian «è in grado di penetrare ogni pertugio e con la sua azione può erodere la dura roccia delle montagne. Con i miei poteri posso manipolare le correnti, fino a renderle taglienti come rasoi.» 

Attorno a lui la polvere danzava al ritmo di un canto sconosciuto, mentre le sue mani disegnavano ad ampi gesti una forma d'attacco. Un vortice si scagliò dalle mani di Maximilian in direzione del suo nemico investendo con la sua furia tutto ciò che incontrava. La terra stessa subiva profonde cicatrici causate dall'incisività di quell'incantesimo.

Esgarth agitò il suo bastone appena in tempo, frapponendo tra sé e il colpo un grosso tronco d'albero, che a contatto con il vento magico si sbriciolò in mille pezzi come se fosse di porcellana. L'estremo tentativo di difesa funzionò solo in parte, le lame d'aria riuscirono lo stesso a raggiungere il loro obbiettivo, producendosi in tagli e abrasioni lungo il corpo. 

Si inginocchiò a causa del dolore ansimando. Seppur nessuna ferita fosse letale, si trovava in estrema difficoltà.

«Vedo che ora ti manca il fiato per le tue tediose chiacchere.» 

Maximilian guardò con una punta di disprezzo lo stregone dolorante.

«Degno dell'uomo che chiamano figlio del vento» rispose lui con fatica «non credere però che basti così poco per mettermi fuori gioco!» L'espressione di dolore che aveva dipinto in volto si tramutò in un ghigno malefico.

Il sordo rumore delle radici che si sradicavano dal suolo colse Maximilian di sorpresa. Il grande fusto di una quercia secolare gli stava franando sulla testa. Senza scomporsi troppo reagì, sprigionando le sue lame d'aria contro il pesante tronco, riducendolo in legna da ardere.

«Bel tentativo, ma è andata male.» 

«Tu credi?»

Esgarth continuò a mostrare la sua baldanza, facendo innervosire il suo avversario a cui bastò guardarsi intorno per vedere che il pericolo era tutt'altro che passato. I resti dei tronchi appena disintegrati dalla forza degli incantesimi di Maximilian fluttuavano a mezz'aria circondandolo.

Esgarth chiuse la propria mano sinistra in un pugno. Al seguito del suo gesto, i detriti che circondavano l'altro stregone, si lanciarono tutti contro di lui, come una tempesta di grandine che proveniva da ogni direzione. Un muro d'aria lo avvolse all'ultimo istante, fermando le scaglie di legno e facendole turbinare attorno alla sua figura. 

Con somma disapprovazione del suo avversario, Maximilian, completamente pervaso dalla sua aura magica, creò attorno a sé un piccolo tornado che deviò ogni oggetto che gli era stato scagliato addosso impedendogli di nuocere. Il tornado crebbe di dimensioni: si elevò alto nel cielo fino a sfiorare le nuvole, estendendo la sua influenza a parecchi metri di distanza. La foresta reagiva alla sua furia: i rami si spezzavano, gli arbusti venivano sradicati dalle loro sedi e perfino le piante secolari venivano piegate da tale forza. Nell'occhio del ciclone Maximilian sembrava aver perso coscienza, le pupille erano completamente sparite dai suoi occhi, e il Quaresh pulsava sinistramente dentro il suo corpo. 

Con un lento e deciso passo si dirigeva verso il nemico, trascinando con sé il potente vortice che lo circondava. Esgarth dovette piantare ben saldi i piedi nel suolo per non esser spazzato via. Tutta la sua sicurezza era stata cancellata in pochi secondi dal suo volto, trasformatosi ora in una maschera di paura.

"Ora ti ammazzo."

Come colpi di cannone, risuonarono nella mente di Maximilian quelle tre semplici parole. Era in balìa della collera come non lo era da anni. Un vago ricordo attraversò come un lampo la sua mente, che lo riportò a un lontano giorno di sette anni fa. Fu grazie a quell'istante di lucidità che lo stregone fermò la sua avanzata appena in tempo, prima di commettere una sciocchezza.

"Alteria."

Davanti a lui, sospeso nell'aria, il corpo senza coscienza della giovane maga ondeggiava, tirato nella morsa di due forze magiche. Esgarth, con la sua telecinesi l'aveva chiamato a sé, e lo stava usando come scudo umano per fermare la furia del nemico. Un altro passo e il tornado avrebbe sferzato l'innocente ragazza priva di sensi, trasformandola in poltiglia.

Maximilian indietreggiò ritrovando il pieno controllo, togliendo, di conseguenza, forza al suo incantesimo.

«Sei un debole!» Gli urlò contro Esgarth, scaraventandogli contro tutto ciò che trovò a portata dei suoi poteri. 

Una pioggia di arbusti e detriti si riversò contro Maximilian seppellendolo sotto il loro peso. Un fiotto di sangue gli fuoriuscì dalla bocca, mentre lo scricchiolio di ossa che si frantumavano in ogni angolo del suo corpo gli provocò tale dolore da fargli perdere coscienza.

L'ultima cosa che vide, era il corpo di Alteria che cadeva al suolo a poca distanza da lui.

"Non sono riuscito a proteggerla maestro" pensò, mentre con l'ultima goccia delle sue energie tendeva una mano verso la ragazza, nel vano tentativo di afferrarla.

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